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Contestazione consumi energia: l’onere della prova

Con sentenza del 04/07/2025 (R.G. 195/2024), il Tribunale di Ancona ha chiarito la ripartizione dell’onere della prova nella contestazione dei consumi di energia. Nel caso di opposizione a un decreto ingiuntivo per bollette non pagate, il fornitore deve provare solo l’esistenza del contratto. Spetta invece al cliente dimostrare con prove concrete l’eventuale malfunzionamento del contatore o l’erroneità delle letture. La semplice contestazione generica non è sufficiente a superare la validità dei dati di consumo registrati.

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Pubblicato il 5 luglio 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

Contestazione consumi energia: chi deve provare cosa?

Ricevere una bolletta dell’energia elettrica con importi esorbitanti può generare frustrazione e dubbi sulla correttezza dei consumi fatturati. Ma come si può agire legalmente? Una recente sentenza del Tribunale di Ancona (sentenza del 4 luglio 2025, R.G. 195/2024) offre chiarimenti fondamentali su un punto cruciale: l’onere della prova nella contestazione dei consumi di energia. La decisione sottolinea che non basta una semplice lamentela per invalidare una fattura; il cliente ha l’obbligo di fornire prove concrete.

I Fatti di Causa: L’Opposizione al Decreto Ingiuntivo

Il caso ha origine dall’azione di una società fornitrice di energia (Controparte_2), che aveva ottenuto un decreto ingiuntivo di oltre 17.000 euro nei confronti di una società cliente (Controparte_1) per il mancato pagamento di diverse fatture.

La società cliente si opponeva al decreto, sostenendo di non dovere nulla. Le sue argomentazioni erano diverse:

* Inadempimento del fornitore agli obblighi contrattuali.
* Erroneità dei consumi addebitati e dei prezzi applicati.
* Mancanza di prove sufficienti a sostegno della pretesa creditoria.

Inoltre, la cliente affermava che, nel frattempo, aveva versato una cospicua somma a titolo di CMOR (Corrispettivo Morosità) a un nuovo fornitore, somma che, a suo dire, doveva essere scomputata dal debito.

La Decisione del Tribunale: l’Onere della Prova nella Contestazione dei Consumi

Il Tribunale di Ancona ha rigettato in larga parte l’opposizione, confermando il debito del cliente, seppur ridotto dell’importo versato per il CMOR. La decisione si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento: l’onere della prova (art. 2697 c.c.).

Il giudice ha stabilito che, in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, si apre un processo a cognizione piena in cui le parti devono rispettare precise regole probatorie:

1. Il Creditore (Fornitore): Deve provare l’esistenza del titolo da cui nasce il suo diritto, ovvero il contratto di fornitura. In questo caso, il fornitore ha adempiuto a tale onere producendo il contratto e i documenti che attestavano la fornitura al POD (punto di consegna) del cliente.
2. Il Debitore (Cliente): Deve provare eventuali fatti che estinguono, modificano o impediscono il diritto del creditore. Questo significa che era onere del cliente dimostrare di aver pagato, oppure, nel caso specifico della contestazione dei consumi di energia, provare il malfunzionamento del contatore o l’inattendibilità delle letture.

Il Tribunale ha ritenuto che le letture del contatore, comunicate dal distributore locale al fornitore, costituiscono prova idonea dei consumi, a meno che il cliente non fornisca elementi concreti per metterne in dubbio l’attendibilità (ad esempio, dati palesemente incoerenti con la potenza installata o con lo storico dei consumi).

Le Motivazioni della Sentenza

Il Principio dell’Onere della Prova (Art. 2697 c.c.)

La giurisprudenza consolidata, richiamata nella sentenza, è chiara: il contatore è uno strumento di misurazione accettato da entrambe le parti al momento della stipula del contratto. Di fronte a una pretesa basata sulle sue letture, è l’utente che deve dimostrare che l’eventuale inadempimento non è a lui imputabile. Ciò significa contestare attivamente il malfunzionamento dello strumento, richiederne una verifica e fornire dati statistici o altre prove che dimostrino consumi differenti nel periodo contestato.

La Questione del CMOR (Corrispettivo Morosità)

L’unico punto in cui l’opposizione del cliente ha trovato parziale accoglimento riguarda il CMOR. Il giudice ha riconosciuto che la somma pagata al nuovo fornitore a questo titolo era direttamente riferibile al debito residuo vantato dal vecchio fornitore. Di conseguenza, per evitare un ingiusto arricchimento di quest’ultimo, ha disposto che tale importo (€ 8.450,45) fosse detratto dalla somma totale ingiunta. Il decreto ingiuntivo è stato quindi revocato e la società cliente è stata condannata a pagare la differenza residua di € 9.351,09.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce una lezione fondamentale per chiunque si trovi a gestire una contestazione sui consumi di energia. Per avere successo in un’eventuale causa legale, non è sufficiente lamentare genericamente l’eccessività della bolletta. È necessario agire in modo proattivo, raccogliendo prove concrete che possano invalidare i dati del contatore. Questo può includere la richiesta di una verifica tecnica del contatore, la raccolta dello storico dei consumi per evidenziare anomalie e la dimostrazione che i consumi fatturati sono incompatibili con le proprie attività. In assenza di tali prove, la bilancia della giustizia penderà inevitabilmente a favore del fornitore, i cui dati di fatturazione, basati sulle letture del distributore, godono di una presunzione di veridicità difficile da scalfire.

Chi deve provare cosa in una causa per bollette non pagate?
Il fornitore di energia deve provare l’esistenza del contratto di fornitura. Il cliente, invece, ha l’onere di provare i fatti a suo favore, come l’avvenuto pagamento o, in caso di contestazione dei consumi, il malfunzionamento del contatore.
Come posso contestare efficacemente i consumi di energia elettrica?
Una lamentela generica non basta. È necessario fornire prove concrete che mettano in dubbio l’attendibilità delle letture, come ad esempio perizie tecniche che attestino il malfunzionamento del contatore, o dati statistici che mostrino un’anomalia inspiegabile rispetto allo storico dei consumi.

Cos’è il CMOR e perché è stato detratto dal debito in questo caso?
Il CMOR (Corrispettivo Morosità) è un importo che il nuovo fornitore addebita al cliente per coprire i rischi legati a debiti pregressi con il vecchio fornitore. Poiché questo importo è direttamente collegato al debito originario, il giudice ha stabilito che dovesse essere sottratto dalla somma richiesta dal primo fornitore per evitare un ingiusto arricchimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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