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Domanda di passaggio ad altra amministrazione, inquadramento

Dall’intervenuto accoglimento della domanda di passaggio ad altra amministrazione, superiore inquadramento in ragione della qualifica superiore acquisita.

Pubblicato il 30 October 2023 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte d’Appello di Firenze Sezione Lavoro

composta dai magistrati

all’udienza del 16.3.2023, all’esito della camera di consiglio, come da separato dispositivo, ha emesso la seguente

SENTENZA n. 200/2023 pubblicata il 12/10/2023

nella causa iscritta al N. 462/2021

promossa

da XXX – appellante –

contro
PROVINCIA DI PISA – appellante incidentale –

INPS – appellato –

Avente ad oggetto: appello avverso la sentenza n. 453/2020 del Tribunale di Pisa giudice del lavoro, pubblicata il 3.12.2020, non notificata

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Con sentenza 3.12.2020 il Tribunale di Pisa ha respinto il ricorso con cui XXX, dipendente della Provincia di Pisa in quiescenza dal

31.12.2015, aveva chiesto, in confronto della sua datrice di lavoro e dell’INPS:

a) l’accertamento del proprio diritto a essere inquadrato nel superiore livello D3 a decorrere dal 1°gennaio 2008; b) la condanna della Provincia a corrispondergli le differenze di retribuzione di conseguenza maturate e pari, fino alla data del pensionamento, a €18.431,19, oltre accessori; c) la condanna all’INPS a recuperare dalla Provincia di Pisa i contributi che sarebbero stati dovuti in ragione delle maggiori retribuzioni spettanti a XXX dal 1.1.2008 al 31.12.2015; d) ancora la condanna dell’INPS a corrispondergli la conseguente differenza sul TFR nonché sui ratei della prestazione pensionistica riconosciutagli a decorrere dal 1.1.2016, previo ricalcolo del rateo dovuto, anche per il futuro, sulla base della categoria D3.

I fatti all’origine della controversia sono, nella loro materialità, pacifici e possono riassumersi come segue.

E’ in primo luogo pacifico che l’odierno appellante sia stato dipendente dal giugno 1984 fino al settembre 2006 della Regione Calabria, quindi dall’ottobre 2006 della Provincia di Reggio Calabria e che abbia lavorato in regime di comando presso la Provincia di Pisa, continuativamente dal 1° settembre 2003 fino al 31 dicembre 2007, quando è transitato nei ruoli della Provincia di Pisa (con decorrenza dal 1.1.2008), in forza di una determinazione dirigenziale del 24.10.2007 (doc. 16 della Provincia), con la quale era stato deliberato, acquisito il consenso dell’interessato, “di trasferire il Sig. XXX, a titolo definitivo, nella dotazione organica dell’Ente con la categoria e il profilo professionale posseduto, a decorrere dal 1.1.2008 a copertura del corrispondente posto vacante”.

E’ anche incontestato (e comunque documentato dalla relativa comunicazione diretta alla Provincia di Pisa e datata 16.3.2009, prodotta dall’appellante sub 10 del suo fascicolo di primo grado) che la Provincia di Reggio Calabria abbia riconosciuto a XXX la posizione economica D3 a decorrere dal 1.1.2007 in applicazione del CCDI anno 2007 della Regione Calabria, sottoscritto il 18.6.2008 (doc. 24 della Provincia), che, al suo art. 16 prevedeva, per quanto interessa, che “le progressioni orizzontali si attribuiscono di norma dal 1° gennaio di ogni anno” e che “la valutazione viene effettuata dal Direttore entro il 20 gennaio successivo all’anno di riferimento”.

Merita pure rilevare come l’Accordo per la destinazione e la ripartizione del Fondo risorse decentrate anno 2007 della Provincia di Reggio Calabria (doc. 21 della Provincia di Pisa), sottoscritto il 31.3.2008, prevedesse all’art. 3 che fosse “effettuata la progressione economica orizzontale del personale dell’Ente a decorrere dal 1°.1.2007”.

