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Risoluzione compravendita per amianto e agibilità

La presenza di amianto in un immobile venduto non comporta automaticamente la risoluzione del contratto per aliud pro alio, specie se la presenza era conoscibile. Tuttavia, l’acquirente può agire per vizi occulti o mancanza di qualità promesse, con onere di dimostrare la non conoscibilità del vizio. La responsabilità del venditore sussiste anche se l’immobile è antecedente alla normativa sull’amianto, se la presenza del materiale lo rende inidoneo all’uso o ne diminuisce il valore.

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Pubblicato il 22 giugno 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

N. R.G. 5316/2024

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di MONZA Prima Sezione CIVILE Giudice dott. NOME COGNOME Il giudice unico ha pronunziato il giorno 10/06/2025 la seguente

SENTENZA N._1165_2025_- N._R.G._00005316_2024 DEPOSITO_MINUTA_10_06_2025_ PUBBLICAZIONE_10_06_2025

nella causa civile iscritta al n. 5316/2024 R.G. promossa da:

(C.F. ), con il patrocinio dell’avv. COGNOME elettivamente domiciliato in Indirizzo telematico (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. COGNOME elettivamente domiciliato in Indirizzo telematico ATTORE/I contro (C.F. con patrocinio dell’avv. COGNOME elettivamente domiciliato in INDIRIZZO MILANO (C.F. , con il patrocinio dell’avv. COGNOME elettivamente domiciliato in INDIRIZZO MILANO (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato in INDIRIZZO MILANO CONVENUTO/I

CONCLUSIONI

Le parti costituite hanno concluso come da fogli depositati telematicamente.

Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione C.F. C.F. C.F. C.F. C.F. Con atto di citazione regolarmente notificato, convennero in giudizio e chiesero che venisse dichiarata la risoluzione del contratto di compravendita immobiliare stipulato in data 29 luglio 2021, a rogito del notaio (Rep 128186

Raccolta 35515), condannando i convenuti a restituire loro il prezzo pagato, pari ad € 110.000,00, oltre interessi e rivalutazione monetaria e risarcimento dei danni patiti.

In via subordinata, domandarono la condanna dei convenuti al pagamento dell’importo di € 157.235,00 pari alla spesa e agli oneri necessari per la bonifica dell’immobile.

videnziarono di aver acquistato, con atto di compravendita in data 29 luglio 2021, l’immobile adibito a laboratorio artigianale sito in Lentate sul Seveso (fraz. Camnago), alla INDIRIZZO per il prezzo di € 110.000,00.

Precisarono che, nell’atto di vendita, i venditori avevano espressamente garantito l’agibilità dell’immobile, non essendo in grado di produrre il relativo certificato, dichiarando che nulla osta al suo rilascio e che, in caso contrario, avrebbero risposto dei danni e delle spese all’uopo necessarie per l’ottenimento (art. 2 del contratto di compravendita).

Spiegarono che, a marzo del 2023, avevano chiesto un preventivo per la sostituzione del tetto in eternit ed avevano scoperto che anche nella controsoffittatura vi era un’elevata presenza di amianto.

Nel mese di luglio, erano sopravvenuti agenti atmosferici di particolare violenza che avevano determinato la rottura definitiva del manto di copertura in lastre di cemento amianto e la ripetuta rottura della controsoffittatura in amianto friabile (floccato) con caduta a terra del materassino, già analizzato nel marzo precedente.

In proposito, il consulente ing. aveva predisposto una relazione contenente la valutazione dell’indice di degrado e del rischio indotto, con anche i dati analitici in merito alla qualità dell’aria in presenza di distacchi del floccato, precisando che tali distacchi si erano verificati più volte, anche in precedenza, come dimostrato dai lavori di ripristino eseguiti prima dell’atto di compravendita.

Affermarono, quindi, che tali circostanze avevano reso del tutto inagibile l’immobile per motivi di sicurezza igienico-sanitari connessi con la ripetuta diffusione di fibre aerodisperse cancerogene.

