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Contratto di fornitura di gas per il riscaldamento

Il contratto di fornitura di gas per il riscaldamento è un normale contratto di somministrazione che genera obbligazioni.

Pubblicato il 25 July 2022 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI VELLETRI
SECONDA SEZIONE CIVILE

in composizione monocratica, in persona del Giudice dott.ssa, ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 1507/2022 pubblicata il 19/07/2022

nella causa civile di secondo grado iscritta al n. 1825 del ruolo contenzioso generale dell’anno 2017 e vertente

tra

XXX

appellante;

e

YYY S.p.A., quale mandataria di ZZZ s.r.l., in persona dell’amministratore delegato pro tempore,

appellata;

Oggetto: appello avverso sentenza n. 1531/2016 del Giudice di Pace di Velletri, depositata in Cancelleria in data 13/09/2016 e non notificata;

Conclusioni delle parti: come da note di trattazione scritta depositate per l’odierna udienza cartolare.

ESPOSIZIONE DEI FATTI

Con atto di citazione notificato a mezzo pec in data 9 marzo 2017, XXX ha proposto appello avverso la sentenza del giudice di pace di Velletri n. 1531/2016, che, revocato il decreto ingiuntivo ottenuto dalla ricorrente *** S.p.A. (originaria titolare del credito poi ceduto a ZZZ s.r.l.) sul presupposto della fondatezza dell’eccezione di prescrizione sollevata, l’aveva condannata al pagamento della residua somma, non prescritta, di € 2.070,04, oltre interessi in misura legale dal 9/03/2015 al soddisfo, sulla scorta di fatture emesse dall’*** S.p.A. per i consumi riferibili ad un’utenza per la fornitura di gas ubicata in Marino, viale ***, e asseritamente rimaste insolute.

A sostegno del gravame, l’attrice ha lamentato l’ingiustizia della sentenza impugnata, nella parte in cui: 1) ha disatteso il motivo di opposizione sull’inesistenza del credito e respinto l’eccezione di difetto di legittimazione passiva dell’opponente, pur in assenza del documento contrattuale; 2) ha ritenuto le fatture, accompagnate dall’estratto autentico notarile delle scritture contabili della società, idonee a costituire prova della pretesa creditoria dell’opposta anche nella fase a cognizione piena.

Ha concluso, quindi, per la riforma della sentenza appellata, con accertamento dell’insussistenza del proprio debito nei confronti di *** S.p.A., e per la condanna dell’appellata al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.

Si è costituita in appello la ZZZ s.r.l. per il tramite della mandataria YYY S.p.A., premettendo di essere divenuta titolare del credito a seguito della cessione da parte di *** S.p.A. e deducendo l’infondatezza dell’appello ex adverso proposto. Ha concluso, quindi, la conferma della sentenza emessa dal Giudice di Pace.

All’udienza del 29/11/2018 le parti hanno chiesto concordemente rinvio per la precisazione delle conclusioni. Il precedente G.I., rilevata la mancata acquisizione del fascicolo di primo grado, onerava la Cancelleria e l’appellante dell’acquisizione; quindi, ha rinviato la causa per la precisazione delle conclusioni.

Nelle more, in data 9/04/2019, è stato acquisito il fascicolo di primo grado.

Con le note di trattazione scritta depositate per l’udienza cartolare del 22/12/2020, l’appellata ha eccepito l’improcedibilità del giudizio di appello, avendo appreso del decesso della sig.ra XXX, parte appellante, avvenuto già in data 11/10/2015, ossia in epoca antecedente alla notifica dell’atto di citazione in appello, con conseguente difetto di ius postulandi in capo al difensore.

Ha replicato all’eccezione la parte appellante, deducendo l’ultrattività del mandato difensivo, nella specie rilasciato anche per il grado di appello, anche in caso di sopraggiunto decesso della parte assistita, non avendo il procuratore costituito mai inteso dichiarare, a fini interruttivi, l’evento morte della sig.ra XXX.