E’ infine pacifico che il lavoratore abbia richiesto in via stragiudiziale alla Provincia di Pisa l’inquadramento in categoria D3 per il periodo successivo al suo trasferimento, con esito negativo, e abbia quindi rivendicato tale pretesa davanti al Tribunale di Pisa, in confronto della sua datrice di lavoro e dell’INPS, svolgendo le conclusioni di cui si è detto, dirette perciò a ottenere il superiore livello D3, le conseguenti differenze retributive e, dall’istituto di previdenza, oltre al recupero contributivo, le differenze sul trattamento di fine rapporto e sui ratei della pensione in godimento (così testualmente le conclusioni del ricorso: “ in via principale: – accertare e dichiarare il diritto del sig. XXX ad essere inquadrato nella Posizione Economica D3 con decorrenza dal 1 gennaio 2008 e, per l’effetto, a) condannare la Provincia di Pisa a corrispondere al ricorrente le differenze retributive (oltre oneri connessi) dovute da tale data fino al giorno del collocamento a riposo (31 dicembre 2015) che si quantificano in €18.431,19, salva la diversa somma maggiore o minore che sarà ritenuta equa all’esito della causa, il tutto con interessi legali e rivalutazione monetaria fino al saldo effettivo; b) ordinare all’INPS, in qualità di Istituto Previdenziale preposto alla erogazione al ricorrente del TFR e del trattamento pensionistico, di recuperare dalla Provincia di Pisa i contributi integrativi che risulteranno dovuti in virtù della riqualificazione del rapporto di lavoro intercorso con la medesima Amministrazione dal 1/01/2008 al 31/12/2015 e, per l’effetto, ordinare all’INPS di corrispondere al Signor XXX la quota integrativa del TFR non percepita nonché le differenze economiche maturate sui ratei pensionistici già percepiti dal 1/01/2016, previo il ricalcolo del rateo pensionistico dovuto, anche per il futuro, sulla base della categoria D3. Il tutto oltre interessi e rivalutazione monetaria dal dì del dovuto al saldo effettivo. – Per l’effetto respingere la domanda riconvenzionale proposta da parte della Provincia di Pisa. – Con vittoria di spese ed onorari In subordine: in denegata ipotesi, in caso di soccombenza, esonerare il ricorrente dal pagamento delle spese di lite poiché rientrante nei limiti di reddito previsti dall’art.152 disp. Att. c.p.c., come risultante dalla autocertificazione in atti”).

La Provincia di Pisa si è costituita davanti al Tribunale per resistere, contestando il diritto del lavoratore all’inquadramento preteso.

Ha in specie argomentato l’illegittimità delle previsioni di retroattività del riconoscimento delle progressioni orizzontali, contenute nella contrattazione integrativa sia della Regione Calabria sia della Provincia di Reggio Calabria, svolgendo sul punto domanda riconvenzionale diretta a ottenere la declaratoria di tale vizio. Ha assunto comunque l’irrilevanza di quelle pattuizioni nella fattispecie di causa, in quanto, alla data di sottoscrizione di entrambi gli accordi collettivi, XXX era già transitato alle dipendenze della Provincia di Pisa.

In ipotesi, per il caso di accoglimento in tutto o in parte delle domande attrici, l’amministrazione ha chiesto che siano ritenuti incumulabili interessi e rivalutazione.

