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Determinazione del corrispettivo per appalto

La sentenza definisce il criterio per la detrazione del costo di lavori extracontratto eseguiti da terzi dal valore complessivo delle opere extracontratto accertate. Inoltre, limita il risarcimento danni per le spese di sanatoria a quanto effettivamente documentato. Infine, in caso di soccombenza reciproca, ma con riconoscimento di un credito residuo, dispone la compensazione parziale delle spese legali.

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Pubblicato il 6 giugno 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Corte D’Appello di Trieste SEZIONE PRIMA CIVILE R.G. 382/2023

La Corte D’Appello di Trieste, Sezione prima civile, in persona dei magistrati:

dott. NOME COGNOME Presidente dott. NOME COGNOME Consigliere dott. NOME COGNOME Consigliere relatore ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._133_2025_- N._R.G._00000382_2023 DEL_02_05_2025 PUBBLICATA_IL_02_05_2025

nella causa iscritta al n.382/2023 R.G., promossa con atto di citazione in appello notificato l’8.11.2023 e iscritto a ruolo in data 14.11.2023, in persona del suo legale rappresentante pro-tempore sig. con sede in Duino-Aurisina (TS), in Aurisina INDIRIZZO, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME nello studio del quale in Trieste, INDIRIZZO ha eletto domicilio per delega a margine del ricorso per decreto ingiuntivo dd. 25/03/2019;

– opposta – appellante – CONTRO nata a Monfalcone (GO), il 02.04.1964, residente a Duino Aurisina (TS), INDIRIZZO, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Monfalcone (GO), INDIRIZZO come da procura alle liti a margine dell’atto di citazione in opposizione al decreto ingiuntivo n. 349/19, sub. RG. 1547/19 dd. 10.07.2019;

– opponente

– appellata –

OGGETTO:

appello avverso la sentenza n. 196/2023 del Tribunale di Trieste, emessa il 11.4.2023, non notificata – altri contratti d’opera -.

CONCLUSIONI

Per l’appellante come in memoria depositata il 18.12.2024:

– nel merito, in accoglimento dell’appello promosso dalla riformare l’impugnata sentenza n.196/2023 nelle parti gravate ed in ragione dei motivi e vittoria di spese e compensi professionali di entrambi i gradi di giudizio, oltre spese generali e accessori di legge.

Per maggiore chiarezza, come da atto di citazione in appello, pag.12:

– emendare l’errore del Giudice di prime cure il quale, a pag. 7 della sentenza, senza motivazioni in tal senso, ha inteso detrarre dal credito dovuto in favore della ditta per le opere aggiuntive (€ 13.163,51) il valore di euro 4.194,05 riducendolo cosi ad euro 8.969,46 oltre all’iva.

Somma che non doveva essere detratta per quanto esposto o solo parzialmente detratta.

– emendare l’errore del Giudice di prime cure il quale, a pag. 8 e 9 della sentenza, ha inteso detrarre dal credito dovuto in favore della ditta per le opere aggiuntive (13.163,51) il valore di euro 3.934,47 per vizi e danni conseguenti.

Somma che non doveva essere detratta per quanto esposto o solo parzialmente detratta.

– rideterminare, pertanto, per le motivazioni esposte, il credito della ad emenda dei calcoli del Giudice di prime cure a a pagg. 9 e 10 della sentenza, nella maggior somma di euro Euro 8.945,05 (o le diverse somme ritenute di giustizia), cosi determinata:

il credito di va determinato in complessivi Euro 14.163,51, Iva esclusa (Euro 1.000,00 per i lavori di scavo di cui alla fattura 3/2016; Euro € 13.163,51 per i lavori extracontratto somma questa, quindi, rideterminata al netto della detrazione applicata dal Giudice di prime cure che quantificava il dovuto in euro 8.969,46 una volta sottratta, quindi, la somma di euro 4.194,05) Da tale somma (Euro 14.163,51, Iva esclusa) vanno detratti, in ossequio alle statuizioni del Giudice di prime cure, gli importi imponibili di Euro 1.775,00 ed Euro 2.225,00 pagati dall’opponente a titolo di prezzo delle opere extra (rispettivamente, fatture nn. 4/2016 e 8/2016; docc. 27 e 29), e quello di Euro 1.562,50 pagato in più per le opere contrattuali e imputato a quelle extra (Euro 14.163,51 – 1.775,00 – 2.225,00 – 1.562,50 = Euro 8.601,01).

