N. 1818/2025 REG.
GEN.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI MILANO – Sez. Lavoro La dott.ssa NOME COGNOME in funzione di giudice del lavoro, ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._1844_2025_- N._R.G._00001818_2025 DEL_16_04_2025 PUBBLICATA_IL_16_04_2025
nella causa iscritta al numero di ruolo generale sopra riportato, promossa con ricorso depositato in data 13 febbraio 2025 nella persona del legale rappresentante rappresentato e difeso dall’avv.to NOME COGNOME per procura in calce al ricorso, elettivamente domiciliato a Mazara, INDIRIZZO. ricorrente contro in persona del presidente pro tempore Rappresentato e difeso, per procura generale alle liti, dall’avv.to NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Milano, INDIRIZZO convenuto
OGGETTO: obbligo contributivo datore lavoro
Conclusioni delle parti:
come in atti
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO ricorso in data 13 febbraio 2025, la società si è rivolta all’intestato Tribunale proponendo opposizione avverso l’avviso di addebito n. NUMERO_CARTA con il quale l’ chiedeva il pagamento della somma di € 6120,41 a titolo di contributi dovuti alla gestione separata per il periodo 2022-2023.
Ritenendo che la pretesa contributiva dell’Ente fosse estinta per intervenuta decadenza ex art. 25 dlgs n. 46/1999 e che, comunque, fosse, inutilmente decorso il termine di cui all’art. 14 l.n. 689/81, ha chiesto al giudice di dichiarare non dovuta la somma portata dell’avviso opposto.
Si è costituito l’ che, in relazione ai contributi per l’anno 2022, ha chiesto che il giudice accerti la sussistenza del debito contributivo, mentre per l’anno 2023, ha ritenuto infondata l’eccezione di decadenza.
Ha poi contestato l’applicabilità dell’art. 14 l.n. 689/81.
Inutilmente esperito il tentativo di conciliazione, all’udienza del 16 aprile 2025, la causa è stata discussa.
All’esito della camera di consiglio, il giudice ha pronunciato la presente sentenza, depositando dispositivo e contestuale motivazione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
A titolo di premessa, va detto che i motivi sui quali si fonda l’opposizione non attengono al merito della pretesa, ovvero alla sua fondatezza, quanto solo alla successiva decadenza dell’ dalla potestà di riscossione per l’inutile decorso dei termini previsti dal dlgs 46/99 e dall’art. 14 l.n. 689/81.
L’art. 25 dispone:
“ I contributi o premi dovuti agli enti pubblici previdenziali sono iscritti in ruoli resi esecutivi, a pena di decadenza:
a) per i contributi o premi non versati dal debitore, entro il 31 dicembre dell’anno successivo al termine fissato per il versamento;
in caso di denuncia o comunicazione tardiva o di riconoscimento del debito, tale termine decorre dalla data di conoscenza, da parte dell’ente;
b) per i contributi o premi dovuti in forza di accertamenti effettuati dagli uffici, entro il 31 dicembre dell’anno successivo alla data di notifica del provvedimento ovvero, per quelli sottoposti a gravame giudiziario, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui il provvedimento è divenuto definitivo”.
“La violazione, quando e possibile, deve essere contestata immediatamente tanto al trasgressore quanto alla persona che sia obbligata in solido al pagamento della somma dovuta per violazione stessa.
Se non è avvenuta la contestazione immediata per tutte o per alcune delle persone indicate nel comma precedente, gli estremi della violazione debbono essere notificati agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni e a quelli residenti all’estero entro il termine di trecentosessanta giorni dall’accertamento.
Quando gli atti relativi alla violazione sono trasmessi all’autorità competente con provvedimento dell’autorità giudiziaria, i termini di cui al comma precedente decorrono dalla data della ricezione.
” E’ fatto pacifico tra le parti che i contributi omessi riguardino il periodo 2022-2023.