L’appellata ha concluso come segue: “1) In via preliminare, accogliere la domanda riconvenzionale formulata dalla Provincia di Pisa e, per l’effetto, dichiarare la nullità e/o inefficacia 1.1) della clausola contrattuale contenuta nell’art. 3 del contratto collettivo decentrato integrativo della Provincia di Reggio Calabria sottoscritto in data 31.03.2008, con la quale è stata disposta la progressione economica all’interno della categoria a decorrere dal 01.01.2007 e, quindi, con efficacia retroattiva; 1.2) della clausola contrattuale contenuta nell’art. 16 del contratto collettivo decentrato integrativo della Regione Calabria sottoscritto in data 18.06.2008, con la quale è stata disposta la progressione economica all’interno della categoria a decorrere dal 01.01.2007 e, quindi, con efficacia retroattiva; 1.3) per l’effetto, disapplicare le suddette clausole contrattuali e dichiarare l’inesistenza del diritto del sig. XXX ad essere inquadrato, presso la Provincia di Pisa, nella Posizione Economica D3 con decorrenza dal 01.01.2008 e la legittimità del mancato riconoscimento, da parte della Provincia di Pisa dell’inquadramento del dipendente XXX nella posizione economica D3 dal 01.01.2008; 2) Nel merito, respingere la richiesta avversaria di accertare e dichiarare il diritto del sig. XXX ad essere inquadrato nella Posizione Economica D3 con decorrenza dal 01.01.2008 e, per l’effetto, 2.1) respingere la richiesta avversaria di condanna della Provincia di Pisa a corrispondere al ricorrente le differenze retributive (oltre oneri connessi) dovute da tale data fino al giorno del collocamento a riposo (31 dicembre 2015) da controparte quantificate in € 18.431,19, o in diversa somma maggiore o minore che risulterà in corso di causa, il tutto con interessi legali e rivalutazione monetaria fino al saldo effettivo; 2.2) respingere la richiesta avversaria di ordinare all’INPS, in qualità di Istituto Previdenziale preposto alla erogazione al ricorrente del TFR e del trattamento pensionistico, di recuperare dalla Provincia di Pisa i contributi integrativi che risulteranno dovuti in virtù della riqualificazione del rapporto di lavoro intercorso con la medesima Amministrazione dal 1/01/2008 al 31/12/2015 e, per l’effetto, respingere la richiesta avversaria di ordinare all’INPS di corrispondere al Signor XXX la quota integrativa del TFR non percepita nonché le differenze economiche maturate sui ratei pensionistici già percepiti dal 1/01/2016, previo il ricalcalo del rateo pensionistico dovuto, anche per il futuro, sulla base della categoria D3., il tutto oltre interessi e rivalutazione monetaria dal dì del dovuto al saldo effettivo. 3) in denegata ipotesi di accoglimento delle domande avversarie, escludere, sulle somme cha saranno riconosciute come dovute a titolo di differenze retributive, contributive e di ricalcolo del TFR e del rateo pensionistico, il cumulo fra interessi e rivalutazione monetaria”.

Anche l’INPS ha resistito davanti al Tribunale, rilevando in primo luogo la propria estraneità sia alla domanda principale del lavoratore diretta ad ottenere l’inquadramento superiore, sia alla riconvenzionale proposta dalla Provincia di Pisa.

In ordine alle pretese svolte in suo confronto, poi l’INPS ha eccepito in primo luogo il difetto di interesse ad agire dell’attore, poiché, in caso di accertamento del diritto all’inquadramento preteso e al pagamento delle conseguenti differenze retributive, tale statuizione sarebbe stata vincolante anche per l’istituto.

In subordine, ma sempre in via pregiudiziale, l’INPS ha eccepito l’improponibilità della domanda giudiziale, in mancanza di una previa istanza in via amministrativa e comunque la sua improcedibilità, non essendo stati esperiti i rimedi amministrativi.

In ogni caso, secondo la prospettazione dell’istituto, le domanda diretta ad ottenere il recupero contributivo sarebbe stata inammissibile avendo ad oggetto un facere specifico, in violazione del divieto contenuto nella disposizione di cui all’art. 4 della Legge n. 2248 del 1865, Allegato E.

In ipotesi ulteriormente subordinata, per il caso di accoglimento in tutto o in parte delle domande attrici, l’ente di previdenza ha chiesto l’incumulabilità di interessi e rivalutazione (queste le conclusioni: “1) in via pregiudiziale ed in tesi principale: dichiararsi la carenza di legittimazione ad agire del ricorrente rispetto alla domanda di cui al capo b) delle conclusioni del ricorso; 2) in via pregiudiziale ed in ipotesi subordinata: dichiararsi improponibile e/o improcedibile la domanda di cui al capo b) delle conclusioni del ricorso; 3) in via preliminare di merito: dichiararsi inammissibile la domanda di cui al capo b) delle conclusioni del ricorso, alla luce della disposizione di cui all’art. 4 della L. n. 2248 del 1865, Allegato E; 4) nel merito, nella denegata e contestata ipotesi di rigetto delle eccezioni che precedono, dichiararsi l’inammissibilità del cumulo di interessi e rivalutazione monetaria sulle somme richieste dal ricorrente”).

Il Tribunale ha respinto il ricorso, ritenendo decisiva la circostanza che il contratto collettivo decentrato della Regione Calabria, sulle cui disposizioni XXX fondava le proprie pretese, fosse stato sottoscritto in data successiva al trasferimento del lavoratore alla Provincia di Pisa, avvenuto, come espressamente previsto dal provvedimento 24.10.2007 già citato, “con la categoria e il profilo professionale posseduto, a decorrere dal 1.1.2008 …”.

Secondo il primo giudice infatti, dato il suo tenore letterale, la determinazione dirigenziale avrebbe fatto “un rinvio fisso alla categoria e al profilo posseduti dal XXX in quel momento” (così il Tribunale).

