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Infortuni sul lavoro, corresponsabilità dell’amministratore di fatto

In tema di infortuni sul lavoro, in base alla lettura combinata del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articoli 2 e 199, la titolarità solo formale della qualifica di amministratore di società, a cui fa capo il rapporto di lavoro con il dipendente, non costituisce causa di esonero da responsabilità in caso di omissione delle cautele prescritte in materia antinfortunistica; le due norme, infatti, prevedono una corresponsabilità sia del formale titolare della qualifica di datore di lavoro, sia di colui il quale pur sprovvisto di regolare investitura (amministratore di fatto), ne eserciti in concreto i poteri giuridici.

Pubblicato il 06 August 2023 in Diritto del Lavoro, Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Con sentenza emessa in data 14 dicembre 2021 a seguito di giudizio abbreviato, il Giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale di Napoli Nord condannava XXX, YYY e *** alla pena ritenuta di giustizia per il reato di omicidio colposo commesso con violazione delle norme antinfortunistiche in danno di KKK (capo A) dell’imputazione); riteneva responsabili e condannato i predetti imputati per i reati contravvenzionali a ciascuno ascritti, riguardanti la violazione di specifiche norme antinfortunistiche (capi C), D), E), F), ed H) della rubrica).

Era contestato a XXX e YYY, datori di lavoro dell’operaio deceduto (rispettivamente legale rappresentante e amministratore di fatto della ZZZ, in cooperazione colposa tra loro e con ***, coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione, di avere cagionato la morte di KKK, dipendente della ZZZ; l’operaio, trovandosi su un’impalcatura priva dei requisiti tecnici richiesti, perché mancante di parapetti da un lato, intento a disarmare un solaio, precipitava da un’altezza di circa sei metri, decedendo successivamente in ospedale.

La Corte di appello di Napoli riformava la pronuncia di primo grado, confermando la penale responsabilità degli imputati per tutti i reati a ciascuno ascritti.

L’articolata vicenda, come ricostruita dai giudici di merito nelle sentenze conformi, può essere così riassunta.

In data ***, l’operaio KKK, infortunatosi, veniva condotto presso l’ospedale di *** da due uomini a bordo di una vettura, successivamente identificati in *** e ***.

Quello stesso giorno, trasferito in altra struttura ospedaliera, decedeva dopo poche ore.

Nell’immediatezza il *** dichiarava che l’infortunio era avvenuto presso un deposito di attrezzature edili sito in Villaricca, precisamente presso la sede della ditta *** di ***.

Nel corso del sopralluogo effettuato nella immediatezza dal personale di polizia presso la sede della società indicata, emergevano talune anomalie e discrepanze che inducevano gli inquirenti ad approfondire le indagini.

Dall’acquisizione dei dati del sistema “GPS” montato sulla vettura della vittima emergeva che la vettura, durante la mattinata, aveva stazionato in altro luogo, precisamente nel Comune di Mugnano.

Si giungeva così ad appurare che l’infortunio era avvenuto presso un cantiere edile di *** ove si stavano realizzando lavori di ristrutturazione di un capannone industriale, commissionati da ***.

Dalle acquisizioni documentali si verificava che i lavori erano stati appaltati dalla *** s.r.l.”, la quale aveva subappaltato talune lavorazioni alla ditta ZZZ.

Di tale ultima ditta risultava essere legale rappresentante XXX, figlio di YYY.

Si appurava dunque che l’infortunio si era verificato in tale cantiere e che, alla luce delle lesioni riportate dall’operaio, il decesso era avvenuto per una precipitazione dall’alto da un’altezza di almeno sette metri.

La circostanza della presenza del *** nel cantiere di Mugnano veniva confermata da ***.

In data 29 maggio 2019, YYY rendeva spontanee dichiarazioni confessorie, riferendo di essere stato presente al momento dell’accaduto, di essere amministratore di fatto della ditta ZZZ, di avere fornito inizialmente una versione di comodo dell’accaduto per sollevare da eventuali responsabilità la committenza.

