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Revoca parziale decreto ingiuntivo per mancata prova del credito

In un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, il creditore ha l’onere di provare il titolo del credito. Nel caso di un contratto di appalto, la fattura commerciale da sola non è sufficiente a provare l’accordo sul prezzo, soprattutto se contestato. La mancata dimostrazione dell’accordo comporta la revoca del decreto ingiuntivo.

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Pubblicato il 19 giugno 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI MONZA SEZIONE SECONDA CIVILE

Il Tribunale, in persona del giudice dott.ssa NOME COGNOME, ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._1189_2025_- N._R.G._00003291_2024 DEPOSITO_MINUTA_12_06_2025_ PUBBLICAZIONE_12_06_2025

nella causa civile di primo grado iscritta al n. 3291 del Registro Generale Affari Contenziosi dell’anno 2024, pendente tra (C.F. persona dell’amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato in Milano, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. COGNOME che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce all’atto di citazione attore opponente (P. IVA ), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Milano, INDIRIZZO, presso lo studio degli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME che la rappresentano e difendono, anche disgiuntamente, giusta procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta convenuta opposta Motivi della Decisione Il contendere trae origine dalla notificazione del decreto ingiuntivo n. 1470/2024 emesso in data 07/05/2024 per la complessiva somma di €16.040,89 oltre interessi e spese del procedimento monitorio, pretesa in pagamento da per l’esecuzione di opere di pulizia presso lo stabile condominiale sito in INDIRIZZO in Cologno Monzese. Con atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo, il ha eccepito, in via preliminare, il mancato esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione.

Nel merito, ha dato atto di aver pagato, nelle more dell’introduzione del giudizio di opposizione, le fatture di gennaio e febbraio di cui al ricorso per decreto ingiuntivo e ha chiesto la revoca del provvedimento monitorio relativamente alla residua somma di €3.434,00 di cui alla fattura n. 67/24, emessa “per prestazioni “extra” rispetto a quelle pattuite nel preventivo intercorso tra le parti (doc. 1)”, stante la mancanza di prova del titolo e la conseguente non debenza dell’importo ingiunto.

Attivato il contraddittorio, la convenuta opposta si è costituita in giudizio ed ha dedotto:

– che l’amministratore di condominio comunicava verbalmente, in data 19 aprile 2024, la cessazione del rapporto al 31 settembre 2024, proponendo di saldare immediatamente il debito pregresso trattenendo le spettanze dallo studio di amministrazione;

– che l’esponente declinava la proposta e l’amministratore decideva “arbitrariamente di dilazionare il debito senza fornire un piano chiaro, sicuro e certo di rientro”;

– che, infatti, le fatture n. 1 e 21 di cui al decreto ingiuntivo sono state saldate con 104 e 75 giorni di ritardo, “mentre la fattura n.42 è stata pagata il 12.6.24”;

– che “la fattura n. 68 riguarda lavori post ristrutturazione già accordati verbalmente e richiesti dai Condomini, e dunque non trattasi di lavorazioni extra, bensì di lavori definiti durante la ristrutturazione stessa (testi da citare)”;

Respinta l’istanza ex art. 648 c.p.c. e rigettate le prove orali richieste dalle parti, la causa è pervenuta all’udienza del 13/05/2025 ove, all’esito della discussione orale, la causa è stata trattenuta in decisione ex art. 281 sexies, co. 3, c.p.c. *** Ricostruiti così i termini del contenzioso, in via preliminare, va respinta l’eccezione di improcedibilità della domanda, atteso che con riferimento al contratto di appalto la legge non prevede l’obbligo di ricorrere alla mediazione prima di agire in giudizio. *** Sempre in via preliminare, va evidenziato che la difesa di parte opponente ha asseverato, in sede di costituzione in giudizio, l’avvenuto pagamento dell’importo di cui alle fatture nr. 1/24 del 31/01/2024, nr. 21/24 del 29/02/2024, nr. 42/24 del 31/03/2024 poste a fondamento del decreto ingiuntivo.

Ne consegue che vi è certamente stato un valido riconoscimento di debito da parte dell’opponente.

