N. R.G. 41/2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI APPELLO DI FIRENZE
QUARTA SEZIONE CIVILE La Corte di Appello di Firenze, Sezione Quarta Civile, in persona dei magistrati:
Dott.ssa NOME COGNOME Presidente Estensore Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere Ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A N._788_2025_- N._R.G._00000041_2023 DEL_28_04_2025 PUBBLICATA_IL_28_04_2025
nella causa in grado di appello iscritta a ruolo il 09/01/2023 al n. 41 del R.G. Affari Contenziosi dell’anno 2023 avverso la sentenza del Tribunale di Grosseto n. 701/2022 del 21/11/2022 promossa da (C.F. ), rappresentata e difesa, congiuntamente e disgiuntamente, dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso e nello studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO come da mandato allegato appellante contro (C.F. , elettivamente domiciliato in Grosseto, INDIRIZZO presso e nello studio dell’Avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende come da mandato allegato appellato La causa è stata posta in decisione sulle seguenti conclusioni: Per l’appellante “…Voglia l’Ill.ma Corte D’Appello adita, contrariis reiectis:
In C.F. C.F. dedotti in narrativa, e, per l’effetto, in riforma integrale della sentenza n. 701/2022, emessa dal Tribunale di Grosseto, in persona della Dott.ssa COGNOME NOMECOGNOME nel giudizio iscritto con n. RG. 3145/2018, in data 21.11.2022 e pubblicata in pari data, così provvedendo:
Nel merito, in via principale, gradatamente, – in accoglimento dell’opposizione dichiarare nullo e conseguentemente revocare il decreto ingiuntivo n. 830/2018 emesso dal Tribunale di Grosseto in data 4.10.2018 in quanto inammissibile illegittimo, infondato, e carente di prova per i motivi indicati in narrativa, avendo la Sig.ra già corrisposto le somme concordate;
– in ogni caso accertare l’insussistenza del credito vantato dall’Avv. in sede monitoria.
Nel merito, in via subordinata, gradatamente, – nella denegata e non creduta ipotesi in cui l’Ill.mo
Tribunale adito dovesse ritenere l’Avv. creditore della Sig.ra accertare il fondamento e l’ammontare di detta pretesa creditoria e rideterminare le somme dovute dalla Sig.ra all’Avv. in € 21.000,00 con condanna dell’Avv. alla restituzione delle maggiori somme percepite;
– nella denegata e non creduta ipotesi in cui l’Ill.mo Tribunale adito dovesse ritenere l’Avv. creditore della Sig.ra accertare il fondamento e l’ammontare di detta pretesa creditoria e rideterminare le somme dovute dalla Sig.ra all’Avv. nella somma ritenuta di giustizia.
In ogni caso, con vittoria di spese e compensi di entrambi i gradi di giudizio…”.
Per l’appellato “…Voglia la Corte d’Appello adita rigettare l’appello in quanto infondato in fatto ed in diritto, confermando integralmente la sentenza del Tribunale di Grosseto nr. 701/2022 emessa in data 21.11.2022.
Con vittoria di spese ed onorari di giudizio…”.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. I fatti di causa e le domande proposte.
proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 830/2018, emesso dal Tribunale di Grosseto in data 04/10/2018, a mezzo del quale le era stato ingiunto il pagamento della somma di € 94.784,15, oltre spese della procedura monitoria e accessori, in favore dell’Avv. a saldo dei compensi prestata dall’Avvocato in favore della quale titolare dell’impresa individuale Azienda Agricola RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME.
In particolare, l’opponente deduceva di aver già corrisposto all’Avvocato quanto richiesto dal medesimo a titolo di compensi professionali e che:
dagli atti non risultava che l’Avvocato avesse mai avanzato prima di allora domanda di pagamento per l’importo azionato in giudizio;
il diritto dell’Avvocato ai propri compensi professionali si era ormai prescritto ex art. 2956 c.c., avendo egli pacificamente svolto la sua attività professionale in favore della soltanto fino al 2014;
nel marzo del 2015 l’Azienda RAGIONE_SOCIALE era stata conferita nella ;
nel novembre dello stesso anno l’Avvocato aveva rivolto le proprie pretese economiche al responsabile del settore amministrativo della , avvalendosi e beneficiando così del meccanismo di cui all’art. 2558 c.c.;
di conseguenza, l’istanza di pagamento posta a fondamento del ricorso monitorio non avrebbe dovuto essere avanzata nei confronti della quale titolare della ormai conferita Azienda Agricola;
l’Avvocato aveva violato i doveri di correttezza, lealtà e buon fede, poiché con mail del 18/11/2015 aveva quantificato la propria pretesa complessiva nella minor somma di € 21.000,00, salvo poi azionare con ricorso monitorio un credito professionale di € 94,784,15;
sussistevano quindi i presupposti per l’exceptio doli seu praesentis;
il parere di congruità allegato all’ingiunzione di pagamento era stato chiesto dall’Avvocato ed emesso dal competente ordine professionale non su preventivi di notula o su fatture, quantomeno pro-forma, bensì su specifiche note spese, relative – queste ultime – non a tutte le attività svolte, ma soltanto ad alcune delle pratiche oggetto del ricorso monitorio.
