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Codice Civile
Codice Penale

Rinuncia del conduttore ad una delle inderogabili tutele

Rinuncia del conduttore, al momento della cessazione del rapporto contrattuale, ad una delle inderogabili tutele che la legge gli concede.

Pubblicato il 14 December 2021 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

Repubblica Italiana
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA
– Sezione VI civile

SENTENZA n. 14610/2021 pubblicata il 10/12/2021

nella causa civile di primo grado iscritta al 185 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2020, vertente

TRA

XXX (CF:)

Ricorrente E

YYY (CF:)

Resistente

CONCLUSIONI

Come da rispettivi atti

FATTO E DIRITTO

Con ricorso ex art. 447 bis c.p.c. XXX ha convenuto in giudizio YYY, premettendo che quest’ultima, dopo averle concesso in locazione ad uso abitativo, giusta contratto del 18 maggio 2013, l’immobile sito in Roma, Via per una durata stabilita, ai sensi dell’art 2 comma 1 L.431/1998, in anni quattro più quattro, aveva dapprima comunicato la volontà di risolvere il contratto alla prima scadenza quadriennale (31 maggio 2017), giustificandola con la necessità di adibire l’immobile ad abitazione della figlia e successivamente promosso il giudizio civile innanzi a codesto Tribunale (n.r.g. 47938/2017) per la risoluzione contrattuale al primo quadriennio per la motivazione sopra indicata.

Nelle more del giudizio, le parti avevano raggiunto un accordo transattivo in data 11 ottobre 2018, per effetto del quale la Sig.ra XXX ha riconsegnato l’immobile alla Sig.ra YYY, la quale ha rinunciato all’azione intrapresa. A dire della ricorrente, la locatrice si sarebbe resa artefice di un comportamento illecito allorchè, dopo aver riacquistato il possesso dell’unità abitativa a seguito dell’accordo transattivo, aveva venduto l’immobile a terzi, mai adibendola ad abitazione della figlia, per cui ne ha chiesto la condanna al pagamento dell’indennità di cui all’art.3 comma 3 L. 431/1998, da quantificarsi nella somma di Euro 25.200,00, pari a 36 mensilità del canone di locazione, oltre interessi come per legge.

Parte resistente si è costituita chiedendo il rigetto delle avverse domande perché infondate in fatto ed in diritto, spiegando a sua volta richiesta di condanna ex art. 96 c.p.c. stante la temerarietà della lite.

All’udienza del 19 settembre 2021, tenutasi nelle forme della trattazione cartolare, il Giudice, ritenuta la causa matura per la decisone, ha dato lettura del dispositivo della presente sentenza.

Le domande di parte ricorrente non meritano accoglimento.

Ai fini decisori della presente controversia, occorre innanzi tutto verificare quale sia la reale portata dell’accordo che le parti hanno raggiunto a mezzo della scrittura dell’11 ottobre 2021 e, segnatamente, di quanto le stesse hanno previsto nell’ultima parte dell’art. 4, laddove si legge: “in particolare, la sig.ra XXX rinuncia a qualsiasi pretesa riguardante il futuro utilizzo dell’immobile”.

Non vi è dubbio che la transazione sia stata intesa dalle parti come conclusiva di ogni rapporto trovante fonte nell’intercorso rapporto di locazione, ivi compresa, per espressa pattuizione, la questione riguardante la necessità di adibire l’immobile così liberato ad abitazione della figlia della locatrice.

Va premesso a tal fine che l’odierna ricorrente non ha impugnato la validità della scrittura, né affermato o provato che la stessa fosse frutto di un qualsivoglia vizio del consenso, per cui gli accordi raggiunti sono validi ed efficaci relativamente a tutte le clausole liberamente sottoscritte, ivi compresa quella che libera parte locatrice dagli impedimenti di legge sul futuro impiego dell’immobile, che deve intendersi pertanto liberamente disponibile.

