N. R.G. 338/2024 V.G.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE D’APPELLO DI LECCE Prima Sezione Civile riunita in camera di consiglio nella seguente composizione:
Dott. NOME COGNOME Presidente Dott. NOME COGNOME Consigliere Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._24_2025_- N._R.G._00000338_2024 DEL_07_04_2025 PUBBLICATA_IL_08_04_2025
nel procedimento iscritto al n. 338 R.G. V.G. delle cause dell’anno 2024 TRA (c.f.: ), rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Lecce, alla INDIRIZZO giusta delega in calce all’atto di reclamo;
-RECLAMANTE- , in qualità di Liquidatore;
C.F. -RECLAMATO CONTUMACE- CON L’INTERVENTO DEL P.G. All’udienza del 26/9/2021, previo deposito di note scritte, da parte del procuratore del reclamante, nel termine assegnato dal Collegio e, acquisito il parere del P.G., la causa è stata riservata per la decisione.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato in data 05.06.2023, ai sensi dell’art. 268 e ss. CCII, , chiedeva al Tribunale di Lecce l’apertura della liquidazione controllata del proprio patrimonio.
A sostegno della richiesta, deduceva di trovarsi in uno stato di crisi da sovraindebitamento, ex art. 2, co.
1, lett. c) CCII, dovuto ad una situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte ed il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte.
Unitamente al ricorso, allegava la relazione redatta dal Gestore della crisi, Avv. nominato dall’OCC in data 13.10.2022, contenente la valutazione di completezza e attendibilità della documentazione depositata dal debitore a corredo della domanda.
Nella relazione, redatta ai sensi dell’art. 269, co. 2, CCII, veniva illustrata la situazione economica, patrimoniale e finanziaria del debitore, ed evidenziata un’esposizione debitoria complessiva pari a euro 74.258,33.
Il Tribunale adito, esclusa la pendenza di domande di accesso alle procedure, di cui al titolo IV del CCII, e verificata la sussistenza dei presupposti previsti dagli artt. 268 e 269 CCII, con sentenza n. 83/2024, pubblicata in data 24.7.2024, dichiarava aperta la liquidazione controllata dei beni di Senonché il giudice di prime cure, contestualmente sosteneva che “ l’avere utilizzato buona parte dei finanziamenti richiesti e percepiti (RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE per lavori nei provvedimenti interlocutori del Giudice delegato), rende necessaria la nomina di un legale (che si individua nella persona dell’avv. ) al fine di valutare il tipo di azione da intraprendere nei confronti del proprietario dell’abitazione per far valere le migliorie apportate, a tutela dell’interesse dei creditori”. Avverso detta sentenza proponeva reclamo ex art. 51 e s.s. CCII, depositato in data 23/08/2024, per i motivi di seguito esposti.
in qualità di liquidatore nominato dal Giudice Delegato, e , in qualità di Avvocato designato dal G.D. – per l’esercizio di eventuali azioni nei confronti del proprietario dell’immobile sul quale sono stati eseguiti i lavori di ristrutturazione – pur ritualmente citati in giudizio, non si costituivano, e ne veniva dichiarata la contumacia.
Il P.G., con parere reso in data 2.9.2024, ha concluso per il rigetto dell’impugnazione.
All’udienza del 26.9.2024 il Collegio, previo deposito di note scritte, da parte del procuratore del reclamante, nel termine assegnato, ha riservato la causa per la decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di gravame, il reclamante censura la pronuncia impugnata nella parte in cui il giudice di prime cure ha ritenuto insussistente la propria meritevolezza ai fini dell’accesso all’ulteriore beneficio dell’esdebitazione.
In particolare, si duole che per il Tribunale, l’aver destinato una parte significativa dei finanziamenti richiesti e ottenuti (da RAGIONE_SOCIALE
e NOME COGNOME AB) per i lavori ristrutturazione dell’abitazione in cui vive – sebbene di proprietà del padre e concessagli in comodato d’uso gratuito – costituisca un ostacolo al riconoscimento del beneficio.
