Reclamo l.n.92/2012 Sentenza Tribunale di Lecce n. 846 del 25.02.2021 Oggetto: impugnativa di licenziamento per giustificato motivo oggettivo;
rinvio dalla Cassazione.
N. R.G. 306/2024
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte di Appello di Lecce Sezione Lavoro Riunita in Camera di Consiglio e composta dai Magistrati Dott. NOME COGNOME Presidente Dott. NOME COGNOME Consigliere relatore Dott. NOME COGNOME ha pronunciato la presente
SENTENZA N._307_2025_- N._R.G._00000306_2024 DEL_07_04_2025 PUBBLICATA_IL_07_04_2025
nella causa civile in materia di lavoro, in grado di appello, tra , rappresentato e difeso dall’ Avv. NOME COGNOME– Ricorrente in riassunzione in persona del legale rappresentate pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOMEResistente in riassunzione FATTO Con ricorso ex art. 1 comma 48 L.n.92/2012, depositato dinanzi al Tribunale di Lecce il 05.02.2018, , premesso di aver lavorato alle dipendenze della della riduzione dell’attività societaria dovuta alla scadenza del contratto di appalto del servizio di assistenza domiciliare per anziani nell’ambito territoriale di Lecce, e in considerazione dell’asserito rifiuto del lavoratore di aderire alla riduzione dell’orario di lavoro a 12 ore settimanali. Il ricorrente aveva sostenuto che il provvedimento espulsivo era realmente giustificato non da ragioni economico-produttive, così come formalmente indicato, ma da ragioni discriminatorie, poiché preceduto da indebite riduzioni del suo orario di lavoro settimanale (questione su cui il Tribunale di Lecce, in accoglimento del suo ricorso, aveva disposto il ripristino a 21 ore settimanali), da due infondate contestazioni disciplinari, dal mancato conferimento di incarichi lavorativi da marzo 2017 fino al 10.04.2017, e dalla riduzione dell’orario di lavoro a12 ore settimanali proposta dalla società il 16.05.2017. Aveva evidenziato che la cooperativa alla data del 10.07.2017 aveva già ottenuto l’aggiudicazione del servizio di assistenza domiciliare come da provvedimento del 27.06.2017 e che quindi non sussisteva la riduzione dell’attività;
aveva eccepito l’illegittimità, l’inefficacia e comunque la nullità del licenziamento domandando la condanna della Cooperativa al pagamento di un’indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno dell’illegittimo licenziamento sino a quello della sentenza (oltre al versamento dei contributi assistenziali dal licenziamento alla sentenza) o, comunque, non inferiore a 5 mensilità di retribuzione globale di fatto;
nonché la condanna della al pagamento dell’indennità sostitutiva della reintegrazione di cui all’art.18 comma 5 L. 300/1970, pari a 15 mensilità di retribuzione globale di fatto;
il tutto maggiorato di interessi e rivalutazione dal dovuto al saldo.
Costituitasi in giudizio la aveva contestato le avverse deduzioni e chiesto il rigetto della domanda, affermando la correttezza del proprio operato e la sussistenza del giustificato motivo oggettivo di licenziamento, in ragione della scadenza del contratto di appalto del servizio domiciliare di assistenza e della conseguente riduzione delle esigenze di prestazione lavorativa.
Con ordinanza n.29256 del 25.09.2020 il Tribunale aveva definito la fase sommaria escludendo le finalità discriminatorie o ritorsive del licenziamento;
aveva ritenuto la sussistenza del riassetto organizzativo aziendale che, a fronte della scadenza del contratto di appalto, aveva imposto la riduzione dell’orario di lavoro.
Il Tribunale aveva altresì ritenuto irrilevante la circostanza che la avesse sottoscritto in data 27.09.2017 il nuovo contratto di appalto, comportando quest’ultimo un impegno lavorativo orario che, ripartito tra i vari operatori in forza, avrebbe comportato comunque una riduzione della prestazione di ciascuno di essi.
Aveva quindi ravvisato la legittimità del licenziamento e rigettato il ricorso.
Avverso la suddetta ordinanza aveva proposto opposizione eccependone l’erroneità nella parte in cui aveva ritenuto legittima la motivazione del licenziamento, sebbene fosse già prevista l’aggiudicazione del nuovo appalto.
