LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Inammissibilità dell’appello per mancata prova del credito

La sentenza ribadisce l’onere del creditore di fornire la prova del titolo su cui si fonda la propria pretesa, anche nel caso in cui il credito derivi da cessione. Il cessionario, infatti, si trova nella stessa posizione del cedente e deve quindi fornire la prova dell’esistenza, del titolo e dell’ammontare del credito, oltre all’adempimento della prestazione. Nel caso di specie la Corte ha ritenuto inammissibile l’appello perché la società appellante non si era confrontata con la motivazione della sentenza di primo grado ma si era limitata a riproporre le stesse argomentazioni, senza fornire nuovi elementi di prova.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 24 giugno 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

R.G. 869/2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO DI TORINO SEZIONE I CIVILE RIUNITA IN CAMERA DI CONSIGLIO NELLE PERSONE DEI SIGNORI MAGISTRATI:

Dott.ssa NOME COGNOME Dott.ssa NOME COGNOME

CONSIGLIERE ISTRUTTORE Dott.ssa NOME COGNOME ha pronunciato la seguente

SENTENZA SENTENZA_CORTE_DI_APPELLO_DI_TORINO N._543_2025_- N._R.G._00000869_2023 DEPOSITO_MINUTA_19_06_2025_ PUBBLICAZIONE_19_06_2025

nel procedimento civile iscritto al n. R.G. 869/2023 promosso da:

(già (C.F.: ), rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso il loro studio sito in Milano, INDIRIZZO come da procura alle liti in atti.

– parte appellante – contro (C.F.: ), in persona del Direttore Generale e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso il suo studio sito in Torino, INDIRIZZO come da procura alle liti in atti.

– parte appellata –

CONCLUSIONI

DELLE PARTI Per parte appellante “Voglia la Corte d’Appello di Torino, previo annullamento e in riforma della sentenza impugnata n. 567/22, pubblicata il 23 dicembre 2022 dal Tribunale di Vercelli nel giudizio di primo grado avanti al Tribunale di Vercelli RG 2007/20 instaurato – nuova denominazione di IN INDIRIZZO

previo accertamento e declaratoria della certezza, liquidità ed esigibilità dei seguenti crediti di nei confronti dell’ • gli interessi di mora, maturati e maturandi sulla sorte capitale azionata con la citazione e non più dovuta in quanto pagata, ma in ritardo, dall’ e indicata negli elenchi che si producono sub DOC. 1 PARTE E PARTE 2 – nei quali sono indicate sia le date di scadenza di pagamento delle fatture costituenti la sorte capitale azionata con la citazione e non più dovuta in quanto pagata, ma in ritardo, dall’ sia le date di pagamento di tali fatture, “determinati nella misura degli interessi legali di mora” ex artt. 2 e 5 del D. Lgs. n. 231/02 come novellato dal D. Lgs. n. 192/12 “determinati nella misura degli interessi legali di mora” ex artt. 2 e 5 del D. Lgs. n. 231/02 come novellato dal D. Lgs. n. 192/12 e − con decorrenza dal giorno successivo a quello di scadenza del termine di pagamento delle fatture costituenti la predetta sorte capitale – scadenza riportata nel predetto elenco (colonna “Data Scadenza”) – sino alla data di pagamento • gli interessi anatocistici prodotti dagli interessi moratori maturati sulla predetta sorte capitale azionata con la citazione e non più dovuta in quanto pagata, ma in ritardo, dall’ che, alla data di notifica della citazione, sono scaduti da oltre sei mesi, ai sensi dell’art. 1283 c.c., nella misura “degli interessi legali di mora” ai sensi degli artt. 2 e 5 del D. Lgs. n. 231/02 come novellato dal D. Lgs. n. 192/12. Ciò in virtù del richiamo operato a tale normativa dall’art. 1284 comma 4 c.c., con decorrenza dalla data di notifica dell’atto di citazione • € 40 ai sensi dell’art. 6, comma 2, del D. Lgs. n. 231/02 come novellato dal D. Lgs. n. 192/12, moltiplicato per ciascuna delle fatture costituenti la predetta sorte capitale azionata con la citazione e non più dovuta in quanto pagata, ma in ritardo, dall’ • € 52.689,60 a titolo di ulteriori interessi di mora – ulteriori, appunto, rispetto a quelli maturati e maturandi in relazione alla sorte capitale – in quanto maturati a causa del tardivo pagamento di crediti diversi da quelli costituenti la sorte capitale, di cui alle Note Debito riepilogate negli elenchi prodotti sub doc. 5 in primo grado e che ivi si riproducono sub DOC. 2 PARTE 1, PARTE 2, PARTE 3, di cui:

− € 10.709,92 emesse da (precedute da 9000) che aveva acquistato gli interessi dalle società fornitrici indicate nei dettagli allegati alle Note Debito (DOC. 2 PARTE 1) − € 1.552,58 emesse da (precedute da PF e ) che aveva acquistato gli interessi dalle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (DOC. 2 PARTE 2) − € 40.427,10 emesse da che le ha cedute a (DOC. 2 PARTE 3)

Con Con Con 1283 c.c., nella misura “degli interessi legali di mora” ai sensi degli artt. 2 e 5 del D. Lgs. n. 231/02 come novellato dal D. Lgs. n. 192/12.

Ciò in virtù del richiamo operato a tale normativa dall’art. 1284 comma 4 c.c., con decorrenza dalla data di notifica della citazione • € 42.360 ai sensi dell’art. 6, comma 2, del D. Lgs. n. 231/02 come novellato dal D. Lgs. n. 192/12, corrispondente all’importo di € 40 moltiplicato per ciascuna delle sottostanti fatture (indicate in ciascuna delle Note Debito) il cui tardivo pagamento ha generato gli interessi di mora oggetto delle Note Debito di cui all’elenco ora DOC. 2 PARTE 1 (già doc. 5A)

• € 43.040 ai sensi dell’art. 6, comma 2, del D. Lgs. n. 231/02 come novellato dal D. Lgs. n. 192/12, corrispondente all’importo di € 40 moltiplicato per ciascuna delle fatture ulteriori sottostanti le fatture emesse da e riportate nell’elenco che ivi si riproduce sub DOC.

condannare l’ al relativo pagamento in favore di con condanna dell’ a restituire le somme da quest’ultima/che verranno pagate in esecuzione della sentenza IN INDIRIZZO

accertare e dichiarare che è creditrice nei confronti dell’ della diversa somma ritenuta dovuta e, per l’effetto, condannare l’ a pagare a la diversa somma ritenuta dovuta a titolo di sorte capitale, interessi di mora e interessi anatocistici e somme ai sensi dell’art. 6 D. Lgs. n. 231/2, anche a titolo di ingiustificato arricchimento, IN OGNI CASO:

con vittoria di compensi, spese, oltre al rimborso forfettario ex D.M. n. 55/14, oltre CPA e successive”.

Per parte appellata “Voglia l’Ecc.ma Corte d’Appello, – respinta ogni contraria istanza, eccezione e difesa;

– in via pregiudiziale dichiarare l’inammissibilità e/o la nullità della domanda subordinata;

– nel merito:

a) respingere l’appello perché infondato;

b) in subordine, nella denegata ipotesi che l’appellata fosse condannata a versare una qualche somma a compensare per le quantità corrispondenti il debito dell’appellata con il credito dalla stessa vantato, pari quest’ultimo ad € 309,10 oltre interessi.

– Con vittoria di spese ed onorari del giudizio, oltre rimborso spese generali, CPA, IVA e le successive Con Con Il giudizio di primo grado Con atto di citazione del 13.12.2020 conveniva in giudizio affermando di essere cessionaria di una serie di crediti e chiedendo il pagamento di:

(i) € 68.427,00 per sorte capitale in forza di fatture cedute in suo favore, oltre interessi moratori ex D. lgs. 231/2002, con decorrenza dal giorno successivo a quello di scadenza del termine di pagamento al saldo (interessi quantificati, alla data del 12/12/2020, in € 4.372,60), oltre interessi anatocistici ex art. 1283 c.c. dalla data di notifica dell’atto di citazione ed € 1.440,00 ai sensi dell’art. 6 comma 2 D. lgs. 192/2012;

