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Presunzione di legittimità della sentenza di primo grado

Presunzione di legittimità della sentenza di primo grado, l’appellante è tenuto a fornire la dimostrazione della fondatezza delle singole censure.

Pubblicato il 09 May 2022 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI NAPOLI
Sezione III civile

La Corte d’appello di Napoli, sezione III civile, così composta:

ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 1841/2022 pubblicata il 02/05/2022

nella causa recante il numero di ruolo 2758 registro affari contenzioni per l’anno 2018, avente ad oggetto appello avverso la sentenza n. 2799/2017, pubblicata in data 21.11.2017, del tribunale di Napoli Nord, non notificata

TRA

XXX S.r.l., P.IVA

Appellante E

YYY S.p.A. (P.IVA)

Appellata Conclusioni

All’udienza del 12.1.2022 le parti hanno concluso come da verbale d’udienza, da intendersi qu trascritto.

Motivi della decisione

A – Giudizio di primo grado
A.a.) In primo grado la XXX S.r.l. citava in giudizio, innanzi al tribunale di Napoli Nord, il YYY S.p.A., formulando, come riportato nella sentenza impugnata, le seguenti conclusioni: “accertare, in ragione dell’elaborato peritale, che la XXX S.r.l. è creditrice della somma di euro 48.989,35 nei confronti del YYY S.p.A., oltre rivalutazione monetaria e interessi; riconoscere e accertare l’invalidità della determinazione ed applicazione degli interessi debitori ultralegali, di quelli anatocistici con capitalizzazione trimestrale, delle commissioni di massimo scoperto, dei costi, competenze e remunerazioni a qualsiasi titolo pretese; verificare, in ogni caso, come l’istituto abbia agito in dispregio della legge 108/96.”.

A.b.) Il tribunale adito, nella resistenza della convenuta, rigettava la domanda, condannando la società attrice al pagamento delle spese di lite come da dispositivo, nonché a quelle di c.t.u., liquidate con separato decreto.

In estrema sintesi il tribunale, a) dopo aver evidenziato che la XXX S.r.l. aveva proposto una domanda di accertamento del credito asseritamente vantato nei confronti della convenuta e non di ripetizione dell’indebito, essendo il conto corrente ancora aperto al momento dell’introduzione della lite, b) riguardo alla supposta nullità della capitalizzazione trimestrale degli interessi rilevava che il contratto era stato stipulato nel 2005, vigente la delibera CICR 9.2.2000, prevedendo la pari capitalizzazione sia degli interessi a debito che a credito, come accertato anche dal c.t.u.; c) anche gli interessi in misura ultralegale erano stati disciplinati in contratto, e vi era stato lo sforamento del tasso soglia solo nel primo e secondo trimestre del 2008, con conseguente applicazione, da parte del c.t.u., dei tassi bot più favorevoli per il cliente, giungendo l’ausiliare comunque alla conclusione che l’attrice non aveva alcun credito nei confronti della convenuta, anzi essendo debitrice della somma di euro 56.573,78, non essendo stata, però, proposta domanda in via riconvenzionale dalla banca, cosa che conduceva al rigetto della domanda; d) relativamente alle doglianze in merito all’applicazione della commissione di massimo scoperto, evidenziava quanto rilevato dal c.t.u. che aveva accertato che questa era stata addebitata sin dall’apertura del conto, nella misura dello 0.75%, come pattuito dalle parti al momento della sottoscrizione del contratto, per questo dovendo stimarsi legittimamente applicata, ciò in base al suo fondamento causale e alla ricostruzione dell’istituto sviluppata nella terza pagina della sentenza impugnata, per giungere alla conclusione che rispettava i requisiti per la sua validità, essendo determinata e determinabile, nonché noti la misura del tasso e i criteri di calcolo, nonché provvista della forma prevista dall’art. 117 tub.

