REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI TORINO SEZIONE LAVORO Composta da:
Dott. NOME COGNOME Presidente Dott.ssa NOME COGNOME Consigliera Dott. NOME COGNOME Consigliere Rel.
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A N._313_2025_-_N._R.G._00000075_2025 DEPOSITO_MINUTA_13_06_2025_ PUBBLICAZIONE_13_06_2025
nella causa di lavoro iscritta al n. 75/2025 R.G.L. promossa da:
titolare dell’omonima impresa individuale, elettivamente domiciliato in Torino presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende per procura in atti PARTE APPELLANTE CONTRO , elettivamente domiciliato in Torino presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende per procura in atti PARTE APPELLATA Oggetto: risarcimento danni.
CONCLUSIONI
Per parte appellante:
come da ricorso depositato in data 12/02/2025.
Per parte appellata:
come da memoria depositata in data 30/05/2025.
MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Con ricorso tempestivamente depositato e ritualmente notificato, titolare della tabaccheria di INDIRIZZO in Torino, impugnava la sentenza n. 27/25 in data 9/01/2025 del Tribunale di Torino, che – nel disattendere l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 322/24 chiesto e ottenuto da (dipendente dal 1°/11/2018, con mansioni di commesso, e licenziato il 2/11/2023) per l’importo di € 6.642,39 a titolo di t.f.r. (non oggetto d’appello) – aveva altresì respinto la domanda di risarcimento del danno proposta in via riconvenzionale.
Sosteneva l’appellante che l’ex dipendente (in concorso con la collega , di cui non veniva autorizzata la contestuale citazione in giudizio) aveva organizzato ai danni del datore (cagionandogli un pregiudizio patrimoniale per ammanchi di cassa di € 189.368,73, poi ridotti a € 25.868,73) un meccanismo fraudolento basato «su un duplice artifizio posto in essere da entrambi i lavoratori nella reciproca conoscenza e collaborazione, così configurato:
in primis entrambi i lavoratori, allorquando procedevano alla regolare effettuazione di una vendita di particolari beni (ad esempio di tabacchi o di altri beni come ricariche telefoniche o documenti di viaggio per il trasporto pubblico GTT), successivamente all’incasso procedevano al relativo mancato aggiornamento mediante apposito tasto ANNULLA TRANSAZIONE collegato al gestionale del magazzino.
tale primo atto consentiva ai due resistenti di creare una sorta di “provvista” in grado di rassicurare apparentemente il ricorrente il quale non percepiva immediatamente l’anomalia (intesa come apparente ammanco di cassa).
il vero danno si verificava con il secondo passaggio del meccanismo nel quale assumeva un ruolo determinante la macchina del lotto in quanto, a seguito della visione dei filmati di videosorveglianza è emerso che, con l’ausilio del signor , dopo una numerosa serie di operazioni e giocate multiple o ripetute da parte di costui, l’operatore , nuovamente avvalendosi del tasto AZZERA OPERAZIONE presente su tale macchinario, chiedesse una somma inferiore rispetto a quanto dovuto alla tabaccheria (in caso di perdita da parte del giocatore) oppure (in caso di vincita) consegnasse una somma superiore» (ricorso, pagg. 2-3). Il Tribunale ha ritenuto che «parte ricorrente non offerto prova del funzionamento di tale meccanismo fraudolento» (sentenza, pag. 9), risultando impossibile, ai fini della prova della responsabilità del lavoratore, procedere all’”incrocio dei dati” tecnici contenuti, segnatamente, nella relazione versata sub doc. n. 14 e nei corrispondenti videofilmati.
Parte appellante, in particolare, lamentava che il primo Giudice aveva:
invertito l’ordine cronologico delle due sopradescritte condotte attribuite al lavoratore, concludendo, erroneamente, per l’illogicità della domanda;
dichiarato che l’opponente non si fosse colpevolmente accorto delle distrazioni operate in suo danno, nonostante ciò non fosse agevole nell’immediato in considerazione della complessità del meccanismo fraudolento denunciato e delle difficoltà del suo accertamento, che avrebbero potuto essere eventualmente superate tramite l’invocata c.t.u.;
affermato l’inutilizzabilità degli allegati “Excel” riportanti gli elenchi delle giocate incriminate perché, essendo in formato “.xlsx”, contrastavano con gli schemi del Processo Civile Telematico (PCT), nonostante essi costituissero meri allegati a comunicazioni mail in formato “.html” e, pertanto, non modificabili e regolarmente utilizzabili;
rigettato, immotivatamente, l’istanza di acquisizione degli atti del procedimento penale a carico dell’opposto per i fatti qui in contestazione;
mancato di ammettere, altrettanto immotivatamente, le prove orali e la c.t.u. tempestivamente richieste con il ricorso in opposizione;
liquidato le spese di lite in misura eccessiva, avendo computato anche la fase istruttoria mai celebratasi.