Il procedimento ha subito taluni rinvii d’ufficio in conseguenza del trasferimento ad altro Tribunale del precedente Giudice togato e vista l’impossibilità di trattazione della causa (in quanto giudizio di secondo grado) da parte Giudice onorario supplente, in virtù delle tabelle vigenti.

Quindi, divenuta la scrivente titolare del ruolo e del fascicolo, la causa è stata rinviata all’odierna udienza cartolare per la precisazione delle conclusioni e la contestuale discussione e decisione ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente, va esaminata l’eccezione di improcedibilità dell’appello, per asserito difetto di ius postulandi del difensore dell’appellante, proposta dalla YYY S.p.A. con le note di trattazione scritta depositate il 17/12/2020.

Ed invero, secondo la tesi dell’appellata, l’impugnazione non sarebbe mai stata validamente proposta, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, atteso che il procuratore costituito dell’appellante, XXX, a seguito del decesso di quest’ultima intervenuto già nel corso del giudizio di primo grado (come da certificato di morte prodotto in atti dalla stessa appellata), avrebbe perduto lo ius postulandi, non potendo egli far valere una procura, originariamente rilasciata anche per l’appello, sottoscritta da una parte poi deceduta. L’appello, infatti, avrebbe dovuto essere proposto dagli eredi della sig.ra XXX, previo conferimento di apposita procura alle liti.

L’eccezione è infondata e va respinta.

Al riguardo, mette conto evidenziare che la questione è stata oramai risolta dalla Suprema Corte di Cassazione che, in un noto arresto a Sezioni Unite (n. 15295 del 4/07/2014), ha statuito il principio di diritto secondo cui “l’incidenza sul processo degli eventi previsti dall’art. 299 c.p.c. è disciplinata, in ipotesi di costituzione in giudizio a mezzo di difensore, dalla regola dell’ultrattività del mandato alla lite, in ragione della quale, nel caso in cui l’evento non sia dichiarato o notificato nei modi e nei tempi di cui all’art. 300 c.p.c., il difensore continua a rappresentare la parte come se l’evento non si sia verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale e nelle successive fasi di quiescenza e riattivazione del rapporto a seguito della proposizione dell’impugnazione. Tale posizione giuridica è suscettibile di modificazione nell’ipotesi in cui, nella successiva fase d’impugnazione, si costituiscano gli eredi della parte defunta o il rappresentante legale della parte divenuta incapace, oppure se il procuratore di tale parte, originariamente munito di procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, dichiari in udienza o notifichi alle altre parti l’evento verificatosi, o se, rimasta la medesima parte contumace, l’evento sia documentato dall’altra parte (come previsto dalla novella di cui all’art. 46 della legge n. 69 del 2009), o notificato o certificato dall’ufficiale giudiziario ai sensi del comma quarto dell’art. 300 c.p.c.. Ne deriva che: a) la notificazione della sentenza fatta a detto procuratore, a norma dell’art. 285 c.p.c., è idonea a far decorrere il termine per l’impugnazione nei confronti della parte deceduta o del rappresentante legale della parte divenuta incapace; b) detto procuratore, qualora gli sia originariamente conferita procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato a proporre impugnazione (ad eccezione del ricorso per cassazione, per la proposizione del quale è richiesta la procura speciale) in rappresentanza della parte che, pur deceduta, o divenuta incapace, va considerata nell’ambito del processo ancora in vita e capace; c) è ammissibile l’atto di impugnazione notificato, ai sensi del primo comma dell’art. 330 c.p.c., presso il procuratore, alla parte deceduta o divenuta incapace, pur se la parte notificante abbia avuto diversamente conoscenza dell’evento” (cfr. in senso conforme anche Cass. civ. 23141/2014).

È evidente, dunque, che avendo la sig.ra XXX conferito al proprio difensore procura alle liti anche per l’eventuale grado di appello, la circostanza che questa sia poi deceduta, in difetto di dichiarazione del difensore stesso o di notificazione all’altra parte e in assenza di una attestazione dell’ufficiale giudiziario in ordine al decesso della parte, rende l’evento del tutto irrilevante in sede processuale.