Lamentarono che i venditori avevano sottaciuto la presenza dell’amianto nonostante le evidenti tracce di riparazione (rattoppi) già presenti sulla controsoffittatura prima della vendita.

Allegarono i preventivi dei costi necessari per bonificare l’immobile ed ottenere il certificato di agibilità, pari ad € 157.235,00 (doc. 5).

Aggiunsero che l’esame delle pratiche edilizie aveva rivelato che la presenza dell’amianto era stata addirittura negata:

infatti, nella DIA del 31.01.2000 (doc. 6) era stato espressamente dichiarato che “Nell’area oggetto di intervento non vi è la presenza di materiali inglobanti cemento-amianto”, dichiarazione mendace e non oggetto di rettifica neanche con la DIA in variante depositata in data 31.01.2003 (doc. 7) sulla scorta della quale era stato poi richiesto il certificato di agibilità (doc. 8), ad oggi non ancora rilasciato.

Invocarono, quindi, la risoluzione del contratto per inadempimento del venditore per consegna di aliud pro alio, oltre al risarcimento dei danni, ed, in via subordinata, il risarcimento dei danni in forza dell’espressa garanzia di agibilità rilasciata.

si costituirono ed evidenziarono che sulla domanda di rilascio del certificato di agibilità, presentata in data 16.07.2003, si era formato il silenzio – assenso, come da disciplina applicabile alla data dell’ultimo intervento edilizio sull’immobile, e che non esiste alcun divieto di alienare gli immobili costruiti con amianto fintanto che lo stato di conservazione è privo di rischi per la salute.

In ogni caso, il certificato di agibilità era stato rinvenuto nel fascicolo dell Sul Seveso, pratica n. 8379 – 2620.

Negarono di aver effettuato, successivamente, alcun intervento edilizio tale da richiedere il rilascio di un nuovo certificato.

In ordine alla presenza di amianto, osservarono che la legge n. 257 del 1992 vieta la vendita e l’utilizzo di tale materiale, ma non prevede la rimozione generale dello stesso nelle costruzioni già esistenti al momento della sua entrata in vigore, mentre il D. M. 6 settembre 1994, all’Allegato 1, statuisce che:

“La presenza di materiali contenenti amianto in un edificio non comporta di per sé un pericolo per la salute degli occupanti.

Se il materiale è in buone condizioni e non viene manomesso, è estremamente improbabile che esista un pericolo apprezzabile di rilascio di fibre di amianto”.

Affermarono che, al momento della vendita, il controsoffitto non presentava alcun degrado che potesse fare pensare alla necessità di ripararlo o di effettuare verifiche relative alla sua composizione.

Contestarono l’efficacia probatoria circa lo stato del soffitto all’atto della vendita desumibile dalle fotografie allegate dagli attori, prive di data certa, e comunque riproducenti un controsoffitto bianco, solo in piccolissima parte annerito, privo di macchie di umidità ed integro.

Peraltro, il fabbricato era stato visionato più volte dagli acquirenti in compagnia dell’agente immobiliare ed, in tali circostanze, non presentava alcun evidente segno di degrado.

Aggiunsero che la presenza sul tetto di lamiere in eternit del tutto integre era nota agli acquirenti, tanto che essi si erano determinati alla rimozione e sostituzione delle stesse, come riferito nell’atto di citazione, e che, nei successivi due anni dalla vendita, nessun distacco di materiale friabile era stato mai denunciato.

Esclusero che la presenza di amianto negli edifici giustificasse la richiesta di risoluzione del contratto di compravendita per consegna di aliud pro alio, precisando che il fabbricato era stato edificato in data anteriore al 1992 e che i loro danti causa avevano a loro volta acquistato con atto del 12.12.1980.

Contestarono, comunque, l’entità del danno lamentato e chiesero, in via riconvenzionale, la condanna degli attori al risarcimento del danno per lite temeraria ex art 96 c.p.c..