Si è costituito evidenziando l’infondatezza dell’impugnazione avversaria e chiedendone il rigetto, con conferma integrale della prima sentenza.
All’udienza dell’11/06/2025, all’esito della discussione, la causa è stata decisa come da dispositivo trascritto in calce.
2.
Il primo motivo di gravame è privo di fondamento.
Parte appellante ha dichiarato che «il dipendente, in concorso con la signora dapprima si creava una provvista mediante l’effettiva vendita di una serie di beni quali sigarette, accendini, cartine etcc… regolarmente riscossa ed incassata ma non aggiornata sul gestionale del magazzino e, solo successivamente, operando su un altro macchinario esclusivamente destinato ed utilizzabile per il gioco del lotto ed affini (Superenalotto etcc…), consentiva al signor di giocare senza riscuotere effettivamente le perdite maturate» (ricorso, pag. 5; sottolineature dell’estensore). Ora, anche ammettendo che il primo Giudice abbia effettivamente invertito la scansione temporale delle due condotte, rimane comunque misterioso il reciproco rapporto inferenziale:
detto altrimenti, rimane inesplicitata la funzione agevolatoria che la prima condotta avrebbe assunto sulla seconda, tenuto conto, come ribadito dallo stesso che, in tale dinamica, doveva tenersi distinto «l’annullamento delle operazioni vendita fini del mancato aggiornamento del magazzino l’azzeramento della macchina del lotto» e che, pertanto, «la vera azione dannosa nei confronti dell’appellante costituita dalla mancata riscossione della perdite dovute dal cliente (ibid., pag. 9).
Dunque, se la «vera azione dannosa» (quella per cui si chiede il ristoro patrimoniale) era quest’ultima, allora, come si è detto, rimane incomprensibile il ruolo dell’altra azione nel comporre il meccanismo fraudolento assuntamente architettato dal lavoratore;
è stato proprio in una prospettiva, per così dire, ‘razionalizzatrice’ che il primo Giudice ha raccordato causalmente le due operazioni, ritenendo verosimile (come pure inteso dall’appellato:
cfr. comparsa, pag. 22) che esse, evidentemente ordinate a realizzare un indebito lucro, fossero «compensate dall’operatore forzando il videoterminale in altre operazioni di vendita presente nella tabaccheria, ovvero di tabacchi, di biglietti dei mezzi pubblici di trasporto, di tessere di ricarica dei telefoni mobili» (sentenza, pag. 6).
Tuttavia, se è vero, al contrario, che «al termine di ogni sessione di gioco denominata “giocata” il conto veniva chiuso, senza alcuna “compensazione”» (ricorso, pag. 6), allora continua a rimanere inspiegato il rapporto funzionale tra le due condotte.
Rapporto che, anzi, rafforza propria opacità sulla scorta dell’ulteriore puntualizzazione dell’appellante tale per cui gli ammanchi di magazzino consentivano «ai due resistenti di creare una sorta di “provvista” in grado di rassicurare apparentemente il ricorrente il quale non percepiva immediatamente l’anomalia (intesa come apparente ammanco di cassa)» e, perciò, «avevano lo scopo di rassicurare apparentemente il datore di lavoro circa la presenza di merce e la possibilità di procrastinare i relativi rifornimenti (con i conseguenti esborsi)» (ibid. , pagg. 2 e 9):
uno scopo, quindi, marginale e avulso (ai limiti dell’irrilevanza) dalla «vera azione dannosa» attribuita all’appellato;
uno scopo di “rassicurazione” che non si vede, d’altronde, perché mai avrebbe dovuto interdire e ‘schermare’ l’accertamento dell’altra operazione fraudolenta.
