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Diritto di scelta della sede lavorativa

Diritto di scelta della sede lavorativa più vicina al familiare disabile non può considerarsi illimitato ed incondizionato.

Pubblicato il 26 August 2023 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Castrovillari -dr.ssa – nel procedimento deciso ai sensi dell’art. 127 ter c.p.c., previo riscontro telematico di note scritte, ha reso la seguente

SENTENZA n. 1360/2023 pubblicata il 04/08/2023

tra

XXX, con l’assistenza e difesa dell’avv.; e

AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE DI COSENZA, con l’assistenza e difesa dell’avv.;

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’atto introduttivo del presente giudizio la parte ricorrente, Collaboratore Professionale Sanitario Infermiere a tempo indeterminato alle dipendenze dell’azienda resistente in servizio presso il P.O. di Castrovillari, rappresentando di essere figlio di *** disabile in situazione di gravità ai sensi dell’art. 3, comma 3 L. n. 104/1992 e di doverla assistere in via continuativa; lamentando l’illegittimità del diniego della domanda di trasferimento nelle sedi del comune di Cosenza di domicilio avanzata in via amministrativa per violazione della L. n. 104/1992, attesa la insussistenza di esigenze organizzative effettive, ha agito in giudizio per ottenere anche in via cautelare l’accertamento del diritto al trasferimento in sede viciniore al proprio domicilio in con condanna dell’Asp al trasferimento presso una delle sedi più vicine, individuate nel Polosanitario di Montalto Uffugo o in subordine il Polosanitario di Rende.

Si è costituita l’azienda resistente per domandare il rigetto del promosso ricorso per infondatezza, attesa, inoltre, la particolare situazione di emergenza in atto.

Il ricorso è fondato e merita accoglimento per le ragioni che seguono.

Deve darsi atto della fondatezza delle doglianze mosse dalla parte ricorrente quanto meno sotto il profilo della omessa allegazione e prova a cura della parte datoriale resistente di esigenze organizzative effettive ed insuscettibili di essere diversamente soddisfatte concretamente apprezzabili sia nella fase procedimentale che in questa giudiziale tali da rendere oggettivamente recessivo e legittimo il sacrificio all’assistenza del genitore disabile nel necessario bilanciamento tra contrapposti interessi voluto dalla disciplina contenuta nell’art. 33, comma 5 L. n. 104/1992.

Innanzitutto, occorre chiarire che la disciplina invocata dalla parte ricorrente a sostegno del preteso trasferimento è destinata ad operare sia nella fase genetica che nella fase esecutiva del rapporto lavorativo per orientamento oramai costante della Suprema Corte (cfr. anche Cass. 01/03/2019, n. 6150). E sempre che il posto richiesto risulti vacante e disponibile (cfr. Cass. sez. lav., 03/08/2015, n. 16298).

Non solo, per l’interpretazione più volte fornita dalla Consulta e dalla giurisprudenza di legittimità della disciplina in esame, la posizione soggettiva del lavoratore pubblico o privato nella scelta della sede di lavoro più vicina al familiare affetto da handicap in condizione di gravità da assistere è da qualificare di diritto soggettivo perfetto, seppure condizionato (ove possibile) ed assoggettato a quel necessario bilanciamento espressamente richiesto dalla norma con le esigenze tecniche, organizzative e produttive del datore di lavoro, da esternare e provare eventualmente in giudizio (sull’onere della prova a carico della parte datoriale delle ragioni ostative al trasferimento cfr. anche Cass. sez. lav., 11/10/2017, n. 23857 nella parte in cui ribadisce: “… (omissis)… Questa Corte ha più volte statuito che, sussistendo il presupposto dell’assistenza continua della persona disabile, il diritto di scelta del lavoratore non va riferito esclusivamente al posto di lavoro all’atto dell’assunzione, ma che tale diritto sussiste anche in corso di rapporto, sempreché il posto risulti esistente e vacante (così da ultimo Cass. n.15873/2015); che tale diritto va comunque fatto valere contemperando le esigenze organizzative del datore di lavoro, che ha l’onere di provare le circostanze ostative al suo esercizio (Così Cass. SSUU n. 7945/2008, Cass. n. 3896/2009).). In concreto, per i rapporti di pubblico impiego privatizzato come quello in esame il riconoscimento del diritto di scelta della sede lavorativa più vicina al familiare disabile non può considerarsi illimitato ed incondizionato in quanto è da ritenersi assoggettato al necessario contemperamento con le esigenze di buon andamento ed imparzialità dei pubblici uffici ai sensi dell’art. 97 Cost.