Viceversa, evidenzia come il proprio indebitamento non sia riconducibile a colpa grave, malafede o frode, avendo contratto i finanziamenti de quibus, con la ragionevole prospettiva di poter adempiere alle obbligazioni, in virtù di un impiego stabile e di un reddito adeguato all’epoca della stipula.
lavoro, rendendo insostenibile il pagamento delle rate e costringendolo a ricorrere a ulteriori forme di credito per far fronte alle proprie esigenze primarie, comprese quelle di natura sanitaria.
Sostiene, infine, che la mancanza di una colpa grave in capo al sovraindebitato è ulteriormente confermata dal fatto che il Gestore della crisi, nella sua relazione integrativa, ha rilevato come i creditori non abbiano adeguatamente valutato il merito creditizio del debitore al momento della concessione dei finanziamenti.
2.
Il motivo non è meritevole di essere accolto.
Ed invero, con il provvedimento reclamato, il primo giudice ha correttamente valutato, sulla base della relazione dell’OCC e dei documenti allegati alla proposta, la sussistenza della colpa grave, in capo al proponente, nella determinazione della situazione di sovraindebitamento, configurandola come circostanza ostativa al riconoscimento del beneficio dell’esdebitazione ai sensi dell’art. 282, comma 2, CCII.
Orbene, con riguardo alla nozione di “colpa”, deve ritenersi che la stessa consista nella difformità tra la condotta tenuta dal consumatore e le regole (c.d. cautelari) di diligenza, perizia e prudenza che presidiano l’ambito di azione dell’individuo a tutela degli interessi altrui che di volta in volta acquistano rilievo in un determinato contesto.
Tali regole di condotta possono essere specificamente previste dalla disciplina positiva (configurandosi, in caso di violazione, una colpa c.d. specifica) ovvero di volta in volta “costruite” dal Giudice mediante un procedimento induttivo di ricerca ed analisi delle regole di esperienza che governano un determinato ambito dell’agire umano (configurandosi in tali casi una colpa c.d. generica).
La gravità della colpa va apprezzata come elevato grado di “divaricazione” tra la condotta prescritta da tali regole cautelari e la condotta concretamente tenuta dall’individuo.
Con particolare riferimento alla disciplina dettata dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, la giurisprudenza di merito prevalente sostiene che il criterio di prudenza, in base al quale valutare la prospettiva di adempimento (v. sentenze di questa Corte d’appello, sez. I, n. 7/2025; n. 565/2024; n. 28/2023).
Orbene, tale criterio della “ragionevole prospettiva di adempimento” confluisce nella nozione di colpa, poiché contribuisce a delineare la regola cautelare su cui il Giudice fonda il giudizio di imputabilità soggettiva.
Si tratta, in particolare, di una regola di condotta non tipizzata, riconducibile al principio di prudenza e parametrata sul comportamento dell’individuo che, nel compimento di atti giuridici negoziali da cui derivano obbligazioni, evita di assumere impegni sproporzionati rispetto alle proprie capacità economiche.
In sintesi, la gravità della colpa si desume oltre che (sotto il profilo quantitativo dell’imprudenza) dalla reiterata violazione della regola cautelare, anche (sotto il profilo qualitativo dell’imprudenza) dall’entità complessiva degli obblighi di garanzia di volta in volta assunti.
Non rileva ai fini della conformazione del contenuto della regola cautelare la circostanza che il soggetto agente sia consumatore (ed in quanto tale privo di conoscenze specifiche relative al settore negoziale di riferimento).
È infatti desumibile dalla comune esperienza la regola per cui anche un consumatore è tenuto, all’atto dell’assunzione di obbligazioni, ad effettuare una valutazione di proporzionalità tra l’entità del debito di cui si fa carico e la capienza del proprio patrimonio, non venendo in rilievo elementi negoziali su cui potrebbe influire il deficit informativo in capo al consumatore.
