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Codice Civile
Codice Penale

Trattamento di integrazione guadagni, attività lavorativa

Comunicazione dello svolgimento dell’attività lavorativa concomitante con la fruizione del trattamento di integrazione guadagni.

Pubblicato il 22 June 2023 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Corte D’Appello di Messina   Sezione lavoro

La Corte d’ Appello di Messina, composta dai Signori Magistrati:

a scioglimento della riserva assunta alla scadenza del termine per il deposito di note sino al 4 aprile 2023 fissato ex art 127 ter c.p.c. in sostituzione dell’udienza ha emesso la seguente

SENTENZA n. 331/2023 pubblicata il 03/05/2023

Nella causa n 133/2021 promossa da:

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso.

congiuntamente e/o disgiuntamente, dall’avv.  appellante

CONTRO

XXX C.F. rappresentata e

difesa dall’avv.

appellata

OGGETTO: ripetizione indebito assistenziale.

SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO E CONCLUSIONI DELLE

PARTI
Con sentenza n.1118/20 il Tribunale di Messina in funzione di giudice del lavoro in accoglimento della domanda proposta da XXX riconosceva in suo favore il trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria di cui al Decreto del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali del 23/4/2012.

Rilevava preliminarmente il decidente che il diritto del lavoratore al conseguimento della cassa integrazione guadagni, scaturente dal provvedimento di ammissione, poteva essere azionato entro il termine di prescrizione previsto dalla legge, e non era assoggettato a decadenza, non essendo necessaria una domanda amministrativa per ottenerlo. Nel merito osservava che parte ricorrente aveva allegato di aver lavorato per la società *** S.p.A. dal 1.9.2006 e che a decorrere dal gennaio 2011, essendo stata ammessa al dottorato di ricerca in “Scienze dell’ingegneria e delle Tecnologie fisiche avanzate” con borsa di studio, era passata da full-time a part-time. Pertanto, alla data del provvedimento di ammissione dell’*** S.p.A. alla cassa integrazione salariale (23.1.2012) la stessa svolgeva già attività di lavoro dipendente part-time presso l’Università degli Studi di Messina sicché il diritto della stessa al trattamento di integrazione salariale non poteva dirsi escluso dalla percezione, nello stesso periodo, della retribuzione per altro rapporto di lavoro parimenti part time e ciò in quanto, come condivisibilmente affermato da Cass. n. 11150/1992, <l’integrazione salariale, spettante in dipendenza della sospensione di un rapporto di lavoro “part-time”, non è esclusa dalla percezione, nella medesima giornata, della retribuzione per altri rapporti di lavoro parimenti “part-time”, ove lo svolgersi di questi, per la collocazione temporale in altre ore della giornata, non dipenda dalla sospensione, con messa in cassa integrazione, dell’altro rapporto>.

Con atto del 4 aprile 2021 proponeva appello l’Inps cui si opponeva controparte eccependo l’inammissibilità del gravame per genericità; indi, sulle note depositate da ambo le parti, la causa alla scadenza del termine ex art 127 ter c.p.c. è stata posta in decisione

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va in limine litis disattesa l’eccezione di inammissibilità del gravame formulata da parte appellata per difetto dei requisiti di cui all’art. 434 c.p.c. e 342 c.p.c. in quanto il ricorrente in appello ha individuato il “quantum appellatum”, riferendosi ai passaggi argomentativi che sorreggono la sentenza e, conseguentemente, formulando le ragioni di dissenso rispetto al percorso adottato dal primo giudice, sì da esplicitare la idoneità di tali ragioni a determinare le modifiche delle decisioni censurate.

Né occorre, come ribadito da ultimo dal giudice di legittimità, “l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata” (Cass. S.U. n. 27199/2017).

Ciò posto, con il primo motivo l’istituto appellante ripropone l’eccezione di decadenza dell’azione giudiziale ex art 47 del D.P.R. n. 639/70, come modificato dall’ art. 4 del d.l. 19 settembre 1992 n. 384. Deduce che il primo giudice avrebbe errato nel ritenere che “il diritto del lavoratore alla Cassa Integrazione Guadagni, può essere azionato nel termine di prescrizione previsto dalla legge e non è assoggettato alla decadenza in quanto non è necessaria una domanda amministrativa per ottenerlo” posto che il trattamento di Cassa Integrazione, costituendo una prestazione temporanea, rientrerebbe comunque nella gestione di cui all’art. 24 della legge 9 marzo 1989 n. 88, con conseguente assoggettamento della relativa azione giudiziale al termine decadenziale di un anno decorrente dall’epoca di proposizione della domanda amministrativa.

Con altra doglianza ripropone l’eccezione di decadenza art. 8 commi 4 e 5 del d. l. 86/1988. Lamenta che la ricorrente non avrebbe notiziato esso Istituto del diverso rapporto di lavoro e del reddito ricavato, né vi avrebbe provveduto il datore di lavoro. All’Inps non sarebbe pervenuta alcuna comunicazione preventiva della signora XXX, né alcuna comunicazione UNILAV effettuata dall’Università di Messina. Solo nell’anno 2014 (Unilav allegato) sarebbe pervenuto il modello relativo, pur avendo controparte prodotto redditi anche nell’anno 2012 oggetto causa. Il primo giudice avrebbe dato per presupposto l’assimilazione di tale attività ad un rapporto di lavoro part time e sulla base della pronuncia della Cass. n. 11150/1992 avrebbe ritenuto compatibili i due rapporti. Per il vero il lavoro svolto dalla XXX era relativo ad un dottorato di ricerca con borsa di studio, come tale non qualificabile come lavoro part time bensì riconducibile alle collaborazioni soggette all’iscrizione alla gestione separata e nella fattispecie l’Università, avrebbe dichiarato redditi pari ad euro 13.633,00 tali da escludere il diritto alla CIG poiché superiori al limite previsto per l’intervento della previdenza a sostegno del reddito.

