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Contratto a termine, risoluzione del rapporto

Contratto a termine, risoluzione del rapporto per mutuo consenso, condizioni, chiara e certa comune volontà delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo.

Pubblicato il 24 September 2018 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI ROMA

Sezione controversie in materia di lavoro previdenza e assistenza obbligatorie

all’udienza di discussione del 17.7.2018 ha pronunciato, mediante pubblica lettura del dispositivo, la seguente

SENTENZA n. 3121/2018 pubblicata il 21/09/2018

nella causa civile in grado di appello iscritta al n. del Ruolo Generale degli affari contenziosi dell’anno 2015 vertente

tra

XXX

elettivamente domiciliata in Roma, rappresentata e difesa dall’Avv.

parte appellante e

YYY

elettivamente domiciliata in Latina,

rappresentata e difesa dagli Avv.ti parte appellata

Oggetto: appello avverso la sentenza n. 388/2015 pubblicata il 3.3.2015 dal Tribunale di Velletri.

Conclusioni: come in atti.

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Velletri, in parziale accoglimento della domanda di YYY, la quale aveva dedotto di avere lavorato presso la società utilizzatrice XXX, sulla base di una serie di illegittimi contratti a tempo determinato stipulati con società di somministrazione, nel periodo dal 23.6.2004 al 17.5.2009, aveva dichiarato la nullità del termine apposto al contratto del 23.6.2004 e la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dal 23.4.2004, con orario di lavoro di 40 ore settimanali; aveva riconosciuto alla ricorrente il livello E2 ccnl chimica industria per le mansioni superiori svolte; condannato la società al ripristino del rapporto di lavoro ed al risarcimento del danno ex art. 32 comma 5 legge 2010 n. 183, nella misura di nove mensilità della retribuzione globale di fatto spettante, oltre alle differenze retributive per le mansioni superiori, con interessi e rivalutazione monetaria.

Il primo giudice, disattesa la eccezione di decadenza ex art. 32 legge 2010 n. 183, ha ritenuto la nullità della apposizione del termine ai contratti di somministrazione, valutando che le motivazioni del ricorso alla clausola temporale- sempre identiche nell’arco di cinque anni- chiarivano che non si trattava di un’esigenza temporanea, avendo sempre la società giustificato l’impiego della lavoratrice con “ punte di produzione”.

Il Tribunale riconosceva, inoltre, il diritto della appellante al superiore inquadramento nel livello E2 ccnl chimica industria come operatore polivalente, con diritto della lavoratrice alle differenze retributive.

Avverso la sentenza la società proponeva appello, con ricorso depositato in data 18.4.2015, deducendo la erroneità della pronuncia e chiedendo il rigetto della originaria domanda.

Si costituiva la parte appellata per resistere al gravame.

All’udienza del 17.7.2018 la causa è stata decisa come da dispositivo.

Vanno preliminarmente esaminati, per ragioni di priorità logico- giuridica, i motivi con i quali la parte appellante censura la sentenza:

– per violazione e/o errata applicazione dell’art. 32 legge 183/2010 e dell’art. 410 cpc, per difetto della proposizione dell’impugnazione giudiziale entro i 60 giorni dalla entrata in vigore della normativa;

-omesso esame, da parte del primo giudice, della eccezione di risoluzione tacita del preteso rapporto e/o rinuncia tacita dei diritti azionati per abnorme ed immotivata dilazione della domanda; violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1372, 1175 e 1375 cod. civ. e 115/116 cpc.

In ordine alla riproposta eccezione di decadenza dall’azione per mancata impugnativa extragiudiziale ex art. 32 legge 2010 n. 83, la Corte osserva che, in tema di somministrazione di lavoro, la decadenza di cui all’art. 32 comma 4^ legge 2011

n. 183, e la relativa proroga di cui al comma 1 bis del medesimo articolo, si applicano anche ai contratti di somministrazione stipulati prima della entrata in vigore della legge ( Cass. 2017 n. 778).