Concludeva pertanto chiedendo la revoca del decreto ingiuntivo “in quanto relativo a pretese prescritte e comunque inammissibile, infondato, invalido ed inefficace”;
in denegata ipotesi, che venisse accertato se e in quale misura la stessa fosse debitrice di somme di denaro nei confronti dell’Avvocato per le prestazioni professionali rese da questo come meglio dettagliate nel ricorso monitorio.
Si costituiva l’Avv. il quale contestava le deduzioni poste dalla fondamento dell’opposizione perchè infondate in fatto e in diritto e comunque non provate;
avanzava istanza di concessione di provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo ex art. 648 c.p.c.;
concludeva pertanto chiedendo il rigetto dell’opposizione e la conferma del d.i. causa era istruita attraverso produzioni documentali;
le prove per testi capitolate da parte opponente non venivano ammesse in quanto “vertono su circostanze di cui non si comprende la rilevanza” (cfr. verbale di udienza del 25/092019);
in esito la causa era trattenuta in decisione all’udienza del 07/06/2022, previa concessione dei termini di legge ex art. 190 c.p.c. Con la sentenza n. 701/2022 del 21/11/2022 il Tribunale di Grosseto respingeva l’opposizione e condannava la alla rifusione delle spese di lite in favore dell’Avv. In particolare, respinte le eccezioni di prescrizione presuntiva, difetto di legittimazione passiva e dolo, osservava quanto segue:
La mail dell’Avv. del 18/11/2015 non poteva assurgere a fatto modificativo o estintivo della pretesa fatta valere in giudizio dal medesimo, in assenza di un accordo scritto ex art. 2233, c. 3, c.c. a mezzo del quale le parti avessero limitato all’importo di € 21.000,00, richiamato nella predetta mail, il compenso complessivamente dovuto dalla all’Avv. per le prestazioni professionali oggetto di causa.
L’Avv. in sede monitoria aveva integralmente documentato l’attività professionale per lo svolgimento della quale chiedeva il proprio compenso, esplicitando dettagliatamente i criteri di calcolo impiegati sulla base di notule corredate dal parere di congruità del competente Ordine professionale per le varie categorie di attività, a loro volta suddivise in sotto-categorie in ragione del valore delle pratiche.
La non aveva contestato che l’Avv. avesse effettivamente reso le prestazioni professionali oggetto di causa, né aveva specificamente contestato alcuna delle voci o poste delle note spese, o che l’Avv. avesse determinato il proprio compenso in spregio alle tariffe pro tempore vigenti.
Parte opponente si era limitata a dedurre l’esistenza di un accordo tra le parti sul compenso dell’Avvocato (€ 5.000,00 annui oltre eventuali spese aggiuntive) del quale tuttavia non vi era alcuna evidenza in atti, senza contare che molte delle fatture prodotte in giudizio tanto dalla quanto dall’Avv. recavano un importo diverso rispetto ai suddetti € 5.000,00 e non erano riferibili a spese aggiuntive.
Nelle varie mail con cui l’Avv. prima del giudizio aveva di volta in volta quantificato i propri compensi, non vi era alcun riferimento al complessivo importo dovuto allo stesso dalla a saldo delle prestazioni professionali oggetto di causa.
In ogni caso, in mancanza di una specifica accettazione scritta della cliente, l’indicazione dei singoli compensi nelle predette mail non poteva ha impugnato la sentenza per i seguenti motivi:
I motivo:
errata valutazione e, per l’effetto, mancata valorizzazione delle mail nelle quali l’Avv. – conformemente all’accordo sui compensi raggiunto con la propria cliente – aveva quantificato il complessivo importo ancora dovutogli a titolo di compensi professionali in una somma inferiore rispetto a quella successivamente pretesa dal medesimo in sede monitoria.
II motivo:
errata valutazione circa la ritenuta non contestazione delle note spese versate in atti dall’Avv. con riguardo ai criteri di calcolo ivi applicati ai contratti di agenzia e di comodato/locazione.
III motivo:
omessa pronuncia sui seguenti motivi di opposizione:
assenza dei requisiti necessari per l’emissione del decreto ingiuntivo;
indeterminatezza delle richieste di pagamento avanzate dall’Avv. omesso invio periodico di solleciti di pagamento da parte dello stesso.
L’appellante ha quindi chiesto l’integrale riforma della sentenza impugnata, concludendo come meglio indicato in epigrafe.
Si è costituito l’Avv. eccependo l’inammissibilità del secondo e del terzo motivo di gravame ex art. 342 c.p.c., contestando comunque nel merito i motivi di gravame e concludendo, meglio indicato in epigrafe, per il rigetto dell’appello in quanto infondato in fatto e in diritto e la conseguente conferma della gravata sentenza.
