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Appalto, quote di trattamento di fine rapporto

Appalto, quote di trattamento di fine rapporto relative ai periodi di esecuzione dell’appalto, committente solidalmente responsabile.

Pubblicato il 19 October 2022 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI APPELLO DI ROMA
V SEZIONE LAVORO

composta dai seguenti magistrati:

Riunita in camera di consiglio il giorno 30/09/2022, ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 3625/2022 pubblicata il 13/10/2022

nella controversia in materia di lavoro/previdenza e assistenza obbligatorie in grado di appello iscritta al n. 1533 del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell’anno 2018 vertente tra

TRA

COMUNE DI XXX

APPELLANTE

E

YYY, ZZZ, KKK, JJJ, SSS, QQQ, LLL

APPELLATI

Oggetto: appello avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Viterbo n. 203/2018, pubblicata in data 19/04/2018

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Gli odierni appellati chiedevano ed ottenevano dal tribunale di Viterbo l’emissione di decreti ingiuntivi nei confronti del Comune di XXX quale responsabile solidale per il pagamento delle retribuzioni novembre 2014, 13° mensilità 2014, retribuzione gennaio 2015, trattamento di fine rapporto, maturati presso la datrice di lavoro *** srl appaltatrice del Comune di XXX per la raccolta dei rifiuti e dichiarata fallita il 4.9.15 dal tribunale di Treviso.

Il tribunale rigettava l’opposizione proposta dal Comune di XXX ritenendo sussistente la giurisdizione del g.o. e la competenza del giudice del lavoro perché in sede monitoria le pretese erano state avanzate sulla scorta dell’art. 29 D.Lgs 276/2003 e dell’art. 1676 c.c. ed era estranea alle stesse la tutela di cui al DPR 5.10.2010 n. 207 menzionata dal Comune a supporto delle eccezioni pregiudiziali.

Il tribunale ha ritenuto che fosse applicabile solo l’art.1676 c.c., perché l’art. 29 D.lgs. 276/2003 non trovava applicazione alla materia degli appalti pubblici.

Ha rigettato l’eccezione sul difetto di legittimazione passiva avanzata dal Comune, perché non era contestato l’impiego dei lavoratori nel servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani in favore dello stesso, il pagamento di pregressi emolumenti e gli accantonamenti operati dal Comune opponente.

Ha ritenuto incontestato anche l’ammontare dei crediti vantati da ciascun lavoratore.

Ha rigettato l’eccezione del Comune sulla carenza di prova della esistenza e consistenza del debito nei confronti della società appaltatrice, ed ha affermato che lo stesso Comune di XXX aveva riferito di aver provveduto al congelamento dei pagamenti in favore di ***.A. con deliberazione n. 39/15 e all’annullamento della determina 1721 del 7.10.2014 di liquidazione degli importi IVA. Doveva inoltre ritenersi che sin dalla riunione tenutasi presso la Prefettura nel luglio 2014 fosse obbligo dell’amministrazione comunale congelare tutti i pagamenti destinati ad estinguere i debiti maturati nei confronti dell’appaltatrice.

Ha affermato, in merito alla quantificazione del debito maturato dal Comune nei confronti di ***, che la prova gravava sull’amministrazione sia per il principio di vicinanza della prova, sia in considerazione del ruolo pubblicistico rivestito dall’ente, il quale implicava l’osservanza degli obblighi di buona fede e correttezza, alla luce dei quali non appariva legittimo né il silenzio sulla contabilità inerente l’appalto in esame, né l’ambiguità e contraddittorietà della condotta del Comune tenuta nei confronti dei lavoratori.

Propone appello il Comune di XXX.

Resistono gli appellati chiedendo il rigetto dell’appello.

In data 2 febbraio 2022 la causa è stata assegnata dal Presidente della Corte d’appello alla V sezione e nominato nuovo giudice relatore a seguito di astensione del magistrato originariamente relatore per aver emesso parte dei decreti ingiuntivi opposti.

