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Rimborso degli oneri, opinamento della parcelle

Rimborso degli oneri, opinamento della parcelle, rito monitorio, domanda corredata dal parere del Consiglio dell’Ordine.

Pubblicato il 24 July 2022 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI ANCONA

Riunita in camera di consiglio e composta dai Magistrati:

ha pronunciato la seguente

SENTENZA nella causa civile in grado d’appello iscritta al n. 630/2019RG vertente tra

Avv. XXX,

parte appellante e

YYY (P. IVA)

-parte appellata CC

Conclusioni delle parti: come da udienza di precisazione delle conclusioni.

Fatto e diritto

1. La presente motivazione, depositata con modalità telematica, è redatta in maniera sintetica secondo quanto previsto dall’art. 132 cpc, dall’art. 118 disp. att. cpc e dall’ art. 19 del d.l. 83/2015 convertito con l. 132/2015 che modifica il d.l. 179/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 17.12.2012 nonché in osservanza dei criteri di funzionalità, flessibilità, deformalizzazione dell’impianto decisorio della sentenza come delineati da Cass. SU n. 642/2015.

2.Con ricorso in unico grado di merito introdotto nella forma speciale prevista dal combinato disposto degli artt. 14 d.lgs. n. 150/2011 e 702-bis c.p.c., l’YYY proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 472 del 9 marzo 2018, emesso dal Tribunale di Ancona su ricorso dell’avv. XXX, a mezzo del quale le era stato intimato il pagamento: 1) della somma di Euro 85.511,03, dovuta a titolo di compensi per l’attività svolta dal professionista a favore della stessa in cinque giudizi (uno civile, due amministrativi e due penali); 2) degli interessi moratori su detta somma, dalla data di deposito del ricorso sino al saldo; 3) delle spese processuali anticipate per il ricorso monitorio liquidate in euro 2.135, oltre rimborso spese forfettarie, IVA e CPA, ed euro 406,5 per spese. Sull’opposizione si pronunciava il collegio con ordinanza del 3 luglio 2018 che: 1) dichiarava di potersi pronunciare nelle forme speciali previste dagli artt. 14 e 15 d.lgs. n. 150 del 2011 e art. 702bis c.p.c. (per le parti non derogate) solo per la determinazione del compenso dovuto per le prestazioni rese nel giudizio civile tra YYY 1 e *** e ***, svoltasi dinanzi al tribunale di Pesaro, sezione lavoro; 2) dichiarava la competenza del tribunale di Ancona per la liquidazione dei compensi per l’attività professionale resa in detto giudizio civile, seppure svoltosi dinanzi al tribunale di Pesaro, in quanto il criterio di competenza funzionale stabilito dall’art. 15 del d.lgs. n. 150 del 2011 non derogava (per espressa disposizione della legge delega n. 69 del 2009, art. 54) al criterio di competenza di cui all’art. 645 c.p.c. che attribuisce la competenza per il giudizio di opposizione all’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo; 3) dichiarava non fondata l’eccezione di improcedibilità dell’opposizione per tardiva notificazione in quanto il deposito del ricorso ex artt. 14 d.lgs. n. 150 e 702bis c.p.c., secondo il rito correttamente seguito per l’opposizione a un credito su cinque, era idoneo a interrompere il termine di decadenza previsto dall’art. 641 c.p.c.; 4) decideva l’opposizione in merito al compenso maturato per il solo giudizio civile e separava le domande relative alla determinazione dei compensi per gli altri quattro giudizi rimettendole dinanzi al giudice monocratico e fissando “per il prosieguo della trattazione delle stesse la prima udienza di trattazione”. Separando quattro domande su cinque e rimettendo la trattazione delle stesse al giudice monocratico alla prima udienza di trattazione ivi fissata (art. 183 c.p.c.), il tribunale in composizione collegiale ha pertanto disposto il mutamento del rito da sommario di cognizione a rito ordinario. Non essendoci attività istruttoria da espletare, all’udienza del 16 ottobre 2018 le parti hanno precisato le rispettive conclusioni rinunciando ai termini ex art. 190 c.p.c. e il giudice ha trattenuto la causa in decisione.

3.Con la sentenza impugnata il Tribunale (per la parte rilevante nel presente giudizio) motivava e decideva come segue “Nel merito, trattandosi di opposizione a decreto ingiuntivo, si precisa che – come noto – in tali giudizi si verifica un’inversione della posizione processuale delle parti , mentre resta invariata la posizione sostanziale, nel senso che la qualità di attore spetta al creditore che ha chiesto l’ingiunzione e quella di convenuto al debitore opponente. Tale dicotomia comporta alcune rilevanti conseguenze sull’attività delle allegazioni e delle deduzioni istruttorie. 6. Pertanto, ai fini della prova del credito nel presente giudizio è irrilevante il parere di congruità della parcella reso dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Ancona. Tale statuizione, infatti, ha valore esclusivamente in sede monitoria, ove – come noto – ai fini della concessione del decreto ingiuntivo valgono come prova scritta anche documenti che in un processo ordinario – quale questo è – non sarebbero considerati tali. 7. Si precisa, altresì, che ai fini della quantificazione del compenso spettante all’avvocato occorre fare riferimento alle tariffe di cui al d.m. n. 127 del 2004 ovvero ai parametri di cui al d.m. n. 140 del 2012 ovvero a quelli di cui d.m. n. 55 del 2014, a seconda della norma vigente al momento della conclusione della prestazione (cfr. Cass. S.U. nn. 17405 e 17406 del 2012, che hanno precisato che le precedenti tariffe trovano ancora applicazione qualora la prestazione professionale oggetto di giudizio si sia completamente esaurita sotto il loro vigore; pertanto i parametri ministeriali trovano applicazione al ricorrente di due presupposti: che la liquidazione del compenso intervenga dopo l’entrata in vigore dei nuovi parametri e che le prestazioni di cui si chiede il compenso, seppure iniziate in epoca precedente alla loro entrata in vigore, tuttavia si siano esaurite successivamente). 8. Per maggior chiarezza espositiva dei motivi della decisione, è opportuno decidere sulle contestazioni avanzate dalla YYY (identiche per tre giudizi su quattro), analizzando in maniera distinta i quattro crediti oggetto di domanda.

a) giudizi penali c/ *** con costituzione della YYY quale parte civile (I°, II° e Cassazione).