Aveva chiesto dichiararsi la nullità, l’illegittimità e l’inefficacia del licenziamento e, per l’effetto, disporsi la reintegra in servizio o, “in via subordinata e/o alternativa”, la condanna della risarcimento dei danni mediante pagamento di un’indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento a quello della sentenza o comunque non inferiore a 5 mensilità di retribuzione globale dei fatto;
al pagamento dell’indennità sostitutiva della del pagamento;
al versamento dei contributi previdenziali.
Con vittoria di spese e competenze.
Si era costituita in giudizio la , contestando gli avversi assunti e chiedendo il rigetto dell’opposizione e la conferma dell’ordinanza impugnata.
Con la sentenza n.846 del 25.02.2021 il Tribunale aveva rigettato l’opposizione, ritenendo mancante la prova del carattere discriminatorio o ritorsivo del licenziamento irrogato e insussistente il giustificato motivo oggettivo in ragione della strutturale riduzione dell’attività lavorativa per tutti i dipendenti e del rifiuto di accettare tale soluzione, opposto dal ricorrente.
Con atto del 31.3.2021 aveva proposto reclamo ex l.n.12/1992 il che aveva lamentato l’erroneità della sentenza nella parte in cui aveva escluso la ritorsività del licenziamento basandosi esclusivamente sulla riduzione dell’orario di lavoro, senza valutare tutti i fatti accaduti in precedenza.
Aveva altresì censurato l’erroneità della valutazione giudiziale circa gli effetti del suo rifiuto della riduzione oraria e circa la rilevanza dell’aggiudicazione del nuovo appalto, già avvenuta al 27.06.2017.
Aveva inoltre lamentato il mancato assolvimento dell’onere della prova riguardo all’obbligo di repêchage.
Aveva quindi chiesto che, in riforma dell’impugnata sentenza, fossero accolte le conclusioni rassegnate nel precedente giudizio di opposizione.
Costituitasi in giudizio, la ha chiesto il rigetto del reclamo, eccependo nuovamente che la domanda di reintegra nel posto di lavoro costituiva un mutamento delle conclusioni della fase sommaria.
Con sentenza n.652 del 31.05.2022 la Corte di Appello di Lecce, in accoglimento del reclamo, aveva annullato il licenziamento e condannato la a reintegrare nel posto di lavoro, nonché a pagare al medesimo una indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento, fino alla concorrenza di 12 mensilità, oltre rivalutazione e interessi e versamento dei contributi previdenziali dal giorno del licenziamento alla reintegra.
Disattesa l’ipotesi del licenziamento ritorsivo o discriminatorio, la Corte territoriale aveva ritenuto che non fosse configurabile un giustificato motivo oggettivo, poiché il riassetto organizzativo era collegato a situazioni transeunti (la cessazione di un appalto) e non più sussistenti al momento della intimazione di licenziamento (l’aggiudicazione del nuovo appalto),con conseguente provvisorietà della riduzione dell’orario di lavoro, posto che alla data del 5.07.2017 la poteva ritenersi certa dell’aggiudicazione del nuovo servizio di assistenza. In merito alla tutela applicabile la Corte ha rilevato che nella fase processuale dell’opposizione ex l.n.92/2012 e in quella di reclamo aveva invocato la tutela reale;
la domanda di reintegra nel posto di lavoro, seppur non proposta nelle conclusioni del ricorso introduttivo della fase sommaria, era da ritenersi ammissibile perché nel rito ex l.n.92/2012 il giudizio di primo grado è unico a composizione bifasica.
Aveva quindi annullato il licenziamento e, in applicazione dell’art.18, comma 4, L.n.300/70, aveva condannato la alla reintegrazione di nel posto di lavoro precedentemente occupato e al pagamento in suo favore di un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento e fino alla concorrenza di 12 mensilità, oltre interessi legali e Avverso la suddetta sentenza la ha proposto ricorso innanzi alla Suprema Corte di Cassazione, la quale ha definito il giudizio con l’Ordinanza n.2831 del 29.11.2023, pubblicata il 30.01.2024, con cui ha respinto sei dei sette motivi di ricorso, ritenendo, invece, fondato il secondo motivo, con cui la aveva censurato la violazione e falsa applicazione dell’art.18, comma 3 l.n.300/1970 per avere la Corte territoriale disposto la reintegrazione del nonostante questi, sin dall’atto introduttivo del giudizio, avesse richiesto il pagamento dell’indennità sostitutiva della reintegrazione. Sul punto la Suprema Corte, richiamato il contenuto della predetta norma nella formulazione risultante a seguito della legge n. 92/2012, ha rammentato che le Sezioni Unite con la sentenza n. 18353/2014 avevano “avallato la giurisprudenza secondo cui “è possibile domandare l’indennità sostitutiva, in luogo della reintegrazione, già con il ricorso introduttivo del giudizio” e avevano precisato che “In questo caso, se il giudice ritiene illegittimo il licenziamento, condanna il datore di lavoro direttamente al pagamento dell’indennità sostitutiva e non già alla reintegrazione. Non c’è alcuna obbligazione con facoltà alternativa e non si può ritenere che il rapporto sarà risolto solo quando l’indennità sarà pagata;
ma al contrario il rapporto è da intendersi risolto già al momento della comunicazione dell’opzione del lavoratore, che in tal modo rende partecipe il datore di lavoro del suo disinteresse a proseguire il rapporto ove il licenziamento sia ritenuto illegittimo dal giudice”.