Il Collegio, preso atto che medio tempore i lavoratori si erano insinuati nel fallimento *** ed avevano anche ricevuto delle somme, li ha invitati a chiarire a quali voci erano imputabili gli importi percepiti dal fallimento *** srl e ad effettuare conteggi per retribuzione e t.f.r. maturato limitatamente al periodo fino al 22.11.14, utilizzando le buste paga in atti ed i criteri per il conteggio di cui ai decreti ingiuntivi opposti.

Gli opposti non hanno depositato i conteggi (affermando che non erano disponibili) ed hanno chiesto proroga del termine concesso per la relativa produzione. Quanto al fallimento, hanno prodotto la documentazione fornita dal Curatore del Fallimento, ed hanno chiesto CTU al fine di predisporre conteggi e “anche al fine di chiarire definitivamente a quali voci sono imputabili gli importi percepiti dal fallimento ***a srl indicati negli atti di causa”.

Assegnati alle parti i termini per il deposito telematico di note contenenti le sole istanze e conclusioni in luogo dello svolgimento dell’udienza già fissata per la discussione, ai sensi dell’art. 221, comma 4, d.l. 34/2020 conv. in l. 77/2020, la causa, sulle conclusioni riportate in atti, è stata decisa come da dispositivo.

MOTIVI DELLA DECISIONE

A)Con il primo motivo d’appello il Comune censura la sentenza per aver il tribunale ritenuto che i lavoratori non avevano svolto domanda di intervento sostitutivo per il pagamento delle proprie retribuzioni e spettanze ex art.5 dpr n.270/10, speciale strumento di tutela previsto dal codice ambiente per il ritardato pagamento delle retribuzioni, in relazione alla quale ribadiscono l’eccezione sul difetto di giurisdizione.

Il motivo d’appello è infondato.

Nei ricorsi ingiuntivi si legge solo nella parte descrittiva la menzione dell’attivazione della procedura di cui all’art.5 dpr n.207/10, ma la domanda era proposta chiaramente ai sensi e per gli effetti di cui all’art.29 dlgs.n.276/03, in aggiunta alla tutela di cui all’art.1676 c.c.. Al punto 4 peraltro, si citava la stessa determina del Comune di XXX n.451 del 18.12.14 dove lo stesso Comune dichiarava di attivare la procedura ex dpr n.207/2010.

Non è poi censurata la motivazione del tribunale nella parte in cui ha ritenuto applicabile la fattispecie di cui all’art.1676 c.c. La Cassazione ha affermato che nel caso di mancata utilizzazione da parte dei lavoratori degli strumenti previsti dalla suindicata normativa speciale, è possibile fare ricorso, in via residuale, alla tutela di cui all’art.1676 c.c., che è applicabile anche ai contratti di appalto stipulati con le pubbliche amministrazioni (Cass.n.15432/14).

Il tribunale ha pertanto correttamente interpretato la domanda e sono irrilevanti le difese di Comune di XXX relative al difetto di giurisdizione ed alla discrezionalità dell’esercizio del potere sostitutivo dell’ente locale nella procedura ex dpr.n.207/10.

B)Con un secondo motivo d’appello il Comune di XXX lamenta l’erronea valutazione del materiale istruttorio e delle allegazioni di parte, dalle quali emergerebbe l’insussistenza di crediti della *** verso il Comune sino alla concorrenza dei quali i lavoratori avrebbero potuto agire, avendo il Comune di XXX subito gravi danni dalla cattiva ***ione del servizio affidato alla società e documentato la persistenza di inadempienze gravi della società, mentre l’art.1676 c.c. presupponeva la sussistenza incontroversa di un debito dell’ente locale. Risultava documentalmente che il Comune di XXX, nei soli limiti dei crediti di natura retributiva e nei limiti degli importi disponibili nel dicembre 2014 aveva deliberato di individuare i crediti esigibili vantati dalla società nei confronti del Comune per l’intervenuto sostitutivo.