Né vale argomentare, in senso contrario, che l’evento interruttivo sarebbe oramai entrato formalmente nel processo per effetto del deposito del certificato di morte ad opera della parte appellata: invero, affinché si produca l’effetto interruttivo, è necessaria una dichiarazione resa, ai sensi dell’art. 300, dal procuratore della parte costituita e colpita dall’evento, finalizzata ad ottenere l’interruzione del processo. Ciò in quanto detta dichiarazione, pur strutturata come dichiarazione di scienza, riveste carattere strettamente negoziale e suppone la volontà del dichiarante di provocare l’interruzione stessa, con la conseguenza che quest’ultima non si realizza allorché la causa interruttiva risulti esposta soltanto per fini diversi (cfr. ad esempio Cass. civ, n. 10210/2015) o, come nella specie avvenuto, entri nel processo per effetto della dichiarazione resa dalla controparte.

Da tali principi discende che, nel caso concreto, operano i principi dell’ultrattività del mandato difensivo conferito in primo grado dall’appellante e dell’irrilevanza dell’evento morte da cui è quest’ultima è rimasta colpita, siccome mai dichiarato a fini interruttivi dal proprio procuratore costituito.

Tanto premesso, nel merito l’appello è infondato e va respinto per le ragioni che di seguito di espongono.

Va rilevato, anzitutto, che la *** S.p.A. aveva ottenuto decreto ingiuntivo nei confronti di XXX per il pagamento della somma di € 4.322,16 sulla scorta di una serie di fatture emesse per l’utenza gas n., a lei intestata, collegata all’immobile sito in, tra il 24/05/2005 e 23/08/2011.

Avverso tale decreto ingiuntivo, la XXX aveva proposto opposizione, deducendo, tra gli altri motivi, il proprio difetto di legittimazione passiva: rappresentava, infatti, di aver abitato solo fino al mese di luglio 2003 presso l’immobile sito in (e non via,), nel quale era effettivamente intestataria di un’utenza per la fornitura del gas. Sennonché, a luglio 2003, aveva alienato l’appartamento a tale ***, che gli aveva trasferito con tutte le relative pertinenze e accessori e con onere a carico di quest’ultimo di volturare i contratti di servizi, sicché, a decorrere da tale data, come si evinceva anche dal certificato di residenza storico depositato in atti e dalla comunicazione di cessione del fabbricato indirizzata alle autorità preposte, non aveva più intrattenuto nessun rapporto di somministrazione con *** S.p.A., né potevano costituire idonea prova dello stesso le fatture, unilateralmente formate, depositate in giudizio dall’opposta, ed un estratto notarile delle scritture contabili.

Si era difesa in giudizio *** S.p.A., deducendo che, pur in assenza del contratto di somministrazione stipulato in forma scritta, la tacita conclusione e quindi l’esistenza del rapporto contrattuale di fornitura del gas, a decorrere dal 2005, tra sé e l’opponente XXX, si ricavava dalla mancata contestazione ad opera della stessa opponente (che aveva ammesso di essere stata intestataria dell’utenza prima della cessione a terzi dell’immobile) e dal fatto che una parte delle fatture azionate risultava addirittura pagata.

Con la sentenza oggetto dell’odierno gravame, il Giudice di Pace ha respinto l’eccezione, sul presupposto che la stessa parte opponente avesse confermato di essere stata intestataria di un’utenza per la fornitura di gas da parte di *** S.p.A., abbinata all’immobile di via; quindi, in difetto di voltura a favore del nuovo proprietario dell’immobile, tale ***, la stessa restava obbligata, in forza del contratto rimasto efficace, al pagamento dei consumi nei confronti della società di somministrazione.