Tali le critiche alla sentenza, assume valore dirimente ai fini del giudizio l’eccezione di decadenza ex art. 8 d.l. 86/98.

La norma dopo avere stabilito al quarto comma che il lavoratore che svolga attività di lavoro autonomo o subordinato durante il periodo di integrazione salariale non ha diritto al trattamento per le giornate di lavoro effettuate, dispone al comma successivo che il lavoratore decade dal diritto al trattamento di integrazione salariale nel caso in cui non abbia provveduto a dare preventiva comunicazione alla sede provinciale dell’Istituto nazionale della previdenza sociale dello svolgimento della predetta attività.

Mentre, dunque, il comma quarto esclude il diritto al trattamento di integrazione salariale limitatamente alle giornate di lavoro effettuate – trattamento viceversa non escluso, nel caso di sospensione di un rapporto di lavoro part – time, dalla percezione, nella medesima giornata, della retribuzione per altri rapporti di lavoro parimenti part – time svolgentesi in orari diversi e quindi non resi possibili, sul piano effettuale, dalla sospensione di quello assistito dalla cassa integrazione (Cass. 13 ottobre 1992, n. 11150) – il comma quinto, con una disposizione di chiaro contenuto sanzionatorio (proprio di tutte le norme che stabiliscono in qualche tipo di decadenza in relazione ad un comportamento, generalmente omissivo, dell’interessato), prevede la decadenza dal trattamento per l’omissione della comunicazione. Né rileva, secondo la prospettazione della lavoratrice, la circostanza che in ragione della regolarità della costituzione del secondo rapporto, di esso necessariamente fosse a conoscenza l’Istituto previdenziale, in quanto la norma in esame tende a tutelare l’ente medesimo da ogni eventualità di falsa o inesatta denuncia da parte datoriale e da ritardi nella circolazione dei dati al proprio interno tra settori e gestioni diverse; mira, altresì, a rendere più immediati i controlli specifici e, in definitiva, ad evitare il rischio di pagamenti indebiti e di azioni di recupero di non sicuro successo. Tutto ciò comporta anche una particolare responsabilizzazione del lavoratore tenuto, a pena di decadenza, ad un comportamento di assoluta correttezza e cioè a dare personalmente preventiva comunicazione alla sede provinciale dell’Istituto dello svolgimento dell’attività lavorativa concomitante con la fruizione del trattamento di integrazione guadagni (cfr. Cass. 6 novembre 1999, n. 12386); in considerazione delle esigenze di controllo di cui si è detto, la comunicazione è dovuta anche nell’ipotesi in cui l’occupazione sia compatibile con il trattamento di integrazione.

Nel caso in cui la sospensione del rapporto part – time e il trattamento di cassa integrazione sopravvengano quando già si sia instaurato un analogo rapporto di lavoro, l’obbligo di comunicazione all’INPS in ordine alla sussistenza di quest’ultimo rapporto part – time non può ritenersi escluso del rilievo che la comunicazione non avrebbe potuto essere preventiva e comunque non era preventivamente dovuta, neppure ad altri fini, dal lavoratore. Se, infatti, è vero che la norma è stata concepita soprattutto per prevenire che il lavoratore posto in cassa integrazione consegua, per il tempo rimasto libero, una ingiustificata duplicazione di reddito, deve ritenersi, secondo un criterio logico, non contraddetto da quello lessicale, che, in via generale, la comunicazione all’INPS debba comunque precedere il sovrapporsi delle due situazioni di persistenza di un rapporto remunerato e di collocazione del lavoratore in cassa integrazione per la sospensione di altro a rapporto e pertanto l’omissione determina la decadenza dal trattamento all’interno di ciascun periodo di cassa integrazione nel quale si sia verificata (cfr. Cass. 3949/2001). Stessa interpretazione è stata fornita da Cass. n. 24455 del 17/10/2017, in cui la Suprema Corte, dopo aver ribadito che “… la comunicazione preventiva risulta coerente con la “ratio legis” della disposizione, volta ad assicurare la massima efficacia ai controlli dell’INPS ai fine di ridurre l’area del lavoro nero e garantire l’effettiva destinazione, a sostegno dei disoccupati, delle risorse disponibili”, continua affermando che “Una diversa opzione interpretativa, che limiti la decadenza dall’integrazione solo al periodo successivo all’inizio dell’attività lavorativa da parte del cassintegrato, comporterebbe la soppressione della sanzione prevista dalla norma e finirebbe, ingiustamente, per equiparare i cassaintegrati che svolgono un lavoro retribuito senza informarne l’INPS e quelli che, invece, correttamente assolvono l’obbligo di comunicazione”.

In applicazione del predetto principio di diritto la XXX va dunque dichiarata decaduta dall’invocato trattamento di cigs non avendo ottemperato all’obbligo di preventiva comunicazione all’Inps dell’attività collaterale svolta presso l’Università degli Studi di Messina.

Le considerazioni svolte sono ictu oculi assorbenti rispetto all’ulteriore motivo d’impugnativa.

Alla soccombenza segue la condanna dell’appellata alle spese del doppio grado di giudizio liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, rigetta l’originaria domanda proposta da XXX. Pone a carico dell’appellata le spese di lite che liquida quanto al primo grado in euro 1775 e quanto al presente grado in euro 1923 oltre Iva Cpa e rimborso spese generali ove dovuti.

Messina 2.5.2023

Il Consigliere rel. Il Presidente

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