Stante l’irrilevanza dell’istruttoria, la causa venne rimessa per la decisione, in modalità cartolare, alla data del giorno 29 maggio 2025, a norma dell’art. 189 cod. proc. civ..

*** Le domande proposte da anno disattese.

affermano di aver scoperto, a seguito dell’avvio dei lavori di rifacimento delle lastre di copertura del tetto, la presenza nella controsoffittatura di un “materassino isolante floccato su rete metallica” contenente amianto.

L’esistenza di un manto di copertura in lastre di cemento amianto non è in contestazione ed era nota ai contraenti all’atto della compravendita.

Infatti, avevano allegato, nell’atto di citazione, che, a marzo del 2023, avevano chiesto un preventivo per la sostituzione del tetto in eternit e che la ditta incaricata, trattandosi di eternit, aveva consigliato la bonifica tramite rimozione e sostituzione con pannelli nuovi.

Prima di procedere con i lavori, la ditta incaricata (anche per la sicurezza di propri operai) aveva chiesto anche un’analisi del materiale della controsoffittatura e, prelevato un campione ed inviato al laboratorio di analisi quest’ultimo in data 15/06/2023 aveva comunicato che anche nella controsoffittatura vi era un’elevata presenza di amianto.

Nel corso dell’interrogatorio libero, la stessa attrice, ha riferito che “l’esistenza dell’amianto friabile nel controsoffitto è stata scoperta in occasione della verifica alla copertura, dopo una grandinata, dalla società , allorché avevamo deciso di sostituire l’eternit del tetto.

Visivamente si vedevano solo delle stuccature sulla controsoffittatura”.

Gli ulteriori accertamenti commissionati dagli attori all’ing. avevano constatato la presenza di due tipologie di manufatti contenenti amianto (M.C.A.):

(i) quella di materiale matrice friabile (presente internamente);

(ii) e quella di materiale di matrice compatta (presente esternamente).

ostengono che la problematica dell’amianto e la conseguente inagibilità dell’immobile avrebbe dovuto essere già dichiarata all’epoca della compravendita, mentre era stata sottaciuta nonostante le evidenti tracce di riparazione (rattoppi) già presenti sulla controsoffittatura.

Anzi, nella DIA del 31.01.2000 era stato espressamente dichiarato che:

“Nell’area oggetto di intervento non vi è la presenza di materiali inglobanti cemento-amianto”.

A norma dell’art. 1490 cod. civ., l’obbligazione di garanzia gravante sul venditore discende dal fatto oggettivo del trasferimento di un bene affetto da vizi che lo rendano inidoneo all’uso cui è destinato o ne diminuiscano in misura apprezzabile il valore.

In particolare, la preesistenza del vizio rispetto alla conclusione del contratto di compravendita rende responsabile il venditore per aver alienato un bene oggettivamente affetto da quel determinato difetto.

In presenza di vizi occulti, dunque, emersi o scoperti dopo la consegna del bene, l’acquirente può agire contro il venditore esercitando l’azione di garanzia, anche solo sotto il profilo risarcitorio, per il solo fatto dell’esistenza del vizio o carenza della qualità promessa all’atto del trasferimento.

Non ricorre, tuttavia, nel caso in esame, la fattispecie della vendita di aliud pro alio invocata dagli attori.

Infatti, l’asserita inadeguatezza qualitativa e funzionale o non conformità del bene venduto riguarda caratteristiche inerenti al processo di produzione del medesimo, mentre l’ipotesi della consegna di aliud pro alio si configura quando la res tradita appartenga ad un genere del tutto diverso o presenti difetti che le impediscano di assolvere alla sua funzione naturale od a quella assunta come essenziale dalle parti, facendola degradare in una sottospecie completamente diversa da quella dedotta in contratto (cfr. Cass. n. 6988 del 27/11/1986, nonché Cass. n. 18859 del 10/07/2008). Ipotesi che non ricorre certamente con riferimento all’asserita inagibilità sopravvenuta per la presenza di fibre di amianto aerodisperse, del tutto marginali e perfettamente emendabili, tali da non snaturare il genere, la funzione ed il concreto impiego propri del laboratorio compravenduto che, di fatto, ha assolto pienamente alla sua destinazione funzionale e lo sarà anche in futuro una volta ripristinate le condizioni di salubrità.

