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Codice Civile
Codice Penale

Nullità rilevabile d’ufficio

Allorquando venga in discorso una nullità rilevabile d’ufficio, non operino i termini che regolano l’attività assertiva.

Pubblicato il 17 February 2023 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI PATTI
Sezione Civile

Il Giudice designato in funzione di giudice unico, dott.,

Visto il provvedimento con il quale lo Scrivente ha assunto le funzioni giudiziarie presso Questo Tribunale in data 5-04-2019; ha emesso la seguente:

SENTENZA n. 94/2023 pubblicata il 02/02/2023

nella causa civile iscritta al n. 918/2017 R.G. avente ad oggetto “opposizionedecreto ingiuntivo n. 121/2017 emesso e depositato dal Tribunale di Patti il 4-042017” promossa da:

XXX

Attrice opponente –

CONTRO

YYY S.P.A., , e per essa, quale mandataria, KKK S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, come da procura in atti, dall’avv.

Convenuta opposta –

E

JJJ S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., con sede in, rappresentata da SSS S.R.L. con sede legale in Interveniente ex art. 111 c.p.c.-

Conclusioni: all’udienza del 7-11-2022, svoltasi come da decreto del 23-09-2022, con le modalità di cui all’art. 221 comma 4 Legge n. 77 del 17.07.2020, le parti precisavano le conclusioni giusta note di trattazione scritta in atti e la causa veniva assunta in decisione con l’assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c.

MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Con atto di citazione, tempestivamente notificato in data 29-05-2017, XXX spiegava opposizione avverso il decreto ingiuntivo n° 121/2017, emesso e depositato dal Tribunale di Patti il 4-04-2017 e notificato il 20-4-2017, con cui, su ricorso di YYY S.p.A., le era stato ingiunto il pagamento della somma di € 59.161,82, oltre interessi al tasso dello 0,20% e spese della fase monitoria.

Eccepiva: «1. Carenza probatoria della avversa pretesa. Carenza documentazione allegata. Inammissibilità del ricorso per decreto ingiuntivo; 2. Nullità per violazione del combinato disposto degli art. 33 e 36 del codice del consumo; 3. Usura; 4.

Indeterminatezza del contratto per effetto dell’ammortamento alla francese. Rimodulazione del finanziamento con tasso legale; 5. Gli importi del finanziamento – rilevanza costo assicurazione; 6. Comportamento illegittimo; 7. Eccezione di compensazione».

Con comparsa depositata il 30-1-2018, si costituiva in giudizio YYY S.p.A., instando, anzitutto, per la concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto e chiedendo, nel merito, il rigetto dell’opposizione ex adverso proposta e in subordine “accertato e dichiarato che per il contratto di prestito contro cessione del quinto dello stipendio stipulato con la sig.ra XXX risulta, alla data del 31/12/2015, un saldo debitore di complessivi €. 28.437,81 oltre i successivi interessi da tale data fino al saldo, mentre per il contratto di delega con la stessa stipulato un saldo debitore di complessivi €. 30.724,01 condannare la predetta opponente al pagamento della complessiva somma di €. 59.161,82 oltre i successivi interessi, al tasso legale tempo per tempo vigente, dal 1/1/2016 fino all’effettivo soddisfo od, in estremo subordine, a quella diversa somma, maggiore o minore, che sarà ritenuta di giustizia” (pag. 8).

All’esito dell’udienza di prima comparizione del 6-2-2018, il G.I. si riservava e, sciogliendo la riserva assunta, con ordinanza del 14-10-2018, “vista l’istanza di concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, formulata da parte opposta; viste le eccezioni sollevate da parte opponente e rilevato che mancano in atti i contratti di mutuo costituenti i titoli su cui si fonda il decreto ingiuntivo e rispetto ai quali esaminare le sollevate eccezioni, non rinvenuti neanche nell’allegato “fascicolo monitorio”, prodotto da parte opposta; ritenuto che pertanto, allo stato, non possa essere concessa la provvisoria esecuzione”, rigettava l’istanza di concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, concedeva alle parti i termini ex art. 183, c. 6, c.p.c. e rinviava la causa all’udienza del 18.04.2019 per l’ammissione delle prove.