Senza ulteriore istruttoria, la causa è stata trattenuta in decisione dalla Corte con ordinanza ex art. 127 ter cpc del 28/01/2025 sulle conclusioni delle Parti come in epigrafe trascritte, previa concessione dei termini di legge per lo scambio di comparse conclusionali e memorie di replica.
2.1.
Il primo motivo di gravame:
l’accordo sui compensi.
Con tale motivo l’appellante lamenta di aver espressamente accettato, con mail del 27/11/2013, di dover ancora corrispondere all’Avv. a titolo di residui compensi professionali, una somma inferiore rispetto a quella successivamente azionata dal medesimo in via monitoria e, in particolare, la somma di € 27.000,00, richiesta alla stessa dall’Avvocato con mail in pari data.
Lamenta altresì che la circostanza che le parti avessero pattuito un compenso di € 5.000,00 annui, ritenuta non provata dal primo giudice, trova riscontro nelle allegate fatture n. 46/2009, n. 34/2010 e n. 49/2011, recanti proprio il suddetto importo convenuto.
sensi dell’art. 2233, c. 3, c.c., “Sono nulli, se non redatti in forma scritta, i patti conclusi tra gli avvocati con i loro clienti che stabiliscono i compensi professionali”.
Nel caso di specie, a differenza di quanto sostenuto dalla non integra un accordo scritto sui compensi ai sensi della citata norma lo scambio di mail intercorso tra le parti il 27/11/2013.
In particolare, in tale data l’Avv. comunicava via mail alla “essendo trascorsi circa 6 mesi dal pagamento dei 5.000 euro che mi sono stati versati ad aprile, Ti chiedo di corrispondermi ulteriori 5.000 euro.
Con tale pagamento l’importo ancora dovutomi ammonterà a 27.000 euro” e la rispondeva “Sono in Cina e rientrerò il 7 Dicembre , al mio rientro ti faro’ avere quanto dovuto anche se con notevole ritardo anzi volevo scusarmi ancora per la lentezza con cui stiamo chiudendo i nostri conti ma spero tu non me ne voglia”.
Ebbene, con detta risposta la si è limitata a riconoscere il credito maturato dall’Avv. fino a quella data:
la dichiarazione della non può essere considerata valida accettazione di una proposta contrattuale dell’avvocato relativa ai suoi compensi, se non altro perché non è affatto specificato l’oggetto di questo presunto accordo sui compensi.
Dallo scambio di mail in esame non è infatti dato desumere a quali attività professionali facesse riferimento la somma residua dovuta di € 27.000,00.
Tantomeno può ritenersi che tale somma fosse dovuta dalla all’Avv. come corrispettivo di tutte le attività professionali svolte dal secondo in favore della prima, anziché soltanto per alcune di esse, mancando ogni riferimento testuale in tal senso.
Il Collegio condivide sul punto quanto statuito dal primo giudice con riferimento – tra gli altri – allo scambio di mail in esame (costituente il doc. n. 16 allegato alla seconda memoria ex art. 183, c. 6. c.p.c. dell’odierna appellante):
“non risulta dimostrato che l’Avvocato abbia, negli anni precedenti alla introduzione del presente giudizio, quantificato in misura inferiore il credito complessivamente allo stesso dovuto per tutte le attività oggetto del presente giudizio.
Ed invero, il tenore complessivo della mail del 18.11.2015 (cfr. doc. 2 allegato all’atto di citazione) – mail in cui peraltro il procuratore dava alla cliente informazioni in merito a una pratica diversa da quelle per cui oggi chiede il compenso, come già osservato –
non consente affatto di ritenere che l’espressione “ad oggi devo avere 21.000,00” sia riferita al saldo complessivamente dovuto per tutta l’attività di cui al presente giudizio.
Analoghe considerazioni possono del giudizio, quantificava le somme allo stesso dovute non vi è mai un riferimento alla natura di saldo complessivo dell’importo richiesto ma, al contrario, vi sono riferimenti a specifiche pratiche ( ), peraltro non tutte oggetto del presente giudizio (la pratica “ ” non fa parte di quelle per cui nel presente procedimento l’Avv. ha chiesto il compenso).
(cfr. sentenza, pp. 3-4).
Si ribadisce che il patto sui compensi deve risultare chiaramente da un atto scritto firmato dal cliente in cui si quantifica il compenso relativo ad una ben determinata attività professionale.