Per contro la previsione della retroattività della progressione economica al 1.1.2017, contenuta nel CCDI della Regione Calabria, sarebbe stata applicabile ai soli dipendenti in forza alle amministrazioni locali calabresi alla data della stipula del contratto.

Sarebbe stato pertanto ininfluente il richiamo, invece contenuto nel ricorso introduttivo, al principio di conservazione del trattamento economico in godimento presso l’amministrazione di provenienza da parte del lavoratore trasferito. Nella specie infatti tale principio sarebbe stato applicato “in relazione alla situazione di fatto e di diritto sussistente al momento del passaggio” (così ancora la decisione di primo grado), essendo inoltre pacifico, secondo il Tribunale, che la Provincia di Pisa avesse riconosciuto al ricorrente la progressione D2 fino dal 1.1.2006.

Per i motivi appena detti, che avrebbero rappresentato la ragione più liquida della decisione, il Tribunale ha respinto le domande del lavoratore, ritenendo di conseguenza “destituito di fondamento l’interesse della Provincia di Pisa” alla proposta riconvenzionale.

Ha condannato il ricorrente a rifondere alle controparti le spese di lite, dichiarandolo tuttavia esente da tale onere in relazione alle domande relative al trattamento pensionistico ed alla contribuzione.

La parte privata impugna la decisione davanti a questa Corte e ne chiede l’integrale riforma, affidando le proprie ragioni a due motivi.

Con il primo lamenta che il Tribunale abbia pretermesso il principio di settore dell’impiego pubblico secondo cui, in caso di passaggio da un’amministrazione all’altra, è garantita al lavoratore trasferito la continuità giuridica del rapporto di lavoro e il mantenimento del trattamento economico in godimento.

In contrario nella specie, secondo la prospettazione dell’appellante, la Provincia di Pisa gli avrebbe negato un inquadramento che egli aveva ormai conseguito presso l’amministrazione di provenienza.

Sarebbe poi irrilevante il riferimento alla categoria e al profilo “posseduto” da XXX alla data del 1.1.2008, contenuto nel provvedimento di trasferimento, dato che il riconoscimento retroattivo della progressione economica D3 dovrebbe di necessità essere riferito a tutti i dipendenti in organico della Provincia di Reggio Calabria alla data del 1° gennaio 2007, compreso quindi l’appellante, giacché, diversamente, si darebbe una disparità di trattamento tra dipendenti della stessa amministrazione pubblica.

D’altra parte non potrebbe trascurarsi il fatto che la valutazione, posta dall’amministrazione di provenienza a base del riconoscimento della progressione economica, fosse relativa a prestazioni lavorative rese nell’anno 2007, prima quindi del trasferimento di XXX a Pisa. Così che, secondo l’appellante, ove si condividesse la soluzione raggiunta dal Tribunale, si finirebbe per attribuire rilievo al dato formale del trasferimento “piuttosto che al rendimento lavorativo del dipendente che gli ha consentito il raggiungimento della progressione economica premiante”.

Quanto poi alla legittimità di previsioni retroattive relative al riconoscimento di progressioni economiche, essa sarebbe stata affermata anche dall’ARAN (parere n. 3066/10 del 20.4.2010) in ogni caso in cui vi siano “le condizioni per una seria valutazione e selezione meritocratica del personale in servizio” e quindi sempre che siano stati predeterminati i criteri di valutazione, come sarebbe accaduto nella specie.

Con il secondo motivo l’appellante censura il capo della decisione relativo al regolamento delle spese, che, a suo dire il Tribunale avrebbe comunque dovuto compensare in ragione delle complessità delle questioni di causa e della condotta, definita, non collaborativa della Provincia di Pisa nella fase pre – giudiziale.

In ogni caso il Tribunale avrebbe errato nel non distinguere le posizioni dei due convenuti in punto spese, in quanto l’INPS sarebbe stato evocato in giudizio ai soli fini della denuntiatio litis ed avrebbe avuto comunque un ruolo marginale in causa.