L’avvocato ha chiesto il pagamento dei compensi per i due gradi di giudizio di merito e per il giudizio di legittimità, per essersi l’YYY costituita parte civile per processo a carico di un medico dipendente. a1) Il cliente, seppure nel perdurante inadempimento, non ha mosso contestazioni alla quantificazione del compenso per il primo e secondo grado (in base alle tariffe all’epoca vigenti), domande di condanna che pertanto devono essere accolte nella misura richiesta: per il giudizio dinanzi al tribunale penale, pari a € 2.823 per onorari, oltre spese generali al 12,5 %, IVA al 22% e CPA; per il giudizio dinanzi alla corte di appello, pari a € 997, oltre spese generali al 12,5 % (anziché 15% come richiesto), IVA al 22 % e CPA (cfr. doc. n. 3 allegato alla comparsa). a2)

Invece l’YYY ha contestato il compenso dovuto per il giudizio dinanzi alla Corte di cassazione (pari a € 8.640, oltre spese generali al 12,5 %, IVA e CPA), quantificato dall’avvocato in applicazione dei parametri – a parere dell’YYY – medi di cui al d.m. n. 140 del 2012, nel frattempo entrato in vigore, anziché in applicazione dei parametri minimi. A parere del cliente, la natura e il valore della controversia, l’importanza e il numero delle questioni trattate e l’attività svolta dall’avvocato davanti al giudice nel caso di specie giustificherebbero la quantificazione di un compenso pari a € 5.760. E’ bene precisare che il compenso richiesto dall’avvocato, pari a € 8.640, oltre accessori, è quantificato in applicazione di parametri superiori a quelli medi e di poco inferiori a quelli massimi (per la fase di studio, introduttiva e decisoria). Mentre il compenso che l’YYY ha affermato essere disposta a pagare, pari a € 5.760, oltre accessori, è quantificato in applicazione dei parametri medi. A fronte della contestazione avanzata dal cliente, e in applicazione dei principi in tema di riparto dell’onere della prova espressi dall’art. 2697 c.c. nonché del principio della domanda (e del correlato onere dell’attore di precisare gli elementi di fatto e di diritto costituenti le ragioni della domanda, c.d. causa petendi), è evidente che l’avvocato deve allegare, e provare, i fatti costitutivi del diritto di credito domandato: e tra questi, non solo lo svolgimento della prestazione di cui ha chiesto il compenso, ma anche i fatti che giustificherebbero l’applicazione di parametro superiore a quello minimo. Al riguardo, il d.m. n. 140 del 2012 (applicabile ratione temporis al giudizio in oggetto), all’art. 12, secondo comma, disciplina i criteri a cui deve attenersi il giudice nella liquidazione del compenso per l’opera svolta dall’avvocato, disponendo che: “Nella liquidazione il giudice deve tenere conto della natura, complessità e gravità del procedimento o del processo, delle contestazioni e delle imputazioni, del pregio dell’opera prestata, del numero e dell’importanza delle questioni trattate, anche a seguito di riunione dei procedimenti o dei processi, dell’eventuale urgenza della prestazione. Ai fini di quanto disposto nel periodo che precede, si tiene conto di tutte le particolari circostanze del caso, quali, a titolo di esempio, il numero dei documenti da esaminare, l’emissione di ordinanze di applicazione di misure cautelari, l’entità economica e l’importanza degli interessi coinvolti, la costituzione di parte civile, la continuità, la frequenza, l’orario e i trasferimenti conseguenti all’assistenza prestata. 3. Si tiene altresì conto dei risultati del giudizio e dei vantaggi, anche civili e non patrimoniali, conseguiti dal cliente”. Nel caso di specie, come rilevato anche nell’ordinanza emessa dal collegio in merito alla prestazione nel processo civile, l’avvocato non ha precisato i motivi per cui sarebbe giustificata una liquidazione del compenso in applicazione di parametri addirittura superiori al medio (per la redazione, quale parte civile, di una memoria di appena 6 pagine senza documenti): non ha dedotto alcunchè, tra gli altri aspetti rilevanti, sulla complessità del giudizio, sull’importanza delle questioni, sul numero dei documenti da esaminare etc. Né vale a sopperire una tale lacuna assertiva, la produzione di un numero considerevole di documenti i quali, per essere rilevanti e decisivi ai fini della precisazione della domanda, devono essere necessariamente accompagnati da adeguata illustrazione delle conclusioni che se ne vorrebbe trarre. In conclusione, per l’attività prestata nel giudizio di cassazione deve essere liquidato all’avvocato XXX un compenso pari a € 5.760, oltre spese generali pari al 12,5 %, IVA e CPA, pari al minore somma riconosciuta dalla YYY.

b) giudizi amministrativi (I° e II°) tra YYY e il Laboratorio analisi *** s.r.l. L’avvocato ha chiesto i compensi dovuti per le prestazioni rese nel giudizio di primo grado dinanzi al TAR Marche e nel giudizio di secondo grado dinanzi al Consiglio di Stato, in materia di “accreditamento e convenzionamento”. b1) Per il giudizio di primo grado (conclusosi con sentenza del 2007), in applicazione delle tariffe del 2004, l’avvocato ha quantificato il compenso in € 1.325, per diritti, oltre spese generali al 12,5%, IVA al 21 % e CPA, € 6.970 per onorari, oltre spese generali al 12,5%, IVA al 21 % e CPA, € 5 per spese ed € 252 per spese esenti. La quantificazione degli onorari è stata fatta applicando il parametro medio per le cause di valore indeterminabile di particolare complessità (valore compreso tra € 51.700 ed € 103.300).