L’art. 32, comma 1 bis, della l. n. 183 del 2010, introdotto dal d.l. n. 225 del 2010, conv. con modif. dalla l. n. 10 del 2011, ha previsto “in sede di prima applicazione” il differimento al 31 dicembre 2011 dell’entrata in vigore delle disposizioni relative al termine di sessanta giorni per l’impugnazione del licenziamento, e riguarda tutti gli ambiti di novità di cui al novellato articolo 6 della l. n. 604 del 1966, e, dunque, non solo l’estensione dell’onere di impugnativa stragiudiziale ad ipotesi in precedenza non contemplate, ma anche l’inefficacia di tale impugnativa, prevista dallo stesso art. 6, comma 2, anche per le ipotesi già in precedenza soggette al relativo onere, per l’omesso deposito, nel termine di decadenza stabilito, del ricorso giudiziale o della richiesta del tentativo di conciliazione o arbitrato. Ne consegue che tale nuova disciplina, con la relativa proroga, non si applica ai licenziamenti impugnati in epoca antecedente alla sua entrata in vigore. (Cass. 14406 del 2015.)

Nel caso in esame, non è ravvisabile la eccepita decadenza in considerazione del differimento dell’efficacia della norma al 31.12.2011 poiché il giudizio risulta proposto in data 24.6.2011 prima che fossero applicabili i termini di decadenza previsti dal novellato art. 32.

Per quanto riguarda la risoluzione del rapporto ai sensi dell’art. 1372 cod. civ. , va ribadito, secondo il consolidato orientamento del S.C., che, nel giudizio instaurato ai fini del riconoscimento della sussistenza di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato sul presupposto dell’illegittima apposizione al contratto di un termine finale ormai scaduto, affinché possa configurarsi una risoluzione del rapporto per mutuo consenso, è necessario che sia accertata – sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto a termine, nonché del comportamento tenuto dalla parti e di eventuali circostanze significative – una chiara e certa comune volontà delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo ( Cass. 2015 n. 13535; Cass. 2015 n. 2906).

Nel caso in esame, non sono prospettate condotte di significato abdicativo diverse dal decorso del tempo e non è ravvisabile, rispetto alla definitiva scadenza dell’ultimo contratto (maggio 2009), una significativa inerzia della parte appellata, la quale aveva provveduto a proporre azione giudiziale nel giugno 2011 e, prima ancora, aveva tempestivamente contestato la apposizione del termine con la proposizione del tentativo di conciliazione con raccomandata ricevuta dalla società in data 22.11.2010 ( v. doc. 3 di parte ricorrente), con un comportamento concludente che vale ad escludere un disinteresse della appellata alla prosecuzione del rapporto di lavoro.

Nel merito della legittimità dei contratti, la parte appellante censura la sentenza per i seguenti motivi:

1)Sulla legittimità dei contratti di somministrazione a termine

La società assume che i fatti presupposti della causale dei contratti di lavoro in somministrazione e lavoro somministrato (oscillazione dei volumi produttivi dello stabilimento di Anzio, punte di attività) sarebbero pacifici così come la valenza della causale stessa ad integrare una “ragione tecnica, organizzative e produttiva” ex art.. 1 D.Lvo 368/2001 e 20 D.Lvo 276/2003; censura la interpretazione del Tribunale secondo cui solo in caso di eccezionalità/imprevedibilità dell’esigenza stessa, si realizzerebbe l’inserimento strutturale del lavoratore nella impresa utilizzatrice.

2) Difetto di impugnazione dei contratti a monte tra impresa somministratrice ed impresa utilizzatrice –ontologica inidoneità/insufficienza delle censure formulate a produrre l’effetto desiderato e carenza dell’attività allegatoria anche in punto di quantum debeatur- Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 27 D.Lvo 276/2003 e degli artt. 115/116 cpc.

La società deduce che la eventuale illegittimità della somministrazione e, quindi, del rapporto a monte può condurre alla instaurazione di un rapporto di lavoro in capo all’impresa utilizzatrice ma dello stesso genere e natura di quello che è in capo alla società di somministrazione.

I motivi di gravame che attengono alla interpretazione e applicazione al caso concreto della disciplina che regola la somministrazione di manodopera possono esaminati congiuntamente e non sono fondati.

Risulta agli atti che la YYY ha lavorato presso la sede di Anzio della XXX sulla base contratti di a tempo determinato sottoscritti con le società di somministrazione *** e ***, assoggettati alla disciplina dettata dal D.Lgs. n. 276 del 2003.

L’art. 21 D. lgs 27612003, nella sua originaria formulazione, applicabile ai contratti stipulati nel 2004, prevedeva che il contratto di somministrazione di manodopera è stipulato in forma scritta e contiene:

– i dati identificativi dell’autorizzazione del somministratore;

– il numero dei lavoratori da somministrare;

– i casi (ex art. 20, c. 30) o le ragioni (ex art. 20, comma 4°) del ricorso alla somministrazione, con il richiamo – per le somministrazioni a tempo determinato – alle ragioni di cui ai commi 3 e 4 art. 20 (ragioni di carattere tecnico produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferite alla ordinaria attività dell’utilizzatore);

– eventuali rischi per la sicurezza del lavoratore o delle misure per contrastarli; – data di inizio e della durata del contratto;

-mansioni;

– luogo di lavoro, orario e trattamento economico;

pagamento diretto e versamento dei contributi;

– obbligo dell’utilizzatore di rimborso degli oneri retributivi e previdenziali; – comunicazione la somministratore di trattamenti retributivi equiparabili; – subentro al somministratore in caso di inadempimento, salvo rivalsa.

Il quarto comma dell’art. 21 sanzionava, sempre nel testo ante novella, con la costituzione ope legis di un rapporto di lavoro subordinato in capo all’utilizzatore (i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell’utilizzatore) la mancata indicazione di tutti i suddetti elementi.

L’art. 22 comma 2 D.Lvo n. 276 del 2003 stabiliva e stabilisce che in caso di somministrazione a tempo determinato il rapporto di lavoro tra somministratore e prestatore di lavoro è soggetto alla disciplina di cui al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, per quanto compatibile e in ogni caso con esclusione delle disposizioni di cui all’articolo 5, commi 3 e 4………

Si deve notare che l’art. 5 del D.Lvo n. 251/2004 ha modificato la versione originaria dell’art. 21 quarto comma, sopprimendo le parole “con indicazione degli elementi di cui alle lettere a), b), c) d) ed e) della comma 1”.

Quindi risulta chiaro, per i contratti sottoscritti dall’anno 2005 che “i casi e le ragioni … di cui ai commi 3 e 4 dell’art. 20 (ossia le esigenze di cui alla lettera c dell’ art. 21) non debbano più essere obbligatoriamente contenuti nel contratto di somministrazione, e che dunque non vi è più necessità che sia ivi specificata, a pena di nullità, la ragione giustificativa del ricorso al lavoro somministrato. Nondimeno, se non è necessario che nel testo contrattuale siano ab initio inserite le suddette esigenze, occorre pur sempre che esse siano sussistenti e legittimino/motivino, nel concreto, il ricorso ad una assunzione con contratto di somministrazione a termine. Va detto, infatti, che in tema di somministrazione di lavoro, ai sensi degli artt. 20 e ss. del d.lgs. 9 ottobre 2003, n. 276, la mera astratta legittimità della causale indicata nel contratto di somministrazione non basta a rendere legittima la apposizione di un termine al rapporto, dovendo anche sussistere una situazione riconducibile alla ragione indicata nel contratto e quindi la rispondenza, il cui onere probatorio è a carico del soggetto utilizzatore, tra la causale enunciata e la concreta assegnazione del lavoratore a mansioni ad essa confacenti ( Cass. 2013 n. 20598; Cass. 2014 n. 1740).

Le ragioni tecnico produttive organizzative richieste dal D.lgs 276/03 devono presentare i caratteri della temporaneità propri della disciplina dei contratti a termine, applicabile per il richiamo contenuto nel citato art. 22 e, quindi, la sussistenza di situazioni contingenti che richiedano il ricorso temporaneo al lavoro somministrato.

La insussistenza in concreto delle suddette ipotesi, spezza l’unitarietà della fattispecie complessa voluta dal legislatore per favorire la flessibilità dell’offerta di lavoro nella salvaguardia dei diritti del lavoratore, e fa venir meno la presunzione di legittimità del contratto interinale stesso.

Ne consegue che, per escludere che il contratto di lavoro con il fornitore interposto si consideri instaurato con 1’utilizzatore interponente a tempo indeterminato, non è sufficiente arrestarsi alla verifica del dato formale del rispetto della contrattazione collettiva quanto al numero delle proroghe consentite, senza verificare l’effettiva persistenza delle esigenze di carattere temporaneo, in modo tanto più penetrante quanto più durevole e ripetuto sia il ricorso a tale fattispecie contrattuale (Cass. 12.1.2011 n. 232 in materia di lavoro interinale).

Non è applicabile, ratione temporis, la disciplina di cui all’art. 20 comma 5 bis che ha ammesso la somministrazione acausale dei lavoratori in mobilità, invocata dalla società (per periodi compresi tra il 22.6.2004 ed il 12.8.2005; tra il 24.2.2006 ed il

28.4.2007, nei quali la appellata era iscritta nelle liste di collocamento della Regione Lazio ex L. 1991 n. 333) atteso che tale norma è stata aggiunta dalla legge 23.12.2009 n. 191 art. 2, comma 142, lett. b.

Nel caso in esame, la YYY ha lavorato presso la società appellante sulla base di una serie di contratti di lavoro in somministrazione a termine, nei seguenti periodi: -dal 23.6.2004 al 30.7.2004, per punte di più intensa attività connesse a richieste di mercato indifferibili o anche indotte dall’attività di altri settori, che non sia possibile evadere con le risorse normalmente impiegate, con proroga al 15.9.2004;

-dal 16.9.2004 al 29.10.2004, per punte di più intensa attività da richieste di mercato che non sia possibile evadere con il normale potenziale produttivo per le quantità e/o specificità del prodotto e/o delle lavorazioni richieste, con due proroghe fino al 23.12.2004;

-dal 10.1.2005 al 5.2.2005 per incremento attività produttiva;

-dal 8.2.2005 al 21.2.2005 per incremento attività produttiva con due proroghe al 15.4.2005;

-dal 26.4.2005 al 10.5.2005, con 4 proroghe fino al 10.6.2005 per incremento attività produttiva;

-dal 4.7.2005 al 12.8.2005 per incremento di attività produttiva;

-dal 27.2.2006 al 4.3.2006 per l’intensificarsi della attività produttiva dovuto a sopraggiunte commesse di produzione cui non è possibile far fronte con il normale assetto produttivo, con quattro proroghe fino al 1.4.2006;

-dal 10.4.2006 al 15.4.2006 per l’ intensificarsi della attività produttiva dovuto a sopraggiunte commesse di produzione cui non è possibile far fronte con il normale assetto produttivo, con quattro proroghe fino al 20.5.2006; -dal 26.4.2005 al 1.6.2005, con quattro proroghe fino al 10.6.2005

-dal 27.2.2006 al 4.3.2006 per l’ intensificarsi della attività produttiva dovuto a sopraggiunte commesse di produzione cui non è possibile far fronte con il normale assetto produttivo, con quattro proroghe al 1.4.2006;

-dal 10.4.2006 al 15.4.2006 per l’ intensificarsi della attività produttiva dovuto a sopraggiunte commesse di produzione cui non è possibile far fronte con il normale assetto produttivo, con quattro proroghe fino al 20.5.2006;

-dal 5.6.2006 al 23.6.2006 per l’ intensificarsi della attività produttiva dovuto a sopraggiunte commesse di produzione cui non è possibile far fronte con il normale assetto produttivo, con quattro proroghe fino al 25.8.2006;

-dal 6.9.2006 al 16.9.2006 per l’ intensificarsi della attività produttiva dovuto a sopraggiunte commesse di produzione cui non è possibile far fronte con il normale assetto produttivo, con quattro proroghe fino al 11.11.2006;

-dal 13.11.2006 al 2.12.2006 con la medesima causale con proroghe al 22.12.2006, al 16.12.2006, al 7.12.2006;

-dal 2.1.2007 al 5.1.2007 per l’ intensificarsi della attività produttiva dovuto a sopraggiunte commesse di produzione cui non è possibile far fronte con il normale assetto produttivo, con proroghe dal 6.1.2007 al 20.1.2007, dal 21.1.2007 al 27.1.2007, dal 28.1.2008 al 3.2.2007, dal 4.2.2007 al 10.2.2007;

-contratto dal 12.2.2007 al 17.2.2007, con la medesima causale, con proroghe dal

18.2.2007 al 21.2.2007,dal 22.2.2007 al 24.2.2007, dal 25.2.2007 al 3.3.2007, dal 4.3.2007 al 7.3.2007;

-contratto dal 8.3.2007 al 17.3.2007,con la medesima causale (operatore di finitura/carrellista ( reparto Oral care), con proroghe dal 18.3.2007 al 24.3.2007, 25.3.2007 al 31.3.2007, dal 1.4.2007 al 7.4.2007, dal 8.4.2007 al 14.4.2007; -contratto dal 16.4.2007 al 21.4.2007 per esigenze produttive e temporanee per le quali è consentito il ricorso al contratto a termine secondo la legislazione vigente o le vigenti disposizioni contrattuali ( operatore di finitura carrellista reparto oral care), con proroga dal 22.4.2007 al 28.4.2007;

-dal 2.5.2007 al 5.5.2007 con la medesima causale e medesime mansioni, con proroga dal 5.5.2007 al 12.5.2007,

-dal 29.5.2007 al 1.6.2007 per l’ intensificarsi della attività produttiva dovuto a sopraggiunte commesse di produzione cui non è possibile far fronte con il normale assetto produttivo, medesime mansioni, con proroga dal 2.6.2007 al 9.6.2007, 10.6.2007 al 16.6.2007, dal 17.6.2007 al 23.6.2007, dal 24.6.2007 al 13.7.2007 -contratto dal 16.7.2007 al 20.7.2007, con la medesima causale, stesse mansioni nel reparto Body Care, con proroghe dal 21.7.2007 al 2.9.2007, dal 3.9.2007 al 16.9.2009;

-contratto dal 1.10.2007 al 10.10.2007, come operatore di finitura carrellista reparto… ( non indicato, ndr) per previsto incremento di attività nel periodo indicato nel reparto *** a causa di possibili ordini di produzione commissionati dal mercato e non fronteggiabili con il normale assetto produttivo, con tre proroghe fino al 11.12.2007;

– contratto dal 30.3.2008 al 13.4.2008 per previsto incremento di attività nel periodo indicato nel reparto *** a causa di possibili ordini di produzione commissionati dal mercato e non fronteggiabili con il normale assetto produttivo, con quattro proroghe fino al 22.6.2008;

– contratto dal 23.6.2008 al 20.7.2008 per previsto incremento di attività nel periodo indicato nel reparto *** a causa di possibili ordini di produzione commissionati dal mercato e non fronteggiabili con il normale assetto produttivo, con quattro proroghe fino al 26.10.2008

– contratto dal 27.10.2008 al 23.11.2008 per previsto incremento di attività nel periodo indicato nel reparto *** a causa di possibili ordini di produzione commissionati dal mercato e non fronteggiabili con il normale assetto produttivo, con proroga fino al 7.12.2008

-contratto dal 10.1.2009 al 25.1.2009 per esigenza di personale supplementare in reparto per far fronte ad imprevisti incrementi di attività durante il periodo indicato, con proroga al 1.2.2009

-contratto dal 2.3.2009 al 15.3.2009 per previsto incremento di attività nel periodo indicato nel reparto *** a causa di possibili ordini di produzione commissionati dal mercato e non fronteggiabili con il normale assetto produttivo, con quattro proroghe fino al 29.3.2009.

Le ragioni che giustificano sia i contratti di lavoro a tempo determinato che i contratti commerciali di somministrazione si riferiscono ad una identica o analoga causale ( salvo per il contratto di lavoro dal 16.4.2007 al 21.4.2007 prorogato, che non indica alcuna ragione della assunzione) dell’intensificarsi della attività produttiva per la acquisizione di commesse o per la prevista acquisizione di commesse.

Risulta agli atti che la YYY era stata impiegata con mansioni di operatore di finitura o di carrellista di produzione, ossia era addetta alla linea di produzione automatizzata e che “doveva rifornire la linea di materiali e controllare la qualità del prodotto e che, talvolta, era addetta al carrello per la movimentazione dei prodotti dal magazzino alla linea e viceversa ( v. deposizione del teste ***)

La causale indicata nei contratti rientra nella nozione di punte di intensa attività non fronteggiabili con il ricorso al normale organico e risulta sicuramente ascrivibile nell’ambito di quelle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all’ordinaria attività dell’utilizzatore, che consentono, ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 20, comma 4, il ricorso alla somministrazione di lavoro a tempo determinato e che il riferimento alle stesse ben può costituire valido requisito formale del relativo contratto, ai sensi dell’art. 21, comma 1, lett. c, della legge stessa perché danno adeguatamente conto delle ragioni giustificative del ricorso a tale tipologia contrattuale, non essendo all’uopo necessario scendere in ulteriore dettaglio(Cass. 2012 n. 2521; Cass. 2013 n.8120).

Va ribadito che, anche qualora l’indicazione contrattuale dia conto della ragione in concreto da fronteggiare in modo sufficientemente intellegibile, sussiste la necessità che l’utilizzatore dia la dimostrazione della effettività dell’esigenza sottesa alla singola assunzione del lavoratore ( così Cass. cit.)

Nel caso in esame, la appellata è stata impiegata, per la medesima causale dell’incremento di attività, presso lo stabilimento della società per le mansioni di addetta di finitura o carrellista dal 2004 al 2009, per periodi per lo più consecutivi e per la durata complessiva ed effettiva di 43 mesi.

Si tratta, ad avviso della Corte, di ragioni che individuano, come ritenuto dal primo giudice, una necessità produttiva permanente e che, quindi, non presentano il carattere necessariamente temporaneo che deve rivestire la causa del ricorso alla somministrazione.

Va affermato, infatti, che l’istituto della somministrazione presenta taluni aspetti che consentono di accostarlo, sotto il profilo funzionale, al contratto a termine, essendo entrambe le strutture negoziali riguardate dall’ordinamento come strumenti obiettivamente alternativi di acquisizione, diretta e indiretta, di prestazioni lavorative temporanee ( Cass. 2014 n. 21001).

La situazione della ordinaria fluttuazione di domande e di ordinativi e quindi dei volumi di produzione, indicata dalla società a giustificazione di una necessaria quota di flessibilità nell’occupazione, sul presupposto che la variabilità della produzione sia “ elemento fisiologico del sito produttivo di Anzio”, esclude la sussistenza delle condizioni di liceità del ricorso alla somministrazione, laddove il reiterato impiego della lavoratrice è finalizzato in sostanza ad un permanente adeguamento di un organico sottodimensionato e non trova la propria giustificazione causale in vicenda produttiva contingente e circoscritta nel tempo.

L’esame dei documenti prodotti, inoltre, relativi ai prospetti riassuntivi dei rapporti tra produzione effettiva e produzione ipotizzata ( budget) per gli anni dal 2004 al 2009, nei reparti *** e ***, evidenzia un andamento mensile positivo ma anche negativo in concomitanza con i mesi di impiego della appellata, e le previsioni e relativi scostamenti, incidenti sulla variabilità dell’assetto produttivo, sono formulate sulla base di criteri non specificati.

La mancanza, inoltre, della specifica deduzione in giudizio delle commesse imprevedibili, nei singoli periodi, e della consistenza del numero dei lavoratori con le medesime mansioni dell’appellante, non consente di acquisire elementi per collegare i dedotti incrementi della produzione con la specifica utilizzazione della lavoratrice appellata, e che tali incrementi non fossero, in ogni caso, fronteggiabili con il personale in organico.

Va pertanto confermato il giudizio della irregolarità delle somministrazioni con la conseguente imputazione del rapporto di lavoro in applicazione dell’art. 27 comma 1, il quale prevede “quando la somministrazione di lavoro avvenga al di fuori dei limiti e delle condizioni di cui all’art. 20, e art. 21, comma 1, lett. a), b), c) d) ed e), il lavoratore può chiedere, mediante ricorso giudiziale a norma dell’art. 414 c.p.c., notificato anche soltanto al soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest’ultimo, con effetto dall’inizio della somministrazione”.

La costituzione del rapporto nei confronti dell’utilizzatore avviene ex lege e senza necessità di impugnare anche il rapporto commerciale tra le società e, secondo il principio di diritto sancito dal S.C., il rapporto di lavoro alle dipendenze dell’utilizzatore con effetto dall’inizio della somministrazione che, in forza del D.Lvo n. 276 del 2003, art. 27, si costituisce quando la somministrazione di lavoro avvenga al di fuori dei limiti di legge, è un ordinario rapporto di lavoro a tempo indeterminato ( Cass. 2011 n. 15610).

E’ stato infatti precisato che se un contratto di lavoro viene stipulato utilizzando un tipo contrattuale particolare in assenza dei requisiti specifici richiesti dal legislatore e la legge prevede come conseguenza dell’utilizzazione irregolare del tipo la costituzione di un rapporto di lavoro, senza precisare se a termine o a tempo indeterminato, nel silenzio del legislatore non può che valere la regola per cui quel rapporto di lavoro è a tempo indeterminato ( Cass. 2012 n. 6933; 2014 n. 17540; Cass.2016 n. 25518).

Con ultimo motivo, la parte appellante deduce la erroneità della sentenza per avere riconosciuto il diritto della YYY al livello E2 in luogo di quello E3 attribuitole .

La società assume che la YYY aveva svolto le mansioni di operatore linee di finitura e di carrellista di produzione, corrispondenti al livello E3, richiamando al riguardo la testimonianza resa dal teste Valente e non rilevando in contrario quelle dei testi indicati dalla parte appellata.

Il motivo di gravame è fondato.

Osserva il Collegio che il primo giudice ha ritenuto la appellata avesse svolto compiti propri del livello E2 ccnl chimica industria quale operatore polivalente, considerando che le mansioni svolte dalla YYY fossero caratterizzate da una “certa autonomia sulla line, pur non trattandosi di operazioni particolarmente complesse ( necessarie per il liv. D3, rivendicato in ricorso) ed il meccanico interveniva nei casi più importanti, inoltre affiancava il personale inesperto, guidava il muletto elettrico ed ha aiutato il pallettizzatore”.

Il giudizio espresso dal primo giudice non si basa sulla necessaria comparazione- omessa anche nel ricorso introduttivo- tra le mansioni svolte e le declaratorie di riferimento, con la specifica ricognizione nella attività lavorativa svolta dei connotati che tipizzano l’inquadramento superiore rivendicato.

Appartiene al livello E3 l’operatore di finitura, i cui compiti consistono, secondo la declaratoria contrattuale, nella preparazione , avviamento e controllo di funzionamento linea di confezionamento; alimentazione dei materiali da confezione ( flaconi/astucci, cartoni/inserti, etichette, nastri adesivi, colla, bobine film); cambio prodotto e cambio codice, controllo caratteristiche organolettiche del prodotto; controllo della tenuta della confezione e del peso, pulizia delle macchine e delle aree, sconfezionamento e recupero degli scarti, fermata per fine lavorazione, controlli qualitativi sui prodotti secondo metodi prestabiliti. Tali mansioni seguono metodi definiti e sono svolte in sola autonomia operativa.

Appartiene al livello E3 il carrellista di produzione che svolge le seguenti mansioni: mantiene efficiente il mezzo mobile e sue disposizioni; effettua lo scarico di materie prime e materiali da confezionamento; controlla che la quantità dei materiali scaricati sia corrispondente a quanto dichiarato sul documento ( bolla); trasferisce materie prime e materiali da confezionamento dall’area di stoccaggio e rifornisce il sub stock, effettua il carico degli imballi da spedire ai fornitori, collabora con il distributore a sistemare le aree di stoccaggio …alimenta i materiali da confezionamento sulle linee di finitura e ritira i materiali di risulta. Tali operazione sono eseguite in parte con autonomia a operativa e decisionale; per altri compiti le operazioni ni sono effettuate secondo metodi e procedure parzialmente e/o toltalmente definite.