L’appellante ha concluso come segue: “accertare e dichiarare il diritto del sig. XXX ad essere inquadrato nella Posizione Economica D3 con decorrenza dal 1 gennaio 2008 e, dunque, a) condannare la Provincia di Pisa a corrispondere al ricorrente le differenze retributive (oltre oneri connessi) dovute da tale data fino al giorno del collocamento a riposo (31 dicembre 2015) che si quantificano in €18.431,19, salva la diversa somma maggiore o minore che risulterà in corso di causa, il tutto con interessi legali e rivalutazione monetaria fino al saldo effettivo; b) ordinare all’INPS, in qualità di Istituto Previdenziale preposto alla erogazione al ricorrente del TFR e del trattamento pensionistico, di recuperare dalla Provincia di Pisa i contributi integrativi che risulteranno dovuti in virtù della riqualificazione del rapporto di lavoro intercorso con la medesima Amministrazione dal 1/01/2008 al 31/12/2015 e, per l’effetto, ordinare all’INPS di corrispondere al Signor XXX la quota integrativa del TFR non percepita nonché le differenze economiche maturate sui ratei pensionistici già percepiti dal 1/01/2016, previo il ricalcolo del rateo pensionistico dovuto, anche per il futuro, sulla base della categoria D3.

Il tutto oltre interessi e rivalutazione monetaria dal dì del dovuto al saldo effettivo”.

Si è costituito l’INPS per chiedere il rigetto dell’appello, con il favore delle spese.

Ha resistito anche la Provincia di Pisa, che ha chiesto il rigetto dell’impugnazione avversaria, riproposto ex art. 346 c.p.c. “le domande ed eccezioni non accolte” (così testualmente la memoria di costituzione) e infine svolto appello incidentale al fine di ottenere l’accertamento dell’erroneità della pronuncia del Tribunale nella parte in cui ha ritenuto pacifico il riconoscimento in favore di XXX, da parte della Provincia, della posizione D2 fin da gennaio 2006 (anzi che, come sarebbe stato effettivamente, dal 1.1.2008).

La Corte ha chiesto chiarimenti all’appellata in ordine al proprio interesse all’appello incidentale e in esito la difesa della Provincia, a verbale dell’udienza 16.3.2023, ha specificato consistere tale interesse nella necessità di “avere certezza in ordine alla vicenda controversa ed anche per evitare eventuali rivendicazioni del lavoratore”, affermazione cui la difesa dell’appellante principale ha replicato che “la rivendicazione è successiva e riguarda la progressione economica D3”.

Al termine della discussione orale il collegio ha deciso come segue.

Così riassunta la presente vicenda processuale e le ragioni delle parti, nel merito il collegio ritiene l’appello principale infondato.

1. In ordine al primo motivo deve infatti rammentarsi che, secondo un orientamento della giurisprudenza di legittimità che può dirsi consolidato, nell’ambito del rapporto di pubblico impiego, “dall’intervenuto accoglimento della domanda di passaggio ad altra amministrazione in relazione alla qualifica esposta nella domanda stessa, con inquadramento nella qualifica corrispondente, non discende il diritto per il dipendente ad ottenere, in ordine al rapporto di lavoro costituito su tale base, il superiore inquadramento neppure in ragione della qualifica superiore acquisita, nelle more del passaggio stesso, nell’Amministrazione di provenienza, atteso che il passaggio è chiesto ed avviene proprio in ragione di una disponibilità creatasi nell’organico dell’Amministrazione di destinazione, nella qualifica prevista; la domanda di passaggio non può essere scissa dalla qualifica per cui è chiesta in ragione delle disponibilità palesate dall’Amministrazione di destinazione, nè dall’atto di quest’ultima, che dà corso al passaggio, può essere scorporato quanto relativo al trasferimento da quanto relativo alla qualifica per cui lo stesso è effettuato, non sussistendo un diritto del dipendente al passaggio indipendentemente dal posto in organico per cui è stato chiesto e disposto” (Cass. 5 ottobre 2016, n. 19925 e negli stessi termini Cass. 2 gennaio 2017, n. 2, richiamate da ultimo da Cass. 24487/2021).