B – Motivi di appello e difese della parte appellata
B.a.) Avverso la suddetta pronuncia ha proposto appello la XXX S.r.l., da considerarsi qui integralmente trascritto e alla cui integrale lettura si rimanda quale parte necessaria ed espressa della presente sentenza, sulla base di motivi così intitolati:

“1. Della metodologia di calcolo adottata dal CTU e dal Giusdicente di prime cure. Della violazione della gerarchia delle fonti. Della recente Cassazione civile, Sez. III, 6 marzo 2018, n. 5160.”;

“2. Circa la capitalizzazione trimestrale degli interessi. Della motivazione apparente del Giudice di prime cure.”;

“3. Dell’usurarietà del rapporto. Della violazione e falsa applicazione degli art. 644 c.p. e 1815 c.c. Dell’eliminazione di tutti gli interessi e dell’illegittimo ricalcolo al Tasso nominale effettuato dal CTU.”;

“4. Sulla Commissione di Massimo Scoperto.”;

“5. Sul saldo negativo. Dell’intervenuta chiusura del conto con saldo zero.

Dell’erroneità del debito in capo all’attrice. Dell’art. 345 c.p.c.”.

L’appellante, formulava, pertanto, le seguenti conclusioni:

“1. In via preliminare, accogliere l’istanza di sospensiva ex art. 283 c.p.c., attesa l’esistenza del fumus boni iuris e del periculm in mora.

2. In accoglimento dell’odierno atto di appello, riformare la sentenza del Tribunale di Napoli Nord n.2799/2017 pubbl. il 21/11/2017 RG n. 8443/2014 Repert. n. 6287/2017.

3. Accertare e dichiarare la palese violazione e falsa applicazione dell’art. 644 c.p.

4. Accertare e dichiarare la violazione e falsa applicazione dell’art. 1815 c.c.

5. Accertare la patente violazione, ad opera del Magistrato di prime cure, del principio della gerarchia delle fonti.

6. Accertare e dichiarare la violazione del criterio di calcolo del TEG, legislativamente stabilito.

Per l’ulteriore effetto:

7. Accertare e dichiarare che, ai fini della verifica del Tasso Soglia si applichi l’art. 644 c.p.

8. Accertare e dichiarare che, al contratto de quo, si applichi l’art. 1815 c.c. e non siano dovuti gli interessi.

9. Rinnovare la CTU, ex art. 356 c.p.c., per eliminare al contratto de quo tutti gli interessi ex art. 1815 c.c. e per declarare che il rapporto sia stato chiuso successivamente al libello introduttivo, con un saldo pari a zero. Per l’effetto, eliminare dalla relazione l’inesistente saldo negativo.

10. Accertare che il rapporto venisse chiuso successivamente all’atto di citazione.

11. Disporre ordine di esibizione dell’intera documentazione e particolarmente quella comprovante la chiusura del rapporto alla luce della recente missiva ex art. 119 TUB.

12. Per l’effetto, accogliere le conclusioni rassegnate da questa difesa nel giudizio di prime cure.

13. Col favore delle spese e degli emolumenti di causa del doppio grado di giudizio, da attribuirsi ai sottoscritti difensori, i quali dichiarano di averne fatto anticipo ex art. 93 c.p.c.”.

B.b.) Si costituiva la banca convenuta, la quale resisteva all’impugnazione, così concludendo:

“1) Respingere l’appello proposto perché inammissibile, infondato nel merito e comunque da rigettare;

2) Per l’effetto confermare integralmente la sentenza n. 2799/2017 emessa in data 21.11.2017 dal tribunale di Napoli Nord;

3) condannare l’appellante al pagamento dei compensi professionali per entrambi i gradi di giudizio;

4) Benvero, in via preliminare, rigettare l’avversa richiesta di sospensione della efficacia esecutiva della sentenza n. 2799/2017 emessa in data 21.11.2017 dal tribunale di Napoli Nord.”.

