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Il credito restitutorio del Fondo di Garanzia è di natura pubblicistica

Il credito restitutorio del Fondo di Garanzia per le PMI, a seguito di surrogazione nei diritti della banca finanziatrice, è di natura pubblicistica e pertanto l’iscrizione a ruolo può avvenire anche in mancanza di un titolo esecutivo. Tale privilegio è esteso anche ai terzi prestatori di garanzia. La sentenza richiama i recenti indirizzi della Corte di Cassazione.

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Pubblicato il 28 giugno 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE D’APPELLO DI TORINO SEZIONE PRIMA CIVILE

La Corte d’Appello, riunita in camera di consiglio nelle persone dei magistrati:

Dott.ssa NOME COGNOME Presidente Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere relatore ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._529_2025_- N._R.G._00000935_2022 DEPOSITO_MINUTA_17_06_2025_ PUBBLICAZIONE_17_06_2025

nella causa civile iscritta in secondo grado al n. r.g. 935/2022 avente ad oggetto:

opposizione a cartella esattoriale promossa da:

(C.F. ), elettivamente domiciliato presso l’Avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende per procura in atti;

PARTE APPELLANTE Contro (C.F. , in persona del legale rappresentante pro tempore;

PARTE APPELLATA CONTUMACE E contro C.F. ), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata presso l’Avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende per procura in atti;

PARTE APPELLATA C.F. Udienza di precisazione delle conclusioni del 8.4.2025.

CONCLUSIONI

DELLE PARTI

PER PARTE APPELLANTE:

Voglia l’Ecc.ma Corte d’Appello adita, in riforma della sentenza del Tribunale di Ivrea n. 49/2022, 1)-accertare e conseguentemente dichiarare l’illegittimità dell’iscrizione a ruolo della cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA per l’assenza, in violazione dell’art. 21 del D.lgs. 46/1999, di valido titolo esecutivo idoneo a sorreggere la medesima iscrizione a ruolo e così accertare e conseguentemente dichiarare l’illegittimità e/o la nullità e/o l’inammissibilità e/o l’inesistenza e/o l’invalidità/l’inefficacia della cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA e pertanto mandare libero da ogni pretesa e condanna il sig. 2)-in ogni caso mandare libero da ogni pretesa e condanna il sig. Con vittoria di spese e competenze del doppio grado di giudizio. PER Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello adita, contrariis rejectis:

nel merito, ritenere e dichiarare legittimo l’operato della e, per l’effetto, rigettare le domande di parte appellante, siccome infondate in fatto ed in diritto e non provate, per le ragioni esposte in narrativa;

con conseguente integrale conferma della impugnata sentenza n. n. 49/2022 del Tribunale di Ivrea.

Con vittoria di spese, competenze ed onorari del presente grado.

MOTIVI DELLA DECISIONE

I.

Con atto di citazione in opposizione ex art. 615 comma 1 c.p.c., evocava in giudizio l’ e la chiedendo di dichiarare illegittima/nulla la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA emessa da Torino e notificata il 16.3.2020, relativa al ruolo NUMERO_DOCUMENTO emesso da con cui gli era stato intimato il pagamento dell’importo di € 18.509,71, dovuto in qualità di coobbligato a seguito dell’escussione della garanzia prestata dal Fondo di Garanzia per le piccole e medie imprese di cui alla L. 662/1996, gestito da e della surroga – conseguente al pagamento – nella posizione della banca che aveva concesso il finanziamento e che aveva escusso la garanzia. RAGIONE_SOCIALE A fondamento dell’opposizione deduceva l’illegittimità dell’iscrizione a ruolo per la riscossione esattoriale delle somme, per inesistenza del titolo esecutivo in quanto:

ai sensi degli artt. 17 e 21 D.Lgs. 46/1999 erano suscettibili di riscossione coattiva mediante gli appositi istituti dell’ingiunzione fiscale e dell’iscrizione al ruolo le sole entrate pubblicistiche, ovvero le entrate tributarie per le quali il ruolo assumeva natura sia di titolo esecutivo, sia di precetto;

il credito in questione aveva invece natura privatistica, trattandosi di finanziamenti erogati da istituti di credito privati, e RAGIONE_SOCIALE in qualità di gestore del Fondo assumeva, con la surrogazione legale conseguente all’escussione della garanzia, la medesima posizione del creditore originario;

il credito non poteva quindi essere iscritto a ruolo in mancanza di un titolo esecutivo;

l’art 8 bis L. 33/2015, di conversione del D.L. 3/2015, non si applicava perché non era norma retroattiva o di interpretazione autentica;

il privilegio di cui all’art. 9 comma 5 D.Lgs. 123/1998 non era applicabile poiché la disposizione riguardava crediti nascenti da finanziamenti erogati oggetto di revoca;

nel caso di specie non vi era stato un provvedimento di revoca di finanziamento, ma solo una risoluzione del rapporto tra e la debitrice principale.