Quanto alla dinamica dell’infortunio confermava che l’operaio era precipitato al suolo dal ponteggio, precisando che questi aveva calpestato una tavola che si era ribaltata.

I giudici di merito, nelle due sentenze conformi, ritenendo non credibili le dichiarazioni di YYY, sono pervenuti alla conclusione che l’operaio fosse precipitato dall’impalcatura a causa dello spazio vuoto lasciato tra il tavolato ed il manufatto.

Osservando le fotografie in atti, alla luce delle prescrizioni elevate dai verbalizzanti ed in considerazione del punto di caduta del corpo, ritenevano che la caduta al suolo fosse stata determinata dal vuoto lasciato in una parte del ponteggio e dalla mancanza di parapetti ai lati.

Avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli proponevano ricorso per cassazione gli imputati.

Quanto alla dinamica dell’infortunio occorso al lavoratore ed alla causa del suo decesso, i giudici di merito, attraverso un esaustivo richiamo alle circostanze fattuali ed una puntuale analisi delle emergenze probatorie, hanno ritenuto che il lavoratore fosse deceduto in seguito a precipitazione dal ponteggio allestito presso un manufatto in ristrutturazione nel cantiere individuato dagli inquirenti nel territorio di ***.

Dalla visione delle fotografie allegate agli atti, sulla scorta delle testimonianze acquisite in ordine al punto in cui era riverso a terra il corpo della vittima, sulla base della entità delle lesioni riportate dall’operaio e del contenuto dei verbali di prescrizioni elevati dal personale dell’ASL intervenuto sul luogo del fatto, i giudici di merito hanno ritenuto acclarato che il lavoratore fosse caduto nello spazio vuoto lasciato tra il ponteggio ed il manufatto su cui doveva operare.

Il ponteggio, infatti, si presentava su un lato, per tutta la sua altezza, privo di parapetti ed allestito non in aderenza all’edificio.

Hanno quindi ritenuto, con argomentare logico e coerente, che il fatto fosse riconducibile alla responsabilità di XXX, legale rappresentante della ditta ZZZ, YYY, amministratore di fatto della società e ***, nominato dal committente coordinatore per l’esecuzione dei lavori.

La Corte di merito ha osservato come il ricorrente non fosse solamente legale rappresentante della ditta ZZZ, risultando dal POS che il ricorrente cumulava su di sé anche la qualifica di preposto e capocantiere.

Ha quindi ritenuto che egli avesse completamente abdicato ai compiti di vigilanza e controllo che gli competevano sia in qualità di datore di lavoro, sia in qualità di preposto (carica che aveva accettato senza riserve nel POS della ditta dallo stesso firmato).

Il tema della rimproverabilità che attiene ai reati colposi in materia antinfortunistica deve essere riferito anche all’assunzione soltanto formale della carica di legale rappresentante della società alle cui dipendenze è posto il lavoratore, e su cui i terzi fanno affidamento.

Escludere tale possibilità significherebbe svuotare di significato la responsabilità penale colposa derivante da una posizione di garanzia, i cui obblighi, come è noto, possono derivare dalla legge, da contratto, da precedente attività svolta, o da altra fonte obbligante da individuarsi a cura dell’interprete.

Si consentirebbe, infatti, attraverso l’interposizione fittizia, di vanificare la cogenza della tutela penale per omissione di cautele doverose correlate alla salvaguardia di soggetti ritenuti dall’ordinamento bisognevoli di protezione.