Quindi, con ordinanza depositata il 23-4-2019, il neodesignato G.I., sciogliendo la riserva assunta all’udienza del 18-4-2019, così disponeva: “Va rigettata la richiesta di parte opposta di concessione ex art. 648 c.p.c. della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto poiché sulla stessa si è già pronunciato il Giudice con ordinanza dell’11.10.2018 all’esito dello scioglimento della riserva assunta alla “prima udienza” del 6 febbraio 2018; Quanto alla richiesta di CTU formulata da parte opponente, essa va rigettata poiché: fermo restando che grava sul creditore la prova del fondamento della sua pretesa (cfr. Tribunale Parma sez. II, 07/01/2019, n.13), le questioni giuridiche sollevate dall’opponente in merito all’eccepita nullità delle clausole contrattuali, all’indeterminatezza delle stesse ed alla dedotta illegittimità della condotta della banca opposto non necessitano di consulenza tecnica; in ordine invece alla dedotta usurarietà (originaria o sopravvenuta) degli interessi applicati e dei lamentati effetti anatocistici nei meccanismi di ammortamento che la banca avrebbe applicato, le deduzioni dell’opponente, anche a fronte delle controdeduzioni dell’opposto, appaiono, ad un sommario esame e impregiudicata ogni ulteriore valutazione, generiche e non sorrette da un principio di prova attinente ai fatti posti a fondamento delle eccezioni sollevate dalla XXX, demandandosi, in sostanza a fini esplorativi, la ricerca della prova all’esito dell’eventuale espletamento della chiesta consulenza d’ufficio; nella specie, in vero, la documentazione prodotta dall’opponente a supporto della chiesta CTU è limitata ad una serie di pronunce della Corte di Cassazione, ad un provvedimento di nomina di CTU in un altro procedimento pendente dinanzi al Tribunale di Patti e ai decreti ministeriali versati in atti” e, ritenuta la causa matura per la decisione, la rinviava per la precisazione delle conclusioni.

Di poi, all’udienza del 28-06-2021, parte opponente chiedeva la revoca della precitata ordinanza e il G.I., con ordinanza dell’1-07-2021, premettendo che “non sussistono né sono state allegate valide ragioni per la chiesta revoca dell’ordinanza del 23 aprile 2019 con la quale è stata ritenuta esplorativa la chiesta CTU e al cui contenuto integrale si rinvia” rinviava la causa per la precisazione delle conclusioni all’udienza del 7 novembre 2022.

Medio tempore, con atto di intervento ex art. 111 c.p.c. del 19-8-2022, si costituiva in giudizio JJJ s.r.l. e, per essa, SSS S.r.l., la quale, premettendo che “1. In virtù di idoneo contratto stipulato inter partes in data 24.06.2022 ai sensi e per gli effetti dell’art. 58 del Decreto Legislativo n. 385/1993 (Testo Unico Bancario) e degli artt. 1 e 4 della Legge 130/1999 (Legge sulla cartolarizzazione), YYY S.p.A. ha ceduto pro soluto in favore di JJJ S.r.l. tutti i crediti pecuniari (per capitale, interessi anche di mora, accessori, spese e quant’altro eventualmente dovuto) identificabili secondo i criteri indicati nel relativo avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana in data 07 luglio 2022 – Parte II n. 78 (All. C). 2. Fra i suddetti crediti è ricompreso anche quello vantato originariamente da YYY S.p.A. nei confronti di XXX. 3. In ragione delle caratteristiche della predetta cessione, la pubblicazione del citato avviso in Gazzetta Ufficiale è valsa anche quale notifica ai debitori ceduti. 4. In forza della suddetta procura speciale dell’11.01.2019, conferita per atto del Dott. , Notaio in Milano, rep. n. 42728, racc. n. 13238, JJJ S.r.l. ha conferito a SSS S.r.l. mandato a compiere in nome e per conto della prima, tutti gli atti necessari inerenti l’attività di amministrazione, gestione, incasso e recupero dei crediti facenti capo alla mandante, anche in sede giudiziale, ivi compresa la tutela dei diritti vantati sui crediti ceduti, con ogni più ampia facoltà (cfr. All. A)” richiamava, confermava e faceva proprie “le istanze, le richieste, le difese, le eccezioni, le deduzioni tutte già avanzate dalla Cedente e per essa dalla Rappresentante, da intendersi integralmente richiamate e trascritte nel presente atto di intervento”.

Come accennato, alla detta data di udienza del 7-11-2022, svoltasi, giusta decreto del 23-09-2022, con le modalità di cui all’art. 221 comma 4 Legge n. 77 del 17.07.2020, le parti (l’opponente e l’interveniente che chiedeva espressamente l’estromissione dal giudizio dell’istituto cedente) precisavano le conclusioni come da note di trattazione scritta in atti e la causa veniva assunta in decisione con l’assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c.

Le parti depositavano nei termini gli scritti conclusivi.

