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Codice Civile
Codice Penale

Responsabilità del liquidatore per mancato pagamento di un credito sociale

La sentenza ribadisce la responsabilità del liquidatore di una società per i debiti sociali non onorati, in particolare quando un credito, seppur non inserito nel bilancio finale di liquidazione, fosse esistente al momento della liquidazione stessa. La Corte ha sottolineato come il liquidatore abbia l’onere di dimostrare l’osservanza del principio della par condicio creditorum, garantendo che il pagamento dei debiti non avvenga in modo discriminatorio tra i creditori.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DI APPELLO
DI BOLOGNA Sezione II
Civile Riunita in camera di consiglio in persona di:
Dott.ssa NOME COGNOME Dott.ssa NOME COGNOME CONSIGLIERE Avv. NOME COGNOME NOME COGNOME – relatore Ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._9_2023_- N._R.G._00001389_2014 DEL_02_01_2023 PUBBLICATA_IL_03_01_2023

Nella causa iscritta al ruolo con n.1389/2014 R.G.A.C., trattenuta in decisione all’udienza del promossa da:
(CF ), nato a , residente a , rappresentato e difeso dall’avvocato e dall’avv. elettivamente domiciliato presso lo studio legale dell’avv. come da delega in calce all’atto di citazione notificato per il primo grado di giudizio C.F. contro (CF.), , rappresentata e difesa dall’avv. elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. , a , come da delega in calce alla comparsa di costituzione e risposta con appello incidentale depositata per il giudizio di appello – appellata ed appellante incidentale–

In punto: appello avverso la sentenza n.898/2013, emessa dal Tribunale di Forlì, non notificata.

Conclusioni di parte appellante “Voglia la Corte d’Appello di Bologna, in totale riforma della sentenza pronunciata dal Tribunale di Forlì n. 898/13 pubblicata in data , respingere la domanda proposta dal Geom. come in atti domiciliato, nei confronti del Sig. rappresentato e domiciliato come in atti.
Con vittoria di spese e compensi di entrambi i gradi del giudizio.”.

Conclusioni di parte appellata “Voglia l’ecc.ma Corte adita, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione respinta – Respingere l’appello perché infondato in fatto ed in diritto e per l’effetto confermare la sentenza di primo grado del Tribunale di Forlì n.898/13.
– Con vittoria di spese e compensi”.

la Corte udita la relazione della causa fatta dal Consigliere avv. udita la lettura delle conclusioni rese dai procuratori delle parti;
letti ed esaminati gli atti ed i documenti del processo, ha così deciso:

Con atto di citazione ritualmente notificato, il geometra conveniva in giudizio per ottenere il pagamento delle prestazioni svolte per la ditta della quale il era amministratore unico, per un importo complessivo di €.16.682,85
oltre 4% Cassa geometri, IVA e spese di opinamento dei compensi richiesti (€.530,48).

Le prestazioni professionali avevano ad oggetto la progettazione e variante di accatastamento di cui alla fattura n.4 del di € 3.301,20.
Il geometra assumeva che detta fattura era rimasta inevasa nonostante fosse stata ricevuta in data.

L’attore assumeva inoltre che due mesi dopo non aveva ancora pagato la fattura, nonché le successive competenze professionali rese dal geometra consistenti nell’elaborazione di un progetto di fabbricato ad uso civile.

Due anni dopo, ne sollecitava il pagamento per iscritto, senza esito alcuno.

Il geometra richiedeva pertanto al proprio Ordine professionale l’opinamento della nota, che veniva liquidata per €.16.682,85
più 4% Cassa geometri e IVA
ed inoltrava nuova diffida per il pagamento del suddetto importo, oltre spese di opinamento della nota di € 530,48.

Anche tale rimaneva senza esito.

Si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda attorea in quanto infondata in fatto e diritto.

La causa veniva istruita con la documentazione versata in atti dalle parti con l’escussione del testi ammessi e con l’interrogatorio formale di Con la sentenza n.898/13. del il Tribunale accoglieva la domanda attorea, ritenendo provato il credito azionato in giudizio, e condannando il convenuto al pagamento delle spese di lite.

impugnava ritualmente la sentenza di primo grado per i seguenti motivi:
“1) Omessa motivazione in ordine alla insussistenza dei presupposti per il ricorso all’art.2495 c.c. – Carenza dei presupposti per la condanna del sig. quale socio della cessata soc. – Carenza dei

“2) Omessa pronuncia in ordine alla eccezione di prescrizione formulata con memoria 183 co. VI cpc – Prescrizione di parte del credito vantato nei confronti dell’appellante” (pagg.8-10 atto di appello)

“3) Errata valutazione delle prove in ordine alla fondatezza della domanda dell’odierno appellato” (pagg.10- 13 atto di appello).

Si costituiva nel giudizio di appello il geometra che chiedeva il rigetto delle domande avverse, in quanto infondate in fatto e diritto.