Anche in questo caso il cliente ha contestato l’applicazione del parametro medio anziché minimo. Non si comprende tuttavia la difesa dell’YYY in relazione agli effetti che si vorrebbero trarre dai vari provvedimenti del direttore dell’YYY di conferimento degli incarichi (nel corso del tempo resesi necessari) e di accantonamento delle somme presuntivamente necessarie per i compensi dell’avvocato incaricato. Invero, in maniera contraddittoria, l’YYY sostiene, da un lato, che la liquidazione non potrebbe superare l’impegno iniziale di spesa preventivato dall’azienda, ma dall’altro, chiede l’applicazione di tariffe o parametri minimi che comporterebbero comunque liquidazioni di compensi superiori ai preventivi di spesa (come ad esempio per il giudizio penale a carico di ***, di cui al punto precedente, in cui a fronte di un preventivo di spesa pari a € 2.000 per tutti i gradi di giudizio, l’YYY chiede la liquidazione del compenso per il solo giudizio di legittimità pari a oltre € 5.000). Dirimente sul punto è comunque il fatto che i budget di spesa sono stati espressamente quantificati in misura presuntiva: essi pertanto non possono ritenersi vincolanti. Venendo alla individuazione della tariffa da applicare, il d.m. n. 127 del 2004, all’art. 6, sulla determinazione del valore della controversia dispone che: “1. Nella liquidazione degli onorari a carico del soccombente, il valore della causa è determinato a norma del Codice di Procedura Civile, avendo riguardo nei giudizi per azioni surrogatorie o revocatorie, all’entità economica della ragione di credito alla cui tutela l’azione è diretta, nei giudizi di divisione, alla quota o ai supplementi di quota in contestazione, nei giudizi per pagamento di somme o liquidazione di danni, alla somma attribuita alla parte vincitrice piuttosto che a quella domandata. 2. Nella liquidazione degli onorari a carico del cliente, può aversi riguardo al valore effettivo della controversia, quando esso risulti manifestamente diverso da quello presunto a norma del Codice di Procedura Civile. 3. Nelle cause avanti gli organi di giustizia amministrativa, il valore è determinato, secondo i criteri indicati dal comma 1 di questo articolo quando l’oggetto della controversia o la natura del rapporto sostanziale dedotto in giudizio o comunque correlato al provvedimento impugnato ne consentano l’applicazione; ove ciò non sia possibile, nella liquidazione degli onorari a carico del soccombente va tenuto conto dell’interesse sostanziale che riceve tutela attraverso la sentenza. Per i ricorsi straordinari e gerarchici sono dovuti gli onorari di cui al paragrafo III della tabella A in quanto analogicamente applicabili. 4. Nella liquidazione degli onorari a carico del cliente, per la determinazione del valore effettivo della controversia, deve aversi riguardo al valore dei diversi interessi perseguiti dalle parti. 5. Per le cause di valore indeterminabile, gli onorari minimi sono quelli previsti per le cause di valore da Euro 25.900,001 a Euro 51.700,00, mentre gli onorari massimi sono quelli previsti per le cause di valore da Euro 51.700,01 a Euro 103.300,00, tenuto conto dell’oggetto e della complessità della controversia;

[…]”. Seppure anche in questo caso, l’avvocato non abbia allegato specifiche circostanze da cui poter desumere la particolare complessità della controversia, tuttavia, a fronte di un’attività professionale resa anche in occasione della discussione della misura cautelare della sospensione dell’efficacia della deliberazione impugnata, che di per sé comporta una maggiore cautela nello studio e gestione dell’attività difensiva, si ritiene congruo applicare, nell’ambito della cause di valore indeterminabile non particolarmente complesse, il parametro medio, come richiesto dall’avvocato. Pertanto, per l’attività professionale resa dinanzi al TAR Marche, in applicazione dello scaglione di valore per le cause di valore indeterminabile (tab. A, III), parametro medio – come richiesto con il ricorso per decreto ingiuntivo – all’avvocato XXX sono dovuti onorari (in base alle voci indicate nella parcella allegata al doc. n. 3) pari a € 6.970, oltre spese forfettarie al 12,5 %, IVA al 22 % e CPA, € 1.325 per diritti, oltre accessori, € 5 per spese ed € 253 per spese esenti.

b2) Per il giudizio di secondo grado (conclusosi con decreto del 2013), in applicazione dei parametri di cui al d.m. n. 140 del 2012, l’avvocato ha quantificato il compenso in € 4.290, oltre rimborso spese forfettario al 12,5 %, IVA al 22 % e CPA. La quantificazione è stata fatta applicando i parametri per le cause di valore compreso tra € 50.000 ed € 100.000. Le contestazioni dell’YYY sono state le stesse di quelle mosse per il primo grado. Al riguardo, il d.m. n. 140 del 2012, all’art. 5, sulla determinazione del valore della controversia, dispone: “1. Ai fini della liquidazione del compenso, il valore della controversia è determinato a norma del codice di procedura civile avendo riguardo, nei giudizi per azioni surrogatorie e revocatorie, all’entità economica della ragione di credito alla cui tutela l’azione è diretta, nei giudizi di divisione, alla quota o ai supplementi di quota in contestazione, e nei giudizi per pagamento di somme, anche a titolo di danno, alla somma attribuita alla parte vincitrice e non alla somma domandata. In ogni caso si ha riguardo al valore effettivo della controversia, anche in relazione agli interessi perseguiti dalle parti, quando risulti manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice di procedura civile o alla legislazione speciale. 2. Nelle cause davanti agli organi di giustizia amministrativa il valore della causa è determinato a norma del comma 1 quando l’oggetto della controversia o la natura del rapporto sostanziale dedotto in giudizio o comunque correlato al provvedimento impugnato ne consentono l’applicazione. Quando ciò non è possibile, va tenuto conto dell’interesse sostanziale tutelato. 3. Per le controversie di valore indeterminato o indeterminabile si tiene particolare conto dell’oggetto e della complessità della stessa”. Anche in questo caso l’avvocato XXX non ha precisato gli elementi da cui desumere l’entità dell’interesse sostanziale tutelato e la complessità dell’oggetto della controversia, di valore indeterminabile (al pari della quantificazione del valore della domanda data per il primo grado di giudizio). Nel caso specifico oltretutto il ricorso è stato dichiarato perento a causa dell’inattività delle parti. Non si ravvisano pertanto ragioni per applicare parametro superiore a quello minimo.