2. Quanto all’estromissione dell’originaria convenuta, chiesta nelle note depositate il 2-11-2022 dal terzo intervenuto, quale cessionario del credito, giova osservare che “A norma dell’art. 111 c.p.c., se nel corso del processo si trasferisce il diritto controverso per atto tra vivi il processo prosegue tra le parti originarie; il cedente conserva la legittimazione in qualità di sostituto processuale del cessionario (art. 81 c.p.c.) fino all’eventuale formale estromissione del cedente dal giudizio, estromissione attuabile solo con provvedimento giudiziale e previo consenso di tutte le parti. Il successore a titolo particolare nel diritto controverso, che assume la posizione di parte e non quella di terzo, è l’effettivo titolare del diritto oggetto della controversia; tuttavia, operando il meccanismo della sostituzione processuale ex art. 111 e 81 c.p.c., la decisione viene emessa nei confronti della parte originaria, ma fa stato anche nei confronti del successore a titolo particolare, avendo la legittimazione del cedente portata meramente sostitutiva e processuale, con la conseguenza che gli effetti sostanziali della pronuncia si spiegano solo nei confronti dell’effettivo nuovo titolare.” (Tribunale Vercelli, 16/09/2020, n.375).

Ora, poiché l’estromissione del cedente presuppone il consenso di tutte le parti del giudizio e non risulta che, nella specie, sia stato prestato il consenso da parte dell’attrice, odierna opponente, non può accogliersi la richiesta di formale estromissione di YYY S.p.A.

3. Ciò premesso, occorre, anzitutto, vagliare l’ammissibilità delle eccezioni sollevate da parte opponente per la prima volta nella comparsa conclusionale depositata il 9/1/2023.

A tale riguardo, tenuto conto della finalità della comparsa conclusionale, giova rilevare che “L’eccezione formulata soltanto in comparsa conclusionale è inammissibile: ciò perché le comparse conclusionali sono finalizzate all’illustrazione ed al riassunto delle domande, delle eccezioni e delle difese già proposte nel corso del giudizio e pertanto non possono contenere eccezioni nuove che comportino un ampliamento del thema decidendum. Quanto detto vale anche per le eccezioni rilevabili d’ufficio, se tali eccezioni non siano fondate su fatti accertati nel corso del processo. La rilevabilità d’ufficio, infatti, va tenuta distinta dall’accertamento d’ufficio: la prima presuppone pur sempre che i fatti modificativi, impeditivi ed estintivi della domanda risultino dal materiale probatorio già acquisito: sicché l’assenza (o la tardiva produzione) degli elementi probatori in base ai quali poter accertare la dedotta nullità preclude al giudice il rilievo d’ufficio” (Tribunale Teramo sez. I, 04/04/2022, n.344).

D’altro canto “Gli scritti difensivi successivi alla precisazione delle conclusioni hanno soltanto la funzione di illustrare le domande e le eccezioni già ritualmente proposte e non possono contenerne di nuove, che costituiscano ampliamento del thema decidendum, onde il giudice non può e non deve pronunciarsi al riguardo: sempre che, però, non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio. È indubbio, in conseguenza, che allorquando venga in discorso una nullità rilevabile d’ufficio, non operino i termini che regolano l’attività assertiva (e quindi, segnatamente, quello di cui all’articolo 183, comma 6, n. 1, del codice civile, richiamato dal giudice a quo nella pronuncia impugnata) e che, in conseguenza, il giudice possa occuparsi della questione anche se la stessa risulti veicolata da un’eccezione svolta in comparsa conclusionale” (Cassazione civile sez. I, 19/10/2022, n.30885).

Nella specie, i rilievi della XXX afferenti alla dedotta carenza di titolarità del rapporto, sul lato attivo, in capo alla creditrice cedente, per un verso, indebitamente ampliano il thema decidendum, per altro verso, non afferiscono a fattispecie di nullità rilevabili d’ufficio e, per altro verso ancora, si pongono in contraddizione con le allegazioni stesse rese dall’opponente nell’atto introduttivo ove si è evidenziato che “..Al decreto ingiuntivo in parola, infatti, sono stati allegati esclusivamente i contratti (della cui invalidità si dirà meglio più avanti) e le certificazioni ex art. 50 della Legge Bancaria, null’altro!!! Tale documentazione, certamente, prova l’esistenza del rapporto finanziario tra le parti, in verità mai contestato…ma non esaurisce in modo diligente la prova dell’esistenza di un credito certo, liquido ed esigibile della banca agente, per la complessiva somma di euro 59.161,82!…” (pag. 2).

Detto diversamente, la XXX non ha contestato l’esistenza del rapporto in questione ma ha messo in dubbio la ricorrenza dei presupposti di certezza, liquidità e esigibilità del credito richiesti per la concessione del decreto ingiuntivo.