Perdipiù, il fatto che il conto delle giocate venisse chiuso «senza alcuna “compensazione”» non spiega la ragione per cui nella lettera di contestazione riportata nell’acquisita sentenza del Tribunale di Torino pronunciata nella causa di impugnazione del licenziamento disciplinare (n. 3444/24 R.G.L.) si legga, non senza contraddizione (sì da alimentare il mistero), che «i diversi annullamenti delle vendite di tabacchi e altri prodotti generava un surplus di cassa che veniva sembrerebbe dalle registrazioni, compensato incassando importi più bassi rispetto al dovuto per le giocate alla Lottomatica» (pag. 3). 3.
Anche il terzo motivo d’appello, che si anticipa per migliore fluidità espositiva, non può essere accolto.
Va ribadito, infatti, che i fogli “Excel” uniti alle mail versate dall’opponente sub docc. nn. 10, 11, 12, 35, 36 e 37 sono in formato “.xlsx”, comunque non consentito dalla normativa regolamentare sul PCT (che non prevede deroghe sul punto), a prescindere dal fatto che si tratti di meri allegati a documenti in corretto formato “.html”.
4.
Ma pure a sorvolare su ciò – e ritenendo perciò la piena utilizzabilità della suddetta documentazione – risulta in ogni caso infondata e inaccoglibile la seconda censura.
4.1.
Accantonando la questione se il primo Giudice, nel ritenere inverosimile che l’opponente non si fosse subito accorto dei dedotti ammanchi di cassa, abbia o meno fatto «una valutazione di “verosimiglianza” complessiva non richiesta né possibile» (ricorso, pag. 8), assume decisività, nella versione offerta da il rilievo per cui la sentenza gravata non avrebbe adeguatamente còlto che «la vera azione dannosa» attribuita a risulta «documentata dai filmati in collegamento con la lettura incrociata dei dati forniti da Lottomatica e da Poste Italiane spa» (ibid., pag. 9). In verità, è proprio nella «lettura incrociata dei dati» che il Giudice di prime cure ha individuato la debolezza dell’argomentare di parte opponente, debolezza non apprezzabilmente ‘rafforzata’ e superata dalle osservazioni impugnatorie;
tramite la «lettura incrociata dei dati» auspicata dall’appellante resta impossibile, con il rigore che sarebbe stato necessario, l’attribuzione certa all’appellato della presunta condotta fraudolenta da lui posta in essere in favore del cliente 4.2.
Si consideri quello che, a giudizio di questa Corte, si dimostra essere un efficace esempio di quanto fin qui osservato, ossia quella che nella relazione sub doc.
n.
14 (pagg. 15-20) viene indicata come “Sequenza III” e che nell’originario ricorso in opposizione (pagg. 14-19) viene indicata come “Sequenza VI”:
essa riguarda le giocate effettuate nella tabaccheria dell’appellante il giorno 17/10/2023 tra le ore 9:53:32 e le 9:55:39.
Nel foglio “Excel” ivi riprodotto sono riportati, in corrispondenza di ciascuna giocata (nella quinta colonna rubricata “Scontrino”), i vari scontrini attribuiti a e identificati con il loro numero di serie, numero che, tuttavia, non corrisponde a nessuno dei codici identificativi delle vincite riportati nell’estratto conto in calce alla sequenza (pag. 19).
È allora vero, come ha detto il primo Giudice, che «non vi sono codici identificativi che associno univocamente, appunto, le giocate e le conseguenti vincite» (sentenza, pag. 8);
parte appellante risolto convincentemente questa condivisibile obiezione, in quanto si è limitato ad affermare (ma se ne sa quanto prima) che «Gli allegati di Lottomatica e Poste Italiane spa, inoltre, sono ulteriormente dotati del preciso codice identificativo della tabaccheria di riferimento e del numero della schedina giocata» (ricorso, pag. 11), ma non anche, appunto, della vincita.
4.3.
Altro aspetto saliente è quello per cui il collegamento tra la condotta del cliente (nel pagare di meno o nel riscuotere di più del dovuto) e quella di (nel consentirgli di assumere questo contegno) emergerebbe dai filmati sub docc. nn. 16.12- 16.15, e neanche tanto dalle scene che essi mostrano, quanto dal fatto che, in alto a destra, vengono ‘elettronicamente’ riportati il giorno e l’ora della presunta giocata;
nel senso, cioè, che è solo il mero dato cronologico ad associare i due soggetti della presunta truffa, poiché, in realtà, nient’altro consente di mettere in esatta corrispondenza i tagliandi che l’appellato si vede lì registrare con quelli riportati nei fogli “Excel”, ben potendo questi ultimi corrispondere a giocate effettuate da altri avventori avvicendatisi in quel medesimo frangente.