Così ricostruita la struttura della colpa nella materia in esame, emerge come il favor debitoris che si pone alla base della novella legislativa si traduca essenzialmente nella limitazione delle ipotesi di inammissibilità ai soli casi in cui la “divaricazione” tra la condotta tenuta e quella imposta dalla regola di prudenza sia particolarmente qualificata e possa legittimare la qualificazione come “grave” della colpa in capo al sovraindebitato.
Di tal guisa, la prova della meritevolezza deve essere fornita dal debitore incapiente, sicché è suo argomentato su “cause dell’indebitamento e dell’insolvenza”, “diligenza impiegata dal debitore nell’assumere le obbligazioni”, “ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte”, e quindi al Giudicante di vagliare la congruità e ragionevolezza delle conclusioni rassegnate dall’organismo.
Traendo le fila di quanto finora argomentato, occorre dunque indagare sull’imputabilità soggettiva della situazione di crisi venutasi a creare, ossia sulle ragioni che hanno determinato la situazione di sovraindebitamento e sulla prudenza del debitore, risultando rilevante tanto la diligenza prestata al momento dell’assunzione dei singoli debiti a cui l’istante non riesce a far fronte (momento genetico), sia la condotta successivamente assunta nel disporre delle proprie risorse.
Ed invero, per ricostruire l’eziologia della posizione debitoria in cui si è ritrovato a versare per un ammontare complessivo pari a euro 74.258,33, fa d’uopo passare in rassegna le varie obbligazioni dallo stesso assunte nonché il patrimonio di cui disponeva al momento della loro contrazione, al fine di valutarne la sostenibilità.
Dalla relazione dell’OCC (cfr. Relazione integrativa del Gestore della crisi del 18/9/2023, fascicolo di primo grado) si rinviene che, a fronte dell’unica entrata attiva pari ad euro 1.123,86 quale reddito netto mensile per l’anno 2018, sottoscriveva con l’istituto di credito ING RAGIONE_SOCIALE:
– Contratto di prestito personale n. NUMERO_DOCUMENTO erogato in data 10.05.2018 per l’importo di € 30.000,00;
– Contratto di prestito personale n. NUMERO_DOCUMENTO erogato in data 9.07.2018 per l’importo di € 12.000,00;
Senonché, tali finanziamenti andavano ulteriormente ad aggravare l’esposizione debitoria del , sulla quale già incidevano: contratto di conto corrente n. 1009248 con ING BANK N.V del 24.03.2015 con limite contratto di carta di credito rateale, relativo alla carta n. NUMERO_DOCUMENTO sottoscritto con Compass S.p.A. (ora AK NORDIK AB) in data 22.09.2016 (con saldo negativo, alla data del 6.3.2023, di euro 3.072,57 compresi interessi);
contratto di apertura di credito in conto corrente con carta, stipulato con Findomestic RAGIONE_SOCIALEora RAGIONE_SOCIALE ) in data 11.11.2017.
Il montante del passivo accresceva poi con l’ulteriore sottoscrizione di un contratto di apertura di credito in conto corrente a tempo determinato ” n. 1000/3181 (poi cambiato in 1000/8594 come da precisazione del credito della Filiale di Nardò dell’Istituto di credito del 2.01.2023) sottoscritto in data 20.04.2021 con INTESA SAN PAOLO, il quale, alla data dell’8.3.2023, presentava un saldo negativo di euro 6.000,00 oltre interessi.
Orbene, dalla ricostruzione dei fatti e dall’analisi della documentazione prodotta in atti, pur non emergendo elementi indicativi di atti in frode ai creditori, o di dolo nella formazione dell’indebitamento, è ravvisabile in capo allo un profilo di colpa grave.