Tale patto non può quindi ritenersi integrato da un generico scambio di mail tra le parti, in cui non viene minimamente individuato l’oggetto dell’asserito accordo.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, “Ai sensi dell’art. 2233 c.c., come modificato dall’art. 2, d.l. n. 223 del 2006, conv., con modif., dalla l. n. 248 del 2006, l’accordo di determinazione del compenso professionale tra avvocato e cliente deve rivestire la forma scritta “ad substantiam” a pena di nullità, senza che rilevi la disciplina introdotta dall’art. 13, comma 2, l. n. 247 del 2012, che, nell’innovare il solo profilo del momento della stipula del negozio individuato, di regola, nella data del conferimento dell’incarico, ha lasciato invariato quello sul requisito di forma, con la conseguenza che, da un lato, l’accordo, quando non trasfuso in un unico documento sottoscritto da entrambe le parti, si intende formato quando la proposta, redatta in forma solenne, sia seguita dall’accettazione nella medesima forma e, dall’altro, che la scrittura non può essere sostituita con mezzi probatori diversi e la prova per presunzioni semplici, al pari della testimonianza, sono ammissibili nei soli casi di perdita incolpevole del documento ex artt. 2724 e 2725 c.c.” (cfr. da ultimo Cass. civ., Sez. 2, Sentenza n. 717 del 12/01/2023). Sempre la Suprema Corte ha sancito (cfr. Cass. civ., Sez. II, Ord., n. 15563 del 16.5.2022, in motivazione):
“Sul punto, si deve dare continuità a un recente precedente di questa Corte, nella cui motivazione si legge che l’art. 2233 c.c. “non può ritenersi implicitamente abrogat(o) dalla L. n. 247 del 2012, art. 13, comma 2:
tale norma stabilisce che il compenso spettante al professionista sia pattuito di regola per iscritto.
Infatti, secondo l’interpretazione preferibile, la novità legislativa ha lasciato impregiudicata la prescrizione contenuta nell’art. 2233 c.c., comma 3. In base a questa interpretazione, la norma sopravvenuta non si riferisce alla forma del patto, ma al momento in cui stipularlo:
essa, cioè, stabilisce che il patto deve essere per simili pattuizioni, è ragionevole ritenere che avrebbe provveduto ad abrogare esplicitamente la previsione contenuta nell’art. 2233 c.c., comma 3, il quale commina espressamente la sanzione della nullità per quei patti che siano privi del requisito formale ivi prescritto” (Cass., n. 24213/2021)”.
Ciò posto, in mancanza di un accordo scritto tra le parti sui compensi, è pacifico che l’avvocato, a fronte del reiterato mancato pagamento da parte della propria cliente di quanto richiestole in via stragiudiziale a titolo di compensi, ben potesse chiedere in giudizio una somma superiore, purché conforme alle vigenti tariffe professionali.
Ed è proprio quello che ha fatto l’Avv. nel caso di specie.
Quanto alla seconda censura sviluppata nel primo motivo di appello, è rimasta priva di supporto probatorio anche in questa sede l’argomentazione difensiva dell’odierna appellante secondo la quale l’Avv. avrebbe pattuito con la stessa, per l’attività di consulenza e assistenza, giudiziale (civile e penale) e stragiudiziale, prestata dal legale in suo favore, un compenso forfettario nella misura di € 5.000,00 annui, oltre eventuali spese aggiuntive.
Invero per quanto riguarda le fatture n. 46/2009, n. 34/2010 e n. 49/2011 (ossia i documenti n. 3, 4 e 5 ai quali fa riferimento la nell’atto di appello), parte appellante si è limitata a reiterare in questa sede la propria argomentazione difensiva secondo la quale “nel giudizio di prime cure la Sig.ra ha avuto modo di dimostrare come negli anni addietro le parti avessero pattuito un compenso di € 5.000,00 annui.
Accordo cui esistenza trovava ampiamente riscontro nell’allegazione di fatture annuali successive tutte recanti importi che si attestavano sulla somma di Euro 5.000,00 (cfr. docc. 3, 4, 5 fascicolo di primo grado sub doc. 4)” (cfr. atto di appello, pag. 8), senza tuttavia confrontarsi minimamente con la sentenza impugnata nella parte in cui il primo giudice ha condivisibilmente reputato detta argomentazione infondata.
Si legge infatti in sentenza che “Di tale accordo (€ 5.000,00 annui oltre eventuali spese aggiuntive n.d.r.), come già detto, non vi è alcuna traccia in atti;
inoltre, le fatture depositate sia dalla opponente (vd. gli allegati alla prima memoria istruttoria) che dall’opposto rendono non credibile tale tesi (vi sono numerose fatture di importo diverso rispetto ai suddetti € 5.000,00 e non riferibili a “eventuali spese aggiuntive sostenute”)” (cfr. sentenza, pag. 3).
A ciò si aggiunga che, come comprensibilmente ricordato da parte appellata, se un del compenso inviatele prima dell’instaurazione del presente giudizio (anzi, tale specifica difesa non compariva neppure nell’atto di citazione in opposizione della ma è stata avanzata solo nella prima memoria ex art. 183 cpc depositata dai nuovi difensori di parte opponente).
2.2.
Il secondo motivo di gravame:
errata valutazione circa la ritenuta non contestazione delle note spese versate in atti dall’Avv. i compensi per la redazione dei contratti di agenzia e di comodato.
2.2.1.