Si è in proposito osservato: “La responsabilità dell’amministratore della società non può venir meno per il fatto che il ruolo rivestito sia meramente apparente e ciò in ragione della posizione di garanzia ad esso assegnata dall’ordinamento. E’ noto che per attribuire a una condotta omissiva umana una efficacia casuale è necessario che l’agente abbia in capo a sé una posizione di garanzia, che, cioè in ragione della sua prossimità con il bene da tutelare, sia titolare di poteri ed obblighi che gli consentono di attivarsi onde evitare la lesione o messa in pericolo del bene giuridico la cui integrità egli deve garantire in base allo schema di cui all’articolo 40 c.p., comma 2 (“Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”).

E’ stato affermato che “perché nasca una posizione di garanzia, è necessario che: vi sia un bene giuridico che necessiti di protezione e che da solo il titolare non è in grado di proteggere; che una fonte giuridica (anche negoziale) abbia la finalità della sua tutela; che tale obbligo gravi su una o piu’ specifiche persone; che queste ultime siano dotate di poteri impeditivi della lesione del bene che hanno “preso in carico” (Sez. 4, n. 38991 del 10/06/2010).

La ratio sottesa al sistema va ricercata nella finalità di assicurare a determinati beni giuridici una tutela rafforzata, attribuendo a soggetti diversi dai titolari, in ragione del ruolo che rivestono, l’obbligo di evitarne la lesione mediante l’esercizio di doveri di vigilanza e di controllo e ciò perché gli interessati non hanno il completo dominio delle situazioni che potrebbero mettere a rischio l’integrità dei loro beni.

In tale assetto le posizioni di garanzia (per tutte Cass. Sez. 4, Sentenza n. 5037 del 30/03/2000 Rv. 219424), risultano connesse a obblighi di solidarietà di rilevanza costituzionale che l’ordinamento giuridico attribuisce a determinati soggetti sia “per proteggere determinati beni giuridici da tutti i pericoli che possono minacciarne l’integrità” (si pensi alla posizione di protezione dei genitori nei confronti dei figli, che è la posizione di solidarietà per eccellenza), sia per “neutralizzare determinate fonti di pericolo, in modo da garantire l’integrità di tutti i beni giuridici che ne possono risultare minacciati” (come nella posizione di controllo attribuita al datore di lavoro nei confronti dei lavoratori alle sue dipendenze)” (così, in motivazione, Sez. 4, n. 49732 del 11/11/2014).

La fonte dell’obbligo, nel caso in esame, deve essere individuata nella titolarità del rapporto di lavoro in capo all’imputato, che ha assunto la veste di amministratore della impresa edile, impegnandosi contrattualmente.

Tale interpretazione è confortata dalla lettura del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articoli 2 e 299 che definiscono la qualifica di datore di lavoro e perimetrano l’esercizio di fatto delle funzioni tipiche di coloro i quali rivestano le qualifiche di datore di lavoro, di dirigente o di preposto.

Il datore di lavoro è il soggetto “titolare del rapporto di lavoro”, il quale riveste una posizione di garanzia, indipendentemente dalla effettività dello svolgimento delle mansioni tipiche imprenditoriali e datoriali.

L’aspetto della irrilevanza della intestazione apparente o fittizia ai fini dell’assunzione della posizione di garanzia si ricava dal testo del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 299, che, nel definire l’esercizio di fatto di poteri direttivi, stabilisce che la posizione di garanzia relativa al datore di lavoro grava altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti al soggetto definito nell’articolo 2 del decreto legislativo citato.

La norma, nell’estendere gli obblighi di garanzia a coloro i quali, di fatto, svolgono mansioni tipiche delle figure di cui si è detto, non esclude la corresponsabilità di coloro i quali siano formali titolari della qualifica.