Pertanto, per l’attività professionale resa dall’avv. XXX dinanzi al Consiglio di Stato, in applicazione del parametro minimo previsto per le cause di valore indeterminabile sono dovuti compensi (per le due fasi indicate nella parcella, doc. n. 3 cit.) pari a € 1.300, oltre rimborso spese forfettarie al 12,5 %, IVA al 22 % e CPA.

c) per il giudizio amministrativo reso nel giudizio tra l’YYY e *** (II° grado). L’avvocato ha chiesto il compenso dovuto per la prestazione resa nel giudizio dinanzi al Consiglio di Stato e conclusosi con sentenza depositata nel 2013, in materia di diniego del riconoscimento di causa di servizio. In applicazione dei parametri di cui al d.m. n. 140 del 2012, l’avv. XXX ha quantificato il compenso in € 12.150, oltre rimborso spese forfettarie al 12,5 %, IVA al 22 % e CPA, in applicazione dei parametri medi per le cause di valore compreso tra € 100.001 ed € 500.000. La YYY ha contestato anche in questo caso la correttezza del parametro utilizzato deducendo che avrebbe dovuto essere applicato il parametro minimo per le cause di valore indeterminato.

Ritiene questo giudice corretta l’applicazione dei parametri previsti per le cause di valore indeterminato, in quanto non si ravvisano elementi per desumere un valore determinato della domanda, come invece indicato nella parcella; tuttavia, si ritiene corretta l’applicazione dei parametri medi anziché quelli minimi, in quanto – nonostante il silenzio sul punto del ricorrente – dalla sola lettura della sentenza emergono elementi di complessità tali da giustificare l’applicazione del parametro medio. Pertanto, per l’attività professionale prestata dall’avv. XXX nel giudizio dinanzi al Consiglio di Stato, in applicazione del parametro medio per le cause di valore indeterminato (per le tre fasi indicate nella parcella, doc. n. 3 cit.) sono dovuti compensi pari a € 4.500, oltre rimborso spese forfettario al 12,5 %, IVA al 22 % e CPA.

d) per i giudizi penali (II° e Cassazione) contro ***, dipendente dell’YYY. L’avvocato ha chiesto il compenso dovuto per le prestazioni rese a favore del medico dipendente della YYY, nel processo penale di secondo grado (conclusosi con l’assoluzione) e di legittimità (introdotto con ricorso della parte civile) che lo ha visto imputato, poi definitivamente assolto.

L’obbligazione della YYY sarebbe fondata sull’art. 25 del CCNL della dirigenza medica e veterinaria del 8 giugno 2000 che riconosce al medico dipendente di vedersi ristorato dalle spese legali sostenute per ragioni di ufficio nel caso in cui sia stato assolto. In applicazione delle tariffe del 2004, l’avv. XXX ha quantificato il compenso per il giudizio dinanzi alla corte di appello in € 3781, per onorari (con applicazione di parametri superiori a quelli medi), oltre rimborso spese forfettarie al 12,5 %, IVA al 22 % e CPA, e in applicazione del d.m. n. 140 del 2012 (parametri di poso inferiori a quelli massimi), per il giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione in € 9.480 (per tre fasi), oltre rimborso spese generali, IVA e CPA. L’ YYY ha contestato la non debenza della somma asserendo che “non risulta la prova scritta della causa petendi a carico dell’Azienda sanitaria. L’azienda sanitaria non intende rifiutare il riconoscimento del diritto del medico al ristoro delle spese sostenute, ma l’istituto contrattuale non legittima il riconoscimento degli importi richiesti. Anche nel caso in questione, le parcelle risultano unilateralmente determinate discostandosi dai minimi, peraltro in assenza di alcun provvedimento di approvazione da parte dell’ente sanitario ingiunto con il decreto qui opposto”.