Ne deriva, allora, l’evidente ampliamento del “thema decidendum” inammissibilmente operato per la prima volta in comparsa conclusionale e il contrasto argomentativo fra le eccezioni sviluppate nell’atto di opposizione e quelle veicolate in comparsa conclusionale.

A ciò si aggiunga che, a tutto concedere, ad un sommario esame, tali contestazioni parrebbero pure infondate alla luce dei documenti (nn. 1 e 2) allegati dal terzo intervenuto nella propria memoria di replica.

Così come il dedotto difetto di valida procura in capo alla mandataria KKK (anch’esso per la prima volta eccepito in comparsa conclusionale) è tardivo.

La questione, in ogni caso, è divenuta irrilevante alla luce dell’intervenuta cessione del credito in favore di JJJ S.r.l., posto che “il successore a titolo particolare nel diritto controverso non è terzo, ma parte, in quanto titolare della res litigiosa, e il suo intervento nel processo, regolato dall’art. 111 c.p.c., lo espone agli effetti della decisione pronunciata, che è da lui impugnabile, per cui nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo la parte cessionaria, successore a titolo particolare nel diritto controverso, ha titolo a chiedere la conferma dell’opposto decreto, a prescindere dall’estromissione della parte opposta – cedente” (Tribunale Cosenza sez. I, 19/04/2020, n.776).

A tale proposito, il terzo, intervenuto ex art. 111 c.p.c., ha documentato l’effettiva acquisizione del credito dall’originario creditore (vedi tra l’altro allegato E alla memoria di replica), considerato che “…la pubblicazione in Gazzetta della “notizia” della cessione svolge funzione differente da quella di cristallizzare modalità formali in quel momento già implementate, per ritenere che un determinato credito sia stato ceduto; nella descritta cornice ricostruttiva, la dichiarazione del cedente infine notiziata dal cessionario intimante al debitore ceduto con la produzione in giudizio, al pari della disponibilità del titolo esecutivo, era un elemento documentale rilevante, potenzialmente decisivo, e come tale ammissibile anche in grado di appello (Cass., Sez. U., 04/05/2017, n. 10790 e succ. conf.): ciò ai fini sopra evidenziati, salvo, poi, l’ulteriore apprezzamento complessivo della condotta delle parti sia nella prospettiva del corretto esercizio della pretesa di pagamento e del corretto adempimento dell’obbligazione, sia in quella, connessa, processuale” (Cassazione civile sez. III, 16/04/2021, n.10200).

4. Quanto, invece, ai motivi di opposizione, ritualmente e tempestivamente, sollevati da XXX, va premesso che l’accertamento del giudice dell’opposizione non investe (solo) la ricorrenza dei presupposti processuali per l’emanazione del provvedimento monitorio atteso che “In caso di opposizione a decreto ingiuntivo, il procedimento monitorio è un ordinario giudizio di cognizione caratterizzato dal contraddittorio differito, il quale si instaura soltanto con l’opposizione, ma deve essere comunque rapportato al momento iniziale del procedimento costituito dalla presentazione del ricorso. Quindi il potere cognitivo del giudice dell’opposizione non si limita ad un mero controllo circa la ricorrenza o meno dei presupposti richiesti dalla legge per l’emanazione del decreto ingiuntivo, e in particolare della prova a ciò sufficiente, ma si estende all’accertamento delle condizioni dell’azione dedotta in giudizio, e specificamente dell’esistenza o meno della prova del credito fornita dal preteso creditore nel corso di entrambe le fasi dell’iter processuale, a prescindere dalla valutazione sommaria già compiuta dal giudice nel decreto ingiuntivo, senza il contraddittorio dell’altra parte” (Tribunale Gela sez. I, 02/03/2022, n.110).

Ne segue, allora, che “In tema di onere della prova, la parte creditrice che agisce in giudizio per ottenere l’adempimento dell’obbligazione a carico della parte debitrice deve solo fornire la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto, posto che incombe sulla debitrice convenuta l’onere di dimostrare l’avvenuto esatto adempimento dell’obbligazione di pagamento. In particolare, nell’opposizione a decreto ingiuntivo la parte opposta conserva la posizione di attrice in senso sostanziale, gravando conseguentemente su di essa l’onere di provare l’effettiva sussistenza della pretesa creditoria azionata monitoriamente, ai sensi dell’art. 2697 c.c.” (Tribunale Vicenza sez. I, 18/10/2022, n.1737).