(ii) € 52.689,60 a titolo di interessi di mora maturati per tardivo pagamento di altri crediti rispetto a quelli di cui sopra, parimenti ceduti alla attrice, oltre interessi anatocistici sui detti interessi moratori dalla data di notifica dell’atto di citazione per sei mesi, ai sensi dell’art. 1283 c.c. ed € 42.360,00 e ai sensi dell’art. 6 comma 2 D. lgs. 231/2022 come modificato dal D. lgs. 192/2012

corrispondente alla somma di € 40,00 per ogni fattura per cui era richiesto il pagamento degli interessi anatocistici, nonché € 43.040,00 ai sensi dell’art. 6 comma 2 D. lgs. 231/2022 corrispondente alla somma di € 40,00 per ogni fattura per cui è stato effettuato il pagamento in ritardo della sorte capitale.

Si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto delle domande ex adverso proposte, affermando di avere già estinto parzialmente il debito relativo alla sorte capitale e di non avere ricevuto le fatture azionate dalla ricorrente.

Contestava, inoltre, la domanda di pagamento degli interessi di mora, in quanto non provata con riguardo alla data di decorrenza ed eccepiva che, trattandosi di debiti dovuti da ente pubblico, veniva in rilievo la previsione di cui all’art. 4, comma 6, del D. Lgs n. 231/2002 secondo cui “gli interessi decorrono ad avvenuto espletamento della relativa procedura di verifica di conformità e di regolare esecuzione dei contratti”.

Tale termine poteva superare i trenta giorni dalla data di consegna della merce o della prestazione del servizio, ove così concordato dalle parti e previsto nella documentazione di gara.

Conseguentemente, contestava la richiesta degli interessi anatocistici sugli interessi moratori ed altresì la pretesa di pagamento ai sensi dell’art. 6, comma 2 D. lgs. 192/2012;

eccepiva, poi, l’inopponibilità di diversi atti di cessione del credito in quanto privi dei requisiti formali previsti dall’art. 106, comma 13, del D. Lgs. n. 50/2016.

La sentenza di primo grado Con sentenza n. 567/2022, pubblicata in data 27/12/2022, il Tribunale di Vercelli rigettava la favore di parte convenuta, liquidate in € 14.103,00, oltre rimborso forfettario nella misura di legge, IVA se dovuta e CPA.

Il Tribunale evidenziava, in primo luogo, che l’oggetto del giudizio, vista l’intervenuta cessata materia del contendere su una quota rilevante della domanda, riguardava un totale di n. 4 fatture, precisamente:

(i) le fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE.p.a. n. 17082553/17 di € 140,00 e n. 17054145/17 di € 470,40, già detratte dalle note di credito emesse da RAGIONE_SOCIALE per € 309,10;

(ii) la fattura n. 3/20/0107 emessa da RAGIONE_SOCIALE per il residuo di € 50,00 e (iii) la fattura n. 2002025627/20 di € 1.054,20 emessa da.

Parte attrice dava prova della fondatezza dell’asserito credito mediante alcuni elenchi depositati in giudizio, nonché tramite gli atti di cessione di credito avvenuti con le originarie suddette creditrici, sottoscritti mediante scrittura privata autentica.

Il Giudice, tuttavia, rilevava che gli elenchi richiamati dalla consistevano, essenzialmente, in documenti di provenienza unilaterale, privi, pertanto, di qualsiasi valore probatorio:

non era, infatti, possibile trarre alcun rilevante elemento di prova circa l’esistenza del credito.

Le scritture private di cessione del credito, inoltre, non attestavano da sole l’esistenza del diritto vantato.

Il Tribunale precisava, invero, che in materia di cessione del credito, ex art. 1262 c.c. il cedente deve consegnare al cessionario tutti i documenti contrattuali fondanti il credito ceduto, e non limitarsi a garantire l’esistenza dello stesso.

È, dunque, onere del cessionario allegare e produrre quanto necessario a provare il titolo a fondamento del credito ceduto.