Il profilo superiore dell’operatore polivalente, che rientra categoria E posizione organizzativa 2 si occupa della conduzione di diverse linee di produzione e/ o varie tipologie di prodotti, provvedendo alla guida e alla regolazione dello scarico e al recupero dei pezzi difettosi; controllo dei parametri di funzionamento delle macchine provvedendo la loro messa a punto e regolazione; controllo dello stato del prodotto durante la lavorazione e l’identità dello stesso; compila la documentazione prevista riportando i risultati ottenuti durante i controlli in processo.

Nel caso in esame, risulta dalla testimonianza di ***, all’epoca responsabile del reparto di produzione ***, che dal 2007 al 2009 la appellante aveva svolto “le mansioni di operatore di finitura-carrellista, ossia la ricorrente era sulla linea di produzione automatizzata e doveva controllare la qualità del prodotto”. Il teste ha riferito che “ su ogni linea ci sono due addetti uno dei quali è un operatore meccanico che può intervenire a regolare la macchina o per piccole riparazioni. La ricorrente non svolgeva quest’ultimo compito…; che a volte era addetta al carrello movimentazione dei prodotti dal magazzino alle linee e viceversa”; che guidava un muletto elettrico e che non aveva mai svolto attività di pallettizzatore .

Tali compiti sono stati confermati dalla teste *** , la quale ha dichiarato che la appellata “ mandava avanti la linea alimentandola e controllando su campioni ogni ora il prodotto”,“ movimentava anche i prodotti attraverso il carrello elettrico … ed inoltre stampava la relativa etichetta tramite il computer” .

Le ulteriori mansioni riferite dalla teste relative al cambio dei parametri in caso di cambio prodotto rientrano nel livello E3 e, comunque, la teste ha riferito che, “ in caso di cambio formato”, la ricorrente provvedeva alle modifiche necessarie “ insieme all’operatore meccanico” indicata come “ figura preminente”- il che esclude una competenza esclusiva della appellata ed una responsabilità dell’intervento”- mentre per le “ piccole manovre in caso di inceppamento per risolvere il problema” nulla è detto sulla frequenza di tali operazioni e, quindi, sulla prevalenza delle stesse rispetto a quelle contrattualmente stabilite.

Per i rilievi svolti, va riformato il capo della sentenza che ha dichiarato il diritto della appellata all’inquadramento nel livello E3 ccnl chimica farmaceutica e industria ed alle differenze retributive per i periodi lavorati, superata la necessità di esame del motivo di gravame sulla quantificazione delle somme a tale titolo spettanti, con le conseguenti pronunce sia in ordine alla costituzione del rapporto di lavoro che alla retribuzione di fatto cui commisurare la indennità ex art. 32 comma 5 legge 2010 n. 183, riconosciuta dal primo giudice, senza censura specifica, nella misura di nove mensilità.

L’esito del giudizio giustifica la compensazione delle spese nella misura di ¼ con la condanna della società appellante alla rifusione, in favore della appellata, della quota residua delle spese liquidata come in dispositivo.

P.Q.M.

In parziale riforma della sentenza appellata, che nel resto conferma, dichiara la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dal 23.6.2004, con orario di lavoro di 40 ore settimanali e inquadramento della parte appellata nel livello E3 ceni chimica farmaceutica industria; condanna la parte appellante a ripristinare il rapporto e a corrispondere alla appellata una somma pari a nove mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto ( livello E3) con interessi e rivalutazione monetaria; respinge la domanda avente ad oggetto il riconoscimento dell’inquadramento superiore e relative differenze retributive.

Compensa nella misura di 1/4 le spese del giudizio e condanna la società appellante alla rifusione, in favore della parte appellata della quota residua delle spese che si liquidano, per l’intero, per il primo grado, nell’importo determinato in sentenza e, per il presente grado, in euro 4.200,00 oltre 15% a titolo di rimborso forfettario delle spese.

Roma. 17.7.2018

Il Consigliere estensore Il Presidente dott.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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