Permane, dunque, in capo al datore di lavoro la posizione di garanzia attribuitagli dalla legge a meno che questi non abbia investito altri soggetti delle funzioni prevenzionistiche mediante apposita delega (si veda in argomento Sez. 4, n. 2157 del 23/11/2021: “In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, la previsione del Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81, articolo 299, elevando a garante colui che di fatto assume ed esercita i poteri del datore di lavoro, amplia il novero dei soggetti investiti della posizione di garanzia, senza tuttavia escludere, in assenza di delega dei poteri relativi agli obblighi prevenzionistici in favore di un soggetto specifico, la responsabilità del datore di lavoro, che di tali poteri è investito ex lege e che, nelle società di capitali, si identifica nella totalità dei componenti del consiglio di amministrazione. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la decisione che, in assenza di delega di poteri, aveva riconosciuto la qualifica di datore di lavoro al presidente del consiglio di amministrazione di una società di capitali, nonostante si occupasse della prevenzione un altro componente del consiglio di amministrazione).

Viene in rilievo, a questo proposito, la complessa tematica della delega di funzioni, contemplata dal Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 16, la quale soltanto può essere causa di esonero da responsabilità, in presenza di determinate condizioni, per colui il quale rivesta la qualifica di datore di lavoro.

In relazione a detto tema, a cui occorre fare riferimento per completezza argomentativa, è sufficiente richiamare i principi stabiliti dalle Sezioni Unite che, nel determinare il perimetro entro il quale può ritenersi conferita una efficace delega di funzioni in campo datoriale hanno così stabilito: “In materia di infortuni sul lavoro, gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro, possono essere trasferiti con conseguente subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa capo al delegante, a condizione che il relativo atto di delega Decreto Legislativo n. 81 del 2008, ex articolo 16 riguardi un ambito ben definito e non l’intera gestione aziendale, sia espresso ed effettivo, non equivoco ed investa un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza che sia dotato dei relativi poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa” (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014).

Si tratta di requisiti stringenti, non altrimenti sostituibili, in relazione ai quali grava sul datore di lavoro un preciso onere dimostrativo (cfr. Sez. 4, n. 44141 del 19/07/2019: “In materia di infortuni sul lavoro, l’onere della prova circa l’avvenuto conferimento della delega di funzioni – e del conseguente trasferimento ad altri soggetti degli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza incombenti sul datore di lavoro – grava su chi l’allega, trattandosi di una causa di esclusione di responsabilità. (Fattispecie relativa ad infortunio occorso ad un dipendente di un supermercato, in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità dell’amministratrice della società proprietaria che si era limitata a dichiarare di avere attribuito il potere di controllo al preposto al punto vendita in cui era avvenuto l’infortunio, mediante contratto di distacco non allegato al ricorso).

Alla luce delle considerazioni che precedono devono ribadirsi i pur risalenti precedenti di legittimità che hanno affermato come la responsabilità dell’amministratore della società, in ragione della posizione di garanzia assegnatagli dall’ordinamento, non viene meno per il fatto che il ruolo rivestito sia meramente apparente (cfr. la già citata Sez. 4, n. 49732 del 11/11/2014, così massimata: “In tema di infortuni sul lavoro, la responsabilità dell’amministratore della società, in ragione della posizione di garanzia assegnatagli dall’ordinamento, non viene meno per il fatto che il ruolo rivestito sia meramente apparente”; Sez. 4, n. 35120 del 6/6/2013, Sez. 5, n. 1022 del 07/11/1968, dep. 31/01/1969; Sez. 4, n. 600 del 21/03/1967).

Il principio di diritto:

In tema di infortuni sul lavoro, in base alla lettura combinata del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articoli 2 e 199, la titolarità solo formale della qualifica di amministratore di società, a cui fa capo il rapporto di lavoro con il dipendente, non costituisce causa di esonero da responsabilità in caso di omissione delle cautele prescritte in materia antinfortunistica; le due norme, infatti, prevedono una corresponsabilità sia del formale titolare della qualifica di datore di lavoro, sia di colui il quale pur sprovvisto di regolare investitura (amministratore di fatto), ne eserciti in concreto i poteri giuridici.

Corte di Cassazione, Sezione Quarta Penale, Sentenza n. 30167 del 12 luglio 2023

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