In effetti, come bene rilevato dal primo Giudice, dai videofilmati «non si scorge cosa viene fatto sui videoterminali» (sentenza, pag. 9), né si scorge qualsiasi condotta distrattiva da parte dell’ex dipendente (come anche ribadito dal difensore dell’appellante nel corso della discussione), né si scorgono gli scontrini delle giocate che inserisce nel macchinario, né, tantomeno, si scorge s’egli prema davvero il tasto “Azzera Operazione”.
A tale ultimo proposito, va ulteriormente condiviso quanto si legge nella sentenza gravata:
«anche prendendo per assodato il contenuto di tali file, certezza non vi sarebbe sulle date e sugli orari delle videoriprese prodotte in causa (date ed orari sui quali parte convenuta ha infatti formulato eccezioni), posto che tali date ed orari ben potrebbero essere stati modificati, il che renderebbe non operante tale meccanismo di “incrocio dati”» (pagg. 7-8) – cosa in ordine alla quale l’appellante nulla ha criticamente ribattuto.
Così come è senz’altro condivisibile l’altra osservazione (pur essa insuperata) per cui «non si comprende come delle giocate, in giochi sottoposti a concessione del monopolio (con relativi controlli stringenti, immagina), possano essere annullate/azzerate a videoterminale, ma rimanere comunque nella memoria del sistema informatico, permettendo di emettere quindi i tagliandi di giocate, appunto, e delle vincite;
a fronte della contestazione di parte convenuta, parte ricorrente avrebbe dovuto offrire prova idonea della sussistenza di un simile meccanismo , ma non lo ha fatto» (ibid., pag. 8) – sicché detta operazione ‘anomala’ rimaneva comunque tracciabile.
4.4.
Stesso identico discorso quanto alla “Sequenza V” analizzata nella relazione sub doc.
n. 14 (pagg. 20-24) e nell’originario ricorso in opposizione (pagg. 19-22):
essa riguarda le giocate effettuate sempre il 17/10/2023 ma tra le ore 10:44:23 alle 10:46:27 e gestite però da risulterebbe avere solo ritirato il minor pagamento).
Anche in questo caso il codice identificativo degli scontrini giocati non corrisponde a quello delle presunte vincite, né ragguagli decisivi – per le medesime ragioni suesposte – si ricavano dai corrispondenti videofilmati.
Oltretutto, s’impone qui un’altra osservazione:
il Giudice a quo ha affermato «che sui diversi terminali della tabaccheria non operava un operatore “fisso”, e che diversi dipendenti o lo stesso titolare potessero alternarsi, anche nel medesimo turno;
a rigore, quindi, non vi è possibilità documentale di ricondurre le singole operazioni contestate al singolo dipendente (e quindi al ricorrente, per ciò che qui rileva)» (sentenza, pag. 7) – e si tratta di un’importante affermazione (fatta propria anche dall’appellato tramite la riproduzione nella memoria costitutiva di numerosi frame dei videofilmati avversari, ove, tra l’altro, si vede lo stesso titolare della tabaccheria intrattenersi con su cui il ricorso in appello sorvola del tutto.
L’importanza di tale rilievo assume evidenza proprio in considerazione del fatto che, nella “Sequenza V”, la giocata era stata gestita da mentre il presunto minor corrispettivo era stato riscosso da il quale, di conseguenza, non è detto fosse pienamente consapevole (in carenza di una decisiva prova del loro presunto sodalizio fraudolento) della condotta previamente assunta dalla collega.
D’altra parte, lo stesso opponente, in sede di interrogatorio libero, aveva dato risposta negativa, se non ricorrendo alle (poco significative) immagini dei videofilmati, al quesito «se vi sia sistema per abbinare univocamente le operazioni effettuate al videoterminale al singolo lavoratore e se vi sia analogo sistema per abbinare le singole giocate al singolo cliente» (verb. ud. 19/06/2024).
4.5.