Sotto tale profilo, infatti, le considerazioni dell’opposta non sono state minimamente confutate dall’opponente e, pertanto, esse possono essere tenute per buone, con la conseguenza che l’opponente (convenuta sostanziale) deve dirsi certamente tenuto al pagamento degli importi di cui alle citate fatture.

Tanto basta alla revoca del decreto opposto, essendo sostanzialmente cessata la materia del contendere relativamente a tali somme;

costituisce infatti principio acquisito quello secondo cui “il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ha ad oggetto l’intera situazione giuridica controversa, sicché è al momento della decisione che occorre avere riguardo per la verifica della sussistenza delle condizioni dell’azione e dei presupposti di fatto e di diritto per l’accoglimento della domanda di condanna del debitore.

Pertanto, la riscontrata insussistenza, anche parziale, dei suddetti presupposti, pur non escludendo il debito dell’originario ingiunto, comporta l’impossibilità di confermarne la condanna nell’importo indicato nel decreto ingiuntivo, che dunque va sempre integralmente revocato”; Cass. n.8428 del 10/04/2014; Cass. n.21840 del 24/09/2013; Cass. n.21432 del 17/10/2011; Cass. n.13085 del 22/05/2008; Cass., sez. un., n.7448 del 07/07/1993).

*** Quanto alla restante pretesa creditoria, tra le eccezioni articolate dalla parte opponente, pare decisivo – ed assorbente di qualsivoglia altra considerazione – il rilievo della omessa dimostrazione, ad opera dell’opposta (attrice sostanziale), del titolo contrattuale che avrebbe dovuto costituire fonte del credito dedotto insoluto in giudizio.

È ormai noto che, l’opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un giudizio a cognizione ordinaria in cui il giudice non deve accertare se l’ingiunzione sia stata emessa legittimamente, cioè in termini conformi ai presupposti di ammissibilità della procedura speciale, ma verificare il fondamento della pretesa fatta valere con il ricorso per ingiunzione (Cass. 14486/2019).

Di conseguenza, con riguardo all’onere della prova, non si verifica alcuna inversione della posizione sostanziale delle parti nel giudizio contenzioso, nel senso che il creditore mantiene la veste di attore e l’opponente quella di convenuto (Cass. 21101/2015).

Trovano, dunque, applicazione le ordinarie regole in tema di prova dei diritti di credito (Cass. 9351/2007; Cass. 2387/2004;

Cass. 20073/2004; Cass., sez. un., 13533/2001), e, dunque, il creditore che agisca per l’adempimento è tenuto a fornire la prova del titolo e della esigibilità della prestazione richiesta, potendo limitarsi ad allegare l’altrui inadempimento, gravando, viceversa, sul debitore – in applicazione di principi di persistenza del diritto di credito e di vicinanza della prova – l’onere di provare il fatto estintivo dell’obbligazione (così, per tutte, Cass. n. 25584 del 12/10/2018:

“in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento, o dall’eccezione d’inadempimento del creditore ex art. 1460 c.c.”). Nella fattispecie, dunque, spettava all’opposta (attrice sostanziale) di provare e documentare l’accordo (il contratto stipulato tra le parti) in esecuzione del quale sarebbero dovute le somme riportate nella fattura versata in atti, relativa alle lavorazioni “extra” e azionata in sede monitoria.

Ciò posto, è escluso che la prova dell’accordo ipoteticamente concluso tra le parti sia stata evasa con le fattura n. 67/24 del 21/04/2024 e il prospetto contenente i conteggi effettuati da (all. sub doc. 7 al ricorso per decreto ingiuntivo).

Si tratta, infatti, di documenti di formazione unilaterale, inidonei a provare l’effettivo accordo in ordine al prezzo dei lavori, in quanto non accettati, nemmeno tacitamente, dal contraente destinatario della prestazione che ne costituisce oggetto.

