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Fruizione di beni e locali aziendali, subordinazione

Fruizione di beni e locali aziendali per l’espletamento della prestazione, rapporto in termini di subordinazione.

Pubblicato il 22 June 2023 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Corte D’Appello di Messina
sezione lavoro

La Corte di Appello Sezione Lavoro, composta dai Signori Magistrati:

a scioglimento della riserva assunta alla scadenza del termine per il deposito di note sino al 4 aprile 2023 fissato ex art 127 ter c.p.c. in sostituzione dell’udienza ha emesso la seguente

SENTENZA n. 330/2023 pubblicata il 03/05/2023

nella causa n. 230/2021 promossa da:

XXX (c.f.) e

YYY (c.f.), elettivamente domiciliati a

Messina presso lo studio dell’avv.

appellanti

CONTRO

ZZZ s.a.s. (c.f.), in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede a Lodi ed elettivamente domiciliata a Messina presso lo studio dell’avv.

appellata

OGGETTO: accertamento rapporti di natura subordinata

SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO

Con sentenza n.1778/20 del 24 novembre 2020 il Tribunale di Messina rigettava il ricorso depositato il 14 marzo 2012 con cui XXX e YYY, premesso di aver lavorato dal 1 febbraio 2009 al 30 giugno 2011 alle dipendenze della ZZZ s.a.s. con mansioni di “autisti trasportatori”, dal lunedì al venerdì, dalle 8 alle 12 e dalle 14 alle 18 e per tre volte al mese anche sabato e domenica, e di essere stati collocati come responsabili presso la sede di Taormina, corrente in via Francavilla n. 135, Trappitello ricevendo una retribuzione inferiore a quella dovuta in base al CCNL applicabile, senza percepire le mensilità aggiuntive, il compenso per il lavoro straordinario e festivo, l’indennità sostituiva per ferie non godute e per mancato preavviso né il t.f.r., chiedevano l’accertamento della sussistenza del dedotto rapporto subordinato e la condanna del datore di lavoro al pagamento della complessiva somma di 32.135,37 euro in favore di ciascuno.

Richiamato il principio generale sul riparto dell’onere probatorio, osservava il decidente la genericità delle risultanze processuali in quanto, al di là dell’equivoca dicitura di alcuni documenti (riportanti ora le parole “ditta” e “p.iva”, ora quelle di “dipendente” e “stipendio”), consentivano solo di affermare che i ricorrenti avevano svolto effettivamente per alcuni anni, dal 2009 al 2011, al bisogno, per alcuni giorni al mese non tutti i mesi, l’attività discontinua di autotrasportatori di opere d’arte in favore della società convenuta – in concomitanza con altri rapporti per conto terzi, rimasti incontestati – a fronte di un compenso ragguagliato alle ore di lavoro effettuate e alle spese sostenute, con emissione di regolare fattura. Ma nulla era stato provato, nè dedotto in ricorso (relativamente alla loro sottoposizione a direttive, vigilanza e controlli da parte della stessa, così come alla corresponsione di una regolare retribuzione), mentre il semplice utilizzo di attrezzature altrui (il veicolo e il deposito) non era sufficiente a far propendere per la natura subordinata, anziché autonoma del rapporto.

Avverso detta pronuncia proponevano appello, con atto del 20 aprile 2021, entrambi i soccombenti cui si opponeva controparte eccependo preliminarmente il difetto di specificità del gravame; indi, assegnato termine ex art 127ter c.p.c. in sostituzione dell’udienza fino al 4 aprile 2023 per note di trattazione scritta, alla scadenza la causa è stata posta in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente esaminata l’eccezione di genericità del gravame principale.

Come ormai chiarito dalla Corte di Cassazione a Sez. Un. n. 27199 del 16/11/2017: “Gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice. Resta tuttavia escluso, in considerazione della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata, che l’atto di appello debba rivestire particolari forme sacramentali o che debba contenere la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado“.

Ebbene, l’appello proposto presenta una chiara e specifica articolazione dei motivi di critica rispetto alle statuizioni contenute nella sentenza impugnata, che ne consente l’immediata comprensione e delibazione.

Può pertanto procedersi all’esame nel merito delle proposte doglianze.