Dirimente sul punto oltre alla norma contenuta nel CCNL citato (ma non prodotto dalle parti) che impone alla YYY di assumere a proprio carico ogni onere di difesa, è l’avvenuto pagamento all’avv. XXX del compenso per la prestazione resa nel primo grado di giudizio, pagamento indicativo del riconoscimento del debito da parte dell’YYY. Per il primo grado di giudizio, l’avv. XXX ha percepito un compenso pari a € 9.616, oltre accessori. In merito alla determinazione del compenso, il d.m. n. 127 del 2004, (applicabile alla liquidazione del compenso per la fase di appello), tariffa penale, all’art. 1, criteri generali, dispone che “ 1. Per la determinazione dell’onorario di cui alla tabella deve tenersi conto della natura, complessità e gravità della causa, delle contestazioni e delle imputazioni, del n u m e ro e dell’importanza delle questioni trattate e della loro rilevanza patrimoniale; della durata del procedimento e del processo; del pregio dell’opera prestata ; del numero degli avvocati che hanno condiviso il lavoro e la responsabilità della difesa; dell’esito ottenuto, anche avuto riguardo alle conseguenze civili; delle condizioni finanziarie del cliente. 2. Per le cause che richiedono un part i c o l a re impegno, per la complessità dei fatti o per le questioni giuridiche trattate, gli onorari possono essere elevati fino al quadruplo dei massimi stabiliti. 3. Fermo restando quanto previsto nei commi precedenti, qualora tra la prestazione dell’avvocato e l’onorario previsto appaia per particolari circostanze del caso – quali, ad esempio, il numero dei documenti da esami n a re, l’emissione di ordinanze di applicazione di misure cautelari, la durata della fase procedimentale e dibattimentale, l’entità economica o l’importanza degli i n t e ressi coinvolti, la costituzione di parte civile, il risultato ottenuto, la continuità dell’impegno necessario, la frequenza e l’entità dell’assistenza da prestare, il disagio dipendente dalla necessità di frequenti trasferimenti fuori sede o di incombenti da compiere anche in o re diverse da quelle abituali, ecc – una manifesta sproporzione, i massimi di cui al numero che precede possono essere superati e determinati, anche in via preventiva, di volta in volta, dal competente Consiglio del ‘ Ordine” . Richiamando le considerazioni espresse al punto a) in merito alla carente allegazione e prova dei motivi che giustificherebbero l’applicazione di parametri superiori a quelli medi e addirittura vicini a quelli massimi (in riferimento al compenso per il giudizio di Cassazione), in ragione degli elementi desumibili dalla lettura delle sentenze prodotte (e pertanto in relazione anche al minimo importo della provvisionale chiesta dalle parti civili, dall’esito positivo ottenuto) si ritiene congruo liquidare i compensi richiesti in applicazione di parametri pressoché intermedi tra quelli minimi e quelli medi e pertanto: per il giudizio di appello, € 2.000 a titolo di onorari (per le stesse prestazioni indicate nella parcella), oltre rimborso spese forfettario al 12,5 %, IVA al 22 % e CPA; per il giudizio di cassazione, € 3.000, oltre rimborso spese forfettarie al 12,5 %, IVA al 22 % e CPA. 9. In conclusione, in parziale accoglimento dell’opposizione della YYY (opposizione accolta in riferimento ai crediti di cui al punto a2), b2), c) e d), il decreto ingiuntivo deve essere revocato e la YYY condannata a pagare a favore dell’avv. XXX e seguenti compensi: – per il giudizio penale contro *** svoltosi dinanzi al tribunale penale, € 2.823 per onorari, oltre spese generali al 12,5 %, IVA al 22% e CPA; – per il giudizio penale contro Maria Grazie Trippitelli svoltosi dinanzi alla corte di appello, € 997, oltre spese generali al 12,5 %, IVA al 22 % e CPA; – per il giudizio penale contro *** svoltosi dinanzi alla Corte di cassazione, € 5.760, oltre spese generali al 12,5 %, IVA al 22% e CPA; – per il giudizio amministrativo tra YYY e il Laboratorio di analisi *** svoltosi dinanzi al TAR Marche, € 6.970, per diritti, oltre spese forfettarie al 12,5 %, IVA al 22 % e CPA, € 1.325 per diritti, oltre accessori, € 5 per spese ed € 253 per spese esenti; – per il giudizio amministrativo tra YYY e il Laboratorio di analisi *** svoltosi dinanzi al Consiglio di Stato, € 1.300, oltre rimborso spese forfettarie al 12,5 %, IVA al 22 % e CPA; – per il giudizio amministrativo tra l’YYY e *** svoltosi dinanzi al Consiglio di Stato, € 4.500, oltre rimborso spese forfettario al 12,5 %, IVA al 22 % e CPA; – per il giudizio penale a carico di Maurizio Andreotti svoltosi dinanzi alla corte di appello, € 2.000 a titolo di onorari, oltre rimborso spese forfettario al 12,5 %, IVA al 22 % e CPA; – per il giudizio penale a carico di *** svoltosi dinanzi alla Corte di cassazione, € 3.000, oltre rimborso spese forfettarie al 12,5 %, IVA al 22 % e CPA. 10. In applicazione dell’art. 92 c.p.c., attesa la sostanziale soccombenza reciproca, sussistono i presupposti per la compensazione delle spese processuali rispettivamente anticipate dalle parti. P.Q.M. in parziale accoglimento della domanda della ricorrente, REVOCA il decreto ingiuntivo n. 472 del 9 marzo 2018; per l’effetto, CONDANNA l’YYY –al pagamento a favore di XXX delle seguenti somme: 1) per il giudizio penale contro *** svoltosi dinanzi al tribunale penale, € 2.823 per onorari, oltre spese generali al 12,5 %, IVA al 22% e CPA; 2) per il giudizio penale contro *** svoltosi dinanzi alla corte di appello, € 997, oltre spese generali al 12,5 %, IVA al 22 % e CPA; 3) per il giudizio penale contro *** svoltosi dinanzi alla Corte di cassazione, € 5.760, oltre spese generali al 12,5 %, IVA e CPA; 4) per il giudizio amministrativo tra YYY e il Laboratorio di analisi *** svoltosi dinanzi al TAR Marche, € 6.970, per diritti, oltre spese forfettarie al 12,5 %, IVA al 22 % e

CPA, € 1.325 per diritti, oltre accessori, € 5 per spese ed € 253 per spese esenti; 5) per il giudizio amministrativo tra YYY e il Laboratorio di analisi *** svoltosi dinanzi al Consiglio di Stato, € 1.300, oltre rimborso spese forfettarie al 12,5 %, IVA al 22 % e CPA; 6) per il giudizio amministrativo tra l’YYY e *** svoltosi dinanzi al Consiglio di Stato, € 4.500, oltre rimborso spese forfettario al 12,5 %, IVA al 22 % e CPA; 7) per il giudizio penale a carico di *** svoltosi dinanzi alla corte di appello, € 2.000 a titolo di onorari, oltre rimborso spese forfettario al 12,5 %, IVA al 22 % e CPA; 8) per il giudizio penale a carico di *** svoltosi dinanzi alla Corte di cassazione, € 3.000, oltre rimborso spese forfettarie al 12,5 %, IVA al 22 % e CPA”