Dalla differenza, a credito dell’opposta, pari a Euro 8.601,01, deve essere aggiunta l’Iva al 4%, e quindi a Euro 8.945,05 senza, pertanto, l’applicazione della ulteriore detrazione per l’ammontare dei danni per i vizi pari a Euro 3.934,47.

– condannare, in riforma del capo 12 della sentenza (pag. 10) in punto compensazione spese di lite, la parte opponente alle spese di lite del primo grado di giudizio in favore della opposta Per l’appellata come in memoria depositata il 19.12.2024 e note scritte depositate il 24.2.2025:

in via preliminare e/o pregiudiziale dichiarare improcedibile e/o inammissibile l’appello proposto dalla società appellante, per tutti i motivi ex ante rappresentati;

tutti i motivi dell’appello, in quanto infondati in fatto ed in diritto e conseguentemente confermare la sentenza di primo grado;

In ogni caso: condannare parte appellante alla rifusione delle spese, diritti ed onorari di causa, oltre rimborso forfettario per spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge del presente grado di giudizio.

FATTI DI CAUSA

Il procedimento di primo grado 1.

Con decreto ingiuntivo n.349/2019, emesso il 12.4.2019, il Tribunale di Trieste ha condannato a pagare a l’importo di Euro 25.289,74, oltre interessi, quale corrispettivo per lavori per la realizzazione di un’unità immobiliare nel Comune Censuario di Malchina, commissionati con contratto di appalto di data 31.3.2015.

Il decreto è stato emesso sulla base delle allegazioni e della produzione di quattro fatture, in tesi non pagate, della ricorrente.

2.

Avverso il suddetto decreto ha svolto opposizione l’ingiunta contestando di dovere alcunchè a controparte ed agendo, in via riconvenzionale, per il risarcimento dei danni.

Pacifico il rapporto contrattuale tra le parti e l’incarico, a della costruzione di un immobile al grezzo.

Esponeva l’opponente che il credito ingiuntivo era relativo a pretese, infondate, per l’esecuzione di opere extracontratto.

Le due fatture n.3/2016, di €.1.000,00, e n.14/2016, di €.1.100,00 (rispettivamente recanti diciture “acconto” e “saldo”) erano state emesse, in realtà, indebitamente, per lavori di scavo per utenze acqua, luce, gas e telefono.

Tali pretese sarebbero infondate in quanto il geom. aveva garantito alla committente, all’atto della precedente compravendita, che il terreno era servito di tutte le utenze necessarie, e, comunque, doveva intendersi già saldato con il pagamento dell’importo di Euro 1.562,50 versato in più, rispetto al prezzo contrattuale, per le opere previste nel contratto d’appalto.

Quanto alle ulteriori due fatture, la n. 20/2016 del 30.6.2016, di Euro 1.984,01 (con la causale “IV

° fase da computo SAL allegato” – quest’ultimo riferito alle finiture interne ed esterne-), e la n. 21/2016 del 4.7.2016, di Euro 20.492,05, oltre Iva (per “consuntivo finale opere C.M. ed extra d.d. 10/06/16”), rilevava che erano fatture per lavori non accettati, emesse dalla ricorrente dopo l’intimazione, da parte della committente, della risoluzione per inadempimento del contratto d’appalto, dovuta alla mancata ultimazione dell’intonacatura.

Tale ultima lavorazione era poi stata eseguita da altra impresa, con conseguente spesa, imputabile alla a titolo di danno, di Euro 5.504,24. .

Resisteva all’opposizione chiedendo il rigetto dell’opposizione e delle domande di controparte, sulla base delle seguenti difese.

Quanto alle fatture nn. 3 e 14 del 2016 (per scavi finalizzati alla posa delle utenze) evidenziava trattarsi di opere extracontratto, rispetto alle quali nessun valore potevano avere eventuali garanzie rilasciate personalmente dal sig. Quanto alle fatture nn. 20 e 21 del 2016, evidenziava trattarsi di lavori commissionati dalla sig.ra con la sottoscrizione del progetto in variante.