costituendosi, chiedeva di rigettare l’opposizione allegando che:

per effetto della disciplina in materia (precisamente, del richiamo all’ art. 9 comma 5 D.Lgs. 123/1998, contenuto nell’ art. 2 comma 4 D.M. 20.6.2005, e dell’art. 8 bis L. 33/2015, ripetitivo e confermativo del regime già vigente), era previsto espressamente che il credito oggetto di recupero si iscrivesse direttamente a ruolo ex art. 17 D.Lgs. 46/1999, escludendosi la necessità della preventiva formazione di un titolo esecutivo ex art 21 D.Lgs. 46/1999;

tale normativa era espressamente applicabile anche nei confronti dei soggetti che avevano prestato garanzia per il debitore;

l’obbligazione di di provvedere al pagamento delle somme dovute in conseguenza dell’inadempimento dell’impresa e dei garanti era del tutto autonoma rispetto al rapporto intercorrente tra la banca e il soggetto debitore.

non si costituiva e veniva dichiarata contumace.

Il Tribunale di Ivrea, con sentenza n. 49/2022 pubblicata il 13.1.2022, riteneva infondata l’opposizione proposta da rilevando che:

-la contestazione da parte dell’opponente della prova del pagamento e del quantum corrisposto da era tardiva, in quanto svolta in memoria di replica, ed era smentita dalla documentazione prodotta da parte opposta;

-la tesi dell’opponente secondo cui il credito in questione non rientrava nell’ambito di applicazione dell’art. 9 comma 5 D.Lgs. 123/1998, in quanto la disposizione presupponeva che i crediti nascenti da finanziamenti erogati fossero oggetto di revoca (vincolando ad avvalersi per il recupero del credito delle forme ordinarie di tutela civilistiche), era superata dal recente orientamento della Corte di Cassazione;

la Suprema Corte aveva infatti chiarito che l’art. 8 bis L.33/2015 non doveva essere RAGIONE_SOCIALE considerato disposizione di interpretazione autentica né innovativa, ma disposizione solo ripetitiva e confermativa del regime già vigente (Cass. civ. 14915/2019);

già nel previgente sistema doveva ritenersi che anche gli interventi di sostegno pubblico erogati in forma di garanzia godessero del privilegio di cui all’art. 9 comma 5 D.Lgs. 123/1998 (Cass. civ. 30621/2019);

le norme che disciplinavano i privilegi, pur avendo carattere eccezionale, erano passibili di un’interpretazione estensiva e ricorrevano i presupposti per un’interpretazione volta ad estendere il privilegio anche al caso dell’inadempimento;

infatti in tutti i casi in cui diveniva operativo il sistema di “revoca” e “restituzione” previsto dall’art. 9, si trattava comunque di assorbire, di “recuperare” il sacrifico patrimoniale che il sostegno pubblico aveva in concreto sopportato in funzione dello “sviluppo delle attività̀ produttive” (Cass. civ. n. 2664/2019);

-era altresì infondata la tesi dell’opponente secondo cui il credito di aveva natura privatistica (e quindi ai sensi dell’art. 21 D.Lgs. 46/1999 era necessario un precedente titolo esecutivo), in quanto la Suprema Corte aveva riconosciuto la natura pubblicistica del credito di siccome connesso alla finalità di pubblica utilità di sostegno dello sviluppo delle attività produttive (Cass. civ. 6508/2020; Cass. civ. 2664/2019);

trattandosi di credito di natura pubblicistica, l’istituto opposto poteva procedere al recupero del credito mediante iscrizione a ruolo, non essendo necessario un precedente titolo esecutivo;

in ogni caso l’art. 21 D.Lgs. 46/1999 faceva salvo che “sia diversamente disposto da particolari disposizioni di legge”, e nel caso di specie la deroga era dettata dal D.Lgs. 123/1998 e dal D.L. 3/2015.