L’eccezione di inammissibilità ex art. 342 c.p.c. Preliminarmente è necessario esaminare l’eccezione di inammissibilità ex art. 342
c.p.c. del presente motivo di gravame, sollevata dall’appellato in quanto “Il motivo di appello nr. 2 è, in realtà, il compendio di tutti gli argomenti ai quali la difesa avversaria ha fatto ricorso nell’ambito del giudizio di primo grado, al punto da identificarsi in una omnicomprensiva richiesta di riesame dell’intero processo, il che non appare affatto rispettoso dell’art. 342 c.p.c., che impone “una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice” Cass. civ., Sez. II. Ord., n. 7675 del 19.3.2019” (cfr. comparsa di costituzione e risposta Avv. pag. 7).
Tale eccezione è infondata alla luce della ormai consolidata giurisprudenza della Suprema Corte sul punto, richiamata peraltro dallo stesso appellato.
Nell’ordinanza della S.C. citata dall’Avv. nella propria comparsa di costituzione si legge infatti quanto segue:
“Non può considerarsi aspecifico e deve, quindi, essere dichiarato ammissibile, il motivo d’appello che esponga il punto sottoposto a riesame, in fatto ed in diritto, in modo tale che il giudice sia messo in condizione di cogliere natura, portata e senso della critica”.
La giurisprudenza di legittimità ha altresì chiarito che “Ai fini della specificità dei motivi d’appello richiesta dall’art. 342 c.p.c., l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto, invocate a sostegno del gravame, può sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado, non essendo necessaria l’allegazione di profili fattuali e giuridici aggiuntivi, purché ciò determini una critica adeguata e specifica della decisione impugnata e consenta al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice” (cfr. Cass. civ., Sez. 2, Ordinanza n. 23781 del 28/10/2020). , specificando le modifiche richieste, le circostanze da cui deriva la violazione della legge e la loro rilevanza ai fini della decisione appellata.
2.2.2.
Il merito.
Tanto premesso, con il motivo di gravame in esame la lamenta di aver specificamente contestato nel giudizio di prime cure le note spese allegate dall’Avv. al ricorso monitorio, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, contestando così la seguente parte della motivazione:
“Quanto, infine, alla prova del credito, va osservato che, in sede di ricorso monitorio, l’Avv. ha documentato tutta l’attività professionale per la quale ha chiesto il proprio compenso.
In particolare, con riferimento alle varie attività (stragiudiziali, giudiziali civili e giudiziali penali), nel ricorso monitorio sono esplicitati in modo dettagliato i criteri di calcolo adoperati, sulla base di notule corredate dal parere di congruità del competente Ordine professionale per ogni tipologia di attività (si richiamano i contenuti del ricorso monitorio per la puntuale quantificazione del credito con riferimento alle varie categorie di attività, suddivise in ulteriori sotto-categorie in ragione del valore delle pratiche). A fronte di tale puntuale attività di allegazione l’opponente non ha mai (né in sede di comparsa di costituzione, né in sede di memoria ex art. 183, co. 6, n. 1, c.p.c.) contestato che le prestazioni professionali per le quali l’Avv. ha chiesto il compenso nel presente giudizio (peraltro, integralmente documentate) siano state effettivamente rese, né ha specificamente contestato che il compenso sia stato determinato, anche solo per parte di esse, in spregio alle tariffe pro tempore vigenti.
In altri termini, le poste e voci delle note spese non sono state specificamente contestate dalla cliente, la quale, in sede di prima memoria istruttoria si è limitata a dedurre l’esistenza di un accordo sul compenso, del quale non vi sono evidenze in atti Ebbene, posta l’assenza, nel caso in esame, di un valido accordo sul compenso, ai sensi dell’art. 2233 c.c., il compenso non può che ritenersi dovuto nella misura determinata secondo le tariffe pro tempore vigenti.
Al riguardo, per ogni tipologia di attività svolta, l’Avvocato ha depositato notula corredata dal parere di congruità del Consiglio dell’Ordine, a riprova della conformità delle stesse alla tariffa legalmente approvata;
quanto ai decreti ingiuntivi, poi, ha chiesto l’importo liquidato dal Giudice.
L’opponente, come anticipato, non ha specificamente contestato la conformità alle tariffe delle note spese.
Inoltre, nulla è stato dedotto in relazione alle caratteristiche dell’attività di precetto -;
esito negativo delle procedure esecutive) e a tutti gli altri elementi che in concreto avrebbero potuto comportare l’eventuale riduzione, sempre in applicazione delle tariffe pro tempore vigenti, del compenso come puntualmente quantificato dall’Avvocato alla luce delle suddette note spese corredate dal parere di congruità (cfr. artt. 3 e 4 del D.M. 140/2012 e art. 4 D.M. 55/2014)”.
Orbene, nell’intento di spiegare l’errore del primo giudice e quindi di indicare dove e quando l’opponente avrebbe contestato il quantum della pretesa monitoria di controparte, parte appellante si limita a ripetere genericamente tutte le proprie difese di merito, prima tra tutte quella circa l’esistenza di un accordo sui compensi, rendendo così palese che l’unica reale difesa sul punto era contenuta a pagina 10 della prima memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c., del seguente tenore:
“le somme di cui al ricorso monitorio andrebbero, in ogni caso, rettificate e rideterminate.