Eccepiva la prescrizione ex art.1667 c.c. del diritto al risarcimento dei danni per vizi, essendo decorsi oltre 2 anni dalla consegna dell’opera.

Contestava qualsivoglia propria responsabilità per ritardi, trattandosi di opere in variante, e affermava essere estranee al contratto le richieste di esecuzione degli intonaci.

La sentenza di primo grado 4. Il Tribunale di Trieste, all’esito di procedimento istruito per testi e CTU, ha revocato il decreto ingiuntivo e, operando compensazioni tra poste reciproche, ha condannato la signora a pagare a l’importo residuo, rispetto al maggior corrispettivo richiesto, di €.648,77, oltre interessi, rigettando le ulteriori domande e compensando le spese tra le parti.

Questo, in sintesi, il percorso motivazionale seguito dal giudice di primo grado.

4.1.

Sarebbe circostanza incontestata tra le parti il pagamento, dalla committente all’appaltatrice, di €.76.562,50, importo superiore al prezzo pattuito contrattualmente (di €.75.000,00 oltre IVA).

Conseguentemente, da un lato, trattandosi di contratto con corrispettivo “a corpo”, è infondata la richiesta di pagamento per i lavori di cui alla fattura n.20/2016 (di Euro 1.984,01), in quanto riferita a lavori contrattuali, dall’altro, l’importo pagato in più rispetto al prezzo pattuito, dev’essere detratto dal corrispettivo per opere extracontratto (di cui alle rimanenti tre fatture azionate).

4.2.

Quanto ai corrispettivi per opere di scavo per posa delle utenze, il giudice di primo grado ha ritenuto irrilevante, tra le odierne parti in causa, eventuali assicurazioni fornite dal venditore del terreno circa la presenza delle infrastrutture per utenze.

Per contro avrebbe ragione l’opponente nel far rilevare che la stessa ricevute contestazioni rispetto alla fattura n.3/2016 (originariamente denominata “acconto scavo linea acqua, luce e gas”), aveva corretto la causale in “saldo scavo linea acqua, luce e gas” (doc.26 di parte opponente).

Conseguentemente non era dovuto l’importo di €.1.100,00 oltre Iva al 4%, di cui alla fattura n. 14/2016, che costituiva mero duplicato della pretesa portata dalla fattura n. 3/2016, poi corretta.

4.3.

Passando all’esame della maggior somma azionata dall’opposta, il Tribunale ha, anzitutto, evidenziato che risultava documentalmente la richiesta scritta (forma prevista da contratto) di variante, firmata dalla committente.

poi evidenziato che la difesa della sig,ra ha allegato di avere pagato, per lavori extra contratto, complessivamente l’importo di €.5.526,50 (di cui:

€.1.775,00 per la fattura 4/2016, €.2.225,00 per la fattura n. 8/2016 ed €.1.562,50 semplicemente in più rispetto al prezzo contrattuale).

Ha poi ritenuto che il pagamento della fattura n.8/2016 non poteva considerarsi satisfattivo, recando, detto documento contabile, la dicitura saldo riferita solo ai lavori al 23.3.2016, mentre la risoluzione del rapporto era stata intimata solo con mail del 6.4.2016.

Il giudice, quindi, ha fatto propria la stima del CTU relativa al valore dei lavori extracontratto esistenti e constatati (€.17.988,53).

Ha poi corretto tale cifra in riduzione, ritenendo fondata l’eccezione sollevata sul punto, applicando il valore del prezziario del 2015, e giungendo, così ad un valore complessivo di €.13.163,51

– importo non contestato -.

4.4.

Da tale importo, il Tribunale ha detratto quello di €.4.194,05 per fornitura e posa in opera dell’intonaco, lavorazione realizzata da altra impresa e pagata dalla dopo la risoluzione contrattuale.

Residuerebbe, quindi, allo stato, un credito di di €.8.969,46 oltre Iva al 4% per lavorio extracontratto.

4.5.

Infondata sarebbe, poi, la domanda riconvenzionale della committente di risoluzione del contratto per inadempimento, per omessa posa dell’intonaco, trattandosi di inadempimento non grave.

4.6.

Infondata, ancora, è stata ritenuta l’eccezione di prescrizione dell’azione di risarcimento danni per vizi dell’opera, trattandosi di opera non ultimata.

4.7.