Da ultimo, l’appellante afferma che la revoca dell’affidamento e la sostituzione in via d’urgenza con una altra impresa aveva determinato la contestazione della spettanza e della misura del prezzo dell’appalto a causa dell’inadempimento della società; che il tribunale aveva erroneamente ammesso l’azione per crediti che non erano in relazione di corrispettività con le prestazioni effettuate per l’appalto, anche con riferimento al tfr (in difetto persino di allegazione della cessazione del rapporto di lavoro) a seguito della cessazione ovvero per quella parte maturata fuori dell’affidamento dell’appalto. Afferma l’erronea distribuzione dell’onere della prova da parte del tribunale, perché gravava sui lavoratori la prova dell’esistenza dei rapporti di lavoro subordinato, dell’esecuzione della prestazione lavorativa per il compimento dell’opera oggetto di appalto, dell’esistenza di un credito di lavoro, dell’esistenza del credito dell’appaltatore verso il committente in relazione all’opera o servizio oggetto di appalto.

B.1).Il motivo d’appello con riferimento alla prova del credito vantato dall’appaltatore nei confronti dell’appaltante è infondato.

Quanto ai crediti della appaltatrice, dalle stesse allegazioni di parte Comune di XXX emerge che venivano trattenuti a debito della *** importi, anche se nell’ambito dell’intervenuto sostitutivo ex art.5 dpr 207/10, per mensilità di aprile maggio giugno 2014, contributi, 14° mensilità, mensilità settembre e ottobre 2014 a fronte della fatture emesse dalla *** “nel periodo di riferimento”. Solo in data 22.11.14 interveniva la revoca nei confronti della *** dell’affidamento del servizio di gestione dell’appalto a causa delle gravi inadempienze contrattuali, con affidamento del servizio ad altra impresa a seguito di adozione di ordinanza contingibile ed urgente. Con deliberazione del 26.3.15 veniva disposto il congelamento di eventuali crediti vantati dalla *** nei confronti del Comune di XXX a causa delle reiterate inadempienze dell’impresa, e a giugno 2015 si è proceduto al congelamento degli eventuali crediti vantati da società “in attesa che si concludano le operazioni di ricognizione relative ad eventuali pendenze..”.

Il tribunale ha affermato che anche per un principio di vicinanza alla prova spettava al Comune di XXX fornire la prova dell’assenza di debiti del Comune nei confronti della *** al fine di precludere l’azione dei lavoratori: nello specifico risulta che sono stati sospesi pagamenti (quindi vi erano crediti) per importi specifici nell’ambito della procedura ex dpr 207/10 ma lo stesso Comune ha dato atto del congelamento del pagamento di “eventuali crediti” ancora a luglio 2015 senza mai precisare quanti erano i crediti effettivamente esistenti della ***, quante le fatture e a quanto ammontassero. Non è poi oggetto di appello l’affermazione del tribunale in ordine al principio di vicinanza alla priva (i lavoratori non avrebbero certo potuto provare la presenza di crediti nell’ambito dell’appalto) nonché il ruolo pubblicistico dell’ente, che avrebbero dovuto condurre l’ente a non mantenere silenzio in ordine alla contabilità con l’appaltatore. Non è pertanto sufficiente invocare solo genericamente l’eccezione di inadempimento nei confronti dell’appaltatrice ***a (per aver mal eseguito l’appalto e cagionato danni) per evitare la condanna solidale nei confronti dei suoi dipendenti.

B.2)Il motivo d’appello è invece fondato quanto alle questioni relative alla prova della maturazione di crediti nell’ambito del servizio oggetto di appalto, non potendo l’appaltante rispondere solidalmente per debiti dell’appaltatore nei confronti dei lavoratori che si siano formati al di fuori del servizio reso nell’appalto. A tal fine, va evidenziato che il Comune di XXX ha provato che in data 22.11.14 con ordinanze contingibili ed urgenti venne disposta la revoca dell’appalto alla ***a e disposta in via urgente l’assegnazione dell’appalto all’impresa *** ed alla Ditta *** (doc.n.13, 14,15 fasc. Comune di XXX).