All’udienza del , tenutasi secondo le modalità di cui all’art.83 comma 7 lett.h) DL. n.18/2020, la Corte dava atto del deposito ad opera delle parti del giudizio delle note scritte con la precisazione delle rispettive conclusioni e tratteneva in decisione la causa, previa concessione dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle eventuali memorie di replica

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, l’appellante censura la sentenza di primo grado nella parte in cui il Tribunale ha erroneamente omesso di considerare che il è stato convenuto in giudizio dall’attore in prime cure non come amministratore della società, ma come socio della stessa e suo liquidatore.

Con ciò, secondo l’appellante, il Tribunale ha omesso di considerare che non sussistevano e non sussistono le condizioni previste dall’art.2495 comma 2 c.c. per l’escussione del patrimonio del socio, in quanto tale disposizione circoscrive la responsabilità del socio di società estinta all’importo percepito dal bilancio sociale in seguito alla liquidazione.

Secondo parte appellante, “la pretesa del creditore sociale insoddisfatto di rivalersi nei confronti dei soci della società estinta è condizionata dalla prova che dal bilancio di liquidazione pubblicato risulti l’esistenza di una massa attiva, dalla prova che il socio abbia percepito somme in sede di liquidazione e, solamente in questo caso, il socio può essere chiamato a rispondere di un debito sociale, comunque, nei limiti delle somme effettivamente riscosse” (pag.6 atto di appello).

Va anzitutto rilevato che il è stato chiamato in giudizio dall’ ”in qualità di socio della La disposizione dell’art.2495 comma 2 c.c. prevede che “Ferma restando l’estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi”.

L’art. 2495 c.c. prevede che nel caso in cui, dopo l’estinzione della società, quindi dopo la cancellazione della stessa dal registro delle imprese, vi siano dei creditori che vantano un credito nei confronti della società estinta, questi possono fare valere i loro diritti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione.

Inoltre, i creditori sociali possono rivolgere le loro pretese anche nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa dei liquidatori stessi.

Sussistono pertanto due condizioni in base alle quali si può configurare la responsabilità ai sensi dell’art. 2495 comma 2 c.c.:
uno oggettivo costituito dal mancato pagamento dei debiti sociali ed uno soggettivo, individuato nel comportamento colposo del liquidatore.

Finché la società non è stata cancellata dal Registro delle Imprese, ed anche qualora versi in stato di scioglimento, i creditori possono fare affidamento sul patrimonio della società che costituisce la garanzia patrimoniale generica.

Successivamente, quando la società è stata cancellata, la diretta responsabilità del liquidatore permane nei confronti del singolo creditore rimasto insoddisfatto qualora il mancato pagamento sia dipeso da colpa del liquidatore, che abbia operato in spregio agli obblighi assunti al momento dell’accettazione dell’incarico.

Come è noto, i liquidatori sono tenuti:
a liquidare l’attivo patrimoniale, al pagamento dei debiti sociali secondo l’ordine di priorità dei crediti sancito nel piano di liquidazione e successivamente alla ripartizione dell’attivo residuo tra i soci.

Uno dei criteri principali per valutare l’esistenza di un comportamento colposo del liquidatore e quindi l’esistenza di una lesione del diritto del creditore nella fase di liquidazione del patrimonio sociale è individuabile nella violazione del principio della par condicio creditorum, che impone l’eguale soddisfazione dei creditori, nel rispetto delle cause legittime di prelazione.

Quanto alla ripartizione dell’onere probatorio nella responsabilità che grava sul liquidatore ai sensi proprio credito, già provato come esistente, liquido ed esigibile al momento dell’apertura della liquidazione e il conseguente danno derivante dall’inadempimento del liquidatore alle proprie obbligazioni.

Dall’altro lato grava sul liquidatore l’onere di provare l’adempimento dell’obbligo di procedere ad una corretta e fedele individuazione dei debiti sociali e dimostrare che il pagamento dei debiti sociali non è avvenuto in spregio del principio della par condicio creditorum in danno di un creditore.

Va pertanto stabilito che, nell’ipotesi di impossibilità di soddisfare un credito sociale non indicato nel bilancio finale di liquidazione, ma comunque provato esistente nella fase di liquidazione, si realizza una responsabilità illimitata del liquidatore nei confronti del creditore rimasto insoddisfatto, qualora si dimostri che il liquidatore ha operato in spregio al principio della par condicio creditorum:
è sul liquidatore stesso che grava l’onere di provare il rispetto di tale principio e, più in generale, di avere adempiuto all’obbligo di procedere ad una corretta e fedele individuazione e pagamento dei debiti sociali.

La giurisprudenza di legittimità conferma tale impostazione, avendo da ultimo ritenuto che «in tema di responsabilità del liquidatore nei confronti dei creditori sociali rimasti insoddisfatti dopo la cancellazione della società, ex art. 2495 c, comma 2, cod. civ., il conseguimento, nel bilancio finale di liquidazione, di un azzeramento della massa attiva non in grado di soddisfare un credito non appostato nel bilancio finale di liquidazione, ma comunque provato quanto alla sua sussistenza già nella fase di liquidazione, è fonte di responsabilità illimitata del liquidatore verso il creditore pretermesso, qualora sia allegato e dimostrato che la gestione operata dal liquidatore evidenzi l’esecuzione di pagamenti in spregio del principio della par condicio creditorum, nel rispetto delle cause legittime di prelazione ex art. 2741, secondo comma, cod. civ..