Pertanto, detto diritto di scelta è subordinato alla condizione che il suo esercizio non comporti una lesione eccessiva delle esigenze organizzative ed economiche del datore di lavoro privato ovvero non determini un danno per la collettività compromettendo il buon andamento e l’efficienza della pubblica amministrazione.

Facendo applicazione al caso concreto dei principi appena sopra espressi occorre affermare la sussistenza di tutti i requisiti e delle condizioni di legge per il riconoscimento del diritto della parte ricorrente alla mobilità territoriale richiesta in via amministrativa.

La parte ricorrente, infatti, ha rappresentato e documentato di essere convivente ed unico referente della madre attualmente in situazione di handicap grave.

Non solo: vi è prova della domanda di trasferimento e della risposta negativa motivata dal “rischio di non poter garantire una turnazione dell’orario di lavoro regolare”.

Ed ancora: la parte ricorrente ha allegato la sussistenza di posti vacanti e disponibili di infermiere professionale presso le sedi richieste e la parte resistente non ha preso specifica posizione sul punto. Alla luce delle emergenze processuali occorre concludere per la omessa allegazione e prova gravante sulla parte datoriale resistente di ragioni ostative al chiesto trasferimento (l’impossibilità di approntare dei turni ospedalieri è stata prospettata in termini meramente eventuali, senza alcuna indicazione delle effettive attuali piante organiche del reparto).

In concreto, risulta omessa la stessa rappresentazione e la prova della sussistenza di esigenze organizzative effettive ed insuscettibili di essere diversamente soddisfatte apprezzabili processualmente che l’Asp aveva l’onere di fornire.

La motivazione addotta in fase ammnistrativa dall’Asp per giustificare il diniego al trasferimento preteso dal ricorrente è una vera e propria formula di stile priva di contenuto e significato giudizialmente apprezzabile in quanto del tutto generica e tale da non poter, da sola, giustificare il diniego ed il sacrificio del diritto al trasferimento per ragioni di assistenza di familiare disabile.

Manca l’esternazione di esigenze organizzative specifiche ed effettive e, soprattutto, dell’impossibilità di loro soddisfacimento facendo ricorso ad altre e diverse soluzioni.

Ovvia appare immediatamente la necessità di garanzia delle attività dei reparti ospedalieri in capo ad un’azienda, come quelle resistente, che eroga servizi per la tutela della salute collettiva, ma si tratta di un’esigenza permanente, non occasionale né contingente e, pertanto, non può reputarsi, così come rappresentata, in alcun modo come esigenza concreta, effettiva e specifica in grado di tutelare preminenti interessi di buon andamento ed imparzialità e di legittimare il diniego al chiesto trasferimento per ragioni di assistenza.

Non solo, risulta indimostrato lo stesso pregiudizio che il trasferimento in esame arrecherebbe all’attività dei reparti ed alle esigenze funzionali dell’Asp.

In ogni caso manca la stessa allegazione e la prova gravante sull’azienda resistente del fatto che il trasferimento del ricorrente presso una delle sedi richieste e la conseguente scopertura del posto dallo stesso ricoperto presso il P.O. di Castrovillari possa pregiudicare o addirittura ostacolare in via permanente l’attività del reparto dove è addetto il ricorrente con danno irreparabile per l’intera collettività.

In concreto, nella fattispecie in esame, alla luce delle emergenze processuali e della disciplina applicabile, tenuto conto del necessario bilanciamento tra contrapposti interessi da operare in concreto di cui si è appena detto sopra, deve ritenersi insussistente una ragione ostativa al trasferimento del ricorrente per ragioni di assistenza a familiare disabile che possa reputarsi effettiva ed in grado di giustificare il diniego frapposto dall’amministrazione resistente per preminenti ed effettive esigenze organizzative insuscettibili di essere diversamente soddisfatte.

Dalle premesse appena rassegnate deve essere accolta la domanda proposta.

Deve essere condannata, di conseguenza, l’azienda resistente all’immediato trasferimento della parte ricorrente in una delle sedi viciniori al domicilio della madre. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

disattesa ogni diversa istanza, deduzione ed eccezione, così provvede:

– condanna l’azienda sanitaria resistente all’immediato trasferimento della parte ricorrente presso sedi viciniori al domicilio della madre, indicate in ricorso;

– condanna l’azienda sanitaria resistente a rifondere le spese di lite in favore di parte ricorrente, liquidate in Euro 118,50 per esborsi ed in Euro 3.235,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, da distrarsi ex art. 93 c.p.c.

Castrovillari, 04/08/2023

Il Giudice del Lavoro

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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