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Diritto del Lavoro

Prescrizione contributi INPS: quando è troppo tardi

Un contribuente ha contestato una richiesta di pagamento per vecchi debiti previdenziali, sostenendo la prescrizione dei contributi INPS. La Corte di Cassazione ha respinto il suo ricorso, stabilendo un principio fondamentale: se gli avvisi di addebito non vengono impugnati entro il termine perentorio di 40 giorni, il credito diventa definitivo e non più contestabile. Di conseguenza, la prescrizione, anche se maturata prima della notifica, non può essere fatta valere in una fase successiva.

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Impugnazione estratto di ruolo: quando è ammessa?

Un contribuente ha contestato un estratto di ruolo per debiti previdenziali, sostenendo la prescrizione del credito. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, ribadendo che l’impugnazione dell’estratto di ruolo è inammissibile se gli atti presupposti (avvisi di addebito) sono stati regolarmente notificati e non opposti nei termini di legge. Il debito, divenuto definitivo, può essere contestato solo opponendosi a un successivo atto di esecuzione, non al mero estratto, in linea con le recenti modifiche legislative che ne sanciscono la non impugnabilità.

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Gestione Separata: obbligo per amministratori di società

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’attività di amministratore di società di capitali comporta l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata INPS, a prescindere da una precedente cancellazione volontaria. La Corte ha respinto il ricorso di un amministratore che chiedeva il rimborso dei contributi versati, affermando che è la natura oggettiva dell’attività svolta a determinare l’obbligo contributivo, qualificandola come rapporto di collaborazione coordinata e continuativa.

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Rivalutazione redditi previdenza: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione affronta il tema della rivalutazione redditi previdenza per i professionisti. Pur confermando che la rivalutazione dei redditi debba partire dal 1980 e non dal 1981, ha stabilito un principio cruciale: se i contributi sono stati versati in misura minore, basandosi su un coefficiente di rivalutazione errato (più basso), la pensione deve essere calcolata su tale base contributiva effettivamente versata. La Corte ha quindi accolto parzialmente il ricorso della Cassa di Previdenza, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa per una nuova valutazione basata sul principio della contribuzione effettiva.

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Legittimazione passiva: chi citare per la cartella?

Un contribuente ha impugnato un’intimazione di pagamento per prescrizione del debito, citando solo l’Agente della Riscossione. La Cassazione ha confermato l’inammissibilità del ricorso, ribadendo che per le questioni di merito, come la prescrizione, la legittimazione passiva spetta esclusivamente all’ente creditore originario e non all’agente incaricato della riscossione.

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Patto di prova: basta il rinvio al CCNL?

Un lavoratore è stato licenziato per mancato superamento del periodo di prova. Ha impugnato il licenziamento sostenendo la nullità del patto di prova per indeterminatezza delle mansioni. La Corte di Cassazione, confermando la decisione d’appello, ha stabilito che la specificazione delle mansioni nel patto di prova può avvenire anche “per relationem”, ovvero tramite un rinvio sufficientemente specifico al Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) e alle normative di settore. In questo caso, il richiamo al livello di inquadramento e alle attività fungibili di Guardia Particolare Giurata è stato ritenuto idoneo a definire l’oggetto della prova, rendendo legittimo il licenziamento.

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Contribuzione effettiva: calcolo pensione avvocati

Un professionista ha ottenuto la riliquidazione della pensione basata su una rivalutazione dei redditi più favorevole. Tuttavia, la Cassa di previdenza ha contestato che su tali maggiori redditi non erano stati versati i relativi contributi. La Corte di Cassazione ha stabilito che, in assenza del principio di automaticità delle prestazioni per i liberi professionisti, la pensione deve essere calcolata secondo il principio di **contribuzione effettiva**. Pertanto, l’importo della pensione deve corrispondere ai redditi sui quali i contributi sono stati effettivamente pagati, anche se ciò significa applicare un coefficiente di rivalutazione inferiore a quello teoricamente corretto. La causa è stata rinviata alla Corte d’Appello per una nuova valutazione.

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Contestazione tardiva: licenziamento inefficace

La Corte di Cassazione conferma l’inefficacia di un licenziamento a causa di una contestazione tardiva. Nonostante la gravità della condotta del lavoratore, il datore di lavoro ha atteso oltre il termine ragionevole per avviare il procedimento disciplinare. La sentenza ribadisce la centralità del principio di immediatezza a tutela del diritto di difesa del lavoratore.

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Interruzione processo avvocato: quando riprende?

La Corte di Cassazione chiarisce i termini per la ripresa di un giudizio a seguito di interruzione processo avvocato. L’ordinanza stabilisce che il termine semestrale per la riassunzione decorre dalla cessazione della causa di sospensione del legale (ad es. dopo un anno), indipendentemente dalla conoscenza legale dell’evento da parte del cliente. La Corte ha rigettato il ricorso di una parte che aveva riassunto il processo anni dopo la sospensione del proprio difensore, ritenendo la riassunzione tardiva e confermando l’estinzione del giudizio pronunciata in appello.

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Lavoro subordinato: onere della prova e ricorso

Una lavoratrice ha richiesto il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato, ma la sua domanda è stata respinta in primo e secondo grado per mancanza di prove. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, rigettando il ricorso. La sentenza sottolinea che spetta al lavoratore dimostrare la sussistenza della subordinazione e che la valutazione dei fatti compiuta dai giudici di merito non è riesaminabile in sede di legittimità, soprattutto in caso di ‘doppia conforme’, ovvero due sentenze identiche nei gradi precedenti.