Non risultano, difatti, chiari i criteri applicati, a titolo esemplificativo:
– ai contratti di agenzia, tutti del medesimo tenore e contenuto, tanto che l’Avv. precisa di aver provveduto alla relativa redazione in tempi diversi onde giustificare l’applicazione dei parametri applicati, – al contratto di comodato/locazione, cui l’Avv. avrebbe dovuto applicare onorari ridotti al 50% – alla scrittura privata denominata “Contratto RAGIONE_SOCIALE”.
Pertanto solo di questa difesa ci si deve occupare in questa sede, non potendo essere condivisa l’argomentazione dell’appellante secondo cui “non può che essere viziata la sentenza in merito alla ritenuta non contestazione delle note spese, dal momento che un’implicita accettazione delle stesse sarebbe incompatibile con la più volte sostenuta e provata sussistenza di un accordo forfettario di determinazione del compenso del legale” (vedi a pag. 11 appello), dal momento che la prima difesa della circa l’esistenza di un accordo sui compensi, giustamente ritenuta infondata dal primo giudice, sul piano logico non contiene affatto in sé anche la implicita contestazione delle singole voci di compenso richieste dall’avvocato. Orbene, per quanto concerne l’attività di contrattualistica effettuata dall’Avv. favore della nel ricorso per decreto ingiuntivo l’Avvocato ha dedotto – con riferimento ai contratti che vengono in rilievo in questa sede – che “Si è trattato:
a) di alcuni contratti di agenzia;
l’Avv. ha presentato apposita istanza al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Grosseto al fine di ottenere parere di congruità del proprio compenso, che è stato tassato in € 2.934,00, dei quali 2.055,50 per ) di un contratto di comodato, redatto il 10.5.2008, sottoscritto o da sottoscriversi dalla Sig.ra e dalla l’Avv. presentato apposita istanza al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Grosseto al fine di ottenere parere di congruità del proprio compenso che è stato tassato in € 2.862,63, dei quali € 2.005,50 per compensi, € 250,68 per spese generali al 12,5%, € 90,24 per c.p.a., € 516,21 per i.v.a. (All. n. 26 Tassazione notula contratto c) di un contratto di comodato, redatto il 26/11/2008, sottoscritto o da sottoscriversi dalla Sig.ra e dalla l’Avv. ha presentato apposita istanza al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Grosseto al fine di ottenere parere di congruità del proprio compenso che è stato tassato in € 507,44, dei quali € 355,50 per compensi, € 44,43 per spese generali al 12,5%, € 15,99 per c.p.a., € 91,52 per i.v.a. (All. n. 27 Tassazione notula contratto ”…..
e) di una scrittura privata, redatta il 28.2.2011, sottoscritta o da sottoscriversi dalla Sig.ra e dal Sig. l’Avv. ha presentato apposita istanza al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Grosseto al fine di ottenere parere di congruità del proprio compenso che è stato tassato in € 678,72, dei quali € 475,50 per compensi, € 59,43 per spese generali al 12,5%, € 19,02 per c.p.a., € 124,77 per i.v.a. (All. n. 29.
Tassazione notula contratto Prompicai);
Orbene, quanto al documento “All. n. 25
Tassazione notula contratto ed altri”, esso contiene i tre contratti di agenzia redatti dall’Avv. la relativa corrispondenza intercorsa le parti e la notula relativa a tale attività stragiudiziale, corredata dal parere di congruità del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Grosseto.
Nei documenti allegati alla notula si legge, in particolare, che l’Avv. “Si è occupato della redazione dei contratti con gli agenti incaricati di promuovere l’attività dell’azienda Durante il corso del rapporto con l’Azienda si è occupato delle problematiche relative ai rapporti con gli agenti di commercio.
Nel giugno 2007 ha provveduto a redigere il contratto di agenzia per la zona di Grosseto.
Nel gennaio 2008 è stata redatto il contratto con altro agente per la zona di Parma ed un ulteriore contratto è stato redatto nel 2010.
Per la quantificazione degli onorari, è stato fatto riferimento allo scaglione “valore indeterminabile (da 25.900 a 51.700 euro) applicando i massimi previsti dal tariffario trattandosi di tre contratti, che, seppur avendo il medesimo oggetto, presentavano diversità, sono stati redatti in tempi diversi ed hanno richiesto distinte attività di studio e di consultazione con l’Azienda”.