Pertanto, ove il patrimonio si sia rivelato insufficiente per soddisfare alcuni creditori sociali, il liquidatore, per liberarsi dalla responsabilità su di lui gravante in riferimento al dovere di svolgere un’ordinata gestione liquidatoria del patrimonio sociale destinato al pagamento dei debiti sociali, ha l’ onere di allegare e dimostrare che l’ intervenuto azzeramento della massa attiva tramite il pagamento dei debiti sociali non è riferibile a una condotta assunta in danno del diritto del singolo creditore di ricevere uguale trattamento rispetto ad altri creditori, salve le cause legittime di prelazione ex art. 2741, cod. civ.». (Cass. Nel caso in esame, è pacifico che il già amministratore unico della sia stato convenuto in giudizio come liquidatore della società messa in liquidazione il estinta a far tempo dal (visura camerale – doc.9 fasc. 1° grado.

Parte attrice in prime cure ha versato in atti la documentazione atta a provare che il ra a conoscenza dei crediti rivendicati dall’ sin dal sollecito del (doc.1 fasc. 1° grado coltivati nel tempo con le note del (doc.3 fasc. 1° grado e del ed ancora dell’ (doc.8 fasc. 1° grado Pertanto, l’esatta conoscenza del debito sociale al tempo della liquidazione della società, ed in parte anche prima, limitatamente alla fattura n.4/05, senza che il già amministratore unico e poi liquidatore della società lo abbia incluso nella massa dei debiti da liquidare, nel rispetto del principio della par condicio creditorum, integra gli estremi della responsabilità ex art.2043 c.c. per (evidente) colpa, che la legge riconduce ex art.2495/2 c.c. in capo al liquidatore, resosi responsabile della violazione del principio della par condicio creditorum. Il primo motivo va pertanto respinto in quanto infondato.

Con il secondo motivo, l’appellante lamenta l’omessa valutazione dell’eccezione di prescrizione, in riferimento alle prestazioni dedotte al n.4) della nota del , riferite alla “Pratica allacciamento alla fognatura Comunale in località al 50% con signor Euro 450.00” (pag.9 atto di appello), in quanto attività risalente all’anno , come da documentazione versata in atti dall’ (docc.23,25,27 fasc. 1° grado , quindi già prescritta all’epoca della nota del Invero, sul punto, il in primo grado eccepiva la prescrizione nella memoria di replica alla memoria istruttoria dell’attore (mem. replica pag.1), dopo aver esaminato i documenti nn.23,25,27 versati in atti dall’ circoscrivendone la portata alla sola pratica di allacciamento della fognatura, riferita all’anno (pagg.4-5 comparsa conclusionale 1° grado.

Sul punto, prima delle quali risale alla nota di trasmissione della fattura n.4 del , che non riporta però la pratica in questione.

L’eccezione di intervenuta prescrizione (ordinaria) del credito riferito alla sola pratica di allacciamento della fognatura, le cui prestazioni sono state chieste in pagamento con nota del , va accolta con riduzione del credito accertato in prime cure per l’importo corrispondente pari ad €.450,00.

Con il terzo motivo, l’appellante censura la sentenza nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto erroneamente provata la domanda dell’ sulla base delle dichiarazioni testimoniali rese di testi scussi in primo grado.

Va rilevato in proposito che la prova del credito azionato in giudizio è stata complessivamente fornita dall’ dal deposito in atti di una cospicua documentazione tecnica (docc.11-27), in ordine alla quale non ha preso posizione e che non ha contestato neppure in appello, non impugnando la sentenza nella parte in cui il Tribunale ha rilevato che “è stata allegata documentazione comprovante l’esecuzione delle prestazioni, delle quali peraltro non è stato contestato il quantum richiesto”.

Lo scrutinio del terzo motivo risulta pertanto assorbito dalla prova del credito resa documentalmente in atti e non contestata dallo stesso appellante.

Le spese di entrambi i gradi vanno compensate per 1/4 , e, per il grado d’appello, vanno liquidate in ragione del valore della lite, secondo i valori medi di cui al DM.55/2014, oltre spese generale (!
5%), IVA e CPA come per legge.

PQM

La Corte di Appello di Bologna, definitivamente pronunciando, nel giudizio di appello introdotto da nei confronti di , in parziale riforma della sentenza n.898/2013, emessa dal Tribunale di Forlì 2) Condanna a rimborsare in favore di le spese di entrambi i gradi di giudizio, che compensa per ¼ e, per il grado d’appello, liquida per l’intero in 3.777,00, oltre contributo spese generali (15%), IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Bologna nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte di Appello di Bologna Il Giudice Ausiliario relatore Il Presidente Avv. NOME COGNOME.
dr.ssa NOME COGNOME

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