Né la clausola contenuta in transazione può altrimenti ritenersi nulla, al contrario di quanto sarebbe successo, ad esempio, se la deroga al vincolo di circolazione fosse stata contenuta nell’originario contratto, al fine di limitare la possibilità di un rinnovo alla prima scadenza naturale. Nel caso di specie, al contrario, essendosi il rapporto locativo instaurato in forza di un contratto valido ed efficace (anche per l’assenza di pattuizioni contra legem); essendo successivamente incorsa tra le parti una controversia giudiziale in merito alla validità della disdetta intimata ed avendo la conduttrice espressamente rinunciato, proprio per effetto della stipula della transazione, all’accertamento dell’eventuale futuro inadempimento del locatore rispetto a quanto stabilito nell’art. 3 L. 431/98 richiamato, né avendo la stessa impugnato la validità della transazione (e non sussistendo quindi vizi del consenso che l’avrebbero indotta in errore in sede conciliativa), è evidente che le attuali doglianze, riguardanti peraltro circostanze di fatto costituenti addirittura esplicita premessa della transazione, in primis la rinuncia della conduttrice alle posizioni assunte in sede di opposizione nel giudizio R.G. 52186/2017, devono intendersi superate ab origine proprio per effetto del contenuto dell’intervenuto accordo, ivi compresa la premessa di fatto e l’accettazione di non poter più muovere nei confronti della locatrice alcun rilievo trovante scaturigine nel precedente contratto, da intendersiconcluso ed esausto ad ogni effetto di legge tra le parti alla data e per effetto della sua conclusione.

Una siffatta ricostruzione, del resto, risulta pienamente confermata dal recente arresto della Suprema Corte (di cui alla sentenza nr. 15373/2018, dettata in materia di locazione commerciale ma ben adattabile a tutto il tema della disponibilità/rinunciabilità dei diritti trovanti fonte in qualsiasi contratto di locazione), ad avviso della quale la rinuncia del conduttore, al momento della cessazione del rapporto contrattuale, ad una delle inderogabili tutele che la legge gli concede in ragione della sua posizione di debolezza al momento della stipula della locazione, nonderoga ai principi di legge posti a sua tutela, poiché solo la rinuncia preventiva ai diritti medesimi sarebbe da considerarsi nulla e non, invece, gli accordi successivi su detti diritti, quando gli stessi si siano realmente acquisiti e siano diventati disponibili.

In tale assetto, diventa quindi superfluo l’esame della veridicità delle affermazioni di parte ricorrente in merito all’effettiva destinazione del bene a terzi dopo la sua liberazione, atteso l’assoluta assorbenza ai fini del thema decidendum dell’accertamento della validità e della piena vincolatività di una transazione contenente la clausola di definizione tombale di ogni pregresso rapporto tra le parti; clausola che ha evidentemente indotto la locatrice al raggiungimento dell’accordo.Ne consegue che quest’ultima, qualunque sia stata la situazione di fatto antecedente all’accordo e qualunque sia stata la sua successiva destinazione, ha ritenuto in buona fede di poter liberamente disporre del bene precedentemente locato e sul quale, proprio in ragione del caducarsi di ogni avversa domanda giudiziale, ha potuto ragionevolmente intendere come non più sussistenti i vincoli pubblicistici e privatistici che ostavano alla libera disponibilità dell’immobile, precedentemente imposti dal contratto di locazione e vincolanti nella vigenza del medesimo; limiti estinti per effetto della consenso reciprocamente e liberamente prestato con la conclusione dell’accordo transattivo.

Le domande della ricorrente vanno pertanto tutte rigettate. Non si può procedere alla condanna ex art. 96 c.p.c. richiesta da parte resistente, non rivenendosi nell’azione proposta gli estremi della mala fede o della colpa grave. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza rigettata:

1) Rigetta le domande avanzate da XXX nei confronti di YYY;

2) Rigetta la domanda ex art. 96 c.p.c. avanzata da YYY;

3) Condanna XXX alla rifusione delle spese processuali anticipate da YYY, che, tenuto conto dell’assenza di fase istruttoria, liquida in complessivi € 3.235 per compensi, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Roma, lì 17/09/2021.

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