Il Tribunale analizzava separatamente le singole fatture richiamate da parte attrice, evidenziando che:

con riferimento alla fattura n. 17082553/17 l’ convenuta aveva prodotto la documentazione attestante l’avvenuto pagamento, mentre non risultava alcun documento da cui fosse desumibile che la notificazione alla debitrice della cessione del credito era avvenuta prima del pagamento;

quanto alla fattura n. 2002025627 del 2020, l’ aveva prodotto in giudizio la contabile di versamento del pagamento effettuato e anche in questo caso non rilevava l’eccezione di parte attrice circa l’inopponibilità del pagamento alla cessionaria, perché eseguito alla cedente, in quanto parte attrice si era limitata a sostenere genericamente che la notifica della cessione era avvenuta prima del pagamento, senza però fornire specifica prova di quanto affermato;

Con Con in merito alla fattura n. 3/20/0107, l’ aveva prodotto una nota di credito emessa dalla cedente RAGIONE_SOCIALE a storno della fattura, dimostrando così l’assenza del relativo titolo in capo alla Banca attrice.

La domanda attorea era, pertanto, infondata, così come le domande accessorie di pagamento degli interessi moratori, anatocistici e di risarcimento del danno forfettario ex art. 6, D.lgs. n. 231/2002.

Era, altresì, infondata la richiesta di pagamento di € 52.689,60 a titolo di interessi di mora, in quanto si trattava di somme domandate per ritardato pagamento di crediti diversi rispetto a quelli oggetto di controversia.

Rigettava, inoltre, la domanda di pagamento degli interessi anatocistici e del rimborso forfettario ex art. 6, D.lgs. 231/2002, in quanto il documento allegato dalla parte attrice sul quale si fondava tale richiesta, si componeva di note di debito o fatture, non firmate, emesse dalla stessa e recanti causali generiche, tra le quali “interessi per ritardato pagamento”, calcolati secondo prospetti sempre unilateralmente predisposti.

Anche gli ulteriori documenti prodotti in giudizio erano di provenienza unilaterale, difficilmente intelligibili e riportanti allegazioni generiche.

Respingeva, infine, anche la domanda risarcimento forfettario ex art. 6, D.lgs. 231/2002 per omesso rispetto del termine di pagamento di fatture ulteriori rispetto sia a quelle costituenti la sorte capitale oggetto del presente giudizio, sia a quelle il cui tardivo pagamento aveva generato gli interessi di mora di cui alle note di debito, mancando in atti una specifica attività assertiva circa il rapporto contrattuale sottostante e la data di scadenza di ogni obbligazione rimasta inadempiuta o tardivamente adempiuta. Tutto ciò premesso, il Tribunale respingeva l’istanza di CTU contabile, ritenendola meramente esplorativa, ed assorbiva le ulteriori questioni, compresa la domanda subordinata di corresponsione dell’indennizzo ai sensi dell’art. 2041 c.c.

Il giudizio in appello L’appello proposto da Con atto di citazione in appello del 23.06.2023, proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Vercelli n. 567/2022, pubblicata in data 27.12.2022, chiedendo, in via principale, previo accertamento e declaratoria della certezza, liquidità ed esigibilità dei crediti vantati nei confronti dell’ la condanna dell’ al pagamento di: interessi di mora, maturati e maturandi sulla sorte capitale azionata con la citazione e non più dovuta in quanto pagata, ma in ritardo, determinati nella misura degli interessi legali di RAGIONE_SOCIALE decorrenza dal giorno successivo a quello di scadenza del termine di pagamento delle fatture costituenti la predetta sorte capitale, sino alla data di pagamento; interessi anatocistici prodotti dagli interessi moratori maturati sulla predetta sorte capitale azionata con la citazione e non più dovuta in quanto pagata, ma in ritardo e che, alla data di notifica della citazione, sono scaduti da oltre sei mesi, ai sensi dell’art. 1283 c.c., nella misura degli interessi legali di mora ai sensi degli artt. 2 e 5 del D. Lgs. n. 231/02 come novellato dal D. Lgs. n. 192/12, in virtù del richiamo operato a tale normativa dall’art. 1284 comma 4 c.c., con decorrenza dalla data di notifica dell’atto di citazione; € 40,00 moltiplicati per ciascuna delle fatture costituenti la predetta sorte capitale azionata con la citazione e non più dovuta in quanto pagata, ma in ritardo, previsti ai sensi dell’art. 6, comma 2, del D. Lgs. n. 231/02 come novellato dal D. Lgs. n. 192/12;

€ 52.689,60 a titolo di ulteriori interessi di mora rispetto a quelli maturati e maturandi in relazione alla sorte capitale, in quanto maturati a causa del tardivo pagamento di crediti diversi da quelli costituenti la sorte capitale, di cui alle Note Debito, di cui:

(i) € 10.709,92 emesse da che aveva acquistato gli interessi dalle società fornitrici indicate nei dettagli allegati alle Note Debito;

(ii) € 1.552,58 emesse da che aveva acquistato gli interessi dalle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE ed (iii) € 40.427,10 emesse da che le aveva cedute a interessi anatocistici prodotti dai predetti interessi di mora oggetto delle Note Debito che, alla data di notifica della citazione, sono scaduti da oltre sei mesi, ai sensi dell’art. 1283 c.c., nella misura degli interessi legali di mora ai sensi degli artt. 2 e 5 del D. Lgs. n. 231/02 come novellato dal D. Lgs. n. 192/12, in virtù del richiamo operato a tale normativa dall’art. 1284 comma 4 c.c., con decorrenza dalla data di notifica della citazione; € 42.360,00 corrispondente all’importo di € 40,00 moltiplicato per ciascuna delle fatture indicate in ciascuna delle Note Debito, così come previsto dall’art. 6, comma 2, del D. Lgs. n. 231/02 come novellato dal D. Lgs. n. 192/12;

€ 43.040,00 corrispondente all’importo di € 40,00 moltiplicato per ciascuna delle fatture ulteriori sottostanti le fatture emesse da ai sensi dell’art. 6, comma 2, del D. Lgs. n. 231/02 come novellato dal D. Lgs. n. 192/12.

In particolare, con il primo motivo di appello parte appellante affermava che il Giudice non aveva Con Con Con Con pagamento dei relativi interessi di mora e anatocistici e delle somme ai sensi dell’art. 6 D. Lgs. n. 231/02, in relazione alla predetta sorte capitale in quanto pagata in ritardo.

A sostegno delle proprie deduzioni parte appellante produceva l’elenco dei crediti azionati in primo grado e quello dei crediti pagati in ritardo dalla controparte.

Parte appellante precisava che, qualora si ritenesse che il Tribunale si era pronunciato sulla suddetta domanda, rigettandola, la sentenza sarebbe in ogni caso censurabile per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in quanto la aveva correttamente indicato, per ogni fattura per sorte capitale, la data di scadenza del termine di pagamento – peraltro mai contestata da parte appellata –non rispettata dall’ la quale aveva quindi adempiuto al proprio debito in ritardo.

Parte appellante richiamava poi, a fondamento delle proprie richieste, diversa giurisprudenza di merito.

Con il secondo motivo di appello insisteva per la condanna dell’ al pagamento di € 52.689,60 a titolo di ulteriori interessi di mora rispetto a quelli maturati e maturandi in relazione alla sorte capitale, in quanto maturati a causa del tardivo pagamento di crediti diversi da quelli costituenti la sorte capitale.

Secondo parte appellante, il Tribunale aveva erroneamente rigettato tale domanda, non avendo tenuto in adeguata considerazione che la aveva correttamente dimostrato gli elementi costitutivi della domanda di pagamento, avendo specificato, per le singole fatture pagate in ritardo, il nominativo della società che le aveva emesse, l’importo, la data di emissione e di scadenza, la data di inizio di decorrenza degli interessi di mora, la data di fine calcolo degli interessi di mora, il totale dei giorni di ritardo nel pagamento di ciascuna fattura per sorte capitale, nonché il tasso di interesse di mora. Parte appellante ribadiva che il termine per il pagamento delle fatture era di sessanta giorni, decorrenti dal ricevimento delle stesse, e che la data indicata nella Nota Debito relativa al momento di accreditamento del pagamento, non era ricompreso nel suddetto termine:

l’adempimento era, pertanto, avvenuto in ritardo.

Le predette considerazioni valevano, secondo parte appellante, anche con riferimento al capo della sentenza con cui il Tribunale aveva rigettato la domanda di pagamento dei relativi interessi anatocistici e dell’importo di € 42.360,00 ai sensi dell’art. 6, comma 2, del D. Lgs. n. 231/02 come novellato dal D. Lgs. n. 192/12.