B.c.) Rinviata la causa per la precisazione delle conclusioni, a seguito della rinuncia all’istanza ex art. 283 c.p.c., all’udienza indicata in epigrafe, la stessa è stata riservata a sentenza, ex art. 190 c.p.c., con concessione di gg. 50 + 20 per scritti conclusionali.

C. – Considerazioni sui motivi di appello e sulle difese delle parti
C.a.) In base alla novellata formulazione dell’art. 342 c.p.c., l’appellante ha l’onere di motivare l’atto di impugnazione e di proporre critiche conferenti alla pronuncia impugnata – la quale costituisce, evidentemente, l’imprescindibile punto di partenza nella costruzione dei motivi di appello – esponendo in maniera organica ed intelligibile gli elementi di giudizio che giustifichino le modifiche richieste al giudice del gravame, ai fini della diversa soluzione da dare alla controversia, rispetto alla decisione assunta dal primo giudice.

In altri termini l’atto di appello deve possedere una intrinseca logicità ed il necessario e coerente collegamento tra i motivi che lo sorreggono e le conseguenze che si vogliono far discendere rispetto alla decisione gravata, tanto che da taluno in dottrina era stato persino sostenuto che l’impugnazione avrebbe dovuto essere costruita sul modello di un progetto alternativo di sentenza, opzione interpretativa che, sebbene, come condivisibilmente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, non può essere accolta nella sua assolutezza ‘formale’, è da condividere almeno in relazione all’organicità dell’impugnazione e alla coerenza tra obiettivi e risultato richiesto.

Non è superfluo ricordare la ratio della modifica dell’art. 342 c.p.c., che, nelle chiare intenzioni del legislatore, si poneva in diretta correlazione con l’art. 348 bis c.p.c., in modo da mettere immediatamente il giudice dell’impugnazione nelle condizioni di valutare, per così dire, la ‘consistenza’ delle critiche mosse alla decisione oggetto di censura.

Soprattutto, a tali considerazioni non è affatto estranea l’ulteriore osservazione che, secondo quanto statuito dalla giurisprudenza delle sezioni unite della Suprema Corte, l’appellante è tenuto a fornire la dimostrazione della fondatezza delle singole censure mosse alle singole soluzioni offerte dalla sentenza impugnata, giacché egli è assimilabile all’attore nella invocata “revisio” e deve, pertanto, dimostrare il fondamento della propria domanda, deducendo l’ingiustizia o invalidità della decisione assunta dal primo giudice, onde superare la presunzione di legittimità che assiste la sentenza di primo grado (Cass. sez. un. nn. 28498 del 2005; 3033 del 2013, di recente nello stesso senso si veda Cass. n. 40606/2021; sulla presunzione di legittimità della sentenza di primo grado, Cass. sez. un. n. 10027 del 2012).

Il che comporta che egli ha anche il dovere di illustrare la diversa interpretazione, rispetto a quella data dal tribunale, della fattispecie oggetto della decisione o degli elementi di giudizio e di prova che dovrebbero condurre ad una diversa soluzione della controversia, nonché di indicare dove reperire la documentazione eventualmente necessaria per supportare le proprie difese e per ‘vestire’ di specificità i singoli motivi di appello, provvedendo ad illustrare, con altrettanta compiutezza, i risultati di prova che quella documentazione è in grado di offrire, ai fini della riforma della sentenza di primo grado.

Onere di specificità che quanto più è articolata la motivazione svolta nella sentenza gravata, tanto più impone la correlativa confutazione delle singole argomentazioni e dei singoli elementi valorizzati dal giudice di primo grado.

Con l’ulteriore conclusiva precisazione che gli unici motivi di appello che la corte è chiamata a valutare sono solo quelli contenuti nell’originario atto di impugnazione, che delimita l’oggetto delle questioni rimesse all’esame del giudice del gravame, senza che essi possano essere emendati o integrati negli scritti successivi e, a maggior ragione, in quelli conclusionali.