Quanto, invece, alla domanda riconvenzionale di risarcimento per vizi, il CTU ha riscontrato i difetti lamentati dalla committente (linea di falda del tetto lato sud più corta rispetto al progetto di circa 90 cm., una torretta camino con tipologia e altezza diversa, la diversa partitura dei serramenti) e ha stimato i danni conseguenti – per costi e compensi della pratica di sanatoria – in €.3.934,47 complessivi.

4.8.

Sono state poi ritenute infondate le ulteriori poste di danno pretese dalla sig.ra quella da ritardo, per mancata prova del danno, e quella per omessa consegna di certificazioni e dichiarazioni di conformità, trattandosi di costi contrattualmente a carico della committente.

4.9.

Conclusivamente, determinato in €.9.969,46, Iva esclusa, l’importo dovuto per opere extracontratto (€.1.000,00 per lavori di scavo ed €.8.969,46 per lavori extracontratto residui), da tale importo sono stati detratti in compensazione:

– i pagamenti pacificamente fatti a titolo di lavori extracontratto (€.1.775,00 + €.2.225,00), – l’importo pagato in più rispetto al prezzo contrattuale (€.1526,50), – e, infine, i danni stimatidal CTU per vizi dell’opera (€.3.934,47 Iva inclusa).

Al termine di tali operazioni, quindi, è residuato un debito, della committente, di ’atto di appello di 5. Con atto di citazione notificato l’8.11.2023 ha formulato appello chiedendo la riforma parziale della sentenza impugnata, con rideterminazione in proprio favore del credito azionato, per i seguenti motivi.

5.1.

Con il primo motivo di impugnazione, l’appellante ha sostenuto che avrebbe errato, il giudice di primo grado, nel detrarre dal corrispettivo dovuto all’impresa per opere extracontratto l’importo pari al prezzo (€ .4.194,05 complessivi) pagato dalla committente ad altra impresa (la ditta RAGIONE_SOCIALE).

Risulterebbe, infatti per documenti (una comunicazione scritta del DL contabilità di cantiere e la dicitura contenuta nella fattura della stessa impresa -doc.36 di controparte), che la ditta RAGIONE_SOCIALE si sarebbe occupata dei soli intonaci interni (lavorazione mai commissionata a , mentre l’appellante avrebbe realizzato gli intonaci esterni.

5.2.

Con il secondo motivo di impugnazione l’appellante ha sostenuto che avrebbe errato, il giudice di primo grado, nel detrarre, dal dovuto all’impresa, l’importo stimato dal CTU quale costo per pratiche di sanatoria in relazione a vizi e difetti delle opere (€.3.934,47).

In particolare, a tale riguardo, la difesa della sig.ra non avrebbe dato prova di avere pagato il compenso al professionista (geom. , ma solo l’importo di €.340,00 (lo allegherebbe parte opponente a pag.10 dell’atto introduttivo).

Dalla relazione del tecnico si evincerebbe, poi, che la pratica in sanatoria era stata fatta anche per altre problematiche, diverse da quelle che il Tribunale aveva addebitato all’appaltatrice.

Conseguentemente, si tratterebbe di un danno non provato o, in subordine, da ripartire tra appaltatrice e direzione lavori (lo stesso geom. , con rimessione al prudente apprezzamento della Corte.

5.3.

Con il terzo e ultimo motivo di impugnazione, l’appellante ha chiesto, in seguito all’accoglimento dei primi due motivi, la riforma del capo di sentenza con il quale, il giudice di primo grado, ha compensato le spese di lite tra le parti.

Ha dedotto, in proposito, che, ai fini delle valutazioni sulle spese di lite, il caso del soggetto che si vede comunque riconoscere un importo dovuto, seppure inferiore al richiesto, non può essere trattato allo stesso modo di quello del soggetto rimasto soccombente (Cass. sent. n.15725/07; 6522/14, 6259/14 e 18837/10).

Le difese in secondo grado della sig.ra COGNOME Con comparsa depositata il 25.1.2024 si è costituita in questa sede la sig.ra resistendo in giudizio e chiedendo la declaratoria di inammissibilità o il rigetto dell’appello con il favore delle spese di lite.

6.1.

Quanto al primo motivo di impugnazione, l’appellata ha replicato che gli intonaci e in computo metrico, sia extracontratto.