La Corte di Cassazione ha ritenuto quindi che la sentenza impugnata non si fosse attenuta a tali principi, non avendo tenuto conto del fatto che nelle conclusioni del ricorso introduttivo della fase sommaria aveva richiesto non la reintegrazione, ma la condanna della Cooperativa, oltre che al risarcimento dei danni non inferiore a cinque mensilità di retribuzione globale di fatto, anche “al pagamento di un’indennità sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro, prevista dall’art. 18, comma 5° della L. 300/1970 (come modificato dalla L. 108/1990) pari a quindici mensilità di retribuzione globale di fatto”; Pertanto, accolto il secondo motivo di ricorso, ha cassato la sentenza impugnata in relazione alla censura ritenuta fondata, e ha rinviato alla Corte di Appello di Lecce, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Con ricorso del 26.04.2024 ha riassunto il giudizio dinanzi alla Corte di Appello di Lecce, riportando le argomentazioni e i principi espressi dalla SRAGIONE_SOCIALE. nella predetta ordinanza e chiedendo che il licenziamento fosse dichiarato nullo, illegittimo, inefficace e comunque contra jus, con condanna della -al risarcimento dei danni, mediante pagamento di un’indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno dell’illegittimo licenziamento sino alla concorrenza di 12 mensilità (art.18 comma 4 legge 300/70); -al pagamento dell’indennità sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro (art.18 comma 5) pari a quindici mensilità di retribuzione globale di fatto;
-al pagamento degli interessi e della rivalutazione su tutte le somme riconosciute, dal dovuto fino alla data del pagamento come per legge;
-al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali.
Il tutto con vittoria delle spese di tutti i gradi e le fasi del giudizio.
Con memoria del 21.05.2025 la ha dedotto che, non , per la quantificazione del risarcimento del danno si sarebbe dovuto far riferimento al comma 2, seconda parte, dell’art. 18 l.n.300/1970, come stabilito a dalla S.C. (pag. 10 dell’ordinanza),e quindi si sarebbe dovuto contenere il risarcimento del danno e il pagamento dei contributi previdenziali nella misura minima di cinque mensilità, nonché il risarcimento del maggior danno da svalutazione monetaria fino al 05.02.2018, data di deposito del ricorso nel quale era stata esercitata l’opzione. Ha inoltre rappresentato che, nelle more del giudizio innanzi alla Suprema Corte, aveva posto in esecuzione la condanna al pagamento dell’indennità risarcitoria assumendo erroneamente come parametro di riferimento una retribuzione commisurata a 30 ore settimanali di lavoro, anziché a 21 ore settimanali come avveniva a giugno 2017, immediatamente prima del licenziamento.
La Cooperativa ha chiesto, quindi, che fosse indicato il prospetto paga di giugno 2017 ai fini del calcolo della retribuzione globale di fatto e che fosse disposta la compensazione dell’importo di € 10.664,64 già pagato in favore di Con vittoria di spese e competenze del presente grado e della fase di legittimità.