Sotto tale profilo, ancorché nell’ordinanza del 14-10-2018 di rigetto dell’istanza di concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, il G.I. dispose che “mancano in atti i contratti di mutuo costituenti i titoli su cui si fonda il decreto ingiuntivo e rispetto ai quali esaminare le sollevate eccezioni, non rinvenuti neanche nell’allegato “fascicolo monitorio”, prodotto da parte opposta”, invero, però, nel ricorso per la concessione del provvedimento monitorio, il ricorrente allegò l’avvenuta concessione, da parte di Fineco Prestiti S.p.A., di due finanziamenti in favore della XXX: e tali contratti vennero versati da parte convenuta in data 25-10-2018.

Di talché risulta provato dall’opposta l’ “an” del diritto azionato in giudizio ovvero la fonte negoziale del credito (che, pure, come detto, non è stata posta in discussione dalla debitrice).

Occorre, allora, verificare se le eccezioni sollevate dall’opponente in ordine al quantum della pretesa siano o meno fondate.

5. Orbene, con riguardo all’asserita violazione dell’art. 33 del Codice del Consumo, si osserva che “La penale per estinzione anticipata del mutuo non determina alcuno ‘significativo squilibrio normativo‘ di cui all’art. 33 del codice del consumo, poiché la scelta di estinguere anticipatamente il contratto è comunque rimessa alla decisione della parte mutuataria, che ha la possibilità di liberarsi dal vincolo a propria discrezione. Di conseguenza la prestazione a carico della parte mutuataria in caso di estinzione anticipata rappresenta il corrispettivo

per la facoltà di recesso accordatagli dal mutuante configurando dunque una sinallagmaticità che esclude il presupposto stesso dell’applicazione dell’art. 33 del codice del consumo” (Corte appello Roma sez. II, 04/08/2022, n.5289); mentre, in merito alla postulata violazione dell’art. 36, si espone che “La clausola di non rimborsabilità, in caso di estinzione anticipata del mutuo, degli importi corrisposti, recante la doppia sottoscrizione di cui agli artt. 1341 e 1342 c.c., non può ritenersi nulla ai sensi del combinato disposto dell’art. 33, lett. g) e 36 del Codice del consumo, atteso che l’art. 33, lett. g) presume come clausole vessatorie le clausole che hanno per oggetto o effetto di riconoscere al solo professionista e non anche al consumatore la facoltà di recedere dal contratto, nonché di consentire al professionista di trattenere anche solo in parte la somma versata dal consumatore a titolo di corrispettivo per prestazioni non ancora adempiute, quando sia il professionista a recedere dal contratto, non anche nell’ipotesi in cui sia invece il consumatore a recedere dal contratto”. (Corte appello L’Aquila, 26/01/2021, n.128).

Nella specie, peraltro, le clausole che l’opponente ha genericamente denunciato come vessatorie recano la doppia sottoscrizione e, per altro verso, dalla documentazione in atti (allegato n. 3 fascicolo monitorio) risultano, alla data del 1910-2015, n. 51 rate scadute e non pagate in relazione alla cessione del quinto dello stipendio del 2009 e n. 55 rate scadute e non pagate in relazione alla delegazione di pagamento (all. 4).

In tale stato di cose, anche la giurisprudenza eurounitaria ha avuto cura di precisare che “L’articolo 3, paragrafo 1, e l’articolo 4 della direttiva 93/13 devono essere interpretati nel senso che un ritardo superiore a 30 giorni nel pagamento di una rata di mutuo, in linea di principio, in considerazione della durata e dell’importo del mutuo, può costituire di per sé un inadempimento sufficientemente grave del contratto di mutuo, ai sensi della sentenza della Corte di giustizia UE n. 421 del 26 gennaio 2017 (C -421/14)” (Corte giustizia UE sez. IX, 08/12/2022, n.600).

Da qui l’infondatezza del motivo di doglianza dell’opponente.

6. Per quel che attiene alla dedotta usurarietà degli interessi applicati, ai vizi dell’ammortamento alla francese e ai rilievi sul costo dell’assicurazione, come già rilevato nell’ordinanza del 23-04-2019 (sia pure sommariamente), con cui è stata rigettata la richiesta di CTU contabile perché esplorativa, “in ordine invece alla dedotta usurarietà (originaria o sopravvenuta) degli interessi applicati e dei lamentati effetti anatocistici nei meccanismi di ammortamento che la banca avrebbe applicato, le deduzioni dell’opponente, anche a fronte delle controdeduzioni dell’opposto, appaiono, ad un sommario esame e impregiudicata ogni ulteriore valutazione, generiche e non sorrette da un principio di prova attinente ai fatti posti a fondamento delle eccezioni sollevate dalla XXX, demandandosi, in sostanza a fini esplorativi, la ricerca della prova all’esito dell’eventuale espletamento della chiesta consulenza d’ufficio; nella specie, in vero, la documentazione prodotta dall’opponente a supporto della chiesta CTU è limitata ad una serie di pronunce della Corte di Cassazione, ad un provvedimento di nomina di CTU in un altro procedimento pendente dinanzi al Tribunale di Patti e ai decreti ministeriali versati in atti”.