Ciò risultava anche da messaggio di posta elettronica della stessa dell’8.4.2016, con la quale l’impresa preannunciava la data prevista per tali lavori – lunedì 11.4.2016 – (doc.32 della produzione di primo grado), comunicazione alla quale poi seguì, per altri motivi, la risoluzione del contratto.

Né, in contrario, potrebbero valere dichiarazioni del geom. nipote del legale rappresentante della non incaricato della direzione dei lavori della e già smentito, in causa – circa l’esistenza dei vizi – dagli esiti della CTU.

6.2.

Quanto al secondo motivo di impugnazione, relativo alle spese di sanatoria, l’appellata ha confermato di avere ricevuto contestazione di opere abusive da parte del Comune e ha allegato di avere pagato l’importo di 340,00 euro a titolo di sanzione, “oltre alle spese del geometra” (comparsa di costituzione in appello, pag.12).

Per il resto sarebbe documentato che i vizi erano dovuti ad errori esecutivi dell’impresa, né l’appaltatrice avrebbe potuto andare esente da colpa, non avendo provato di avere manifestato il proprio dissenso nei confronti dei tecnici incaricati (DL ing. e ing. per i calcoli strutturali).

6.3.

Ha poi ribadito la non debenza dell’importo di cui alla fattura n.3/2016 di €.1.000,00 (asseritamente per lavori di scavo), per i motivi già fatti propri dal giudice di primo grado.

6.4.

Quanto alle spese di lite, l’appellata ha contestato la fondatezza del motivo di appello, ritenendo essersi verificata una reciproca soccombenza ed evidenziata la non pertinenza delle citazioni giurisprudenziali di controparte.

Il processo di appello 7. All’udienza del 25.6.2024 il giudice ha assegnato alle parti i termini ex art. 352 c.p.c. 8. Le parti hanno depositato le memorie conclusive e argomentative e, da ultimo, note sostitutive dell’udienza (già fissata per il giorno 4.3.2025) di assunzione in riserva per la decisione.

RAGIONI DELLA DECISIONE 9.

La materia del contendere del presente procedimento è residuale e limitata, rispetto a quella originaria, consistente nel confronto tra la domanda contrattuale di pagamento del corrispettivo per lavori in appalto privato, da parte di e la domanda riconvenzionale di risarcimento dei danni formulata dalla committente 9.1.

Si controverte, infatti, in primo luogo, sulla detraibilità, dal credito dell’appaltatrice per lavori extracontratto, di un importo pari a quanto pagato dalla committente ad altra impresa (ditta RAGIONE_SOCIALE, per lavori (intonaci interni / interni ed esterni) che, secondo committente, avrebbe dovuto compiere l’appaltatrice e che, invece, secondo quest’ultima, non le erano stati commissionati.

Il motivo di appello in esame è infondato in radice.

Il ragionamento dell’appellante coglierebbe nel segno se la decisione del Tribunale avesse operato la contestata detrazione partendo da un importo in denaro determinato direttamente dalle parti quale misura del compenso per i lavori.

In tal caso sarebbe stato logicamente erroneo detrarre dal compenso dovuto all’appaltatrice, le spese sostenute per lavori non già originariamente ricompresi in quelli concordati.

Ma così non è nel caso di specie.

Il giudice di primo grado, infatti, ha dato incarico al CTU, tra l’altro, sia di descrivere le opere eseguite dalla convenuta opposta, distinguendo quelle previste dal contratto d’appalto dd.

31.3.2015 e quelle extra contratto e sia di quantificare il valore delle opere extra contratto (punti 1 e 2 dei quesiti).

Il CTU, evadendo l’incarico ricevuto, ha fornito una descrizione delle opere eseguite, come da lui constatate esistenti e, tra queste, in particolare in quelle extracontratto (al punto.

1.2.2 della relazione), ha inserito anche “Fornitura e posa in opera di intonaco fibrato con paraspigoli in acciaio inox – voce 4.02 della contabilità”.

Il CTU, come da quesito, ha anche valutato le opere extracontratto in generale (quesito n.2: “quantifichi il valore delle opere extra contratto;”).

Che una di tali lavorazioni esistenti non sia stata posta in essere da ma da altra impresa (ditta RAGIONE_SOCIALE) è dato pacifico.