All’udienza di discussione del 2.04.2025, sulle conclusioni rassegnate dalle parti in conformità ai rispettivi scritti, la causa è stata riservata per la decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Trattandosi di rinvio disposto ex art.384 c.p.c., la decisione di questa Corte territoriale sull’appello proposto da con il ricorso del 31.3.2021 deve esplicarsi in conformità e in conseguenza dei principi affermati dalla Suprema Corte nell’ordinanza di rimessione n.2831/2024, e quindi nei limiti delle questioni che, all’esito dell’accoglimento del secondo motivo del ricorso per cassazione proposto dalla e del contestuale rigetto degli altri suoi sei motivi, sono rimaste controverse. Il rigetto degli altri motivi di ricorso per cassazione ha determinato la formazione del giudicato interno sulla dichiarazione di illegittimità del licenziamento e sulla applicabilità della tutela (cd. reale attenuata) prevista dall’art.18 comma 4 l.n.300/1970, salva l’opzione ex comma 5. Giova rammentare il contenuto della menzionata ordinanza, nelle parti rilevanti in questa sede.
La RAGIONE_SOCIALE ha ivi affermato:
“è possibile domandare l’indennità sostitutiva, in luogo della reintegrazione, già con il ricorso introduttivo del giudizio”:
“In questo caso, se il giudice ritiene illegittimo il licenziamento, condanna il datore di lavoro direttamente al pagamento dell’indennità sostitutiva e non già alla reintegrazione.
Non c’è alcuna obbligazione con facoltà alternativa e non si può ritenere che il rapporto sarà risolto solo quando l’indennità sarà pagata;
ma al contrario il rapporto è da intendersi risolto già al momento della comunicazione dell’opzione del lavoratore, che in tal modo rende partecipe il datore di lavoro del suo disinteresse a proseguire il rapporto ove il licenziamento sia ritenuto illegittimo dal giudice”;
il diritto riconosciuto al lavoratore dall’art. 18 novellato di optare fra la reintegrazione nel posto di lavoro e l’indennità sostitutiva è stato configurato come “atto negoziale autonomo nell’esercizio di un diritto potestativo” (Cass. n. n. 5759 del 2019), affermandosi poi che “l’opzione per il conseguimento dell’indennità sostitutiva della reintegra nel posto di lavoro, una volta esercitata, anche in via , trascritte nel ricorso per cassazione, si evince che il aveva richiesto non la reintegrazione, bensì la condanna della al “risarcimento dei danni … e al pagamento di un’indennità sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro, prevista dall’art.18 comma 5° della l.300/1970 (come modificato dalla L. 108/1990) pari a quindici mensilità di retribuzione globale di fatto”. Ne consegue che questa Corte territoriale deve tener conto:
-del fatto, ormai definitivamente accertato, che nel ricorso depositato il 05.02.2018 dinanzi al Tribunale di Lecce, introduttivo della fase sommaria, aveva esercitato l’opzione chiedendo, in luogo della reintegrazione nel posto di lavoro, il pagamento dell’indennità sostitutiva prevista dalla legge n.300/1970;
– del fatto che tale opzione ha determinato l’effetto di risolvere il rapporto di lavoro con decorrenza dal momento in cui essa è stata comunicata alla datrice di lavoro (v. Ord. Cass. pag.11), ossia dalla notificazione del ricorso del 05.02.2018 alla RAGIONE_SOCIALE, avvenuta in data 17.12.2018, come si evince dalla memoria di costituzione depositata il 01.03.2019 dalla predetta società nella medesima fase processuale;
– del fatto che, in base all’art.18 l. n.300/1970 novellato, l’indennità sostitutiva della reintegrazione non è assoggettata a contribuzione previdenziale.
Pertanto, ferma restando la declaratoria di illegittimità del licenziamento contenuta nella parte non cassata della sentenza in grado di appello n.652/2022 su cui si è formato il giudicato interno, la deve essere condannata (non a reintegrare il nel posto di lavoro, ma) a pagare l’indennità sostitutiva, pari a quindici mensilità della retribuzione globale di fatto, parametro, quest’ultimo, che non può essere differente dalla retribuzione globale computabile secondo il contratto all’epoca della cessazione del rapporto di lavoro con riferimento (quanto meno) all’ordinario svolgimento del rapporto a tempo parziale in vigore tra le parti, ossia per 21 ore settimanali, pari al 55,27% dell’orario settimanale come si evince dal prospetto paga di giugno 2017, oltre che da quello del mese precedente e dal provvedimento reso inter partes dal Tribunale di Lecce ex art.669 terdecies c.p.c. il 17.3.2016, depositato in giudizio dalla all’esito dell’ordinanza di questa Corte del 05.03.2025, ammissibile ai sensi dell’art.437 c.p.c. Sulle predette quindici mensilità non è dovuto dalla il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali. I contributi sono invece dovuti agli enti previdenziali per il periodo intercorso tra la data del licenziamento (10.7.2017) dichiarato illegittimo e la data di comunicazione al datore di lavoro (17.12.2018) dell’opzione esercitata dal lavoratore, perché solo in tale ultima data si è verificata la risoluzione del rapporto di lavoro e conseguentemente cessa la correlata obbligazione contributiva.