4.L’appellante ha formulato un primo ordine di censure, dalla parte stessa esposte come segue:

“ Va premesso che il presente gravame concerne la riforma parziale alla sentenza pronunciata dal Giudice di prime cure , in relazione a due giudizi (YYY/Laboratorio Analisi/*** giudizio innanzi al Consiglio di Stato e Dott.*** – giudizi innanzi alla Corte di Appello e Cassazione Penale) per le quali, è stato liquidato rispettivamente il minimo tariffario e il valore intermedio tra quelli minimo e quelli medio, contrariamente alle altre parcelle per le quali il medesimo Giudice ha applicato correttamente il parametro medio.

Va, inoltre, premesso che per ciò che concerne il precitato giudizio YYY/ Laboratorio Analisi/***, il Tribunale ha applicato per il giudizio di primo grado innanzi al Tar Marche il valore medio del tariffario forense (cfr.pag.8 della sentenza – “ si ritiene congruo applicare , nll’ambito delle cause di valore in determinabile non particolarmente complesse , il parametro medio”) , modificando, inaspettatamente, tale convincimento per il successivo giudizio di appello innanzi al Consiglio di Stato, ove è stato applicato, come detto, il parametro minimo, pur avendo la causa il medesimo valore e la medesima complessità come riscontrata nel giudizio di primo grado. Analoga contraddizione, emerge per le parcelle concernenti la posizione del Dott. Andreotti, per l’attività professionale svolta in sede di appello e successivamente innanzi alla Suprema Corte di Cassazione Penale, ove il Tribunale, come sopra detto, ha applicato un valore intermedio tra quello minimo e quello medio, contrariamente alla liquidazione della parcella per le attività svolte a favore del medesimo imputato, innanzi al Tribunale di Pesaro, ove YYY ha, pacificamente, applicato e riconosciuto il valore medio e alle altre parcelle per le quali il medesimo Giudice ha liquidato correttamente il parametro medio. Nel dettaglio: A) Giudizio amministrativo (II°) tra YYY e il Laboratorio analisi *** s.r.l.: Per ciò che concerne il procedimento di appello, innanzi il Consiglio di Stato, si rileva l’erroneità della Sentenza oggetto di gravame ove si legge “…l’avvocato XXX non ha precisato gli elementi da cui desumere l’entità dell’interesse sostanziale tutelato e la complessità dell’oggetto della controversia, di valore indeterminabile (al pari della quantificazione del valore della domanda data per il primo grado di giudizio). Nel caso specifico oltretutto il ricorso è stato dichiarato perento a ca usa dell’inattività delle parti. Non si ravvisano pertanto ragioni per applicare parametro superiore a quello minimo .” (cfr. pag. 9 Sent. I grado – doc. A). Sul punto, preme nuovamente precisare che per il giudizio di primo grado svolto innanzi al Tar, il medesimo Giudice ha applicato il medio tariffario. La copiosa documentazione offerta (docc. 23–38) dimostra inequivocabilmente la complessità del giudizio. In particolare, seguendo i parametri di legge: importanza, natura, valore dell’affare:

l’Avv. XXX ha patrocinato l’YYY, nel giudizio di appello innanzi al Consiglio di Stato avverso la sentenza pronunciata dal Tar Marche n.1196/2007. L’oggetto del contenzioso verteva sulla complessa materia del principio di autosufficienza delle strutture sanitarie pubbliche per ciò che concerne le prestazioni di analisi cliniche nel territorio del Distretto sanitario di riferimento di Novafeltria e conseguentemente il diniego di accesso alla contrattazione del piano delle prestazioni. Materia sulla quale il Tar Marche aveva pronunciato complessa ed articolata sentenza di 13 pagine (cfr. doc. 30). Il medesimo Tar, pur avendo annullato il provvedimento impugnato, aveva accolto la domanda proposta dallo scrivente sull’inammissibilità della richiesta di risarcimento danni ex adverso proposta, facendo altresì presente: “ La novità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese ”(cfr. pag. 13 doc. 30). – caratteristiche, difficoltà e pregio dell’attività prestata, del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate: diverse sono le questioni in punto di diritto analizzate dall’Avv. XXX, quale difensore dell’YYY, nel ricorso in appello (cfr. doc.32):eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse a ricorrere, sulla scorta dell’art.8 quater L.30.12.1992 n.502,con molteplici richiami giurisprudenziali (cfr.pag4-7 cfr. doc. 32), la disamina sull’istituto giuridico dell’accreditamento ai sensi dell’art.8 quinques e sul piano delle prestazioni (cfr. pag.7-10 cfr. doc. 32), l’applicazione del principio di autosufficienza in conformità alle direttive regionali e alla giurisprudenza di merito (cfr.pag.11-13 cfr. doc. 32), la disamina sull’istituto della contrattazione del budget sanitario e il principio di libera scelta (cfr.pag.14-17 cfr. doc.32). – i risultati conseguiti: a seguito della proposizione dell’appello, e della fase di trattazione, il controricorrente non ha depositato nuova istanza di fissazione di udienza e conseguentemente il ricorso è stato dichiarato dall’Organo Giudicante, perento (cfr. doc. 35), con evidente vantaggio per YYY anche in termini di conseguente inammissibilità di richiesta di risarcimento danni. Sotto altro profilo, posto che, come già detto, la determinazione del dovuto, qualora sia contenuto tra il minimo ed il massimo della tariffa (c.d. parametri medi), non richiede una specifica motivazione ( e x plurimis : Cassazione Civile – ordinanza 17 maggio 2018, n. 12093), mentre, è richiesta, per l’applicazione di minimi o massimi tariffari, a parere di chi scrive, le giustificazioni addotte dal Giudice di primo grado, dirette a fondare l’applicazione del minimo tariffario, sono insufficienti e dimostrano, ancora una volta, l’erroneità nella valutazione di quanto argomentato e documentato dall’appellante nei propri scritti difensivi. Invero, considerato che nella propria comparsa di costituzione e risposta l’ Avv. XXX, ha provveduto a descrivere l’attività prestata e lo svolgimento della stessa, richiamando e descrivendo ogni singolo documento prodotto (cfr. pagg. 7 e 8 comparsa di costituzione Avv. XXX e docc. da 23 a 38 ivi allegati) e che alcuna contestazione vi è stata sul punto da parte della difesa della odierna appellata, si rileva che, nel caso di specie, debba trovare applicazione il principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c., secondo il quale i fatti addotti da una parte non specificamente contestati debbono considerarsi pacifici, rimanendo così essa esonerata dalla relativa prova. È chiaro che il Giudice non abbia tenuto in considerazione tali circostanze e non abbia correttamente valutato gli atti e i documenti allegati, posti a giustificazione della liquidazione dei valori medi. Lo stesso è incorso in errore, ritenendo opportuno giustificare l’applicazione di parametri inferiori a quelli medi valutando l’ an della pretesa, si ripete, mai contestata da controparte e, dunque, in piena violazione del principio ex art. 112 c.p.c. In ogni caso, per mero tuziorismo, si evidenzia l’erroneità con la quale il Tribunale di Ancona ha ritenuto di applicare i minimi, sulla circostanza che il ricorso de quo è stato dichiarato perento a causa dell’inattività delle parti. A tal proposito, è d’obbligo evidenziare che lo scrivente difensore ha chiesto la liquidazione di una parcella calcolata esclusivamente sull’attività effettivamente prestata sulla base dei parametri medi come da come da D.M. 140/2012 (cfr. doc. 3 e 38). Ciò detto, si evidenzia che la perenzione ex art. 82 c.p.a., ovviamente, non è stata presa in considerazione nella liquidazione delle varie fasi relative alla liquidazione dell’attività professionale: si precisa che lo scrivente ha quantificato solo le due voci quali “fase studio” e “fase introduttiva” del giudizio in parola come provato documentalmente (cfr. doc. 38). Sulla base delle ragioni sopra spiegate, si chiede pertanto la riforma parziale della Sentenza impugnata, applicando i valori medi correttamente quantificati in €.4.290,00oltre rimborso spese forfettario al 12,5%, IVA al 22% e Cpa, oltre il rimborso spese di vidimazione parcella e spese vive documentate. B) per i giudizi penali (II° e Cassazione) contro *** , dipendente dell’ YYY: Il Tribunale di Ancona, in ordine alle prestazioni rese dalla scrivente difesa nel processo penale di secondo grado e di legittimità a carico del medico dipendente YYY, Dott. ***, ha, statuito quanto segue: “ Richiamando le considerazioni espresse al punto a) in merito alla carente allegazione e prova dei motivi che giustificherebbe ro l’applicazione di parametri superiori a quelli medi e addirittura vicini a quelli massimi (in riferimento al compenso per il giudizio di Cassazione), in ragione degli elementi desumibili dalla lettura delle sentenze prodotte ( e per tanto in r elazione anche al minimo importo della provvisionale chiesta dalle parti civili, d all’esito positivo ottenuto) si ritiene congruo liquidare i compensi richiesti in applicazione di parametri pressoché intermedi tra quelli minimi e quelli medi e pertanto: per il giudizi o di appello, € 2.000 a titolo di onorari (per le stesse prestazioni indicate nella parcella), oltre rimborso spese forfettario al 12,5 %, IVA al 22 % e CPA; per il giudizio di cassazione, € 3.000, oltre rimborso spese forfettarie al 12,5 %, IVA al 22 % e CPA. ” Invero, anche per tale giudizio, il Giudice non tiene in considerazione la descrizione effettuata dalla difesa dell’appellante in ordine all’attività da quest’ultimo prestata: a tal proposito vedasi la comparsa di costituzione e risposta nel procedimento di opposizione alla pagina 11, ove viene descritto lo svolgimento della prestazione professionale, corroborata da relativa documentazione prodotta nel giudizio di opposizione (docc. da 61 a 72). In particolare, seguendo i parametri di legge: importanza, natura, valore dell’affare: l’Avv. XXX ha patrocinato il Dott. ***, imputato del reato di cui all’art.590 comma 1 e 2 c.p. già assistito nel giudizio innanzi al Tribunale di Pesaro, nel giudizio di appello e successivamente innanzi alla Suprema Corte di Cassazione. – caratteristiche, difficoltà e pregio dell’attività prestata, del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate: l’Avv. XXX appellava la sentenza del Tribunale di Pesaro (cfr. doc. 62) che aveva dichiarato colpevole l’imputato dei reati ascritti oltre risarcimento danni, pagamento della provvisionale e pagamento delle spese di costituzione e difesa di parte civile liquidate in €.7000,00 oltre accessori di legge (cfr. doc. 62 pag. 21). L’articolato appello (cfr. doc. 63) proposto dallo scrivente, fondato su tre motivi in ordine alla condotta e al nesso causale allegando nuova produzione documentale, si concludeva a seguito di discussione di tutte le parti processuali e anche della parte civile, con sentenza di assoluzione perché “il fatto non costituisce reato” (cfr. doc. 67 sentenza della Corte di Appello di Ancona sez. penale). La parte civile impugnava la sentenza di appello innanzi alla Suprema Corte, con ricorso di 27 pagine (cfr.doc.68), oltre a procedere a una contestuale esecuzione nei confronti del Dott. *** culminata con atto di pignoramento presso terzi (cfr. doc. 70). A seguito di discussione, la Corte Suprema di Cassazione rigettava il ricorso proposto dalla parte civile. Sotto altro profilo, a margine gli evidenti risultati conseguiti, si precisa che alcuna contestazione vi è stata da parte di YYY in punto all’ an dell’attività professionale svolta dall’Avv. XXX, da ritenersi pacifica ex art. 115 c.p.c.. Dunque, non si comprendono le ragioni per le quali il Giudice di prime cure possa ritenere “carente la allegazione e la prova” dei motivi volti a giustificare la quantificazione effettuata dall’appellante, superando, così e ancora una volta, il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato. Inoltre, non si comprende per quale ragione il primo grado di giudizio veniva regolarmente saldato dall’YYY con liquidazione effettuata sulla base dei parametri medi, senza contestazione alcuna; mentre solo a seguito di notifica di decreto ingiuntivo, e per la prima volta con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., la difesa avversaria eccepiva infondatamente e contraddittoriamente l’applicazione dei valori minimi. Il Giudice di prime cure non tiene conto neppure di tale atteggiamento contraddittorio dell’Azienda sanitaria, giustificando la liquidazione di valori intermedi tra minimi e medi sulla base di una “ ultra petita ” mancanza di prova, mai contestata e, dunque, da ritenersi pacifica, anche sotto il profilo della evidente quanto palmare complessità del giudizio a fronte della copiosa documentazione versata. Sulla base delle ragioni sopra spiegate, si chiede, pertanto, la riforma parziale della Sentenza impugnata, applicando i valori medi correttamente quantificati in €.3.781,00 oltre rimborso spese forfettario al 12,5%, IVA al 22% e Cpa oltre rimborso spese di vidimazione parcella e spese vive per il giudizio dinanzi la Corte di Appello di Ancona ed €.5.760,00 oltre rimborso spese forfettarie, IVA e Cpa e spese vive documentate per il giudizio innanzi alla Suprema Corte”.