Sul tema si ricorda il principio elaborato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale “La fattura commerciale, avuto riguardo alla sua formazione unilaterale ed alla funzione di far risultare documentalmente elementi relativi all’esecuzione di un contratto, si inquadra fra gli atti giuridici a contenuto partecipativo, consistendo nella dichiarazione, indirizzata all’altra parte, di fatti concernenti un rapporto già costituito, sicché, quando tale rapporto sia contestato, non può costituire valido elemento di prova delle prestazioni eseguite ma, al più, un mero indizio” (Cass. n. 299 del 12/01/2016; conf. Cass. n. 15383 del 28/06/2010; Cass. n. 9593 del 20/05/2004).

Per costante giurisprudenza “la fattura commerciale, avuto riguardo alla sua formazione unilaterale ed alla funzione di far risultare documentalmente elementi relativi all’esecuzione del contratto, si inquadra tra gli atti giuridici a contenuto partecipativo, consistendo nella dichiarazione indirizzata all’altra parte di fatti concernenti un rapporto già costituito”, sicché qualora il rapporto sia contestato tra le parti o comunque in caso di contumacia (che non consente di dare per ammessi i fatti costitutivi) non si può ritenere adeguatamente provata l’esistenza del rapporto, integrante fatto costitutivo della pretesa, atteso che “la fattura stessa non può costituire un valido elemento di prova delle prestazioni eseguite, ma può al massimo costituire un mero indizio” (v. ex plurimis Cass. 299/2016; Cass. 462/2014; Cass. 17050/2011).

Di conseguenza, considerato che l’accordo relativo al prezzo per le opere appaltate risulta contestato dall’opponente (convenuto sostanziale), il documento fiscale, così come, il prospetto contenente e i conteggi effettuati non costituiscono elementi utili ai fini della prova dell’esistenza dell’accordo sul prezzo, sulla cui base la pretesa di pagamento è stata formulata.

In altri termini, occorreva la dimostrazione, per iscritto, stanti i limiti alla prova orale stabiliti dagli artt. 2722 e 2724 c.c., dell’accordo in ordine al prezzo delle opere appaltate, costituente indefettibile presupposto della fattura allegata in atti, titolo che avrebbe dovuto costituire fonte del credito azionato da Del resto, il dato – di per sé neutro – che la committenza abbia pagato alcune lavorazioni non dimostra che il corrispettivo complessivo del contratto di appalto fosse stato accettato e concordato tra le parti per tutte le lavorazioni da eseguire. Proprio per tali ragioni non può ravvedersi, nella documentazione versata in atti (fattura e conteggi), la prova sufficiente dell’accordo che avrebbe dovuto essere documentato dalla difesa opposta (attrice sostanziale);

in primo luogo perché, come detto, si tratta di documenti di formazione unilaterale;

in secondo luogo perché difetta, in ogni caso, la prova (scritta) dell’accettazione, ad opera dell’odierno opponente (convenuto sostanziale), prova che certamente non può trarsi dalla corrispondenza in atti, che non esplicita alcuna volontà negoziale ma semplicemente documenta (semmai) l’esecuzione dell’accordo, impregiudicata ogni questione circa la sua esistenza e validità.

In breve, non avendo parte attrice offerto, all’attenzione del tribunale, un qualsivoglia documento consacrante l’accordo delle parti in ordine al prezzo complessivo dell’appalto, è inevitabile doversi pervenire al parziale rigetto della domanda di pagamento svolta in via monitoria e conseguentemente alla revoca del decreto ingiuntivo opposto, limitando l’accertamento della pretesa di parte opposta alla somma, già pagata, di €12.606,89.

Per tutte le ragioni sopra esposte, si provvede come in dispositivo.

Il tribunale di Monza, definitivamente pronunciando nella causa indicata in epigrafe, ogni contraria istanza, eccezione e richiesta, disattesa e respinta, così provvede:

– revoca il decreto ingiuntivo n. 1470/2024 emesso in data 07/05/2024 su istanza di – condanna il a rifondere a le spese della lite, che liquida in complessivi €4.237,00, di cui €850,00 per la fase monitoria ed €3.387,00 per compensi professionali del giudizio di opposizione, oltre spese generali al 15%, iva (se dovuta) e c.p.a. come per legge.

Monza, 12/06/2025 Il Giudice NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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