Con un unico articolato motivo gli appellanti censurano la valutazione giudiziale del materiale probatorio a loro dire frutto di una disamina frettolosa e superficiale.

Deducono in particolare che, tenuto conto della tipologia della prestazione resa (trasporto e la successiva consegna di opere d’arte), il criterio indicativo della subordinazione, incentrato sulla specificità delle direttive, non sarebbe utile dovendo piuttosto avere riguardo a criteri sussidiari quali il coordinamento dell’attività del lavoratore con quella dell’impresa. Al riguardo avrebbe dovuto essere valorizzata la circostanza che per lo svolgimento dell’attività lavorativa la società aveva loro messo a disposizione un mezzo per il trasporto delle opere d’arte e i relativi locali. Dalle dichiarazioni rese dai testi escussi sarebbe, infatti, emerso che nella sede di Taormina – Trappitello gli uffici erano dotati di tutti gli strumenti necessari (fax, computer, scrivania) per l’espletamento della prestazione lavorativa e di un magazzino ove collocare i beni da trasportare sicché non avrebbe potuto dubitarsi dell’assimilazione della sede di Taormina – Trappitello ad una dipendenza aziendale e, conseguentemente, dell’esistenza di un rapporto subordinato alle dipendenze della società dalla quale essi ricevevano le disposizioni da eseguire.

Tali le critiche alla sentenza, l’appello non si presenta meritevole di accoglimento.

La fruizione di beni e locali aziendali per l’espletamento della prestazione non vale di per sé a qualificare il rapporto in termini di subordinazione in quanto elemento tipico della fattispecie ex artt. 2094 ss. c.c. è la soggezione gerarchica del lavoratore ai noti poteri datoriali, (direttivo, disciplinare e di controllo), con suo stabile inserimento nell’organizzazione aziendale mentre l’utilizzo di locali, mezzi e strutture fornite dal datore di lavoro rappresentano soltanto indici sintomatici del vincolo di dipendenza, in quanto compatibili anche con le forme di lavoro autonomo o parasubordinato e, come tali, da utilizzare in via sussidiaria per la formulazione del giudizio richiesto.

Ebbene, condivisibilmente il Tribunale ha valorizzato, quali elementi escludenti la subordinazione, l’ambiguità della produzione documentale (report mensili predisposti dai due autisti con l’indicazione dei giorni e delle ore lavorate, e pagamento in loro favore di importi variabili dietro presentazione di fattura) ed il fatto che nessuno dei testi di parte attorea avesse conoscenza diretta e durevole dei fatti controversi, non avendo lavorato nell’azienda né riferito in modo esaustivo sul rapporto interno esistente tra le parti e sulle ordinarie modalità di espletamento della prestazione lavorativa, in specie sull’avvenuta emanazione di ordini specifici inerenti la modalità di esecuzione dei compiti richiesti, sull’osservanza di un orario di lavoro predeterminato dal datore, sul versamento a cadenze fisse della retribuzione, sulla continuità della prestazione; si tratta, dunque di un quadro probatorio caratterizzato dall’assenza dei c.d. indici sussidiari della dipendenza gerarchica. Gli appellanti non hanno devoluto al tema impugnatorio gli accertamenti compiuti dal Tribunale sopra riferiti, essendosi di contro limitati ad affermare, del tutto apoditticamente e con lettura parziale delle deposizioni testimoniali, che la prova del fatto costitutivo della pretesa in esame sarebbe stata raccolta.

Ne discende che le considerazioni espresse dal primo giudice meritano di essere confermate in assenza di congrue argomentazioni atte a confutarne il fondamento logico giuridico.

Le spese del grado, liquidate in dispositivo, avuto riguardo al valore complessivo della controversia ed all’assenza di una fase istruttoria, seguono la soccombenza.

Va, infine, dato atto, ratione temporis della sussistenza delle condizioni oggettive richieste dall’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115/2002 come modificato dalla l. n. 228/2012 per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Rigetta l’appello; pone a cario degli appellanti in solido le spese del presente grado che si liquidano in euro 5810, oltre Iva, Cpa e rimborso spese generali.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte degli appellanti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello spettante per l’impugnativa dagli stessi proposta, ove dovuto.

Messina 2.5.2023

Il Consigliere est. Il Presidente

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