C.b.) Partendo da tali premesse la corte ha ritenuto opportuno riportare diffusamente le motivazioni spese dal tribunale, giacché dal loro raffronto con le argomentazioni – ma sarebbe più corretto utilizzare il termine ‘affermazioni’ – poste a sostegno dell’impugnazione, emerge la manifesta inammissibilità dell’appello, ex art. 342 c.p.c., stante la palese disorganicità delle censure mosse alla decisione di primo grado, articolate, per così dire, alla rinfusa, essendo prive della necessaria e compiuta illustrazione degli errori commessi dal tribunale, oltre che dell’errata comprensione di buona parte delle valutazioni compiute dal c.t.u., nonché degli elementi di giudizio che dovrebbero suffragare la riforma della sentenza di primo grado.

C.b.i.) Cercando di seguire l’ordine delle questioni poste dall’appellante, non è per nulla esplicitato in cosa sarebbe consistita la violazione della gerarchia delle fonti nella metodologia adottata dal c.t.u..

Sembrerebbe che egli si sarebbe dovuto attenere alla portata dell’art. 644 c.p., ma non viene assolutamente illustrato quale avrebbe dovuto essere il criterio da prendere come parametro, anziché le istruzioni della Banca d’Italia.

Nessuna precisazione viene fatta riguardo al tasso soglia effettivamente da considerare e, a fortiori, ai criteri per determinarlo, non potendo omettersi di considerare che già al momento della introduzione dell’atto di appello era esistente copiosa giurisprudenza che escludeva la nullità sopravvenuta del tasso (che pure il c.t.u. ha finito per considerare), essendo poi intervenute le sezioni unite sia sulla specifica questione della non configurabilità dell’usura sopravvenuta, sia sui criteri di calcolo del tasso usurario in caso di applicazione della cms.

C.b.ii.) Altrettanto incomprensibile è il secondo motivo, con cui viene denunciato il vizio di “motivazione apparente” riguardo alla insussistenza della nullità della clausola di capitalizzazione degli interessi.

Il tribunale ha chiaramente detto che il contratto di conto corrente è stato aperto sotto la vigenza della delibera CICR 9.2.2000, ed il c.t.u. ha evidenziato che la reciprocità era prevista in contratto, ma che non sono stati applicati interessi attivi per il correntista in quanto, nel periodo di accertamento – dal 2006 al settembre 2010 – il conto della XXX non ha mai visto saldi attivi.

A fronte di tale manifesta linearità della motivazione, niente affatto apparente, per quanto esposto in premessa era onere dell’appellante esporre gli elementi di giudizio in base ai quali verificare che non era stata rispettata la pari periodicità, avendo, invece, la XXX apoditticamente ‘ribaltato’ il ragionamento, rimandando, oltretutto, a pretese differenze desumibili dalla propria perizia di parte, senza spendere neppure un rigo per illustrarne il contenuto, cosa che ovviamente esime la corte da ogni controllo.

C.b.iii.) Del terzo motivo si è già trattato, essendo nuovamente incentrato sulla presunta usurarietà degli interessi, senza nessuna effettiva argomentazione se non la mera ‘denuncia’ di una mancata applicazione degli artt. 644 c.p. e 1815 c.c..

Addirittura l’appellante si duole del fatto che il consulente d’ufficio avrebbe rilevato che la modifica dei tassi da parte della banca era avvenuta senza comunicazione, per poi sostenere che andavano applicati quelli legali.

Ovviamente, invece, ad essere nulla è la modifica, ma ciò non può che portare all’applicazione del tasso contrattuale originariamente stabilito, non avendo compreso l’appellante che il c.t.u. ha persino applicato la modifica quando questa è stata più favorevole alla correntista rispetto alla misura del tasso originario.

C.b.iv.) Anche la doglianza riferita alla cms non è chiara riguardo alla richiesta di modifica della sentenza di primo grado e, ‘ a monte’, all’effettiva censura che viene mossa alla decisione.