E tanto basta per giustificare la detrazione operata dal giudice di primo grado, del relativo importo pagato a impresa terza, dal valore delle opere esistenti e da remunerare in favore dell’appaltatrice.

In altri termini, il giudice è partito dalla stima del valore di opere (extracontratto) esistenti e ha detratto, da tale valore, quello delle opere certamente non poste in essere In tale percorso argomentativo diviene irrilevante accertare se, come sostenuto dall’appellante, solo gli intonaci interni siano stati posti in essere dalla terza impresa sopraggiunta, poiché, comunque, il CTU ha esaminato tutte le opere esistenti, sia contrattuali sia extracontrattuali.

Ad ogni modo, in senso del tutto contrario alle allegazioni di parte appellante sul punto, vi è il contenuto non disconosciuto del messaggio di posta elettronica che l’8.4.2016, alle 11.31, parte dall’indirizzo (doc.32 in primo grado di parte appellata), ove si afferma, tra l’altro:

“In riferimento alla posa dell’intonaco interno Vi ricordo che l’appalto é della pertanto nessun importo sarà computato a differenza sul credito Impresa se concordate Voi con un Intonacatore contattato da voi direttamente.

Oltre a ciò, e concludendo sul punto, non è contestata la sentenza nella parte in cui, qualificato il contratto “a corpo”, ha escluso che potesse avanzare.2.

Il secondo motivo di appello nel merito appare fondato.

9.2.1.

Si tratta, in particolare, di una specifica voce di danno compresa nella domanda riconvenzionale risarcitoria di parte appellante.

In atto di citazione in opposizione la sig.ra aveva formulato una domanda risarcitoria quantificata in €.10.000,00

(salvi diversi esiti di CTU) per varie voci di danno:

il ritardo nell’esecuzione dei lavori, il mancato completamento delle opere concordate, le pratiche di sanatoria conseguenti agli errori di cantiere dovuti alla ditta e la mancata consegna delle certificazioni, dichiarazioni e documentazione in relazione ai lavori eseguiti.

Di tali voci di danno, l’unica che ha trovato accoglimento nella sentenza impugnata, oltre al completamento delle opere, è quella relativa alle “pratiche di sanatoria”, rispetto alle quali era stata formulata, in atto di citazione, la seguente allegazione sintetica:

“Per la sanatoria la sig.ra ha dovuto versare l’importo di € 340,00, oltre alle spese del geom. (doc. 42).

” (atto di citazione in primo grado, pag.9).

A fronte di tale allegazione la difesa di ha eccepito la prescrizione dell’azione e, in subordine, ha contestato la domanda nel merito.

Nessuna ulteriore specificazione è stata poi dedicata dalla difesa a detto tema con la memoria ex art.183 co.

6 n.1 c.p.c., formulando, in proposito, le seguenti richieste di prova orale, non ammesse dal giudice, con decisione non impugnata:

“16) Vero che a fine 2016 in relazione al cantiere edile in oggetto la sig.ra ha ricevuto contestazioni per opere abusive ovvero senza autorizzazione dal Comune di Duino Aurisina rispetto a una linea di falda del tetto lato sud più corta rispetto al progetto approvato di circa 90 cm, una torretta camino con tipologia ed altezza diversa e per una diversa partitura dei serramenti;

17) Vero che in data 23.10.2017 il geom. depositava domanda di sanatoria rispetto alle contestazioni di cui al capitolo precedente dando atto che le opere in difformità erano dovute proprio ad “errore di cantiere” della ditta 18) Vero che per la sanatoria di cui al capitolo precedente la sig.ra dovuto versare l’importo di € 340,00, oltre alle spese del geom. come da documento n. 42 che si rammostra al teste;

Pare evidente che l’unico esborso che si era chiesto di provare, con la dovuta specificazione, fosse quello di €.340,00.

La quantificazione di costi e oneri connessi alla pratica di sanatoria ha, poi, costituito oggetto di specifico quesito rivolto al CTU:

“4) accerti se sussistano i vizi lamentati dall’attrice opponente a pag. 10 dell’atto di citazione, verificando – in caso affermativo – se gli stessi abbiano reso necessaria la presentata il 23.10.2017, quantificando costi e oneri connessi a quest’ultima;

Ed il consulente dell’ufficio ha diligentemente risposto quantificando anche una voce per compensi professionali del tecnico incaricato della sanatoria.