Per il debito relativo all’anno 2023, proprio l’applicazione della norma invocata di cui all’art. 25, manifesta l’infondatezza della pretesa, essendo confermato che l’iscrizione a ruolo sia avvenuta entro il 31 dicembre dell’anno successivo al termine per il pagamento.
Con l’introduzione, invero (dal 1 gennaio 2023) dell’avviso di addebito, l’iscrizione a ruolo dei contributi coincide con la notifica dell’atto da parte dell’ In ogni caso e questo anche per l’anno 2022, l’ ha chiesto che il giudice proceda all’accertamento del debito contributivo.
Risulta dagli atti che la società, pur avendo presentato le relative denunce, per i mesi di Gennaio 2022, Giugno 2022, Ottobre 2022, Novembre 2022, Dicembre 2022, Gennaio 2023, Febbraio 2023 e Dicembre 2023 ( doc. 4 fasc. non ha poi fatto seguire il pagamento della contribuzione entro i termini di legge.
L’omissione non trova giustificazione, non avendo la società dedotto alcunchè a tal proposito.
La decadenza prevista dall’art. 25 citato non preclude al giudice l’accertamento della debenza dei contributi che si assumono omessi.
Con orientamento ormai consolidato, la giurisprudenza della Suprema Corte ha affermato che l’art 25 prevede una decadenza processuale e non sostanziale, con il chè l’iscrizione a ruolo è solo uno dei meccanismi che la legge accorda all’ per il recupero dei crediti contributivi, ferma restando la possibilità che l’istituto agisca nelle forme ordinarie e, coerentemente, che un eventuale vizio formale della cartella o il mancato rispetto del termine di decadenza previsto ai fini dell’iscrizione a ruolo comporta soltanto l’impossibilità, per l’istituto, di avvalersi del titolo esecutivo, ma specie, a fronte delle denunce presentate dalla società nella gestione separata e quale committente, non risulta esservi prova dei pagamenti e, come detto, neppure contestazioni volte ad escludere la sussistenza sostanziale dell’obbligo. Lo stesso, quindi, sia per la condotta della società che, comunque, ne ha fatto denuncia, sia per il principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c., deve ritenersi sussistente.
Può, quindi, essere accolta la domanda dell’ di accertamento.
In tal senso, la giurisprudenza della Corte di Cassazione (sent. N. 1558/20) citata e trascritta nella memoria difensiva e che qui si fa propria:
“in ordine alla natura ed alla funzione della decadenza prevista dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 25, all’interno del complessivo sistema di riscossione dei crediti contributivi previdenziali, con orientamento consolidato hanno affermato che la richiamata disposizione prevede una decadenza processuale e non sostanziale, che l’iscrizione a ruolo è solo uno dei meccanismi che la legge accorda agli enti previdenziali e assistenziali per il recupero dei crediti contributivi, ferma restando la possibilità che agiscano nelle forme ordinarie e, coerentemente, che un eventuale vizio formale della cartella o il mancato rispetto del termine di decadenza previsto ai fini dell’iscrizione a ruolo comporta soltanto l’impossibilità, per l’istituto, di avvalersi del titolo esecutivo, ma non lo fa decadere dal diritto di chiedere l’accertamento, in sede giudiziaria, dell’esistenza e dell’ammontare del proprio credito; 7. depongono nel senso dei richiamati principi:
il tenore testuale della norma, che parla di decadenza dall’iscrizione a ruolo del credito e non di decadenza dal diritto di credito o dalla possibilità di azionarlo nelle forme ordinarie;
l’impossibilità di estendere, in via analogica, una decadenza dal piano processuale anche a quello sostanziale (posto che per principio generale le norme in tema di decadenza sono di stretta interpretazione);
la non conformità all’art. 24 Cost., di un’opzione interpretativa che negasse all’istituto la possibilità di agire in giudizio nelle forme ordinarie;