/2004 (“Regolamento recante determinazione degli onorari, dei diritti e delle indennità spettanti agli avvocati per le prestazioni giudiziali, in materia civile, amministrativa, tributaria penale e stragiudiziale”) – applicabile ratione temporis considerato che i contratti di cui si discute sono stati redatti dall’Avv. nel 2007, nel 2008 e nel 2010, come emerge dalla allegata corrispondenza tra le parti – prevedeva che “Per l’assistenza e la consulenza in materia stragiudiziale civile ed equiparata, agli avvocati spettano gli onorari stabiliti nell’allegata tabella” e “Nella determinazione degli onorari fra il minimo ed il massimo stabiliti, si deve tenere conto del valore e della natura della pratica, del numero e dell’importanza della questioni trattate, del pregio dell’opera prestata, dei risultati e dei vantaggi, anche non economici, conseguiti dal cliente e dell’eventuale urgenza della prestazione”. Ebbene, a fronte di una richiesta di compensi per tutti e tre i contratti di agenzia di € 3.710,00 oltre spese generali (come meglio dettagliata nella notula, alla quale si rinvia) – così motivata dall’Avv. “Per la quantificazione degli onorari, è stato fatto riferimento allo scaglione “valore indeterminabile” (da 25.900 a 51.700 euro) applicando i massimi previsti dal tariffario trattandosi di tre contratti, che, seppur avendo il medesimo oggetto, presentavano diversità, sono stati redatti in tempi diversi ed hanno richiesto distinte attività di studio e di consultazione con l’Azienda” – il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Grosseto “ESPRIME che le somme esposte nella notule stessa vengano tassate in Euro 2.055,50 quanto ai compensi di avvocato con la seguente motivazione: Per meglio adeguare al valore della questione si applicano gli onorari medi:
non giustificati i massimi visto il contratto”.
Alla luce di tutto quanto sopra esposto, pur avendo il primo giudice errato nel ritenere non specificamente contestate le note spese poste dall’Avv. a fondamento delle proprie pretese con riferimento ai contratti di agenzia, non può che ritenersi infondata la doglianza dell’appellante secondo la quale non risultano chiariti i criteri applicati dall’Avv. con riguardo ai contratti in esame:
se da un lato infatti i tre contratti di agenzia sono “tutti del medesimo tenore e contenuto”, come riconosciuto peraltro dallo stesso Avv. nei documenti allegati alla notula, dall’altro i criteri di calcolo applicati dall’Avvocato non soltanto risultano ben “chiariti”, ma corrispondono a quelli di cui alla tabella relativa all’attività stragiudiziale allegata al D.M. 127/2004.
Oltretutto, come anzidetto, il competente Consiglio dell’Ordine ha già provveduto ad con il decreto ingiuntivo questa minor somma e non quella da lui originariamente indicata nella notula.
Per quanto riguarda poi i documenti “All. n. 26 Tassazione notula contratto e “All. n. 27 Tassazione notula contratto Seed”, essi contengono i due contratti di comodato redatti dall’Avv. la relativa corrispondenza intercorsa tra le parti e la notula relativa a tale attività stragiudiziale, corredata dal parere di congruità del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Grosseto.
Secondo parte appellante l’Avv. avrebbe dovuto applicare onorari ridotti al 50% sui contratti di comodato/locazione, ma tale doglianza è priva di pregio, in quanto la tabella relativa all’attività stragiudiziale allegata al DM 127/2004 – applicabile ratione temporis avendo l’avvocato redatto i contratti in esame nel 2008 – prevedeva al n. 2 (“Prestazioni di assistenza”) lett. F (“Redazione di contratti”) l’onorario a percentuale a scaglioni in funzione del valore del contratto, con la precisazione che “L’onorario è dovuto una sola volta anche in caso di redazione e relativa assistenza alla stipula e alla redazione. Per la redazione di contratti di locazione e per l’assistenza alla loro stipula sono dovuti gli onorari di cui sopra ridotti del 50%”, ma appunto i contratti redatti dall’Avv. di cui si discute sono invece contratti di comodato.
Ciò premesso, dagli atti allegati al ricorso monitorio si evince che per la redazione del contratto di comodato con l’avv.to ha indicato la somma di euro 4.098,00 oltre accessori mentre l’Ordine professionale ha riconosciuto congrua la minor somma di euro 2.005,50 e l’avv.to ha chiesto nel ricorso tale minor somma capitale, applicando anzi le spese generali forfettarie nella misura del 12,5%, mentre l’Ordine aveva indicato la percentuale del 15% nel suo parere (vedi allegato n. 26 e ricorso per decreto ingiuntivo). Quanto poi al contratto di comodato stipulato da con dagli atti allegati si evince che l’avv.to ha indicato solo la somma di euro 355,50 oltre accessori e l’Ordine professionale ha ritenuto congruo detto minimo compenso, ed anche qui vale lo stesso discorso di cui sopra per le spese generali forfettarie, applicate dall’avv.to nella misura del 12,5% mentre l’Ordine aveva indicato la percentuale del 15% nel suo parere (vedi allegato n. 27 e ricorso per decreto ingiuntivo).
Quanto infine alla scrittura privata denominata “RAGIONE_SOCIALE” (valore della causa euro 14.000,00), il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Grosseto, anche in scaglione medio di riferimento (cfr. Allegato n. 29 al ricorso per decreto ingiuntivo).
Il secondo motivo di appello è quindi del tutto infondato.
2.3.
Il terzo motivo di gravame:
l’omessa pronuncia sui requisiti del decreto ingiuntivo e sulla violazione da parte dell’Avv. dei doveri di buona fede, trasparenza e correttezza.