Tali valutazioni, all’epoca sommarie, vanno oggi confermate in sede decisoria.

A tale proposito, non si può non rilevare che, a fronte della corposità dell’atto di citazione, le allegazioni di parte attrice, anche quando possano essere apprezzate sotto il profilo dell’elaborazione culturale e giuridica, appaiono, tuttavia, generiche in quanto, ancorché espressive di principi giurisprudenziali, variamente articolati, non raggiungono un sufficiente stadio di concretezza con riferimento al rapporto controverso ovvero alla fattispecie concreta.

Trattasi, invero, di doglianze generiche e sommarie che non appaiono “calate” nella concreta realtà del rapporto per cui è causa e che risultano affidate a un elenco generale e astratto di invalidità la cui fondatezza è rimessa alla scontata adesione del giudicante agli orientamenti giurisprudenziali ivi espressi.

Com’è noto, infatti, l’attore ha “l’onere di allegare e provare – in modo specifico- le contestazioni sollevate. Egli non può limitarsi cioè ad allegazioni generiche quali quelle per cui la banca avrebbe applicato interessi passivi asseritamente non convenuti fra le parti…infatti ciò finirebbe “con il rendere l’azione proposta meramente esplorativa, limitata ad un elenco generale ed astratto di invalidità la cui fondatezza è rimessa alla scontata adesione del giudicante ad orientamenti giurisprudenziali che tuttavia non esonerano la parte dall’onere di allegare e provare in concreto i fatti costitutivi della propria pretesa” (cfr. Trib. Roma, 26.02.2013, n. 4233). Le allegazioni e/o contestazioni generiche sono quindi inammissibili (cfr. Trib. Latina, 28 agosto 2013, Trib. Ferrara, 5 dicembre 2013)” (Tribunale di Siena, 1 marzo 2016, n.138).

Sul punto, la Suprema Corte ha ribadito che “se l’allegazione attorea è generica (e sempre che tale genericità non comporti la nullità della citazione, ai sensi dell’art. 164 c.p.c.), e la contestazione del convenuto è altrettanto generica, l’attore ha l’onere di provare i fatti allegati; (d) se l’allegazione attorea è generica, e la contestazione del convenuto è specifica (il che non può teoricamente escludersi), l’attore ha non solo l’onere di provare i fatti allegati, ma – prima ancora – quello di contestare analiticamente i fatti dedotti dal convenuto, che altrimenti dovranno darsi per ammessi.”(Cassazione civile sez. III, 29/04/2020, n.8376).

Non sfugge, ancora, che le allegazioni dell’attrice non vennero supportate da alcun elaborato peritale che, pur valendo come mera allegazione difensiva, potesse evidenziare, sul piano tecnico i vizi denunciati.

Alla luce di quanto sopra, non può che ribadirsi, anche in sede decisoria, il carattere meramente esplorativo della chiesta CTU contabile poiché “la consulenza tecnica d’ufficio non è mezzo istruttorio in senso proprio, avendo la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze. Ne consegue che il suddetto mezzo di indagine non può essere utilizzato al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, ed è quindi legittimamente negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero di compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati” (Cassazione civile sez. VI, 07/06/2019, n.15521).