Con il terzo motivo di appello parte appellante eccepiva la sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale non aveva condannato l’ al pagamento dell’importo di € 43.040,00 per l’omesso rispetto del termine di pagamento di fatture ulteriori rispetto sia a quelle costituenti la sorte Con Con

Con emesse da ai sensi dell’art. 6, comma 2, D. Lgs. n. 231/02, come novellato dal D. Lgs. n. 192/12 (nn. PF90021314 di € 320,00;

PF90021315 di € 28.240,00 e PF90021316 di € 14.480,00, tutte del 30.12.2019) per l’omesso rispetto, da parte dell del termine di pagamento relativo a fatture ulteriori rispetto a quelle costituenti la sorte capitale e a quelle poste a fondamento delle Note Debito.

Secondo parte appellante, controparte non aveva rispettato il termine di pagamento di tali fatture, determinando così il diritto della di ottenere il pagamento, ai sensi dell’art. 6, comma 2, D. Lgs. n. 231/02 dell’importo di € 40,00 in relazione a ciascuna fattura il cui termine di pagamento non era stato rispettato.

Ribadiva, altresì, che parte appellata non aveva contestato, in merito, né le date di decorrenza degli interessi di mora in relazione a ciascuna fattura il cui tardivo pagamento aveva determinato gli interessi di mora di cui alle Note Debito, né di non aver rispettato il termine di pagamento.

Si costituiva in giudizio l chiedendo il rigetto dell’appello in quanto infondato in fatto e diritto, con conferma della sentenza impugnata e vittoria delle spese di lite.

Parte appellata, preliminarmente, ribadiva che le domande di controparte erano sfornite di prova scritta, stante la mancata produzione dei contratti in forza dei quali erano state emesse le fatture.

Non avendo parte appellante adempiuto il proprio onere probatorio, le richieste di pagamento dovevano essere respinte.

Parte appellata evidenziava l’inammissibilità e, in ogni caso, l’infondatezza del primo motivo di appello, in quanto i documenti richiamati da parte appellante non erano stati prodotti e non erano intelligibili.

Controparte aveva, altresì, violato il disposto dell’art. 342 c.p.c., presentando un motivo di impugnazione poco chiaro e non specifico.

Parte appellata precisava, inoltre, che la drastica riduzione avvenuta in primo grado della somma richiesta da controparte (da € 68.427,00 ad € 1.405,50) era stata determinata dalle attente difese dell’ con le quali erano state esaminate singolarmente tutte le fatture richiamate dalla Banca;

parte appellante, tuttavia, persisteva nel richiedere il pagamento degli accessori relativi alla somma capitale originariamente azionata, nonostante la riduzione avvenuta.

Secondo parte appellata, l’eccezione di controparte secondo cui la richiesta di pagamento degli accessori sarebbe legittimata dal pagamento eseguito tardivamente dall veniva presentata per la prima volta in grado di appello ed era, pertanto, inammissibile.

Risultava altresì inspiegabilmente aumentato il capitale sul quale parte appellante chiedeva il pagamento degli RAGIONE_SOCIALE

Con Con degli interessi anatocistici e sulle somme ai sensi dell’art. 6 D. Lgs.

n. 231/2002 era del tutto infondata, in quanto non era nemmeno stato indicato l’importo complessivo di tale titolo.

Ad ogni buon conto, parte appellata richiamava sul punto le difese già svolte in primo grado.

Parte appellata affermava che anche il secondo motivo di appello era infondato, in quanto i documenti a fondamento della richiesta prodotti da parte appellante erano semplici note di debito, predisposte unilateralmente, prive di qualsiasi valore probatorio.

In ogni caso, secondo la cessione del credito vantata da non era ad essa opponibile e la non era titolare dei crediti asseritamente vantati, non avendo provato di essere cessionaria dei crediti e di averli notificati all’ Tali eccezioni valevano anche in riferimento alla richiesta di pagamento degli interessi anatocistici per l’importo di € 42.360,00 ex art. 6 D. Lgs. n. 231/2002.

Parte appellata contestava il terzo motivo di appello, in quanto poco chiaro e, in ogni caso, infondato, stante la modifica della ricostruzione degli elementi fattuali operata dalla quale in sede di appello richiamava circostanze diverse da quelle dedotte in primo grado.

A ciò si aggiungeva che parte appellante non aveva fornito la prova dell’esistenza, dell’ammontare e della fonte del diritto azionato, non avendo prodotto né le fatture che sarebbero state pagate in ritardo, né i contratti in forza dei quali quelle fatture sarebbero state emesse.