In primo luogo, l’eccezione sollevata va qualificata quale eccezione, di merito, di difetto di titolarità passiva del rapporto controverso: invero, l’appellante, opponente in primo grado, lungi dal contestare la propria legitimatio ad causam (condizione interna dell’azione quale si ricava dall’art. 81 c.p.c.), ha sostenuto di non essere più l’effettiva titolare, ex latere debitoris, del rapporto obbligatorio dedotto in giudizio per aver alienato l’immobile e trasferito la propria residenza: trattasi di mera difesa, volta al rigetto, nel merito, della domanda principale (sul tema, cfr. Cass. civ., Sez. U., n. 2951 del 16/02/2016).

Ciò posto, contrariamente a quanto lamentato dall’appellante, il Giudice di primo grado, nella parte in cui ha ritenuto raggiunta la prova del titolo negoziale (il contratto di fornitura tra *** S.p.A. e XXX), risulta aver fatto buon governo dei noti principi in materia di riparto dell’onere della prova nelle controversie contrattuali, in forza dei quali “il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi all’allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento” (v., tra le più recenti, Cass. civ. 127/2022).

Orbene, nel caso di specie, la prova dell’esistenza del contratto per la fornitura del gas è data non già dalle mere fatture depositate e dall’estratto delle scritture contabili, bensì anche e soprattutto dall’espresso riconoscimento del rapporto ad opera dell’opponente in primo grado, odierna appellante, come correttamente evidenziato dal Giudice di Pace.

Al riguardo, si osserva che se è vero che XXX ha riconosciuto di aver avuto un contratto di fornitura di gas con *** S.p.A. presso l’immobile sito in e non in via, va altresì considerato che detta incongruenza nel numero civico dell’indirizzo appare irrilevante. Infatti, anzitutto, le fatture risultano tutte correttamente indirizzate, nell’epigrafe, a XXX presso l’immobile di “via Primo Maggio 42/A”, sicché la diversa indicazione della numerazione civica dell’appartamento nel corpo della fattura non può considerarsi dato dirimente, soprattutto considerando che l’utenza associata al nominativo del somministrato viene identificata univocamente mediante il c.d. numero di PDR (Punto d riconsegna), ovvero il codice numerico, riportato nelle fatture, che identifica il punto fisico in cui il gas naturale viene consegnato dal fornitore al cliente e da quest’ultimo prelevato per l’utilizzo.

Ebbene, mai alcuna contestazione è stata sollevata dall’appellante in ordine alla riferibilità, all’appartamento di cui era proprietario, del PDR indicato nelle bollette.

Inoltre, che la diversa indicazione del civico nell’intestazione e nel corpo delle fatture integri un’incongruenza irrilevante lo si ricava dalla contraddittorietà delle stesse difese svolte dall’opponente in primo grado, che ha poi confermato la titolarità dell’utenza di gas dell’appartamento, salvo dedurre che i consumi sarebbero stati da imputare a ***, acquirente l’immobile ove è ubicato il contatore, che, nella buona fede della venditrice, aveva evidentemente omesso di formalizzare la voltura dell’utenza, rimasta attiva, a proprio nome.

Tale difesa implica la sostanziale ammissione dell’esistenza del rapporto negoziale – di somministrazione di gas – con *** S.p.A. e consente, quindi, di superare la doglianza, reiterata anche con l’atto di appello, circa l’omessa produzione del contratto scritto da parte di *** S.p.A.

A tal proposito, si osserva che il contratto di somministrazione non è sottoposto ad alcun regime di forma, né altro tipo di formalità, né per la sua valida conclusione né per la prova dello stesso in giudizio. La prova del contratto in questione può quindi essere raggiunta, sulla base del costante orientamento della giurisprudenza di merito che qui va condiviso, anche mediante presunzioni, ove sia ragionevole ritenere, sulla base degli elementi agli atti, che pur non essendovi un documento di formalizzazione del contratto, lo stesso fu comunque stipulato (cfr., ex plurimis, Trib. Pavia, sent. 290 del 5/03/2021; Trib. Milano 12.02.2020, n.1323; Trib. Terni, 10.01.2020, n. 43; Trib., Pisa, 20.12.2018, n. 1088; cfr. anche Cass. civ., n. 3936 del 30/06/1982).