6.1. Sotto altro profilo, risultano condivisibili oltre che, invero, documentate le controdeduzioni che parte opposta ha esposto in comparsa, evidenziando che «in particolare per il contratto di cessione del quinto, premettendo che dalla decorrenza del rapporto (giugno 2009) sono state versate solo le rate fino al mese di giugno 2011 e che il conteggio è stato chiuso alla data del 21/12/2015, si rappresenta che l’importo richiesto di €. 28.437,81, valuta 31/12/2015, (cfr. doc. 4 fascicolo monitorio) è cosi determinato: €. 16.430,00 rate non versate da 7/2011 a 11/2015 (310,00 x 53) €. 12.004,30 capitale a scadere al 30/11/2015 (cfr. doc. 1) €. 28.434,30 totale al 21/12/2015 €. 3,51 interessi di mora dal 22/12/2015 al 31/12/2015 €. 28.437,81 totale al 31/12/2015. Allo stesso modo l’importo richiesto per il contratto di delega, considerato che dalla decorrenza del rapporto sono state versate solo le rate fino al mese di febbraio 2011, l’importo richiesto di €. 30.724,01 è cosi determinato €. 17.670,00 rate non versate da 3/2011 a 11/2015 (310,00 x 57) €. 13.050,22 capitale a scadere al 30/11/2015 (cfr. doc. 2) €. 30.720,22 totale al 21/12/2015 €.3,79 interessi di mora al tasso legale dal 22/12/2015 al 31/12/2015 €. 30.724,01 totale al 31/12/2015. Da quanto sopra emerge, inequivocabilmente, l’infondatezza delle avverse contestazioni in merito alla applicazione di penali, interessi e quant’altro. D’altra parte quanto sopra era ben noto alla stessa mutuataria che in data 21/10/2015 aveva ricevuto due lettere di decadenza dal beneficio del termine (doc. 3 e 4) nelle quali nessun importo era stato richiesto a titolo di interessi penali o quant’altro essendo la richiesta limitata alle rate non versate ed al residuo a scadere. Anche nel decreto ingiuntivo opposto le somme richieste per ciascun contratto non sono altro che la sommatoria delle rate non versate fino alla data della chiusura dei conti ed i residui debiti a scadere al netto dell’abbuono degli interessi. Solo dalle date di chiusura dei due conti sono stati richiesti gli interessi di mora peraltro ridotti al tasso legale tempo per tempo vigente… Relativamente alla eccepita usurarietà dei due contratti si evidenzia che il contratto di cessione fu stipulato in data 5/5/2009 mentre quello di delegazione in data 24/8/2009 (cfr. doc. 1 e 2 fascicolo monitorio) con la conseguenza che ogni verifica sui tassi applicati andrà rapportata con le relative tabelle di riferimento emanate dalla Banca d’Italia rispettivamente per il secondo e terzo trimestre di detto anno (doc. 5 e 6). All’uopo si fa presente che, su specifica indicazione della Banca d’Italia, anche per i contratti di delega ogni raffronto dovrà essere eseguito con comparazione dei tassi rilevati nella categoria “cessione del quinto”. Cominciando dal contratto di cessione del quinto si evidenzia che il tasso medio rilevato nel secondo trimestre del 2009, per contratti di importo superiore ai 5.000,00 euro, era pari al 8,97 con conseguente soglia ai fini della usura fissata al 13,455 [8,97 + (8,97 : 2)]. Il tasso del contratto è invece pari al 10,95 mentre al netto delle polizze è addirittura del 10,01 e quindi perfettamente all’interno della soglia determinata ai fini della usura. Allo stesso modo per il contratto di delega la tabella relativa al terzo trimestre del 2009, per contratti di importo superiore ai 5.000,00 euro, ha fissato il tasso medio al 9,21 con conseguente soglia ai fini della usura fissata al 13.815 [9,21 + (9,21 : 2)]. Il tasso del contratto di delega è invece pari al 10,43 mentre al netto delle polizze è addirittura del 10,08 e quindi perfettamente all’interno della soglia determinata ai fini della usura. Si ricorda in proposito che all’epoca della sottoscrizione dei due contratti erano in vigore le Istruzioni della Banca d’Italia emanate nel 2006 che non contemplavano nel calcolo dei tassi dei contratti di cessione del quinto e di quelli assimilati i costi afferenti le polizze di assicurazione in quanto le stesse erano disposte per legge ed in particolare dall’art. 54 del citato Testo Unico 180/1950. Occorre poi considerare che la Legge sull’usura n°108/96 inizialmente stabiliva che una operazione finanziaria poteva considerarsi usuraria quando il costo della stessa superava del 50% il limite che trimestralmente veniva determinato dalle apposite tabelle emanate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, sentita la Banca d’Italia, per categoria di finanziamento. Dal 14/5/2011, è invece intervenuto il D.L. 70/2011 che ha modificato l’art. 2, comma 4, della citata Legge Antiusura nella determinazione del calcolo della soglia u In base al citato D.L. 70/2011 il limite oltre il quale gli interessi sono ritenuti usurari è calcolato aumentando il Tasso Effettivo Globale Medio (TEGM) di un quarto, cui si aggiunge un margine di ulteriori quattro punti percentuali. E’ stato peraltro stabilito che la differenza tra il limite e il tasso medio non possa essere superiore agli otto punti percentuali. Nei casi in esame, in base alle attuali disposizioni di legge, la soglia usuraria sarebbe pari al 15,21 (8,97 + 8,97/4 + 4) per il contratto di cessione ed al 15,51 (9,21 + 9,21/4 + 4) per quello di delega con la conseguenza che i tassi applicati anche in questa ipotesi non supererebbero le soglie determinate e, in entrambi i casi, neanche volendo includere nel calcolo il costo delle polizze assicurative…».