Pertanto rigettava l’opposizione e compensava tra le parti le spese di lite.

Con atto di citazione in appello impugnava la sentenza, chiedendone la riforma per i motivi di seguito esposti e formulando le conclusioni sopra riportate.

costituendosi, chiedeva di respingere l’appello in quanto infondato, formulando le conclusioni sopra riportate.

non si costitutiva e veniva dichiarata contumace.

II.

L’appello è articolato in due motivi di gravame.

Con il primo motivo l’appellante censura la sentenza nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto infondata la sua tesi secondo cui, a fronte di un credito di di natura privatistica, sarebbe stato necessario un preesistente titolo esecutivo;

allega che:

le argomentazioni del Tribunale non sono condivisibili;

in senso contrario a tale interpretazione si sono pronunciati altri Tribunali, che hanno ritenuto la necessità di precostituzione di un titolo esecutivo perché quello di è un credito di natura privatistica;

si tratta in particolare della sentenza del 19.10.2021 del Tribunale di Vercelli, RAGIONE_SOCIALE dell’ordinanza del Tribunale di Cuneo repert. n.708 del 12.5.2022, della sentenza del Tribunale di Torino n.4384/2021 del 4.9.2022.

Con il secondo motivo l’appellante censura la sentenza nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto infondata la sua tesi secondo cui l’art. 9 comma 5 D.Lgs. 123/1998 sarebbe stato applicabile solo all’ipotesi di revoca di finanziamenti e non al caso di specie;

allega che:

l’art. 8 bis comma 3 L. 33/2015 non trova applicazione nel caso in questione perché non si tratta di norma di interpretazione autentica o con efficacia retroattiva, posto che se il legislatore avesse inteso operare in tal senso lo avrebbe espressamente previsto in deroga a quanto sancito dall’art. 11 delle preleggi (Tribunale Milano 1.3/2018 e Tribunale Brescia 23.7.2018);

tale norma è peraltro applicabile solo con riferimento alle ipotesi di revoca del finanziamento, disposta per comportamenti contrari agli obblighi assunti dal soggetto beneficiario della agevolazione, e laddove la cartella esattoriale azionata si fondi sull’inadempimento dell’impresa finanziata all’obbligo restitutorio delle somme mutuate alla banca finanziatrice, si è di fronte ad un inadempimento all’obbligazione restitutoria del finanziamento che non consente un provvedimento amministrativo di revoca del beneficio, sicché chi ha erogato il prestito o fornito la garanzia escussa deve agire per il recupero delle somme dovute avvalendosi delle tutele processuali civilistiche (sentenza Tribunale di Potenza 564/2019 e sentenza Tribunale di Bari 777/2019); inoltre, il credito di non ricade nell’ambito di applicazione dell’art. 9 comma 5 D.Lgs. 123/1998, circoscritto alle sole ipotesi di erogazioni dirette di denaro e di finanziamenti erogati e poi revocati;

infatti le norme che stabiliscono privilegi in favore di determinati crediti costituiscono norme eccezionali e non sono suscettibili di interpretazione analogica (Cass. 5297/2009).

replica richiamando le norme in materia e le argomentazioni svolte nella sentenza impugnata, in accoglimento delle proprie tesi difensive prospettate nel giudizio di primo grado, e menzionando nuove sentenze che confermano lo stesso orientamento.

I motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono infondati.

Appare opportuno premettere alcuni cenni sulla fattispecie oggetto di causa e sulla normativa applicabile.

svolge, in virtù di convenzione con il Ministero per lo Sviluppo Economico, attività di gestione del Fondo di Garanzia per le P.M.I., istituito ai sensi dell’art. 2 comma 100 lett. a) L. 662/1996, per assicurare, mediante risorse pubbliche, una garanzia ai finanziamenti concessi alle piccole e medie imprese.

RAGIONE_SOCIALE Il sig. si è costituito fideiussore di con riferimento a contratto di affidamento in conto corrente stipulato con per il quale è stato chiesto e ottenuto l’intervento del Fondo di Garanzia.