Parte appellata rilevava, altresì, di non avere mai ricevuto la notifica delle tre fatture del 30.12.2019 richiamate da controparte.

precisava, inoltre, l’inammissibilità ex art. 342 c.p.c. della domanda subordinata proposta da parte appellante, con la quale chiedeva di “accertare e dichiarare che è creditrice nei confronti dell’ della diversa somma ritenuta dovuta e, per l’effetto, condannare l’ a pagare a la diversa somma ritenuta dovuta a titolo di sorte capitale, interessi di mora e interessi anatocistici e somme ai sensi dell’art. 6 D. Lgs. n. 231/2, anche a titolo di ingiustificato arricchimento”, in quanto la non aveva formulato domande di pagamento per “sorte capitale”. In ogni caso, la richiesta era infondata per mancata individuazione di causa petendi e di petitum, nonché degli elementi di diritto che dovrebbero sorreggerla.

Anche il richiamo di parte appellante all’ingiustificato arricchimento era privo di fondatezza giuridica.

L’azione generale di arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c., invero, avendo carattere residuale, è esercitabile solo quando l’ordinamento non prevede altra azione e, se proposta in via Con Con Con Con infondata o per mancanza di prova, poiché altrimenti diventerebbe strumento per eludere o aggirare i limiti e l’infondatezza dell’azione tipica.

Parte appellata richiamava, poi, l’avvenuta compensazione del credito della somma di € 309,10:

in primo grado, infatti, l’odierna appellante si era riconosciuta debitrice nei confronti dell’ della somma di € 309,10, di cui € 163,50 quali importo residuo della nota di credito 19051438 del 2019 ed € 145,60 quale residuo della nota di credito 18101051 del 2018, entrambe della RAGIONE_SOCIALE.

Pertanto, considerato che si era riconosciuta debitrice delle somme portate dalle note di credito dalla stessa indicate, nella denegata ipotesi in cui l’ fosse ritenuta debitrice di una qualche somma a favore di parte appellata in via subordinata opponeva in compensazione per le quantità corrispondenti la predetta somma di € 309,10 oltre interessi.

Precisate le conclusioni, la causa veniva trattenuta a decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente, si precisa come parte appellante abbia domandato il pagamento degli accessori relativi alla somma capitale originariamente azionata, pari ad € 68.427,00;

tuttavia, in seguito alle prove fornite dall’ nel corso del primo grado, circa l’avvenuto pagamento della maggior parte delle somme richieste dalla Banca, il Giudice aveva ridotto la somma della materia del contendere ad € 1.405,50.

Parte appellante non chiarisce perché, in questa sede, riproponga le medesime domande di primo grado, relative alla somma originariamente vantata, nonostante la riduzione avvenuta nelle more del giudizio.

Ad ogni buon conto, la Corte ritiene che l’appello sia infondato e debba, pertanto, essere respinto.

Nel corso del giudizio di primo grado, invero, il Tribunale aveva compiutamente esaminato l’intera documentazione versata in atti dalle parti, e aveva specificatamente motivato relativamente alle singole fatture presentate dalla giungendo alla conclusione di una mancata prova circa la certezza, la liquidità e l’esigibilità del credito controverso, in quanto, da un lato, l’ aveva dimostrato l’avvenuto pagamento della maggioranza delle somme richieste e, dall’altro, il Giudice aveva ravvisato l’inidoneità delle allegazioni prodotte dalla a fondare le pretese creditorie, trattandosi di documentazione unilateralmente formata dalla parte attrice. Con i motivi di gravame del presente grado di giudizio, parte appellante non si è confrontata con la motivazione della sentenza impugnata, bensì si è limitata a una mera riproposizione delle argomentazioni già svolte in primo grado, senza presentare un’analisi specifica dei capi della Con Con Con Con Con Con Come già rilevato da questa Corte nelle sentenze pronunciate su un appello proposto dalla stessa (causa RG 1090-2021, causa RG 57-2023, causa RG 174-2023), “in applicazione del disposto dell’art. 2967 c.c. è colui che si afferma creditore che deve dimostrare il titolo sulla cui base agisce e, in ipotesi in cui il titolo sia un contratto e vi siano contestazioni da parte di chi viene indicato come debitore inadempiente, l’effettiva e corretta esecuzione della prestazione a proprio carico – cioè la propria posizione di adempiente rispetto al contratto posto a fondamento dell’azione – nonché la quantificazione del richiesto quando questa sia conseguenza dell’attività concretamente prestata…In caso di contestazioni sull’esistenza ed entità del credito l’onere di prova a carico di chi si prospetta creditore deve essere soddisfatto attraverso la loro dimostrazione, per la quale non sono sufficienti, da soli, documenti di formazione e provenienza dalla stessa parte interessata quali sono, appunto, le fatture… L’individuazione degli oneri di prova, come sopra delineati, non muta se il credito per il cui pagamento si agisce sia conseguente ad una cessione: il cessionario, che si trova nella stessa posizione del cedente nei confronti del debitore ceduto, deve comunque dimostrarne il titolo, l’esistenza e l’entità, oltre all’adempimento della prestazione da parte del cedente ove vi siano contestazioni”.