6.2. Inoltre, in merito alle doglianze relative al piano di ammortamento alla francese, la giurisprudenza ha precisato che “In tema di mutuo, in caso di rimborso del capitale e dei relativi interessi secondo il c.d. metodo ‘alla francese’, tale sistema prevede il pagamento frazionato della rata. La caratteristica del c.d. piano di ammortamento alla francese, infatti, è quella di variare progressivamente la composizione delle rate, costanti nell’importo complessivo, in quanto al decrescere progressivo della parte di interessi dovuta si accompagna un progressivo aumento della quota di capitale restituito: ciò non determina un’illecita capitalizzazione composta degli interessi ma solo una diversa costruzione delle rate costanti” (Tribunale Bari sez. IV, 21/04/2022, n.1507) e ancora che “In tema di rapporti bancari, l’ammortamento alla francese di per sé non implica una pratica anatocistica, in quanto gli interessi vengono calcolati unicamente sulla quota capitale via via decrescente e per il periodo corrispondente a quello di ciascuna rata; il piano di ammortamento alla francese null’altro è che la predisposizione volontaria da parte dei contraenti di un piano di pagamento a rata costante, laddove all’interno di ciascuna rata la quota capitale e la quota interessi non sono identiche: gli interessi da corrispondersi sono maggiori nelle prime rate e via via decrescono con le rate successive” (Tribunale Crotone sez. I, 17/02/2022, n.159).

Ne discende che i motivi articolati da parte attrice appaiono infondati.

7. Infine, con riferimento al dedotto “comportamento illegittimo della banca” di cui al punto n. 6 dell’atto di opposizione, esso, proprio perché fondato sull’allegazione secondo la quale “…Il rapporto finanziario impugnato viola, poi, le disposizioni di cui all’art. 1284 co. 3 c.c., anche e specialmente, in riferimento a quanto disposto dalla Legge 108/1996, la quale sancisce un principio generale che commina la nullità di ogni obbligazione che preveda addebito di costi per interessi, spese e competenze eccedenti il c.d. tasso di soglia ivi determinato..” (pag. 24), presuppone la fondatezza dei precedenti motivi di opposizione che, invece, risultano infondati; così come l’eccezione di compensazione che fa riferimento a somme – solo ipoteticamente – indebitamente versate dalla debitrice e alla “nullità delle clausole contrattuali sopra evidenziate e dell’illegittimità delle prassi tenute dalle Banche, nonché da quanto emerso dalla perizia che si allegherà nei tempi e nei modi processuali…” (perizia, a dire il vero, mai allegata).

In ogni caso, l’eccezione oltre che, radicata su presupposti non verificati, risulta sprovvista della definizione del proprio oggetto (ossia del presunto controcredito della XXX sia in merio all’an sia in merito al quantum).

8. Conclusivamente, l’opposizione è infondata e va rigettata, con conseguente conferma del decreto ingiuntivo opposto e declaratoria di definitiva esecutività dello stesso.

9. Le spese seguono la soccombenza di parte opponente e sono liquidate come in dispositivo, in base ai parametri minimi di cui al D.M. n. 55/2014, aggiornati dal D.M. n. 147/2022, (anche in ragione della prossimità del valore della causa allo scaglione di riferimento immediatamente sottostante) tenendo conto dell’attività difensiva concretamente svolta dalle parti e del valore della controversia e con esclusione della fase istruttoria/ di trattazione sia perché non si è svolta istruttoria sia perché parte opposta non ha depositato memorie ex art. 183 comma 6 c.p.c.

P.Q.M.

Il Giudice della Sezione Civile del Tribunale di Patti, in funzione di giudice unico, dott., definitivamente pronunciando nella causa n. 918/2017

R.G., ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita;

1. Rigetta l’opposizione proposta da XXX e, per l’effetto, conferma il decreto ingiuntivo n° 121/2017 emesso e depositato dal Tribunale di Patti il 4-04-2017, dichiarandolo definitivamente esecutivo;

2. Condanna XXX al pagamento, in favore di YYY S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, e per essa, quale mandataria, KKK S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, e in favore di JJJ s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata da SSS s.r.l., quali creditori in solido, delle spese processuali che liquida in complessivi € 4.217,00, oltre al rimborso delle spese generali (15%), IVA e CPA.

come per legge.

Così deciso in Patti, il 2-02-2023.

Il Giudice

 

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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