Pertanto, se è vero, come sopra rilevato, che la prova dell’esistenza del rapporto grava sul soggetto somministrante, è altrettanto vero che la stessa non deve necessariamente tradursi nella produzione in giudizio del documento contrattuale, ben potendo desumersi l’esistenza del rapporto di somministrazione da una serie di altri elementi, complessivamente considerati.

Alla luce di ciò, nel caso in esame, in cui la XXX ha esplicitamente ammesso di essere stata intestataria di un’utenza per la fornitura del gas per l’immobile di viale Primo Maggio 42/A (il medesimo, come si è detto, risultante dall’intestazione delle fatture), deve ritenersi integrata la prova che l’appellante abbia effettivamente concluso con *** S.p.A. il contratto di somministrazione dedotto a fondamento della domanda di pagamento.

Ne consegue che, in qualità di somministrata, la XXX era obbligata al pagamento delle bollette emesse da *** S.p.A. per i consumi riferibili a quell’utenza (individuata dal PDR e non dal civico dell’immobile).

Né fa automaticamente v***r meno la titolarità passiva del rapporto obbligatorio in capo all’appellante la circostanza che questa abbia poi trasferito altrove la propria residenza a partire dal 2003, sicché i consumi di cui alle fatture azionate da *** S.p.A. (oggi ZZZ s.r.l.), in quanto relativi al periodo 2005-2011, non potrebbero essere a lei richiesti in pagamento, in quanto era ormai “estranea” all’utenza in questione.

Sul punto, deve infatti evidenziarsi che, essendo quello di somministrazione un rapporto di durata, ad esso si applica il generale principio — codificato dagli artt. 1569, 1597, 1677 e 1899 c.c. — per cui, in mancanza di espresso patto contrario, i contratti di durata, se non disdettati in tempo utile, si rinnovano tacitamente per il tempo previsto nel contratto stesso o dagli usi, oppure a tempo indeterminato (cfr. Cass. civ., n. 15797/2005).

Nella fattispecie, la XXX, dopo aver ammesso di aver intrattenuto un rapporto di fornitura di gas con *** S.p.A., non ha dedotto né provato alcun fatto estintivo o modificativo di tale rapporto contrattuale: non ha, cioè, documentato di aver mai esercitato il recesso dal contratto o, quantomeno, comunicato alla società di aver rilasciato l’appartamento in favore di altro soggetto. Quindi, appurata l’esistenza del contratto prima del trasferimento dell’immobile al ***, in difetto di allegazione e prova di un fatto modificativo o estintivo, opera una presunzione di persistenza del rapporto obbligatorio di durata.

In altri termini, in difetto di qualunque disdetta (mai documentata), il contratto di somministrazione originariamente intercorso con la XXX si presume rimasto valido ed efficace, non producendosi una modificazione soggettiva del rapporto contrattuale per effetto del mero cambio di residenza dell’utente, né, automaticamente, a seguito del trasferimento della proprietà dell’immobile: è evidente, infatti, che possa essere parte del contratto di somministrazione anche chi non sia titolare di un diritto reale sull’immobile.

Invero, affinché l’intestatario originario del contratto cessi di essere tenuto al pagamento dei consumi è necessaria la formale voltura dell’utenza a nome del soggetto subentrante, in difetto della quale il primo rimane, nei confronti della società somministrante, titolare passivo del rapporto, verso il quale far valere la pretesa creditoria al pagamento delle bollette (cfr. Cass. civ. 5633/2012, che ha statuito in ordine alla legittimazione passiva del c.d. utente di fatto esclusivamente in caso di azione proposta dalla società di somministrazione a titolo extracontrattuale ai sensi dell’art. 2043 c.c.; se ne ricava, a contrario, che ove vengano esperite azioni di natura contrattuale, queste possono comunque proporsi verso colui che risulta intestatario dell’utenza).