Infatti, pure in questo caso essa viene formulata in maniera immotivata, senza prendere in esame le valutazioni del c.t.u., fatte proprie dal tribunale relativamente al fatto che detta commissione era stata prevista in contratto e giustificata causalmente, oltre che legittimamente sostituita dalla nuova commissione disponibilità fondi prevista dalla nuova normativa.

Inoltre, sembra proposta ai fini sempre dell’ipotizzata usurarietà del tasso applicato, nuovamente senza l’esposizione delle conseguenze che avrebbe determinato sul tasso ed allo sforamento solo denunciato della soglia antiusura, peraltro mancando di esporre le conseguenze riguardanti un supposto credito in favore di essa XXX – ma manca anche l’illustrazione degli effetti che l’eliminazione della CDF avrebbe portato sul saldo pur negativo esistente – visto che, pare essere dato del tutto obliterato, l’oggetto della domanda non era la ripetizione delle poste illegittimamente applicate, ma l’asserita ricostruzione di un saldo a vantaggio di essa attrice alla data del 30.9.2010, momento cui si riferivano gli ultimi estratti conto.

C.b.v.) Ciò introduce l’ultimo motivo di appello, analogamente di difficile comprensione.

Infatti, è la XXX ad avere introdotto un giudizio a conto ancora aperto e l’accertamento è stato effettuato, si ripete, alla data del 30.9.2010, dal che non viene chiarito come dovrebbero valutarsi le questioni sopravenute, tra cui l’accensione di un mutuo che avrebbe ripianato l’esposizione, tantomeno se esse avessero trovato ingresso nel giudizio e avrebbero dovuto, per questo, costituire (e ci si dovrebbe chiedere se lo potevano) oggetto di accertamento da parte del c.t.u. e, conseguentemente, del giudice.

Come poi una accertata esposizione intrafido possa divenire accertamento di un credito in favore della correntista, del pari non è spiegato.

Tantomeno è spiegata la rilevanza – ma anche l’interesse ad impugnare – della questione posta sul saldo successivamente determinato, che sarebbe prossimo allo zero (stante la comunicazione della banca del 2.4.2015 di un saldo passivo di euro 8,19).

Il tribunale ha, infatti, chiarito che la banca non aveva proposto nessuna domanda riconvenzionale e, per questo, l’accertamento del saldo alla data del 30.9.2010 non l’avvantaggia, essendo poi stato superato dalle movimentazioni successive, che, per stessa sua ammissione stragiudiziale, avrebbero di fatto azzerato il conto.

D – Le spese
Circa il governo delle spese del grado le stesse non possono che essere regolate secondo soccombenza (esclusa la fase di trattazione e istruttoria, sostanziatasi in udienze di mero rinvio), sussistendo, altresì, i presupposti di cui all’art.13 comma 1 quater dpr 115/02 per il versamento, a carico dell’appellante, dell’ulteriore contributo unificato di cui all’art.13 comma 1 bis dpr cit.. .

P.Q.M.

La Corte d’appello di Napoli, sezione III civile, definitivamente pronunciando nel giudizio d’appello di cui in epigrafe, così provvede:

a) dichiara inammissibile l’appello ex art. 342 c.p.c., nei sensi di cui in motivazione;

b) condanna l’appellante a rifondere le spese del grado, che liquida in euro 6.615,00 per compensi professionali, oltre spese generali in misura del 15% iva e c.p.a.;

c) dà atto che, per effetto della odierna decisione, sussistono i presupposti di cui all’art.13 comma 1 quater dpr 115/02 per il versamento, a carico dell’appellante, dell’ulteriore contributo unificato di cui all’art.13 comma 1 bis dpr cit..

Napoli, così deciso nella camera di consiglio del 27 aprile 2022

Il cons. rel. est. Il Presidente dott.

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