Da questa data, pertanto, non vi è prova del requisito richiesto della prestazione del lavoro dei dipendenti nell’appalto.

Poiché le richieste si riferiscono ad un periodo lavorativo fino gennaio 2015 (fino a quando cioè, sono intervenuti i licenziamenti da parte della ***a) nulla è dovuto per il periodo dal 22 novembre 2014, salvo il t.f.r. maturato fino a questa data.

Quanto al tfr, infatti, il Comune risponde in via solidale solo per la quota maturata durante l’appalto, per le stesse ragioni affermate dalla giurisprudenza in relazione all’altra fattispecie solidale di cui all’art.29 d.lgs.n.276/03: “In tema di appalto, le quote di trattamento di fine rapporto relative ai periodi di esecuzione dell’appalto devono essere incluse nei trattamenti retributivi del cui pagamento il committente è solidalmente responsabile ai sensi dell’art. 29 d.lgs. 276 del 2003, attesa la natura di retribuzione differita”(Cass.n.6333/19).

Ritiene il Collegio che sussistano i presupposti per dichiarare la sopravvenuta cessazione della materia del contendere.

Nelle note difensive autorizzate i lavoratori hanno dato atto di aver ricevuto importi dal fallimento *** in sede di riparto. Invitati dal Collegio a chiarire a quale titolo hanno percepito le somme, gli appellati hanno prodotto solo la relazione del curatore fallimentare relativa al primo riparto al 31.5.18 nella quale si afferma che i crediti ammessi con privilegio si riferiscono alle “somme dovute agli ex dipendenti della fallita per trattamento di fine rapporto di lavoro, nonché per altri crediti da lavoro diversi dal T.F.R, per la parte non già anticipata dal c.d. “Fondo di Garanzia” dell’Inps”, nonché “alle somme dovute all’Inps in surroga, per quanto anticipato agli ex dipendenti”.

Nella relazione si dà atto dell’intervento del fondo di Garanzia Inps in favore dei lavoratori e della conseguente surroga dell’istituto previdenziale nel credito di questi nel fallimento. Segue nella relazione, l’indicazione per tutti i lavoratori *** (compresi gli odierni appellati) degli importi inizialmente richiesti dai lavoratori al fallimento, degli importi per i quali l’Inps ha presentato la dichiarazione di surroga (che presuppone l’avvenuto pagamento ai lavoratori da parte del Fondo delle voci richieste), del “residuo capitale” ancora dovuto (detratti cioè gli importi corrisposti ed oggetto di surroga) e da ultimo del più limitato importo attribuito a titolo di “residuo” nel primo riparto.

Notoriamente, il Fondo di garanzia interviene per il pagamento del tfr e delle ultime 3 mensilità del rapporto di lavoro, che poi sono le voci che oggetto di causa (anche se limitate al periodo fino al 22.11.14 data di cessazione dell’appalto, e non alla cessazione del rapporto con la ***a del 31.1.15, per i motivi sopra evidenziati).

Ciò posto, si evidenzia che nell’elenco del curatore fallimentare sono presenti i nominativi degli odierni appellati, per i quali risulta l’intervenuto in surroga da parte dell’Inps. Gli importi per i quali l’Inps ha effettuato la dichiarazione di surroga al fallimento corrispondono agli importi chiesti dagli odierni appellati per i titoli che sono dovuti, come sopra accertati, considerando appunto, che il Fondo Inps assolve alla funzione di pagamento del tfr e delle ultime 3 mensilità. D’altro canto, quanto alle somme dovute, i lavoratori, nonostante l’ampio termine concesso dal Collegio per effettuare i conteggi, nulla hanno predisposto, senza fornire valida giustificazione. Dalla relazione del curatore emerge quindi che i lavoratori hanno adito il Fondo di garanzia Inps, hanno ottenuto le voci da questo dovute e che queste corrispondono sia per titolo (retribuzioni per gli ultimi 3 mesi del rapporto di lavoro, quindi da novembre a gennaio; trattamento di fine rapporto) sia per importi, a quanto da loro richiesto in solido alla stazione appaltante.