9.2.3.

Tutto ciò premesso, deve ritenersi che, pur avendo l’attrice in via riconvenzionale formulato domanda di risarcimento dei danni, e in particolari di quelli descritti in termini di “spese del geom. ovvero di “costi e oneri” della pratica di sanatoria curata dal predetto tecnico, abbia poi mancato di compendiare tale domanda sia con l’allegazione specifica sia con la richiesta di provare tale ulteriore esborso.

Che poi la pratica di sanatoria sia stata presentata è un dato pacifico e documentale, come pure il relativo pagamento di 340 euro a titolo di sanzione.

Il documento prodotto al n.42, citato nel capitolo di prova orale non ammesso (in quanto ritenuto documentale), a sua volta attesta, oltre al deposito della domanda di sanatoria dd.

23.10.2017, il pagamento di soli 340 euro complessivi (con due versamenti rispettivamente di 80 e 240 euro).

9.2.4.

Ne consegue che non può riconoscersi, quale voce di risarcimento del danno, la mera stima operata dal CTU, mancando qualsiasi dato specifico circa detto esborso.

Conseguentemente non potrà detrarsi dalla somma dovuta da parte appellata, l’intero importo stimato dal CTU (€. 3.934,47), ma solo quello che risulta corrispondente a spesa realmente sostenuta (€.340,00).

Ne deriva che il credito di accertato, nei confronti della controparte, dev’essere aumentato ad €. 4.243,24. 9.3.

Dal parziale accoglimento – limitatamente al secondo motivo meritale – del presente appello discende una modifica delle statuizioni in punto spese di lite e, a tal fine, questa Corte ritiene opportuna una valutazione dell’esito complessivo della controversia.

In buona sostanza ha inizialmente agito per un pagamento di oltre 25.000 euro e ha opposto un controcredito inizialmente stimato in 10.000 euro.

Entrambe le domande, all’esito dei due gradi di giudizio, sono state accolte solo in parte, dando luogo ad una compensazione che ha prodotto l’effetto di ridurre quanto dovuto all’attrice principale, ad €.4.243,24 per capitale.

Occorre, inoltre, tenere conto del fatto che, nella pur minore estensione, la materia del contendere del secondo grado ha visto parte appellante vittoriosa per un importo dimezzato rispetto al chiesto.

Tutto ciò considerato, pare opportuna, valutato l’esito complessivo dei due gradi di giudizio, la compensazione parziale delle spese di entrambi i gradi, in misura di 2/3, e la condanna di a rifondere a le residue spese (1/3 per la fase istruttoria in secondo grado, valutata al minimo per la semplicità delle questioni -, calcolati a seconda dei rispettivi valori di causa.

Quanto al primo grado, pertanto, si liquidano i seguenti valori per compensi:

€. 919,00 per studio, €.777,00 per fase introduttiva, €.1.680,00 per istruttoria e trattazione ed €. 1.701,00 per decisionale, che, complessivamente porta ad €. 5.077,00, e, nella misura di 1/3 ad €.1.692,00.

Quanto al grado di appello, infine, si liquidano i seguenti valori per compensi:

€. 1.134,00 per studio, €.921,00 per fase introduttiva, €.922,00 per istruttoria e trattazione ed €.1.911,00 per decisionale, che, complessivamente porta ad €. 4.888,00, e, nella misura di 1/3 ad €.1.629,00.

La Corte, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. 382/2023 RG, così decide:

1- accoglie parzialmente l’appello e, per l’effetto, in parziale riforma del primo capo della sentenza impugnata, condanna a pagare a €.4.243,24, oltre agli interessi legali dalla notifica del decreto ingiuntivo al saldo;

2- compensa parzialmente, in misura di 2/3 le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio e condanna a rifondere a le seguenti somme, a titolo di spese processuali, già calcolate nella percentuale di 1/3 del totale:

– per il primo grado di giudizio €.1.692,00

per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege;

– per il secondo grado di giudizio € .1.629,00

per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege.

Trieste, 29.4.2025.

Consigliere estensore Presidente dott. NOME COGNOME dott. NOME COGNOME

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