La questione proposta dalla nel presente giudizio di rinvio in ordine agli effetti indirettamente derivanti, sulla quantificazione del risarcimento del danno previsto dall’art.18 comma 4 cit., dalla pronuncia della Cassazione relativa al momento in cui l’esercizio del diritto di opzione da parte del lavoratore ha prodotto effetti, non conduce in concreto ad alcuna modifica della pronuncia di condanna che ha ad oggetto il risarcimento.
le 15 mensilità in luogo della reintegrazione è stata resa nota alla società cooperativa con la notifica del ricorso della fase sommaria del giudizio) e che tra le predette due date sono trascorsi più di quindici mesi, la quantificazione delle mensilità risarcitorie (dodici) già stabilita tra le parti risulta, da un lato, non sovrabbondante rispetto alla durata del rapporto di lavoro, e, da altra parte, conforme alla misura massima consentita dall’art.18 comma 4, cit. Ne consegue la statuizione riportata in dispositivo. Tenuto conto dell’esito complessivo del giudizio e delle vicende processuali intermedie, e in considerazione del fatto che il lavoratore, pur avendo nell’originario ricorso optato per l’indennità sostitutiva della reintegrazione, nel successivo giudizio di merito di primo e di secondo grado ha inammissibilmente chiesto la reintegra, dando causa alla successiva cassazione parziale della prima decisione in appello, si reputano sussistenti ragioni idonee a determinare la compensazione delle spese di tutti i gradi e le fasi nella misura di ¼ del totale a norma dell’art.92 c.p.c., letto alla luce della sentenza della Corte Cost. n.77/2018; i residui ¾ del totale delle spese – liquidati in dispositivo- gravano sulla in base al principio di soccombenza.
Le spese relative al primo grado vanno distratte ex art.93 c.p.c. in favore degli Avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME;
quelle relative al primo giudizio di appello devono essere liquidate in favore dell’Erario, poiché per tale giudizio vi è il provvedimento del 14.4.2021 di ammissione di al patrocinio a spese dello Stato;
le spese relative al giudizio di Cassazione e al presente giudizio di rinvio devono invece essere distratte in favore dell’Avv. NOME COGNOME.
p.q.m.
La Corte di Appello di Lecce, Sezione Lavoro, visti gli artt.392 e 437 c.p.c., definitivamente pronunciando, in sede di rinvio disposto dalla Suprema Corte con ordinanza n.2831 del 29.11.2023, pubblicata il 30.01.2024, sul reclamo proposto il 31.03.2021 da nei confronti di avverso la sentenza n.25.02.2021 n.846 del Tribunale di Lecce, nel giudizio riassunto con ricorso del 26.04.2024 da nei confronti della predetta , così provvede:
-accoglie il reclamo e, per l’effetto, annulla il licenziamento intimato a con lettera del 10.7.2017 e condanna la a corrispondere, in suo favore, l’indennità sostitutiva della reintegrazione, pari a quindici mensilità della retribuzione globale di fatto, oltre rivalutazione monetaria ex artt.429 c.p.c. e 150 disp.att.
c.p.c. dal 17.12.2018 fino ad oggi e interessi legali, sulle somme rivalutate, dalla maturazione al saldo, nonché a corrispondere l’indennità risarcitoria, pari a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto, oltre rivalutazione monetaria ex artt.429 c.p.c. e 150 disp.att.
c.p.c. dalla data del licenziamento fino al 17.12.2018 e interessi legali, sulle somme rivalutate, dalla maturazione al saldo;
-condanna la al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino al 17.12.2018;
le fasi del primo grado, con distrazione in favore degli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME;
€ 3.225,00 in favore dell’Erario per il giudizio di secondo grado;
€ 2.100,00 per il giudizio di Cassazione, con distrazione in favore degli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME;
€ 3.225,00 per il giudizio di rinvio, con distrazione in favore dell’Avv. NOME COGNOME.
Lecce, camera di consiglio del 02.04.2025 Il Consigliere estensore Il Presidente Dott.ssa NOME COGNOME Dott. NOME COGNOME
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Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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