Deve dunque escludersi, secondo la Corte di legittimità, che il dipendente, la cui domanda di mobilità sia stata accolta in relazione a una specifica vacanza verificatasi nell’ente di destinazione e abbia accettato la valutazione espressa da quest’ultimo quanto alla corrispondenza fra aree e profili professionali di inquadramento, possa poi contestare, a passaggio già avvenuto, l’inquadramento riconosciutogli e pretendere di rimanere all’interno dell’ente di destinazione con un diverso e superiore profilo professionale, percependo le relative differenze retributive. Se ciò fosse consentito infatti “si finirebbe per alterare il bilanciamento di interessi che il legislatore ha inteso realizzare attraverso il meccanismo della mobilità e verrebbero mortificate proprio quelle esigenze di efficienza, buon andamento e contenimento della spesa complessiva che le norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche mirano ad assicurare in attuazione dei principi costituzionali di cui all’art. 97. L’amministrazione di destinazione, infatti, si vedrebbe imposta un rapporto di lavoro relativo ad una posizione diversa da quella vacante, per la quale aveva ritenuto di doversi avvalere della mobilità, e ciò si risolverebbe in una violazione del D.L.gs. n. 165 del 2001, art. 30, che ha sempre individuato nella vacanza del posto in organico una condizione imprescindibile e necessaria per l’attivazione della procedura. Del resto, vanno considerate le peculiarità proprie del rapporto di impiego alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni e dell’istituto del passaggio diretto che, come si è già detto, risponde anche ad un interesse del lavoratore il quale è messo in condizione di conoscere il posto che andrà a ricoprire nell’ente di destinazione ed il profilo di inquadramento che gli verrà riconosciuto ed è libero di non accettare il passaggio; ove manifesti il proprio assenso, evidentemente perchè ritenga prevalenti interessi personali (proprio perchè tali non tipizzabili a priori) che rendono per lui più conveniente il passaggio, non potrà poi revocare l’assenso dato e pretendere di rimanere all’interno dell’ente di destinazione in una posizione diversa rispetto a quella oggetto della procedura” (così ancora Cass. 24487/2021).

Si tratta di argomenti cui questa Corte aderisce convintamente, in quanto rispondono ai principi che regolano la mobilità volontaria tra enti, nell’ambito della quale il diritto del dipendente alla conservazione del trattamento in godimento deve necessariamente confrontarsi con l’interesse pubblico, riferibile all’ente di destinazione, all’acquisizione proprio della posizione professionale per la quale la mobilità era stata attivata e non altra, differente e in ipotesi più costosa. Un ambito quindi in cui, come pure sottolinea la citata giurisprudenza, sussiste uno stretto e indispensabile collegamento fra cessione e vacanza e tra passaggio diretto e necessaria invarianza della spesa.

E se, in applicazione di tali principi, accolta la domanda di mobilità del lavoratore in relazione a una determinata posizione professionale, questi non ha diritto ad ottenere la qualifica superiore che abbia in ipotesi maturato alle dipendenze dell’ente di provenienza nelle more del trasferimento, a maggior ragione il medesimo principio deve applicarsi in un’ipotesi come quella di causa. Nella specie infatti, come si è detto in narrativa, il riconoscimento della qualifica superiore da parte dell’ente di provenienza è avvenuto dopo che il trasferimento era divenuto effettivo, seppure, in ragione delle previsioni collettive di interesse, con effetto retroattivo.

Né può prospettarsi, in esito all’accoglimento della soluzione qui preferita, un’effettiva violazione dei diritti del lavoratore trasferito, poiché facendosi questione di mobilità a domanda, il passaggio proprio con la qualifica specificata dall’ente è frutto anche del consenso del lavoratore stesso.

Il primo motivo di appello deve essere, già per questo motivo, respinto, restando assorbita ogni altra difesa delle amministrazioni appellate.

2. Del pari infondato è il secondo motivo con il quale, come detto in narrativa, l’appellante principale censura il capo della decisione di primo grado relativo al regolamento delle spese.

Il Tribunale ha infatti liquidato le spese sui valori medi dello scaglione della domanda retributiva, quindi in misura congrua, e ha correttamente liquidato tali spese anche in favore dell’INPS, nei confronti del quale la parte privata non si era limitata a una denuntiatio litis, ma aveva svolto conclusioni di merito (come risulta dal relativo testo, riportato sopra; peraltro quanto alla posizione dell’istituto il primo giudice ha specificato di ritenere esente dal carico delle spese una frazione della pretesa, statuizione della quale non deve conoscersi, in quanto non contestata in questo grado dall’INPS che avrebbe potuto avervi interesse).

Anche il motivo in esame deve essere quindi respinto e con esso integralmente l’appello principale.

3. Quanto all’appello incidentale svolto dalla Provincia di Pisa, esso, ad avviso del collegio, è inammissibile per difetto di interesse.