Quanto alla domanda, proposta in via subordinata dalla parte appellante nelle conclusioni dell’atto di appello, con la quale chiedeva di accertare e dichiarare il proprio credito nei confronti dell’ della diversa somma ritenuta dovuta, con conseguente condanna dell’ al pagamento della diversa somma ritenuta dovuta a titolo di sorte capitale, interessi di mora e interessi anatocistici e somme ai sensi dell’art. 6 D. Lgs. n. 231/02, anche a titolo di ingiustificato arricchimento, si rileva che tale domanda non è stata oggetto di alcuna specifica motivazione, rimanendo a livello soltanto di generica richiesta, come tale inammissibile. L’appello deve, quindi, dichiararsi inammissibile, atteso che non colpisce la ratio decidendi della sentenza impugnata, bensì si limita a riproporre argomentazioni generiche già svolte nel corso del primo grado di giudizio.

Spese legali Atteso l’esito del giudizio e la dichiarazione di inammissibilità dell’appello, si ritiene che le spese del presente grado di giudizio vadano poste a carico della parte appellante soccombente, e liquidate sulla base dello scaglione di valore applicabile, ricompreso tra € 52.001,00 ed € 260.000,00.

Con Con L’iniziativa processuale di parte appellante si rivela, infatti, inammissibile, in quanto contraddistinta dall’assenza di quel minimo di diligenza e/o perizia esigibile nel valutare l’infondatezza dei propri assunti difensivi;

tale situazione giustifica, pertanto, l’applicazione della sanzione officiosa dell’art. 96, comma 3 c.p.c. (che prescinde dalla prova anche solo dell’an del danno:

Cass., Sez. Unite 20.04.2004, n. 7538), in una misura ritenuta di giustizia pari all’importo delle spese legali, liquidata in favore della parte appellata, al netto degli oneri accessori.

Ex art. 13, comma 1 quater DPR n. 115/2002, sussistono, inoltre, i presupposti perché parte appellante sia dichiarata tenuta a versare un’ulteriore somma a titolo di contributo unificato, pari a quella dovuta per l’impugnazione.

La Corte d’Appello, Sezione Prima Civile, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da (già , avverso la sentenza n. 567/2022 del Tribunale di Vercelli, pubblicata in data 27/12/2022:

a) Dichiara l’appello inammissibile;

b) Condanna parte appellante (già al pagamento delle spese legali del presente grado di giudizio a favore di parte appellata liquidate in complessivi € 9.991,00, di cui € 2.977,00 per fase di studio, € 1.911,00 per fase introduttiva ed € 5.103,00 per fase decisionale, oltre IVA, CPA e rimborso forfettario del 15%;

c) Condanna parte appellante (già risarcimento del danno ex art. 96, comma 3 c.p.c., in favore della parte appellata danno che liquida in misura ritenuta di giustizia pari all’importo delle spese legali, al netto degli oneri accessori;

d) Dà atto che sussistono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater DPR n. 115/2002 a carico di parte appellante.

Così deciso in Torino, nella Camera di Consiglio della Prima Sezione Civile della Corte d’Appello, il 16.05.2025.

La Presidente Dott.ssa NOME COGNOME Il Consigliere Istruttore

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati