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Revoca di un atto di compravendita per frode ai creditori

Il caso riguarda un’azione revocatoria promossa da un creditore nei confronti di un atto di compravendita di un immobile tra madre e figlia. La Corte d’Appello ha confermato la sentenza di primo grado, ritenendo che l’atto fosse stato posto in essere in frode ai creditori. La Corte ha evidenziato che l’azione revocatoria può essere esperita anche in presenza di un credito litigioso e che la consapevolezza del terzo acquirente del pregiudizio arrecato al creditore può essere desunta da presunzioni semplici, come i rapporti di convivenza tra il debitore e il terzo. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che la figlia fosse a conoscenza della situazione debitoria della madre e che la vendita dell’immobile avesse aggravato il rischio di insolvenza della debitrice.

R E P U B B L I C A I T A L I A N A I N N O M E D E L P O P O L O I T A L I A N O
La Corte d’Appello di Brescia, Sezione Prima civile, composta dai Sigg.
: Dott. NOME COGNOME Presidente Dott. NOME COGNOME Consigliere Dott. NOME COGNOME Consigliere rel.
ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A N._52_2023_- N._R.G._00000926_2018 DEL_02_01_2023 PUBBLICATA_IL_09_01_2023

nella causa civile n. 926/2018 R.G., alla quale è stata riunita la causa n. 944/18 RG, promossa con atto di citazione in appello notificato in data e posta in decisione all’udienza collegiale del d a Rappresentata e difesa dall’avv. del foro di elettivamente domiciliati presso il suo studio in , come da delega allegata all’atto di appello APPELLANTE

nella causa n. 926/18 e da R. Gen. N. 926/2

OGGETTO: azione revocator ordinaria ex art c.c.

appresentata e difesa dall’avv del foro di elettivamente domiciliata in , per delega a margine della comparsa di costituzione e risposta APPELLANTE nella causa n. 944/18 c o n t r o , in persona del legale rappresentante pro tempore, e per essa APPELLATA E con l’intervento di quale procuratrice di in persona del legale rappresentante pro tempore Rappresentata e difesa dall’avv. del foro di elettivamente domiciliata presso il suo studio in INTERVENUTA

In punto: appello avverso sentenza del Tribunale di Brescia, sezione specializzata impresa n. 1189/18 pubblicata il

CONCLUSIONI

IN VIA ISTRUTTORIA 1) Ammettersi la CTU richiesta in sede di prima istanza volta a quantificare anche il valore dell’immobile sito in [… 2) Disporsi acquisizione agli atti del fascicolo d’Ufficio di primo grado del Tribunale di Brescia R.G 5023/15, nonchè copia del verbale di causa integrale.
NEL MERITO 1) Riformare integralmente la sentenza n. 1189/18 pronunciata dal Tribunale di Brescia il , accogliendo le domande del primo grado, ovvero:
1) Stante la documentazione agli atti prodotta da controparte ed i fatti di causa dichiararsi:
a. la nullità della fidejussione in aumento per violazione dell’art. 117 T.U. bancario, rilasciata in data b. la nullità del contratto per difetto d’informazione periodica;
c. inefficacia delle dichiarazioni in aumento della garanzia in quanto non precedute da una “rinnovata contrattazione”;
d. inefficacia della garanzia per omessa individuazione delle obbligazioni future coperte dalla fidejussione;
e. nullità dell’obbligazione fidejussoria per difetto di buona fede nell’esecuzione del contratto, desumibile dal fatto che era stato concesso credito alla società garantita nonostante la conoscenza della situazione economico-patrimoniale della medesima;
f. inefficacia della fidejussione e conseguente liberazione dalla garanzia ex art. 1956 c.c. 2)

E comunque, in via preliminare, stante la pendenza del giudizio di merito radicato e pendente presso la Corte d’appello di Brescia R.G. 1606/17, dichiararsi la sospensione del giudizio ex art. 295 cpc in attesa della definizione sulla questione di merito.
3) Con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa.

Stante quanto dedotto in atti di causa, dichiararsi infondata in fatto ed in diritto l’azione ex adverso svolta per carenza dei presupposti di cui all’art. 2901 c.c, avendo la Sig.ra compravenduto immobili nel pieno rispetto della propria patrimonialità e non avendo scientemente sottratto alcun valore.
2) Con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa Voglia la Corte d’Appello adita, disattesa ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, previa valutazione positiva dell’ammissibilità del gravame,

NEL MERITO Riformare la sentenza n. 1189/2018 nella parte in cui ha accolto la domanda revocatoria, accertando l’insussistenza delle condizioni di cui all’art. 2901 c.c. rigettando per l’effetto la domanda revocatoria.

Nella denegata ipotesi in cui l’Ill.mo Giudicante dovesse ritenere sussistere le condizioni di un’azione revocatoria e conseguentemente dichiarare la vendita nulla ed inefficacie, dirsi tenuta la Sig.ra alla restituzione di quanto pagato dalla Sig.ra in favore di quest’ultima, ovvero al pagamento di euro 40.000,00 oltre interessi e rivalutazione monetaria dal dovuto al saldo effettivo.

In ogni caso, con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa.

Si insiste nuovamente nelle istanze formulate nel giudizio di primo grado.
Voglia codesta ecc.ma Corte d’Appello, previe tutte le declaratorie del caso e/o di legge, accertata la tardività delle eccezioni introdotte dall’appellante Sig.ra sull’invalidità delle fideiussioni per asserita violazione delle norme antitrust:

nel merito: rigettare gli appelli promossi dalle signore avverso l’impugnata sentenza per i motivi tutti esposti in atti e, per l’effetto, confermarla integralmente in ogni suo punto.

Stante la pretestuosità dei gravami si chiede che le appellanti vengano condannate ex art. 96, commi I e/o III, c.p.c. a risarcire la parte appellata e, per essa, la cessionaria con la procuratrice stante la temerarietà della lite SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione notificato il , “quale mandataria” con procura di “per la gestione dei propri crediti anomali”, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Brescia per chiedere accertarsi la simulazione assoluta del contratto di compravendita del atto n. rep. 25117, a rogito del notaio NOME. per mezzo del quale la signora ha venduto alla figlia piena ed esclusiva proprietà della seguente unità immobiliare sita in Comune alla e, conseguentemente, dichiarare nullo, inefficace, annullare l’atto di trasferimento sopra indicato, con i conseguenti ordini al Conservatore RR.II. di ;

in via alternativa, chiedeva dichiararsi l’inefficacia e revocarsi il predetto atto di compravendita a favore della una volta accertata e riconosciuta la sussistenza dei presupposti previsti dall’art. 2901 c.c. A tal fine, premesso di esser creditrice per oltre 310 mila euro di dei fideiussori della medesima, tra i quali lamentava che in data quest’ultima aveva ceduto l’immobile di sua proprietà in alla figlia convivente per un prezzo (euro 40 mila) del tutto inadeguato rispetto ai valori di mercato, determinando in tal modo pregiudizio alle aspettative di realizzo del credito dell’istante; evidenziava che oltre al rapporto di parentela la era sin dal anche socia della debitrice principale sicché era irrevocabile in dubbio la scientia damni anche in capo alla cessionaria del bene.

Si costituivano separatamente in giudizio le convenute;
la contestava sotto più profili il debito di garanzia, mentre ambedue assumevano che il trasferimento immobiliare impugnato era coevo all’acquisizione di altro immobile da parte della e che comunque lo stesso aveva avuto lo scopo di “regolarizzare le posizioni delle figlie”, avendo nel 2004 la aiutato l’altra figlia ad acquistare un immobile in ogni caso, non era al momento della vendita minimamente a conoscenza della situazione debitoria della società amministrata dalla madre e di quella personale di quest’ultima. Istruita la causa con l’espletamento di una CTU valutativa dell’immobile per cui era causa, all’esito, sulle conclusioni delle parti la causa veniva trattenuta in decisione all’udienza del con termine per note ex art. 190 cpc.

Con sentenza n. 1189/18 pubblicata il , il Tribunale di Brescia rigettava la domanda principale e revocava dichiarandolo inefficace nei confronti di l’atto di compravendita di cui al rep. N. 25117/11099, racc. notaio , trascritto presso la ai n.ri 8118 RG, e condannava le convenute al pagamento delle spese di lite.

Avverso la sentenza proponevano separatamente appello chiedendo la riforma della sentenza impugnata e il rigetto della domanda proposta da insistendo in via istruttoria per la integrazione della c.t.u. Si costituiva regolarmente in giudizio e per essa quale mandataria la quale interveniva in giudizio anche quale procuratrice di cessionaria del credito, contestando la fondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto.

All’udienza del veniva respinta l’istanza di sospensione della efficacia esecutiva della sentenza impugnata;
all’udienza del procedimento veniva dichiarato interrotto a seguito del decesso del difensore Riassunto il giudizio, all’udienza del , che si teneva mediante lo scambio di note scritte di udienza depositate telematicamente, le parti precisavano le conclusioni e la Corte tratteneva la causa in decisione con la concessione dei termini ex art. 190 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo entrambe le appellanti lamentano l’erronea valutazione dei presupposti per l’azione ex art 2901 cc censurando la sentenza laddove il primo giudice ha ritenuto che sussistesse a favore della un titolo giudiziale, costituito dal decreto ingiuntivo, la cui opposizione proposta dalla è stata rigettata con sentenza n. 1819/2017, e ha affermato la “poca rilevanza della dichiarata impugnazione della sentenza”, nonostante nel corso del giudizio fosse stata più volte eccepita la nullità o inefficacia del contratto fideiussorio e avverso la predetta sentenza pendesse giudizio di appello.

Lamenta altresì la che la verifica dell’eventus damni, nel caso di azione revocatoria proposta nei confronti di atti di disposizione posti in essere dal fideiussore, deve essere compiuta esclusivamente con riferimento alla consistenza patrimoniale e alla solvibilità del fideiussore e non a quella del debitore garantito, sicché è censurabile il ragionamento del Tribunale che, nell’esaminare il presupposto soggettivo della revocatoria, ha ritenuto che l’anteriorità o meno del credito rispetto all’impugnato atto di disposizione patrimoniale debba essere valutato con riferimento alla situazione patrimoniale della debitrice principale. Il motivo è infondato.

Correttamente il primo giudice ha ritenuto che qualsiasi questione relativa alla lamentata nullità o inefficacia del contratto di fideiussione sottoscritto dalla sollevata nel corso del giudizio di primo grado – ma ciò vale anche con riferimento all’eccezione di nullità della fideiussione per violazione della normativa antitrust sollevata in questo grado dall’appellante – dovesse essere proposta e decisa nell’ambito della causa di opposizione a decreto ingiuntivo promossa dalla medesima essendo quella la sede in cui si discute dell’esistenza e validità del titolo a tutela del quale la ha agito in revocatoria.

Del pari condivisibilmente il primo giudice ha richiamato l’ancor oggi costante ed univoco orientamento giurisprudenziale, di legittimità e di merito, secondo cui in materia di azione revocatoria si fa riferimento ad una nozione di credito ampia, comprensiva anche del credito eventuale, nella veste di credito litigioso, che è idoneo a determinare l’insorgere della qualità di creditore legittimato ad esperire l’azione revocatoria ordinaria contro l’atto dispositivo posto in essere dal debitore, e ciò anche se si tratti di un credito di fonte contrattuale oggetto di contestazione giudiziale in separato giudizio (cfr. Sez. Un. , , n. 9440), ed è necessario e sufficiente che il credito sia meramente allegato, anche nella forma della mera aspettativa, alla luce della funzione di conservazione della garanzia patrimoniale svolta dall’azione revocatoria (Cass., , n. 3369), senza che il giudice dell’azione revocatoria debba, quindi, provvedere ad una pronuncia sul credito anche solo in via incidentale.

Ne discende l’irrilevanza, come ben sottolineato dal primo giudice, dell’impugnazione della sentenza che ha respinto l’opposizione che, peraltro, nelle more del presente giudizio, ha trovato conferma in appello.

Inammissibile è, poi, il motivo proposto dalla nella parte relativa all’eventus damni, atteso che in un passo della sentenza diverso da quello riportato per esteso dall’appellante nel motivo e riguardante il presupposto soggettivo o non oggettivo dell’azione, il primo giudice ha correttamente valutato l’eventus damni con riferimento alla consistenza patrimoniale del fideiussore e non del debitore garantito.

Inoltre, l’appellante si è limitata ad affermare che l’operazione posta in essere dalla avrebbe migliorato e non aggravato la propria situazione patrimoniale “poiché il prezzo ricavato dalla compravendita dell’immobile alla figlia è stato prontamente e concretamente investito per l’acquisto di metà di altro immobile, suscettibile di esecuzione”, senza adeguatamente contrastare l’ampia ed esaustiva argomentazione svolta dal primo giudice che di seguito di riporta:

<<… l’eventus damni appare indubitabile. Ed invero, la debitrice si è liberata di un immobile di non disprezzabile valore (a prezzo incongruo: confr. appresso) senza che possa ritenersi in qualche modo eliminato o prevenuto il pregiudizio per le aspettative di per effetto del coevo acquisto dalla figlia del 50% dell’immobile in cui sopra si è fatto cenno. Da un lato, infatti, il collegamento delle due operazioni è meramente declamato ma privo di specifici riscontri od articolazioni istruttorie, oltreché di allegazioni che ne possono accreditare una logica adeguata; dall’altro lato – e soprattutto – l’eventus damni è ricollegabile ad una semplice maggior difficoltà nella realizzazione coattiva del credito, qui sicuramente sussistente pur ove si prenda in considerazione la sopravvenienza patrimoniale coeva alla dismissione (trattandosi della quota di un piccolo appartamento in località turistica di non primario livello tra quelle della E’ a questo punto necessario richiamare le risultanze della consulenza tecnica valutativa disposta dal G.I., che ha indicato il valore dell’immobile di – oggetto di causa – in euro 217 mila: tale apprezzamento – necessariamente soggettivo e potenzialmente destinato a variazione a seguito dell’assestamento di alcuni parametri di riferimento – non è certamente superato alla stregua delle osservazioni del CTP di parte convenuta, che delineano solo una modesta contrazione del prezzo unitario a mq (prescelto dal CTU) ed una diminuzione del valore del bene nell’attuale rispetto al 2014, dato (valore attuale: cioè al ) che era oggetto del quesito peritale ma che non si palesa essenziale rispetto all’azione revocatoria>>.

Con il secondo motivo la lamenta l’errata valutazione in ordine alla volontà da parte della stessa di distrarre il proprio patrimonio.

Sostiene che la sua capacità patrimoniale sarebbe aumentata in quanto prima della compravendita era proprietaria di 1/3 dell’immobile di vecchia costruzione e modesto valore sito in e questa era l’unica proprietà che poteva offrire alla banca, mentre a seguito della vendita, con il corrispettivo ha acquistato il 50% dell’immobile di Con il terzo motivo la lamenta sia l’errata valutazione dell’immobile di da parte del c.t.u. sia la mancata ammissione di una perizia integrativa, volta alla valutazione della quota acquistata dell’immobile al fine di verificare l’effettivo depauperamento del suo patrimonio. I motivi che precedono vanno esaminati congiuntamente in quanto tra loro strettamente connessi.

Rileva la Corte che, contrariamente a quanto afferma la ella era proprietaria non già di 1/3 ma della piena proprietà della casa di abitazione sita costituito da due piani fuori terra (piano terra composto da cucina, soggiorno, ripostiglio, lavanderia, bagno e pertinenziale garage, piano primo costituito tra tre vani, bagno, disimpegno e due balconi) e un piano interrato con annessa cantina (cfr. doc. 3 prodotto da primo grado), il cui valore, anche a non volere tenere conto della valutazione effettuata dal c.t.u. (che ha quantificato in euro 217.000,00 il valore dell’immobile) e a volere considerare la vetustà dell’immobile, non poteva essere certamente pari, alla data della vendita (5.3.2014), al modestissimo corrispettivo di euro 40.000,00 indicato nell’atto di compravendita, che ha avuto ad oggetto il trasferimento dell’intera proprietà. In ogni caso, condivisibilmente il primo giudice ha ritenuto che l’eventus damni fosse indubitabile, atteso che la ha ceduto, a prezzo sicuramente incongruo, la proprietà dell’intero immobile per acquistare il 50% di un piccolo appartamento (composto da soggiorno/cottura, una camera, bagno, ripostiglio, disimpegno, porzione di corte esclusiva, balcone e box pertinenziale) in una non rinomata località turistica di montagna.

E’ principio giurisprudenziale consolidato, infatti, che l’eventus damni ricorra non solo nel caso in cui l’atto dispositivo comprometta totalmente la consistenza patrimoniale del debitore, ma anche quando lo stesso atto determini una variazione quantitativa o anche soltanto qualitativa del patrimonio che comporti una maggiore incertezza o difficoltà nel soddisfacimento del credito, come avvenuto nel caso di specie, in cui la si è disfatta dell’intera proprietà dell’immobile per acquistare la quota del 50% di un bilocale che- anche a volere sorvolare sul suo minore valore – è senza dubbio meno appetibile e più difficilmente commerciabile (cfr. tra le tante, Cass. n 15257; Cass. n. 16221).

Ogni censura in ordine all’errata valutazione del valore dell’immobile di rimane, pertanto, assorbita e risulta superflua la richiesta di ctu integrativa volta a valutare il valore della quota del 50% dell’immobile di ha poi censurato la sentenza per avere il Tribunale ritenuto sussistente il requisito della consapevolezza in capo alla predetta del pregiudizio per la derivante dalla compravendita de qua.
Secondo l’appellante nessuna prova diretta sarebbe stata fornita dalla nel giudizio di primo grado in ordine sia alla conoscenza dell’esistenza e consistenza del credito vantato da nei confronti di che della circostanza che la madre avesse prestato una fideiussione omnia in relazione alle esposizioni della società.

Contesta quindi l’affermazione del primo giudice che ha “ipotizzato un adeguato flusso di informazioni sull’attività della madre” da parte della figlia sul semplice presupposto della convivenza tra madre e figlia e della circostanza che la figlia era socia di minoranza della società debitrice principale.

La censura è infondata.

Non vi è, infatti, motivo di discostarsi dall’orientamento giurisprudenziale consolidato secondo cui “in tema di azione revocatoria di cui all’art. 2901 c.c., il requisito della consapevolezza, da parte del terzo acquirente, del pregiudizio arrecato dall’atto dispositivo alle ragioni del creditore dell’alienante prescinde dalla specifica conoscenza del credito a tutela del quale l’azione revocatoria viene esperita, investendo invece la riduzione delle garanzie offerte dal debitore, in relazione alla consistenza patrimoniale considerata ed ai vincoli già esistenti nei confronti di altri creditori” (cfr. Cass. civ. sez. I, n. 2303. Cfr. nello stesso senso Cass. n. 7262).

E’ noto, poi, che nel caso, come quello in esame, di atti a titolo oneroso successivi al sorgere del credito, la “scientia damni” in capo al terzo deve consistere “nella generica conoscenza del pregiudizio che l’atto posto in essere dal debitore può arrecare alle ragioni del creditore, attraverso la diminuzione della sostanza patrimoniale del debitore e, con essa, della garanzia spettante alle ragioni del creditore per cui non è necessaria la collusione (animus nocendi) fra debitore e terzo (v. sent.
545/85) ” (cfr. ; Cass. n. 1068; tra le tante Cass. n. 15257), e la “prova della “participatio fraudis” del terzo, necessaria per l’accoglimento dell’azione revocatoria ordinaria nel caso in cui l’atto dispositivo sia oneroso e successivo al sorgere del credito, può essere ricavata anche da presunzioni semplici”, come i rapporti di convivenza tra il debitore e il terzo tali da rendere estremamente inverosimile che quest’ultimo non fosse a conoscenza della situazione debitoria gravante sul disponente.
(cfr. tra le tante: (Cass. n. 5359 del 2009, Cass. n. 1286 del 2013; Cass. n. 10928).

E nella specie tale consapevolezza si trae dal fatto che la figlia convivente che è stata socia sin dal e fino all’ (cfr doc. 6 prodotto dalla della società debitrice come giustamente evidenziato dal Tribunale, non poteva non essere consapevole del rilascio della fideiussione da parte della madre in favore della società, e del fatto che l’immobile, in cui la stessa abitava, le era stato venduto ad un prezzo assai inferiore al suo valore di mercato e che la quota dell’immobile acquistato, di proprietà della sorella, non aveva pari valore.

A ciò si aggiunga, come sottolineato anche dal primo giudice, che alla data dell’atto ( conosceva certamente la grave situazione di dissesto in cui versava la società di cui era socia e di cui erano soci anche la madre, il padre e la sorella NOME

E ciò basta a ritenere provata la scientia damni in capo anche al terzo, sicché il motivo va respinto.

Con il secondo motivo si duole dell’omessa pronuncia in ordine alla domanda svolta dalla stessa in via subordinata per l’ipotesi in cui fosse stata revocata la vendita impugnata, e cioè dirsi tenuta alla restituzione della somma di euro 40.000,00 pagata da favore della madre per il danno sofferto a seguito dell’inadempimento contrattuale della parte venditrice.

Il motivo è destituito di fondamento.

Seppure implicitamente, il Tribunale ha rigettato la predetta domanda svolta in via subordinata atteso che l’accoglimento della domanda revocatoria non comporta evizione non avendo l’azione effetti restitutori, sicché nessun danno da risarcire è allo stato configurabile.

Le spese del presente grado seguono la soccombenza e vanno liquidate nella misura che si indica in dispositivo tenuto conto dei valori medi delle tariffe professionali e della nota spese in atti.

Viene sollecitata la condanna delle appellanti al risarcimento dei danni ex art. 96 cpc.
La condotta delle appellanti, che hanno impugnato la sentenza sulla base di motivi del tutto pretestuosi e manifestamente infondati, insistendo in tesi giuridiche in contrasto con principi giurisprudenziali ormai acquisiti, integra gli estremi della colpa grave ai sensi dell’art. 96, comma primo, c.p.c., di talchè le stesse vanno condannate al risarcimento dei danni provocati alla dal ritardo che la proposizione dell’appello ha comportato al passaggio in giudicato della pronuncia, che si liquidano, in via equitativa, nella misura di euro 2000,00, oltre interessi dalla presente sentenza al saldo.

La Corte d’Appello di Brescia – Prima Sezione Civile, definitivamente pronunciando:
– rigetta l’appello proposto separatamente da e, per l’effetto, conferma la sentenza del Tribunale di Brescia n. 1189/18 in data -condanna le appellanti, in solido, al pagamento della somma di euro 2000,00 a titolo di risarcimento del danno ex art. 96 cpc;
– condanna le appellanti in solido a rifondere a parte appellata le spese del presente grado del giudizio, che liquida in euro 2398,00 per la fase di studio, euro 1585,00 per la fase introduttiva ed euro 4083,00 per la fase decisoria, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, Iva e cpa.

Sussistono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1-quater d.P.R. n. 115/2002 per il raddoppio del contributo unificato a carico degli appellanti.

Così deciso in Brescia, nella camera di consiglio del giorno Il Consigliere est. Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME

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