Quest’ultimo si desume, in primis, dall’impiego – peraltro solo parziale, come risultante dalla somma dei bonifici prodotti in giudizio – dei finanziamenti percepiti per la ristrutturazione dell’immobile di proprietà del padre, circostanza già di per sé ritenuta dal Tribunale ostativa all’accesso al beneficio dell’esdebitazione, rispetto alla quale in questa sede la difesa non ha addotto alcuna causa giustificatrice (ad es. che il reclamante fosse figlio unico e, dunque, il solo a doversi accollare tali oneri anche nella prospettiva di esserne l’unico beneficiario) La colpa grave, comunque, è ravvisabile nel caso de quo, in misura ancor più evidente, dalla sistematicità con cui il medesimo ha contratto plurimi prestiti presso diversi istituti di credito senza la dovuta diligenza e necessaria cautela, bensì nella piena consapevolezza della propria incapacità di farvi ragionevolmente fronte. Ciò risulta evidente alla luce della situazione patrimoniale del reclamante, estremamente limitata e rimasta invariata nel tempo, essendo costituita esclusivamente nota e non sopraggiunta successivamente – nonché quelle relative al pagamento delle tasse universitarie, in relazione a un’iscrizione già risalente al 19.02.2018.
Nessuna rilevanza può essere, altresì, attribuita alla circostanza dedotta dal reclamante, secondo cui la situazione di difficoltà lavorativa occorsa nel 2019 avrebbe compromesso e ridotto le risorse economiche dello.
Ciò in quanto il periodo di disoccupazione da lui sofferto, come evidenziato nella relazione del Gestore della crisi, è risultato circoscritto a un lasso di tempo limitato, e superato il quale il debitore ha, per dipiù, stipulato nuovi contratti di lavoro, percependo stipendi in progressivo aumento.
Senonché, il Collegio ribadisce che l’accesso al beneficio dell’esdebitazione è giustificato qualora il sovraindebitamento sia stato causato dalla necessità di soddisfare esigenze primarie, come il finanziamento necessario per onorare un mutuo stipulato per l’acquisto dell’abitazione o per far fronte a necessità urgenti di vita personale e familiare, circostanze non ricorrenti nel caso di specie.
Di contro, il ricorso al credito non può ritenersi legittimo quando finalizzato a disporre delle somme erogate in modo arbitrario, per esigenze meramente voluttuarie – come, ad esempio, la ristrutturazione di un immobile di proprietà altrui – soprattutto laddove intervenga in un contesto di esposizione debitoria già conclamata.
In conclusione, si può affermare che la crescente esposizione debitoria – poi sfociata in sovraindebitamento – è da ricondurre ad un atteggiamento gravemente negligente, oltre che imprudente, dell’odierno reclamante, il quale non è stato in grado di gestire adeguatamente la propria capacità economica.
Nel caso in esame, la gravità della colpa emerge tanto sotto il profilo quantitativo, per l’imprudenza dimostrata attraverso la reiterata violazione delle regole di cautela, quanto sotto il profilo qualitativo, per l’entità complessiva delle obbligazioni assunte, risultate del tutto sproporzionate rispetto alle reali capacità reddituali del debitore.
tale intento, è d’altro canto opportuno valutare la vicenda nella sua interezza anche nell’ottica della tutela del ceto creditorio, che potrebbe vedere non soddisfatte adeguatamente le proprie pretese in caso di accesso al beneficio dell’esdebitazione.
Quanto all’invocata responsabilità -o corresponsabilità- degli istituti bancari, e quindi all’invocata inadeguatezza della valutazione preventiva del merito creditizio da parte degli istituti garantiti, essa non vale automaticamente a ridimensionare il grado della colpa di Come già ritenuto nella giurisprudenza consolidata di questa Corte, gli obblighi di prudenza e diligenza che incombono sul debitore -allorché assume obbligazioni- permangono anche qualora gli enti finanziatori eroghino il finanziamento in violazione delle norme sul merito creditizio, trattandosi di violazioni distinte, che si pongono su piani diversi. 3. Con il secondo motivo di reclamo, il reclamante censura il provvedimento impugnato nella parte in cui il giudice di prime cure ha nominato un legale per l’esercizio di eventuali azioni nei confronti del padre del debitore, proprietario dell’immobile oggetto di ristrutturazione, al fine di far valere le migliorie apportate a tutela dei creditori.
