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Sentenza Corte d’Appello di Milano: Natura fideiussoria della garanzia e interruzione della prescrizione

La Corte d’Appello ha qualificato la garanzia prestata come fideiussione e non come contratto autonomo di garanzia, con la conseguente applicazione della disciplina delle obbligazioni solidali in materia di prescrizione. Gli atti interruttivi posti in essere dal creditore nei confronti del debitore principale hanno prodotto effetti anche nei confronti dei fideiussori.

N. R.G. 1807/2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO DI MILANO

Sezione Prima civile nelle persone dei seguenti magistrati:
dr. NOME COGNOME Presidente dr.
NOME COGNOME Consigliere dr.
NOME COGNOME Consigliere rel ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._17_2024_- N._R.G._00001807_2023 DEL_02_01_2024 PUBBLICATA_IL_03_01_2024

nella causa iscritta al n. r.g. 1807/2023 promossa (C.F. ) e (C.F. entrambi elettivamente domiciliati in presso lo studio dell’Avv. che li rappresenta e difende, come da procura in atti APPELLANTI CONTRO C.F. C.F. (P. IVA ) e per essa, quale mandataria, (P. IVA ), in persona del procuratore speciale, elettivamente domiciliata in presso lo studio dell’Avv. che la rappresenta e difende, come da procura in atti APPELLATA

Oggetto: fideiussione

Conclusioni Per Voglia l’Ill.ma Corte d’Appello di Milano, contrariis rejectis, previamente disposta la sospensione dell’esecutorietà della sentenza appellata, in riforma della impugnata sentenza n. 4488/2023 del Tribunale di Milano:
– accertata e dichiarata la intervenuta prescrizione della posizione creditoria già vantata nei confronti di e dei suoi successori universali nonché nei confronti dei garanti autonomi revocare per l’effetto il oggetto della presente opposizione;
– in ogni caso di accoglimento della domanda con liquidazione delle spese di lite ai sensi dell’art. 91 c.p.c., condannare parte opposta, che agiva senza aver adoperato la normale diligenza per acquisire la conoscenza della infondatezza della propria posizione, al risarcimento dei danni ex art. 96, comma terzo c.p.c., da determinare nella misura di 1/5 del valore della lite ovvero nella diversa misura ritenuta di giustizia;
Con vittoria di spese e compensi del doppio grado di giudizio da distrarre in favore del sottoscritto avvocato antistatario.

Per e per essa, quale mandataria, Voglia l’Ill.ma Corte d’Appello adita, contrariis reiectis, così giudicare:
per tutti i motivi di cui in atti dichiarare inammissibile o comunque, rigettare l’istanza avversaria di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza appellata ex artt. 283 e 351 c.p.c. in quanto inammissibile o comunque infondata e, per l’effetto, condannare i pagamento ai sensi dell’art. 283, comma 3 c.p.c. in favore della cassa delle ammende di una pena pecuniaria non inferiore ad € 250,00 e non superiore ad € 10.000,00;
NEL MERITO:
rigettare l’appello proposto dai sig.ri in quanto totalmente infondato per le ragioni in fatto e in diritto affrontati in narrativa e, per l’effetto, confermare integralmente ogni capo della sentenza n. 4488/2023 del Tribunale di Milano IN OGNI CASO:
con vittoria di spese compreso il compenso professionale anche del presente grado di giudizio, con rimborso spese forfettario, contributo previdenziale come per legge con condanna ex art 96 c.p.c. per i danni derivanti dalla condotta tenuta da controparte.
***

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il giudizio di primo grado 1.Con sentenza n. 4488/2023, emessa in data , il Tribunale di Milano definitivamente pronunciando nella causa n. 34525/2022, promossa da nei confronti di ha così deciso:

-rigetta l’opposizione proposta da e da e, per l’effetto, -conferma il decreto ingiuntivo n. 10955/2022 emesso in data dal Tribunale di Milano, che viene dichiarato definitivamente esecutivo;
-condanna a rimborsare, in solido, alla società le spese di giudizio, che si liquidano nell’importo di euro 6.307,00 per compenso, oltre al rimborso spese forfettarie e agli accessori di legge.

citavano in giudizio proponendo opposizione avverso il D.I. n. 10955/2022, emesso in data dal Tribunale di Milano, con il quale era ingiunto loro il pagamento della somma di euro 247.078,91, oltre interessi e spese della procedura, in favore di e, per essa, quale mandataria, In particolare, aveva agito, in via monitoria, sulla base di un contratto di finanziamento dell’importo di € 800.000,00, concluso in data dalla (divenuta, poi, e dalla società quest’ultima dichiarata fallita e cancellata dal registro delle imprese in data A seguito dell’inadempimento posto in essere dalla chiedeva al Tribunale di Milano di ingiungere a in qualità di successori a titolo universale della in quanto ex soci, ed altresì in proprio, quali garanti della predetta società, il pagamento di euro 247.078,91, oltre interessi e spese della procedura. 2.1.

Gli opponenti eccepivano l’intervenuta prescrizione sia dell’obbligazione principale, assunta dalla società sia dell’obbligazione assunta in garanzia dagli opponenti.

Segnatamente, quanto all’obbligazione principale, gli opponenti esponevano che, dalla data di chiusura della procedura fallimentare della società, avvenuta il , sino alla notifica del decreto ingiuntivo -avvenuta in data nei confronti di ed in data nei confronti di non erano stati posti in essere atti interruttivi della prescrizione e che la messa in mora del non poteva essere considerata atto interruttivo della prescrizione, poiché con la stessa era intimato il pagamento dell’importo dovuto soltanto ai garanti e non alla debitrice principale.

Quanto, invece, all’obbligazione di garanzia, gli opponenti deducevano che essa andasse qualificata come contratto autonomo di garanzia, con conseguente esclusione della natura solidale dell’obbligazione garantita ex art. 1310 c.c. e impossibilità di estendere l’interruzione della prescrizione, effettuata nei confronti dei garanti, anche nei confronti del debitore principale.

A ciò conseguiva, secondo la prospettazione degli opponenti, l’estinzione dell’obbligazione di garanzia per intervenuta prescrizione, poiché fra la data di comunicazione della revoca di finanziamento (29.07.2009) e la successiva intimazione ad adempiere, del , nessun atto interruttivo era stato notificato ai garanti autonomi.

2.2. si costituiva in giudizio, e per essa, quale mandataria, contestando quanto ex adverso dedotto ed istando per il rigetto dell’opposizione.
3. L’iter motivazionale seguito dal giudice di primo grado può essere così sintetizzato.

Il Tribunale ha qualificato la garanzia prestata dai signori quale garanzia fideiussoria e non quale contratto autonomo di garanzia, richiamando i principii affermati dalle S.U., con sentenza n. 3947/10, e rilevando che, nel caso di specie, le parti avevano pattuito che la garanzia prestata fosse “a prima richiesta” (art. 12, lett. g), doc. 3 opponente), ma non anche “senza eccezioni” e che vi erano plurimi elementi, all’interno del contratto, che deponevano per la qualifica in termini di garanzia accessoria: l’inserimento del contratto di garanzia nell’ambito dello stesso contratto di finanziamento;
l’utilizzo dei termini “fideiussione” e “fideiussori”, l’identità delle prestazioni dovute dai garanti e dalla debitrice principale.

Ciò rilevato, il giudice di primo grado ha rigettato l’eccezione di prescrizione, considerando gli atti interruttivi e specificamente:
l’istanza di insinuazione al passivo fallimentare dell , con effetti sino alla sua chiusura del , anche nei confronti dei condebitori solidali della società fallita ex art. 1310 comma 1 c.c.;
la diffida e messa in mora comunicata in data per la e, in data , per il (vd. doc. 11 fasc. monitorio).

hanno proposto appello avverso la predetta sentenza.

Con unico motivo, gli appellanti lamentano l’erronea qualificazione della garanzia come fideiussione e non come garanzia autonoma.

Al fine della qualificazione della garanzia, in particolare, menzionano la clausola n. 12, lett. g) del contratto di garanzia, secondo la quale: “Il fideiussore è tenuto a pagare immediatamente alla “ , a semplice richiesta scritta, anche in caso di opposizione al debitore”, affermando che “la richiamata clausola riprodotta all’art. 12 lett. g), comporta l’impossibilità per il garante di sollevare al creditore le eccezioni del rapporto principale, poiché, diversamente interpretata la clausola, si avrebbe un’inutile endiadi.

Posto che il garante, infatti, assume l’obbligo di pagare a semplice richiesta, secondo lo schema solve et repete, di per sé non potrebbe opporre ragioni per il ritardato pagamento anche nell’ipotesi di opposizione del debitore principale” (atto d’appello pag. 6).
Secondo gli appellanti, inoltre, la natura di contratto di garanzia si ricaverebbe anche dalle previsioni di cui all’art. 12 lettera h)1 e lettera i)2 del contratto.

Ciò premesso, si dolgono che il tribunale non abbia dichiarato prescritti entrambi i diritti di credito, riferibili all’obbligazione principale e a quella di garanzia.

Infatti, espone parte appellante, “attesa la natura di garanzia autonoma prestata dai garanti, con conseguente impossibilità di estensione della disciplina delle obbligazioni solidali ex art. 1310 c.c., l’interruzione della prescrizione effettuata verso i garanti autonomi non ha alcun effetto nei 1 “nell’ipotesi in cui le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fidejussione si intende fin d’ora estesa a garanzia dell’obbligo di restituzione delle somme comunque erogate”; 2 “nessuna eccezione può essere opposta dal fidejussore riguardo al momento in cui la banca esercita la sua facoltà di recedere dai rapporti con il debitore” confronti dell’obbligato principale (atto di appello, p. 9).

5. Si è costituita in giudizio la la quale ha domandato il rigetto dell’impugnazione proposta, facendo propri i rilievi svolti dal giudice di primo grado.

6. Alla prima udienza, celebrata in data , su invito del Consigliere Istruttore, le parti hanno precisato le rispettive conclusioni ex art. 350 bis II comma c.p.c. Il Consigliere Istruttore ha, quindi, fissato udienza davanti al Collegio del , assegnando termini per note conclusionali sino al *** L’appello non è fondato.

7. Al fine di decidere la causa e risolvere la questione nodale dell’applicabilità alla garanzia in esame della disciplina di cui all’art. 1310 c.c., stabilendo se gli atti interruttivi della prescrizione producano i loro effetti anche nei confronti dei condebitori solidali, giova anzitutto riepilogare i fatti non controversi e/o accertati documentalmente nel giudizio.
– In data (oggi ha stipulato con un contratto di finanziamento di originari € 800.000,00 (doc. 1);
è stata dichiarata fallita;
– a seguito della cancellazione della società dal Registro delle Imprese, i soci sono divenuti successori a titolo universale della società cancellata dal registro delle imprese in data sono ex soci e successori a titolo universale della società cancellata, nonché garanti della società sino alla concorrenza dell’importo di € 1.600.000,00 (art.12 del contratto di finanziamento);
– a seguito di inadempimento del debitore mutuatario, la ha inviato in data (doc. 7) comunicazione di revoca delle facilitazioni accordate, con invito al pagamento di quanto dovuto, rivolto al debitore e ai garanti;
il è stata dichiarata fallita dal Tribunale di Roma e in data la Banca ha depositato domanda di insinuazione al passivo (doc. 8), interrompendo la prescrizione sino alla chiusura della procedura fallimentare del (doc. 9) e in data la società è stata cancellata dal registro delle imprese (doc. 10);
– In data e, per essa, ha inviato ai garanti lettera di diffida e messa in mora (doc. 11).

8. Ciò accertato in fatto, la banca appellata (ricorrente in via monitoria e creditrice), a fronte dell’eccezione di prescrizione sollevata dagli opponenti, ha allegato l’esistenza di atti interruttivi della prescrizione del diritto di credito, specificamente:
la domanda di insinuazione al passivo depositata dalla banca in data (doc. 8 fascicolo di primo grado – monitorio), con interruzione della prescrizione nei confronti del debitore principale sino alla chiusura della procedura fallimentare del (doc. 9 fascicolo di primo grado – monitorio);

i successivi atti di diffida ai garanti, datati 15/21 luglio 2021(doc.11).

E’incontroverso -e altresì coperto da giudicato- che tali atti siano idonei a interrompere la prescrizione.

Infatti, l’insinuazione al passivo fallimentare è equiparabile alla domanda giudiziale e determina l’interruzione della prescrizione del credito, con effetti permanenti fino alla chiusura della procedura concorsuale.

E’ altresì atto interruttivo la diffida contenente la messa in mora dei garanti

9. Ciò rilevato, la questione nodale della presente decisione è la qualificazione della garanzia come fideiussione o come contratto autonomo di garanzia.

Nel primo caso, infatti, ai sensi dell’art. 1957, comma 4 c.c. e dell’art. 1310 c.c., gli atti interruttivi della prescrizione contro il debitore principale hanno effetto anche nei confronti dei fideiussori.

Nel secondo caso, qualora la garanzia fosse autonoma, non si applicherebbe la disciplina delle obbligazioni solidali, salvo diversa previsione.

Per giurisprudenza della Suprema Corte, infatti, “non sussiste vincolo di solidarietà tra l’obbligazione assunta dal debitore principale e quella derivante da un contratto autonomo di garanzia”, perché “la causa concreta del negozio autonomo consiste nel trasferire da un soggetto all’altro il rischio economico connesso alla mancata esecuzione di una prestazione contrattuale, mentre nelle obbligazioni solidali in generale, e nella fideiussione in particolare, è tutelato l’interesse all’esatto adempimento della medesima prestazione principale, sicché l’obbligazione del garante autonomo rimane sempre distinta da quella del debitore principale, essendo finalizzata ad indennizzare il creditore insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, sostitutiva della mancata o inesatta prestazione, configurandosi tra le stesse un mero collegamento negoziale ed un cumulo di prestazioni” (cfr. Cass. n. 32402/2019; Cass. 8874/21).

Al fine di qualificare il contratto stipulato dalle parti come fideiussione o contratto autonomo di garanzia, rileva considerare che “la deroga all’art. 1957 cod. civ. non può ritenersi implicita nell’inserimento, nella fideiussione, di una clausola di “pagamento a prima richiesta” o di altra equivalente, potendo tali espressioni riferirsi sia a forme di garanzia svincolate dal rapporto garantito (e quindi autonome) sia a garanzie, come quelle fideiussorie, caratterizzate da un vincolo di accessorietà, più o meno accentuato, nei riguardi dell’obbligazione garantita, sia infine a clausole, il cui inserimento nel contratto di garanzia è finalizzato, nella comune intenzione dei contraenti, (non all’esclusione, ma) ad una deroga parziale della disciplina dettata dal citato art. 1957 (ad esempio, limitata alla previsione che una semplice richiesta scritta sia sufficiente ad escludere l’estinzione della garanzia), esonerando il creditore dall’onere di proporre azione giudiziaria. Ne consegue che, non essendo la clausola di pagamento a prima richiesta di per sé incompatibile con l’applicazione dell’art. 1957 cod. civ., spetta al giudice di merito accertare, di volta in volta, la volontà in concreto manifestata dalle parti con la stipulazione della detta clausola” (Cass., n. 16825 del 10. Venendo al caso di specie, ad un esame unitario e globale di tutte le clausole contenute nell’art. 12 del contratto di finanziamento, non si ravvisa un contratto autonomo di garanzia, con la conseguente deroga al regime della solidarietà delle obbligazioni tra fideiussore e debitore principale e della prescrizione quale stabilita in materia di fideiussione dall’art. 1957, comma 4, c.c. e dall’art. 1310 c.c., per le obbligazioni solidali in generale. Nel caso in esame, ritiene la Corte che sia decisivo osservare che le parti hanno espressamente previsto la natura solidale delle obbligazioni derivanti dal contratto di finanziamento, creando un inscindibile collegamento tra l’obbligazione principale e quella garantita (art. 12 lett c).
A ciò si aggiungono, poi, altri indici che, pur non decisivi singolarmente considerati, assumono rilievo in una valutazione globale, per la qualificazione della garanzia come accessoria, piuttosto che autonoma:

-l’inserimento del contratto di garanzia nell’ambito dello stesso contratto di finanziamento;

-l’identità delle prestazioni dovute dai garanti e dalla debitrice principale, essendo tutelato l’interesse all’esatto adempimento della medesima prestazione principale.

L’art. 12 a), in particolare, prevede che “la fideiussione garantisce tutto quanto è dovuto dal debitore, per capitale, interessi, anche se moratori ed ogni altro costo accessorio, nonché per ogni spesa, anche se di carattere giudiziario, oltre ad ogni onere tributario”, individuando l’impegno assunto dal garante con il contenuto dell’obbligazione principale e deponendo per la natura non autonoma della garanzia.

Infatti, come testè visto, a differenza della fideiussione, l’obbligazione del garante autonomo è qualitativamente diversa da quella garantita e con essa (tendenzialmente) non sovrapponibile, in quanto non rivolta all’adempimento del debito principale, bensì ad indennizzare il creditore insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore.

Ne consegue che, in presenza di un inscindibile collegamento tra l’obbligazione principale e quella del garante, tenuto conto della pattuita natura solidale delle obbligazioni (art. 12, lett. c), si applica la disciplina della prescrizione, quale stabilita in materia di fideiussione dall’art. 1957, comma 4, c.c. e dall’art. 1310 c.c., per le obbligazioni solidali, in generale.

Pertanto, l’insinuazione nel passivo del fallimento e le diffide del sono atti idonei ad interrompere la prescrizione.
In particolare, il primo è atto interruttivo della prescrizione nei confronti del debitore principale, con effetti anche nei confronti dei fideiussori;

le diffide sono atti interruttivi della prescrizione nei confronti dei fideiussori (che, peraltro, rivestono anche la qualità di ex soci e, quindi, successori nelle obbligazioni della società cancellata), con effetti nei confronti del debitore principale.

11. Le spese di lite del grado d’appello seguono la soccombenza, che è in capo agli appellanti e sono liquidate, come in dispositivo, in applicazione del D.M. , n. 55 e modifiche successive (D.M. n. 147 del ), in base al valore della causa (247.078,91) ed applicando i parametri medi della fase di studio e introduttiva e quelli prossimi ai minimi della fase di decisione, tenuto conto della semplificazione della fase decisoria.

12. Sussistono i presupposti di cui all’art. 13, co. 1 quater, D.P.R. n. 115/2002 per la condanna al pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello già versato per la presente impugnazione.

PQM

La Corte di Appello di Milano, nella causa d’appello promossa da nei confronti di ha così deciso:
– rigetta l’appello e, per l’effetto, conferma la sentenza n. 4488/2023 del Tribunale di Milano;
– condanna a rimborsare, in solido, alla società le spese di giudizio di appello, che si liquidano nell’importo di euro 8.140,00 per compensi, oltre al rimborso spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori di legge.
-dichiara che sussistono i requisiti di cui all’art. 13, co.
1 quater, D.M. 115/2002, per il pagamento a carico dell’appellante di un ulteriore importo pari a quello già versato a titolo di contributo unificato.
Così deliberato in Milano, nella camera di consiglio del Il Consigliere Il Presidente Dott. NOME COGNOME dott. NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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