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Lavoro domestico: limiti alla revisione dei fatti

In un caso di lavoro domestico, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso delle datrici di lavoro, confermando che il giudizio di legittimità non consente un nuovo esame del merito. La Corte ha stabilito che le censure relative alla valutazione delle prove sono inammissibili se mirano a ottenere una diversa ricostruzione dei fatti già accertata dai giudici di appello. La decisione sottolinea il principio secondo cui la Cassazione è giudice della legge, non dei fatti.

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Rapporto di lavoro simulato: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito che negavano le pretese economiche di una donna basate su un presunto rapporto di lavoro domestico con il suo defunto partner. È stato accertato che si trattava di un rapporto di lavoro simulato, creato al solo scopo di ottenere un permesso di soggiorno, mentre la vera natura del legame era una relazione sentimentale. La Corte ha ribadito che la valutazione delle prove è compito dei giudici di merito e non può essere ridiscussa in sede di legittimità.

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Onere di contestazione: quando è troppo tardi?

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso degli eredi di un lavoratore relativo al risarcimento per un contratto a termine illegittimo. Il punto cruciale della decisione è la tardività con cui gli eredi hanno messo in discussione un pagamento che l’azienda sosteneva di aver già effettuato. La Corte ha chiarito che l’onere di contestazione va esercitato nel primo atto difensivo utile, in questo caso l’atto di appello, e non successivamente. Anche la richiesta di TFR è stata respinta perché non inclusa nella causa originaria.

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Responsabilità solidale appalti: le società in house

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 23450/2025, ha stabilito che una società in house, interamente partecipata da enti pubblici, è soggetta alla responsabilità solidale appalti per i crediti dei lavoratori dell’appaltatore. La Corte ha chiarito che tali società, pur essendo soggette al Codice degli appalti, mantengono la loro natura di soggetto di diritto privato e non possono beneficiare dell’esclusione prevista per le Pubbliche Amministrazioni.

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Estinzione processo per rinuncia: ecco quando succede

Una società, dopo aver impugnato in Cassazione una sentenza della Corte d’Appello sfavorevole in una causa di lavoro, ha raggiunto un accordo con i dipendenti. A seguito della transazione, ha rinunciato al ricorso. La Suprema Corte ha quindi dichiarato l’estinzione del processo per rinuncia, specificando che in questi casi non vi è condanna alle spese né l’obbligo di versare il doppio del contributo unificato, previsto solo per rigetto o inammissibilità.

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Giudizio di rinvio: limiti del giudice e preclusioni

Un dirigente veterinario ha ricoperto per anni il ruolo di direttore di una struttura complessa senza ricevere le relative differenze retributive. Dopo una prima sentenza di Cassazione che ha rinviato il caso alla Corte d’Appello stabilendo un principio di diritto, il nuovo ricorso del dirigente è stato dichiarato inammissibile. La Suprema Corte ha ribadito che nel giudizio di rinvio il giudice è strettamente vincolato alle statuizioni della precedente sentenza di Cassazione e le parti non possono ampliare l’oggetto della contesa.

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Uso aziendale: quando la prassi diventa un diritto

La Corte di Cassazione ha confermato il diritto di un lavoratore a ricevere un’indennità forfettaria per straordinari, basandosi su un consolidato uso aziendale. Nonostante l’azienda sostenesse l’assenza di una prassi vincolante, i giudici hanno stabilito che un comportamento spontaneo, generalizzato e reiterato nel tempo, che offre un trattamento più favorevole rispetto al contratto collettivo, si trasforma in un obbligo per il datore di lavoro. Il ricorso dell’azienda è stato quindi respinto, consolidando il principio che la consuetudine aziendale è fonte di diritti quesiti per i dipendenti.

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Incarico dirigenziale sanità: revoca e nuove norme

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha confermato la legittimità della revoca di un incarico dirigenziale sanità da parte di un’Azienda Sanitaria. La decisione si fonda sull’entrata in vigore di una nuova normativa (D.L. 158/2012) che ha modificato le modalità di conferimento di tali posizioni, vietando il ricorso a contratti a tempo determinato ex art. 15-septies D.Lgs. 502/1992. La Corte ha stabilito che, essendo il precedente contratto scaduto dopo l’entrata in vigore della nuova legge, il successivo rinnovo era illegittimo e, pertanto, l’ASL ha agito correttamente annullandolo in autotutela.

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Incarico di struttura complessa: quando spetta la paga?

Un dirigente medico ha citato in giudizio l’azienda sanitaria locale per ottenere il trattamento economico superiore relativo a un incarico di struttura complessa. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che il diritto a tale retribuzione matura solo a partire dalla formale istituzione della struttura nell’atto aziendale e non dal mero svolgimento di fatto delle mansioni superiori. La decisione sottolinea l’importanza della formalizzazione degli assetti organizzativi nella pubblica amministrazione.

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Demansionamento infermiere: l'onere della prova

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’infermiera che lamentava un demansionamento per essere stata adibita a mansioni inferiori (tipiche di OSS). La decisione si fonda sulla mancata allegazione e prova, da parte della lavoratrice, del carattere prevalente, sia in termini quantitativi che temporali, di tali mansioni rispetto a quelle proprie della sua qualifica. La Corte ha sottolineato che, senza una prova specifica della prevalenza, le mansioni inferiori possono essere considerate meramente complementari e non costituiscono demansionamento.

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