Segnatamente sostiene che tale decisione sia ingiustificata e pregiudizievole, atteso che il proprio genitore, , risulta del tutto estraneo alla situazione di sovraindebitamento del figlio nonché privo di risorse economiche idonee a contribuire alla procedura.
Egli, infatti, percepisce esclusivamente una pensione di invalidità e il suo patrimonio, costituito unicamente dall’abitazione di residenza e da un piccolo fondo agricolo, non potrebbe comunque essere destinato alla soddisfazione dei creditori del figlio.
In ogni caso, evidenzia che, anche qualora si ipotizzasse l’ammissibilità di una liquidazione controllata di tipo “familiare”, il patrimonio del padre rimarrebbe giuridicamente distinto da quello del debitore, non potendo essere impiegato per la soddisfazione di obbligazioni estranee alla sua sfera giuridica.
invero, in disparte il difetto di interesse dell’attuale reclamante a contestare detta statuizione, non è revocabile in dubbio che la stessa si colloca nell’alveo dei poteri riconosciuti al giudice delegato, chiamato, nel quadro della procedura concorsuale, a tutelare l’interesse del ceto creditorio.
Risulta invero assolutamente legittima la nomina di un legale che valuti l’eventuale esperimento di azioni nei confronti del padre del debitore – proprietario dell’immobile oggetto di ristrutturazione – volte a recuperare in parte qua i finanziamenti ottenuti dal reclamante, considerato che l’incremento patrimoniale derivante dalla ristrutturazione è stato realizzato con risorse che hanno contribuito a determinare la situazione di sovraindebitamento in oggetto.
Viceversa, la possibilità/necessità di aggredire il suddetto bene immobile, potrebbe tradursi in un vantaggio per lo stesso debitore, il quale vedrebbe ridurre la propria esposizione debitoria attraverso una maggiore soddisfazione dei creditori e aumentare le possibilità di accedere al beneficio dell’esdebitazione.
Per le ragioni esposte, il reclamo deve essere rigettato.
All’esito del giudizio consegue l’integrale conferma della sentenza di primo grado.
5. Spese irripetibili in virtù della mancata costituzione dei reclamati.
Nel presente procedimento trova applicazione, ratione temporis, la disposizione di cui all’art. 13, co. 1-quater, T.U. n.115/2002 (“Quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis”), introdotta dall’art. 1, co. 17, lg. 24.12.2012 n. 228 (legge di stabilità 2013), trattandosi di procedimento iniziato, con la notifica dell’atto di impugnazione, dopo il 31.1.2013 (cfr. art. 1, co. 18, e 561 l. 228/2013), sicché, come previsto dalla norma citata, dovrà darsi atto, in dispositivo, della sussistenza dei presupposti per la sua applicazione con riferimento all’integrale rigetto dell’appello incidentale. La Corte d’Appello di Lecce, prima sezione civile, definitivamente pronunciando sul reclamo proposto da con atto depositato il 23/8/2024, avverso la sentenza n. 83/2024 del Tribunale di Lecce, in data 24/7/2024, così provvede:
1) Rigetta il reclamo;
2) spese irripetibili;
3) Dà atto che il reclamo è stato integralmente respinto e che sussistono pertanto i presupposti di cui all’art. 13 co.
1 –quater T.U. n. 115/2002 introdotto dall’art. 1 co. 17 l. 24.12.2012 n. 228 (legge di stabilità 2013).
Così deciso in Lecce, nella camera di Consiglio della Prima Sezione della Corte di Appello, il 13 marzo 2025.
Il Consigliere rel. Il Presidente Dott.ssa NOME COGNOME Dott. NOME COGNOME
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