Stante l’inadempimento contrattuale della società finanziata, la banca ha provveduto a escutere la garanzia del Fondo e ha erogato l’importo richiesto.

Per effetto del pagamento eseguito in favore della banca garantita, ai sensi degli artt. 1203 e 1204 c.c. e dell’art. 2 comma 4 D.M. 20.6.2005, ha acquisito il diritto di rivalersi sull’impresa che ha ricevuto il finanziamento ed è surrogata nei diritti spettanti alla banca finanziatrice nei confronti del fideiussore.

Il D.M. 20.6.2005 di “Rideterminazione delle caratteristiche degli interventi del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese” (adottato ai sensi dell’art. 15 L. 266/1997), dispone all’art. 2 comma 4 che “In caso di inadempimento delle piccole e medie imprese, i soggetti richiedenti possono rivalersi sul Fondo per gli importi da esso garantiti, anziché continuare a perseguire il debitore principale.

Ai sensi dell’art.1203 del codice civile, nell’effettuare il pagamento, il Fondo acquisisce il diritto a rivalersi sulle piccole e medie imprese inadempienti per le somme da esso pagate.

Nello svolgimento delle procedure di recupero del credito per conto del Fondo di gestione applica, così come previsto dall’art. 9, comma 5, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123, la procedura esattoriale di cui all’art. 67 del decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43, così come sostituita dall’art. 17 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46”.

Quindi viene previsto che per il recupero delle somme erogate si faccia luogo alla procedura di riscossione esattoriale di cui all’art. 17 D.Lgs. 46/1999 (“si effettua mediante ruolo la riscossione coattiva delle entrate dello Stato, anche diverse dalle imposte sui redditi, e di quelle degli altri enti pubblici, anche previdenziali, esclusi quelli economici”).

L’art. 9 comma 5 D.Lgs. 123/1998 dispone che “Per le restituzioni di cui al comma 4 i crediti nascenti dai finanziamenti erogati ai sensi del presente decreto legislativo sono preferiti a ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall’articolo 2751- bis del codice civile e fatti salvi i diritti preesistenti dei terzi.

Al recupero dei crediti si provvede con l’iscrizione al ruolo, ai sensi dell’articolo 67, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43, delle somme oggetto di restituzione, nonché delle somme a titolo di rivalutazione e interessi e delle relative sanzioni”.

E l’art. 8 bis comma 3 D.L. 3/2015, conv. in L. 33/2015, dispone che “Il diritto alla restituzione, nei confronti del beneficiario finale e dei terzi prestatori di garanzie, delle somme liquidate a titolo di perdite dal Fondo di garanzia di cui all’articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, Contr Contr n. 662, costituisce credito privilegiato e prevale su ogni altro diritto di prelazione, da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall’articolo 2751-bis del codice civile, fatti salvi i precedenti diritti di prelazione spettanti a terzi. La costituzione e l’efficacia del privilegio non sono subordinate al consenso delle parti.

Al recupero del predetto credito si procede mediante iscrizione a ruolo, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, e successive modificazioni”.

Come statuito dalle recenti pronunce della Suprema Corte:

-in tema di interventi di sostegno pubblico erogati in forma di concessione di garanzia pubblica, in capo al gestore del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (ex L. n. 662 del 1996) che ha soddisfatto il finanziatore, surrogandosi ad esso, sorge un diritto restitutorio di natura pubblicistica privilegiata, non più volto al recupero del credito di diritto comune originato dal primigenio finanziamento, bensì mirato a riacquisire risorse pubbliche alla diponibilità del Fondo;

con la conseguenza che ad esso è applicabile la procedura di riscossione coattiva dei crediti cc.dd. agevolati, ex art. 17 D.Lgs. 146/1999, anche nei confronti dei terzi prestatori di garanzie, ai sensi dell’art. 8 bis comma 3 D.L. n. 3 del 2015, conv. con modif. dalla L. n. 33 del 2015, pur se il credito sia sorto prima dell’entrata in vigore della norma, atteso che tale disposizione non è di interpretazione autentica, né innovativa, ma meramente ripetitiva e confermativa del regime già vigente (Cass. civ. 32148/2024; Cass. civ. 9657/2024);