Vi sono pertanto sufficienti motivi per affermare, come evidenziato dal Comune nelle note difensive, che dalla documentazione prodotta dagli appellati (comunque risalente al 2018) emerge che l’INPS ha effettivamente erogato anticipazioni agli ex dipendenti ***.A per crediti da loro pretesi –e parzialmente dovuti- in questa sede. Nonostante il rinvio concesso dal Collegio per chiarimenti sugli importi percepiti nel corso del fallimento, gli appellati nulla hanno prodotto, limitandosi a richiedere, del tutto inammissibilmente, consulenza tecnica “al fine di chiarire definitivamente a quali voci sono imputabili gli importi percepiti dal fallimento ***a srl indicati negli atti di causa”.

La richiesta è evidentemente dilatoria e non accoglibile, posto che sono stati i lavoratori stessi ad insinuarsi nel passivo fallimentare ***a e quindi ben dovrebbero sapere cosa chiedevano al fallimento, oltre che sapere chiaramente, quali importi avevano ricevuto dal Fondo Inps e che pertanto non avrebbero più potuto ottenere dal fallimento.

Rileva inoltre il Collegio che sussiste anche il riscontro contabile fra somme che risultano percepite dall’Inps e somme oggetto di domanda.

Si consideri ad esempio la posizione di YYY: è dovuta la mensilità di novembre 2014 (euro 1.462,00) come è prevista in busta paga.

Per il rateo di 13° mensilità si utilizza l’importo in busta paga già indicato nei conteggi dal lavoratore che comprende il periodo fino a dicembre 2014, si calcola il rateo mensile (1.257,00: 12) e si moltiplica per 11 mesi di lavoro nell’appalto (euro 1.152,29) nel 2014 fino a novembre.

Per il t.f.r. si considera l’anzianità di servizio dalla data di assunzione indicata nelle buste paga (26.1.11) al 22.11.14 e si effettua la proporzione fra importo indicato nelle buste paga (che tiene conto della maggior anzianità al 31.12.15) e quello dovuto considerando 2 mesi di meno di anzianità al 22.11.14 (4.117,33:48 mesi di anzianità=x:46) per ottenere il minor importo di euro 3.945,7.

In complesso al YYY spettano euro 6.559,00. Dal prospetto del curatore risulta che il Fondo Inps gli ha corrisposto euro 5.201,44 ed euro 2.741,29 per complessivi euro 7.942,73.

Analogamente, ad esempio per ZZZ al quale secondo i criteri di cui sopra (anzianità di servizio dal 2.7.07) sono dovute euro 15.223,00 mentre nella relazione del curatore ha ricevuto euro 17.567,73. E così via per gli altri appellati.

Oltre a questi importi, ricevuti dall’Inps, i lavoratori hanno percepito ulteriori somme a seguito di primo riparto del 2018 (cui evidentemente ne saranno seguiti altri).

Deve pertanto essere dichiarata la sopravvenuta cessazione della materia del contendere e revocati i decreti ingiuntivi.

La soccombenza reciproca (parte delle domande era infondata), nonché la condotta processuale dei lavoratori che già a maggio 2018 (data cui si riferisce il curatore per le surroghe Inps ed il riparto) e verosimilmente ben prima avevano percepito dall’Inps quanto loro dovuto senza nulla rilevare in questa sede, sono motivi che giustificano la compensazione integrale delle spese del doppio grado.

P.Q.M.

-in parziale accoglimento dell’appello e in riforma della sentenza appellata, revoca i decreti ingiuntivi n.n.16/17, 13/17, 46/17, 32/17, 30/17, 18/17, 31/17 e dichiara la sopravvenuta cessazione della materia del contendere; -compensa le spese processuali del doppio grado.

Roma, 30/09/2022

IL CONSIGLIERE EST. IL PRESIDENTE

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