la ratio dell’introduzione del meccanismo di riscossione coattiva dei crediti previdenziali a mezzo iscrizione a ruolo, intesa a fornire all’ente un più agile strumento di realizzazione dei crediti (v. Corte Cost. ord., n. 111 del 2007), non già a renderne più difficoltosa l’esazione imponendo brevi termini di decadenza;
il rilievo che la scissione fra titolarità del credito previdenziale e titolarità della relativa azione esecutiva (quest’ultima in capo all’agente della riscossione) mal si concilierebbe con un’ipotesi di decadenza sostanziale (v., fra le altre, Cass. nn. 22663, e 32885 del 2018; Cass. n. 29294 del 2019);
8. la natura meramente processuale del potere di iscrizione a ruolo e l’inesistenza di è stata, dunque, correttamente ritenuta dalla Corte territoriale non preclusiva dell’accertamento della sussistenza o meno dell’obbligazione azionata;
9. tuttavia risulta non conforme ai consolidati principi di legittimità l’argomentata necessità di una tempestiva domanda dell’ente previdenziale, al fine di sollecitare la cognizione, nel giudizio di opposizione a cartella esattoriale, in ordine alla sussistenza dell’obbligazione, nella specie per premi e sanzioni;
10. questa Corte ha già chiarito che ha natura di opposizione all’esecuzione l’azione proposta contro l’iscrizione a ruolo e prima d’una intimazione ad adempiere (v. Cass. nn. 29294 e 22292 del 2019) e che, a sua volta, l’opposizione all’esecuzione altro non è che un tipo di azione di accertamento negativo del credito (cfr., fra le tante, Cass. n. 12239 del 2007);
11.
se dunque l’opposizione dà luogo ad un giudizio ordinario di cognizione sui diritti ed obblighi inerenti al rapporto previdenziale obbligatorio, la ritenuta illegittimità del procedimento d’iscrizione a ruolo non esime il giudice dall’accertamento, nel merito, della fondatezza dell’obbligo di pagamento dei premi e/o contributi (v., da ultimo, Cass. n. 12025 del 2019 e i precedenti ivi richiamati);
12. ricorrono, infatti, gli stessi principi che governano il procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, per il quale si è ritenuto (v., per tutte, Cass. n. 12311 del 1997) che l’opposizione dà luogo ad un ordinario, autonomo giudizio di cognizione che, sovrapponendosi allo speciale e sommario procedimento monitorio (artt. 633,644 c.p.c. e segg.), si svolge nel contraddittorio delle parti secondo le norme del procedimento ordinario (art. 645 c.p.c.) sicchè il giudice dell’opposizione è investito del potere-dovere di pronunciare sulla pretesa fatta valere con la domanda di ingiunzione e non può limitarsi ad accertare e dichiarare la nullità del decreto ingiuntivo emesso in assenza delle condizioni di legge; 13.
in conseguente applicazione di tali principi, gli eventuali vizi formali della cartella esattoriale opposta comportano soltanto l’impossibilità, per l’Istituto, di avvalersi del titolo esecutivo, ma non lo fanno decadere dal diritto di chiedere l’accertamento, in sede giudiziaria, dell’esistenza e dell’ammontare del proprio credito (cfr., fra le ultime, Cass. n. 20728 del 2019 e i numerosi precedenti ivi richiamati)”.
Quanto poi all’art. 14 citato, si tratta di norma del tutto inconferente atteso che la disposizione, come tutta la legge n. 689/81 si riferisce agli illeciti depenalizzati, tra i quali non risulta essere ricompresa l’omissione contributiva.
Nonostante la parziale reciproca soccombenza, ma dovendo valorizzare l’attuale sussistenza del debito contributivo, la società ricorrente va condannata alla rifusione Il Tribunale di Milano, definitivamente pronunciando, così decide:
-accerta la sussistenza e la debenza delle somme portate dall’avviso di addebito opposto;
-condanna la società alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 2000 oltre accessori di legge.
Milano 16 aprile 2025 Il giudice del lavoro NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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