Un candidato ha contestato l'elezione di un consigliere regionale, sostenendo una causa di ineleggibilità elettorale. L'eletto, un dirigente di un'azienda sanitaria, avrebbe continuato a esercitare le sue funzioni anche dopo essersi messo in aspettativa per la campagna elettorale, firmando un atto poi pubblicato successivamente. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo un principio fondamentale: per la rimozione della causa di ineleggibilità, rileva il momento della cessazione di fatto delle funzioni (la firma dell'atto), non quello della sua efficacia esterna (la pubblicazione). La decisione mira a prevenire l'uso del prestigio della carica per influenzare gli elettori, un rischio che cessa con l'interruzione effettiva dell'attività.
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