2.3.1.
L’eccezione di inammissibilità ex art. 342 c.p.c. Tale eccezione è infondata.
Valgono sul punto le medesime considerazioni già svolte con riguardo al secondo motivo di gravame, al quale pertanto si rinvia.
2.3.2.
Il merito.
Con tale motivo l’appellante censura l’omessa pronuncia sui seguenti motivi di opposizione:
i vizi del decreto ingiuntivo, emesso in assenza dei requisiti di legge;
l’indeterminatezza delle richieste di pagamento inviate dall’Avv. e l’omesso invio periodico di solleciti di pagamento da parte dello stesso, con conseguente violazione dei doveri di buona fede, trasparenza e correttezza.
Il motivo è infondato.
Per quanto concerne la contestata assenza dei requisiti legalmente prescritti ai fini dell’emissione del decreto ingiuntivo, l’opponente aveva lamentato che il decreto fosse stato richiesto ed emesso per una vasta serie di pretese, solo alcune delle quali avevano ottenuto il previo necessario parere di congruità ex art. 636 c.p.c. per poter ottenere l’ingiunzione di pagamento.
La doglianza è completamente infondata in quanto, come già accertato dal primo giudice e come risulta dagli atti, l’avv. ha chiesto i compensi per una notevole mole di attività sia stragiudiziali che giudiziali, molte delle quali ripetute più volte in favore della cliente (a mero titolo di esempio, si ricordano n. 111 solleciti di pagamento verso i compratori inadempienti al pagamento delle fatture emesse dalla e n. 76 ricorsi per decreto ingiuntivo nei confronti dei medesimi debitori) e quindi nel richiedere al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Grosseto il necessario parere di congruità dei compensi l’avvocato aveva indicato una pratica assunta come modello per ognuna delle tipologie di atto difensivo e per ciascuna categoria tariffaria, pratica fedelmente rappresentativa di tutte le altre pratiche appartenenti al medesimo genere di incarico conferitogli dalla conseguentemente non si vede perché mai il difensore avrebbe dovuto procurarsi uno specifico parere di congruità per tutte una spesa molto superiore a quella di euro 1.760,40 che risulta essere stata addebitata dal alla a titolo di spese sostenute per la tassazione delle notule (vedi ricorso per decreto ingiuntivo e atti allegati). Per quanto riguarda infine la contestata violazione da parte dell’Avv. dei doveri di buona fede, trasparenza e correttezza, derivante secondo la dal fatto che egli non le avesse domandato periodicamente la corresponsione dell’asserito credito dovuto e si fosse limitato ad inviarle richieste di pagamento indeterminate, la doglianza è infondata in fatto.
In tal senso è sufficiente rilevare che dagli atti risultano plurime e periodiche richieste di pagamento dei compensi rimaste inevase ed anche una formale diffida inviata tramite raccomandata alla in data 11/04/2017 (cfr. diffida a firma Avv. NOMECOGNOME allegata al ricorso monitorio, “All. n. 1 Richieste saldo onorari”), dovendosi quindi ritenere che il difensore abbia adempiuto al proprio obbligo di buona fede;
inoltre, gravando tale obbligo non soltanto sul professionista ma anche sul cliente, la avrebbe ben potuto, quantomeno a seguito della formale diffida, prendere contatti lei con il proprio legale per chiedere spiegazioni in caso di contestazioni sul quantum debeatur o per concordare un piano di rientro.
Conclusivamente la sentenza di primo grado, che ha confermato il decreto ingiuntivo opposto, merita integrale conferma.
3.
Le spese di lite.
Le spese di lite del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate, in favore dell’appellato, come da dispositivo, sulla base del D.M. 55/2014 e successive modificazioni, applicando lo scaglione corrispondente al valore della controversia (€ 52.001-260.000), secondo i valori medi e al netto della fase istruttoria in quanto non svolta in questa sede.
Il rigetto dell’appello comporta a carico dell’appellante l’obbligo di pagare un ulteriore somma pari al contributo unificato.
La Corte di Appello di Firenze, ogni altra domanda reietta, definitivamente pronunciando sull’appello avverso la sentenza del Tribunale di Grosseto n. 701/2022 del 21/11/2022 proposto da nei confronti di ) respinge l’appello e, per l’effetto, conferma la sentenza del Tribunale di Grosseto n. 701/2022 del 21/11/2022;
2) condanna al pagamento delle spese processuali del presente giudizio, che sono liquidate in favore di in complessivi € 9.991,00 oltre spese forfettarie nella misura del 15%, IVA e CAP come per legge;
3) dà atto che, per effetto della odierna decisione, sussistono i presupposti di cui all’art. 13 comma 1-quater d.P.R. 115/2002 per il versamento da parte dell’appellante dell’ulteriore contributo unificato previsto dall’articolo stesso.
Firenze, 28.4.25
IL PRESIDENTE ESTENSORE NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?
Prenota un appuntamento.
La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.
Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.
Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.
Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.