A questo punto, va solo osservato come proprio la ‘farraginosa’ complessità del meccanismo fraudolento asseritamente allestito dall’attuale appellato (complessità di cui l’appellante non ha fatto mistero, anche se, come si è visto, sono rimasti oscuri e contraddittori numerosi passaggi) avrebbe imposto al datore di lavoro un maggiore rigore nell’espletamento dell’onere probatorio a suo carico;
e non sorprende affatto che l’impugnazione del licenziamento disciplinare (nella causa iscritta al n. 3444/24 cui si è fatto cenno) sia stata accolta dal Tribunale per genericità della contestazione e che il P.M. abbia chiesto l’archiviazione (ancorché opposta) della denuncia penale a ragione dell’insufficienza degli elementi d’indagine per formulare una ragionevole previsione di condanna del lavoratore.
Su questo, inoltre, occorre svolgere un’altra considerazione – a mo’ di coronamento conclusivo del giudizio di scarsa chiarezza e di viscosità del tutto:
è rimasto pur esso misterioso l’esatto scopo che l’appellato avrebbe perseguito attraverso questo artato meccanismo truffaldino, che, se da un lato certamente favoriva (che si assicurava notevoli risparmi) e abbatteva i ricavi della tabaccheria, dall’altro non sembra assicurasse alcun immediato beneficio all’ex dipendente;
e non è un dettaglio di poco conto (l’appellante non pare neppure essersi posto il problema), in quanto, per dare un senso praticabile a tutta la vicenda, sarebbe stato quantomeno presumibile un vantaggio anche per (persino nella citata lettera di contestazione disciplinare si omette la sorte degli “ammanchi di liquidità”), se non si vuole credere a un (alquanto implausibile) intento altruistico di beneficare un cliente ludopatico (secondo la definizione datane dall’opponente: cfr. ricorso 10/04/2024, pag. 31);
così come è rimasta avvolta nell’ombra la ragione per cui l’operazione fraudolenta aveva riguardato solo quel cliente (neppure indicato come teste) e non anche altri.
5.
Tutte le superiori osservazioni finiscono con il destituire di fondamento anche il quarto e il quinto motivo d’appello a fronte:
dell’evidente genericità, irrilevanza e documentalità dei capitoli di prova orale (cfr. ricorso, pagg. 13-14);
del fatto che le suesposte vaste criticità probatorie non avrebbero potuto rimuoversi tramite una c.t.u. (che avrebbe avuto mera finalità esplorativa);
della considerazione per cui all’acquisizione di un fascicolo penale (in carenza del relativo principio di pregiudizialità) può acconsentirsi solo ove la parte che la richiede indichi puntualmente la natura e il contenuto degli atti ivi contenuti e ritenuti determinanti, risolvendosi altrimenti in un’acquisizione “al buio” contrastante con la regola (che vale anche in relazione a quelli sopravvenuti) della «indicazione specifica» dei documenti imposta dall’art. 414, n. 5, c.p.c. 6. Va respinta, infine, anche la sesta e ultima doglianza. Se è vero che nel corso del processo di primo grado non era stata compiuta un’attività istruttoria in senso proprio e stretto, è anche vero che l’art. 4, co. 5, lett. c), d.m. n. 55/14 fa rientrare nella fase istruttoria anche «le istanze al giudice in qualsiasi forma»
– e si era trattato, nella fattispecie, dell’istanza di sospensione del processo ex art. 295 c.p.c. avanzata dall’opponente e di quella di concessione ex art. 648 c.p.c. della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo avanzata dall’opposto, entrambe decise con l’ordinanza del 24/06/2024.
7. Alla luce di tutte queste argomentazioni, che superano ogni altra doglianza ed eccezione, l’appello dev’essere respinto, e alla soccombenza dell’appellante segue l’obbligo di quest’ultimo al rimborso delle spese del grado, oltre al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato ex art. 13, co. 1-quater, d.P.R. n. 115/02.
Visto l’art. 437 c.p.c., Respinge l’appello;
Condanna l’appellante a rimborsare all’appellato le spese del grado liquidate in € 3.966,00, oltre rimborso forfettario, Iva e Cpa;
Dichiara la sussistenza delle condizioni per l’ulteriore pagamento a carico dell’appellante di un importo pari a quello del contributo unificato dovuto per l’impugnazione.
Così deciso all’udienza dell’11 giugno 2025.
Il Consigliere estensore Il Presidente Dott. NOME COGNOME Dott. NOME COGNOME
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