Resta inteso che, qualora, come parrebbe avvenuto nella fattispecie de qua, l’utenza sia stata di fatto utilizzata da un soggetto diverso, che abbia in concreto beneficiato del consumo di gas, l’utente “di diritto” che si sia trovato esposto all’azione di adempimento della società di somministrazione, avrà titolo per ripetere, nei confronti dell’effettivo beneficiario della fornitura, le somme che abbia dovuto corrispondere (cfr., in termini, la pronuncia della Suprema Corte di Cassazione, n. 7525/2005, che, in una fattispecie analoga in cui il contratto era stato stipulato dal Condominio e l’azione di pagamento era stata intrapresa nei confronti del singolo condomino che aveva eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva, ha effettivamente ritenuto la legittimazione passiva del Condominio e non del singolo condomino o conduttore dell’immobile, sul presupposto che: “occorre rilevare che il contratto di fornitura di gas per il riscaldamento è un normale contratto di somministrazione che genera obbligazioni nei confronti dei soggetti che lo stipulano. Il somministrante può, pertanto, pretendere il pagamento del corrispettivo dall’altro contraente o, se lo stesso ha stipulato in nome e per conto di altri, dal rappresentato […]. Il menzionato contratto non è soggetto a vincoli di forma e la prova di esso è libera nel senso che può essere fornita con qualsiasi mezzo, non escluse le presunzioni. La fattura commerciale costituisce atto giuridico a contenuto partecipativo ed ha la funzione di comunicare alla parte, alla quale è indirizzata, fatti concernenti un rapporto già costituito (Cass. 3.7.1998, n. 6502); se il rapporto è contestato, la fattura è idonea a fornire elementi indiziari liberamente valutabili dal giudice e ciò a differenza di quanto avviene, se il rapporto non è contestato (Cass. 20.9.1999, n. 10160) […]. Al di fuori dell’ipotesi in cui il condominio o la comunione abbiano stipulato il contratto di somministrazione il somministrante può esercitare nei loro confronti l’azione di indebito arricchimento, sempre che abbiano beneficiato della somministrazione. In questo ambito, se i singoli appartamenti del fabbricato sono locati, può avere rilevanza la disciplina pattizia delle spese di riscaldamento nel senso che le parti possono anche prevedere che esse siano direttamente effettuate dai conduttori. In difetto di tale previsione è il condominio o la comunione che deve effettuare le spese ed è quindi il soggetto, nei cui confronti va proposta l’azione di indebito, fermo restando il suo diritto di ripetizione dai conduttori, salvo patto contrario”).

In ragione di quanto sin qui esposto, dunque, non colgono nel segno le censure dell’appellante, in quanto la prova del rapporto negoziale, della titolarità passiva in capo alla medesima e dell’entità del credito è stata ricavata dal primo Giudice non già dalle mere fatture, bensì dal suo stesso contegno processuale, consistito nell’ammissione dell’esistenza di un rapporto di fornitura di gas con *** S.p.A., nel conseguente tentativo di riferire l’obbligo di pagamento delle bollette successive al 2003 esclusivamente in capo all’utente di fatto, ovvero il nipote (come risulta dal rogito notarile) acquirente l’immobile, nonché nell’assenza di specifica contestazione in ordine alla correttezza del dato sui consumi riportato in fattura.

Le considerazioni svolte conducono dunque al rigetto dell’appello e alla conferma della sentenza gravata.

Le spese del grado, liquidate come in dispositivo sulla base dei parametri medi dello scaglione di riferimento ai sensi del D.M. 55/2014 (aggiornato al D.M. 37/2018), seguono la soccombenza. Va esclusa la fase istruttoria, risultata assente.

Si ravvisano i presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 per la condanna dell’appellante al versamento del doppio del contributo unificato.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda, istanza od eccezione disattesa, così provvede:

1) rigetta l’appello;

2) condanna l’appellante al pagamento, in favore dell’appellata, delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano in complessivi € 1.620,00 per compensi professionali, oltre al 15% di rimborso forfettario per spese generali, iva e cpa come per legge;

3) dichiara l’appellante tenuta, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater DPR 115/2002, al pagamento del contributo unificato in misura doppia.

Così deciso in Velletri, all’esito della camera di consiglio del 19 luglio 2022.

Il Giudice dott.ssa

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