-il privilegio previsto, dall’art. 9 comma 5 D.Lgs. n. 123/1998, per i crediti dello Stato per la restituzione dei “finanziamenti” erogati, trova applicazione anche per gli interventi di sostegno pubblico erogati in forma di concessione di garanzia, stante la finalità pubblicistica che connota il D.Lgs. n. 123 del 1998 e il carattere unitario, sotto il profilo funzionale, delle diverse misure agevolative ivi contemplate;

e si estende al credito del gestore del Fondo di garanzia che, a seguito di escussione, soddisfa il finanziatore, il quale, peraltro, non originando da un’erogazione diretta da parte dell’Amministrazione statale di somme di danaro nelle mani del beneficiario, ma dal pagamento dell’istituto di credito che aveva erogato il finanziamento al beneficiario, sorge per effetto del solo pagamento, non occorrendo un provvedimento di revoca della concessione del finanziamento (Cass. civ. 32148/2024);

-al credito del gestore del Fondo di garanzia che ha soddisfatto il finanziatore, surrogandosi ad esso, va riconosciuta natura pubblicistica, in quanto il suo riconoscimento ha lo scopo di fare riacquisire risorse pubbliche alla disponibilità del fondo per le piccole e medie imprese, con conseguente ammissibilità del ricorso alla procedura di riscossione a mezzo ruolo per il suo recupero, anche in mancanza di un titolo esecutivo, in deroga all’art. 21 del decreto legislativo n. 46 del 1999 (Cass. civ. 15485/2024, che espressamente applica “indirizzi ormai consolidati di questa Corte” e rileva che, nel caso sottoposto al suo esame, la decisione impugnata, laddove ha negato la possibilità di procedere all’iscrizione nei ruoli esattoriali del credito in surroga vantato da in mancanza di un titolo esecutivo, non è conforme ai principi di diritto enunciati dalla Corte). Questa Corte d’Appello, che aveva già deciso nello stesso senso con sentenza n.754/2023, condivide tale orientamento giurisprudenziale di legittimità consolidatosi nel 2024 (come statuito con la propria sentenza n. 425/2025).

Non sussiste pertanto la dedotta nullità/illegittimità della cartella di pagamento e del ruolo esecutivo, in quanto il diritto di credito restitutorio di è di natura pubblicistica e non privatistica, non si applica l’art. 21 D.Lgs. 46/1999 (concernente i rapporti di diritto privato e che peraltro fa “Salvo che sia diversamente disposto da particolari disposizioni di legge”) e non deve ottenere previamente un titolo esecutivo;

le statuizioni della Suprema Corte riportate, rendono infondate tutte le allegazioni svolte dall’appellante.

L’appello viene conseguentemente rigettato, con conferma della sentenza impugnata.

III.

Le spese di lite del presente giudizio d’appello seguono la soccombenza, dovendo essere poste a carico di parte appellante e a favore della parte appellata costituita.

Le stesse vengono liquidate ai sensi del D.M. 55/2014 come modificato con D.M. 147/2022, tenuto conto del valore di causa (scaglione da € 5.200,01 a € 26.000,00) e dell’attività svolta (con esclusione della fase istruttoria), nei seguenti importi corrispondenti ai valori medi:

€ 1.134,00 per fase di studio, € 921,00 per fase introduttiva, € 1.911,00 per fase decisionale, per totali € 3.966,00 per compensi;

oltre al 15% rimborso forfettario spese, CPA e IVA se dovute.

Ai sensi di quanto disposto dall’art. 13 comma 1 quater D.P.R. n. 115/2002 la parte appellante è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

La Corte d’Appello di Torino, Sezione Prima Civile, ogni altra istanza, eccezione e deduzione respinta, definitivamente pronunciando, -rigetta l’appello proposto da avverso la sentenza n. 49/2022 del Tribunale di Ivrea, pubblicata il 13.1.2022, che per l’effetto conferma;

condanna parte appellante al pagamento delle spese processuali del giudizio d’appello a favore della parte appellata che liquida in € 3.966,00 per compensi, oltre al rimborso forfettario spese in misura del 15% dei compensi, CPA ed IVA se dovute.

Ai sensi di quanto disposto dall’art. 13 comma 1 quater D.P.R. n. 115/2002 la parte appellante è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del 13.6.2025 dalla Prima Sezione Civile della Corte d’Appello.

Il Consigliere Estensore La Presidente Dott.ssa NOME COGNOME Dott.ssa NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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