In proposito deve rilevarsi come sia consolidata in giurisprudenza l’affermazione secondo cui “l’interesse ad agire richiede non solo l’accertamento di una situazione giuridica, ma anche che la parte prospetti l’esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice, poiché il processo non può essere utilizzato solo in previsione di possibili effetti futuri pregiudizievoli per la parte, senza che sia precisato il risultato utile e concreto che essa intenda in tal modo conseguire; ne consegue che non sono proponibili azioni autonome di mero accertamento di fatti giuridicamente rilevanti che costituiscano solo elementi frazionari della fattispecie costitutiva di un diritto, il quale può costituire oggetto di accertamento giudiziario solo nella sua interezza” (cfr. da ultimo, ma ex plurimis Cass. 4729/2022).

Ora nella specie la Provincia chiede accertarsi la circostanza che essa abbia riconosciuto a XXX una posizione economica (D2) con decorrenza diversa da quella affermata dal Tribunale, ma si tratta di una circostanza che è rimasta del tutto estranea al giudizio (tanto che l’affermazione del primo giudice sul punto non ha assunto in effetti alcun rilievo ai fini della decisione), dato che in questo processo la parte privata ha chiesto l’accertamento del proprio diritto a un inquadramento differente e nulla ha rivendicato ad altro titolo.

Né l’amministrazione ha allegato un qualsiasi elemento di fatto dal quale ritenere che la questione dell’epoca di riconoscimento della qualifica D2 sia mai stata comunque controversa tra le parti o che eventualmente lo sia diventata nel corso del giudizio, in ipotesi in esito alla decisione del Tribunale.

D’altro canto neppure può trascurarsi come si discuta di fatti risalenti al periodo 2006-2008 e che il rapporto si sia concluso il 31.12.2015, così che già la decisione qui impugnata, che è del 3.12.2020, è intervenuta in un momento in cui qualunque ipotetica pretesa relativa a differenze di retribuzione maturate tra il 2006 e il 2008, nell’ambito di un rapporto di impiego, assistito dalla garanzia della stabilità reale, sarebbe stata ampiamente prescritta, mentre alla data di costituzione dell’amministrazione in questo grado (5.5.2022) non avrebbe potuto discutersi più neppure dell’incidenza di tali, si ripete del tutto ipotetiche, differenze sulle competenze di fine rapporto.

Non vi è quindi in causa l’allegazione, da parte dell’amministrazione, di alcun fatto dal quale desumere “l’esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice”, mentre certamente non può ravvisarsi l’interesse ad agire nel solo intendimento dell’ente di “avere certezza in ordine alla vicenda controversa” (come dichiarato dalla sua difesa a verbale dell’udienza di discussione), in mancanza di qualsiasi attuale controversia o anche solo contestazione relativa ai fatti de quibus. L’appello incidentale deve essere pertanto dichiarato inammissibile. La parte privata deve essere condannata alla rifusione delle spese del grado in confronto dell’INPS, integralmente vittorioso, convenuto anche in relazione a domande eccedenti l’ambito di applicazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c., mentre la parziale reciproca soccombenza giustifica una parziale compensazione (nella misura di un terzo) delle spese del grado riferibili alla posizione della Provincia di Pisa, spese che per i residui due terzi dovranno gravare ancora sull’appellante principale.

Infine, a norma del comma 17 dell’art. 1 legge 29.12.2012, n. 228, deve darsi atto che sussistono i presupposti processuali per l’applicazione sia all’appellante principale sia all’appellante incidentale della disposizione dell’art. 13 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115.

P.Q.M.

La Corte, definitivamente decidendo, ogni altra domanda ed eccezione disattesa, respinge l’appello principale e dichiara inammissibile l’appello incidentale della Provincia di Pisa.

Condanna la parte privata alla rifusione delle spese del grado in confronto dell’INPS, spese che liquida in € 3.473,00 oltre accessori di legge; dichiara compensate per un terzo le spese del grado di pertinenza della Provincia di Pisa e condanna XXX alla rifusione, in favore di detta amministrazione, degli ulteriori due terzi, spese che, in tale percentuale, liquida in € 2.315,00 oltre accessori di legge.

A norma del comma 17 dell’art. 1 legge 29.12.2012, n. 228 dà atto che sussistono i presupposti processuali per l’applicazione sia all’appellante principale sia all’appellante incidentale della disposizione dell’art. 13 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115. Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del 16.3.2023

Il Presidente Dott.

La consigliera est. dott.

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