La consegna di cosa appartenente al genere di quella pattuita, anche se di un tipo diverso o di una specie diversa, non configura inadempimento per consegna di aliud pro alio, ma determina responsabilità per eventuale mancanza delle qualità promesse o per vizio occulto.

Ciò posto, anche sotto il profilo risarcitorio correlato all’azione di garanzia, va rilevato che era noto agli acquirenti che il manto di copertura fosse costituito da lastre in amianto, per cui, per il principio di autoresponsabilità, essi non avrebbero potuto fare affidamento sull’inesistenza di altri manufatti contenenti amianto negli strati sottostanti le suddette lastre, considerata l’epoca di costruzione del fabbricato e la tipologia della copertura, avendo avuto, peraltro, la possibilità di esaminare la cosa prima dell’acquisto; pertanto, ove parte acquirente abbia ignorato ciò che poteva ben conoscere, soprattutto allorché assume di aver notato “evidenti tracce di riparazione (rattoppi) già presenti sulla controsoffittatura”, quindi esteriormente visibili, deve subire le conseguenze della propria negligenza.

Nella specie, l’immobile, alla data della vendita, era munito di agibilità per effetto del silenzio – assenso formatosi sulla domanda di rilascio presentata in data 16.07.2003, in occasione dell’ultimo intervento edilizio effettuato dai venditori sull’immobile.

La DIA del 31.01.2000 presentata dai precedenti proprietari dell’immobile ( ) non può considerarsi mendace, con conseguente invalidità del certificato di agibilità, perché la dichiarazione in essa contenuta, secondo cui “nell’area oggetto di intervento non vi è la presenza di materiali inglobanti cemento – amianto”, era riferita esclusivamente agli interventi edilizi che dovevano essere realizzati in quel contesto e che concernevano:

1) il miglioramento del servizio igienico (demolizione e rifacimento-ampliamento, di nuovi servizi igienici, ed allacciamento alla fognatura comunale);

l’apertura di finestra prospetto ovest – lato INDIRIZZO Seveso.

Nessun intervento, dunque, atteneva alla copertura del fabbricato.

Analogamente, anche la successiva DIA presentata da nel 2003 riguardava lavori di ristrutturazione edilizia per la realizzazione di tavolati divisori interni, adeguamento dei servizi igienici e apertura di accesso carraio e pedonale, senza interessare il tetto.

Si osservi che la Suprema Corte ha recentemente affermato, con riferimento ad un immobile come quello in esame, realizzato in epoca addirittura anteriore al 1967, che “In caso di vendita di un immobile di risalente costruzione, la cui datazione non sia stata celata dalla parte alienante, i difetti materiali conseguenti allo stato di vetustà non integrano un vizio occulto, essendo facilmente individuabili con l’ordinaria diligenza, anche quando siano relativi a parti strutturali dell’edificio immediatamente non percepibili con il senso della vista, quali, per esempio, il tetto, i solai o le fondamenta” (Cass. n. 13425 del 15/05/2024). Non ricorrono i presupposti per la responsabilità aggravata.

Le spese processuali seguono la soccombenza.

il Tribunale di Monza, definitivamente pronunciando, così provvede:

1) rigetta le domande proposte da 2) rigetta ogni altra domanda;

3) condanna a rimborsare a le spese di lite che liquida in complessivi € 10.000,00 per competenze, oltre spese generali (15%), I.V.A. e contributo c.p.a.;

4) con sentenza esecutiva.

Monza, 10 giugno 2025.

Il Giudice dott. NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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