5.Il Collegio rileva che la parte appellante non ha depositato in giudizio la documentazione necessaria:

• alla verifica delle prestazioni rese nei tre giudizi oggetto di gravame;

• alla valutazione delle prestazioni, rese nei giudizi stessi, ai fini della liquidazione.

6.L’appellante , nelle richiamate argomentazioni, ha descritto l’attività svolta nei tre giudizi oggetto di gravame ed in particolare l’oggetto dei procedimenti (il primo amministrativo dinanzi al Consiglio di Stato e gli altri costituenti secondo grado e Cassazione del medesimo giudizio penale), le questioni giuridiche e di fatto trattate, i documenti prodotti , gli esiti finali.

Le relative allegazioni in fatto non possono tuttavia essere verificate dalla Corte perché la parte agli atti del telematico non risulta aver depositato il proprio fascicolo di parte di primo grado. Né la Cancelleria attesta una produzione cartacea.

7.In tal modo sia per il secondo grado del giudizio amministrativo tra YYY e Laboratorio analisi *** srl sia per i due gradi di giudizio (appello e Cassazione) nel procedimento penale contro ***, dipendente YYY, manca al Collegio la possibilità di riscontrare e valutare l’attività difensiva svolta (per esistenza, qualificazione, rilievo, difficoltà/pregio) e dunque di determinare il parametro di liquidazione.

8.Va invece accolto il motivo di gravame con cui è dedotta l’omessa pronuncia sulla domanda di rimborso degli oneri per l’opinamento della parcelle.

Va accolto perché, avendo il professionista scelto il rito monitorio, la domanda – a norma dell’art. 636 c.p.c., in relazione all’art. 633, primo comma, n. 2 e 3 – doveva essere accompagnata dalla parcella delle spese e corredata dal parere del competente Consiglio dell’Ordine; dunque va riconosciuta la somma di euro 1143,38 oltre interessi legali dalla domanda al saldo.

Va infine accolto il motivo con cui è chiesta la liquidazione degli interessi su tutte le somme comunque riconosciute.

9.La parziale riforma della sentenza del Tribunale impone la liquidazione ex novo delle spese del doppio grado con assorbimento del relativo motivo di appello.

In ragione del parziale accoglimento dei motivi di opposizione e della parziale rideterminazione degli importi dovuti , le spese di lite dell’intero giudizio sono compensate per un terzo mentre per il residuo seguono la prevalente soccombenza dell’appellata.

PQM LA CORTE DI APPELLO DI ANCONA

definitivamente pronunziando , ogni ulteriore o difforme istanza assorbita o disattesa, così provvede:

1-in parziale riforma della gravata sentenza, condanna l’YYY al pagamento, a favore di XXX Lorenzo : (a) della somma di euro 1143,38 per rimborso spese, (b) degli interessi legali dalla domanda al saldo sia sulla somma sub (a) che precede sia sulle somme per compensi già liquidate ed oggetto di condanna in primo grado;

2-previa compensazione per un terzo, condanna la parte appellata al pagamento, in favore della parte appellante, delle spese di lite liquidate: (a) per il primo grado, in fase monitoria, in euro 800,00 e, in fase di opposizione, in euro 4800,00 per compensi professionali oltre magg. rimb. forf. , cap e iva come per legge, (b) per il presente grado di giudizio in euro 4400,00 per esborsi ed euro per compensi professionali oltre magg. rimb. forf. cap e iva come per legge .

Così deciso in Ancona nella Camera di consiglio della Prima Sezione Civile della Corte di Appello in data 12 luglio 2022.

IL PRESIDENTE

IL CONSIGLIERE ESTENSORE

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