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Nullità Interest Rate Swap e fideiussione

La sentenza afferma il principio per cui la mancata indicazione del mark to market nel contratto Interest Rate Swap ne comporta la nullità. Inoltre, si analizza la fideiussione e si chiarisce che la violazione della normativa antitrust potrebbe comportare la nullità parziale limitatamente ad alcune clausole.

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Pubblicato il 31 maggio 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI VERONA TERZA SEZIONE CIVILE in composizione monocratica, in persona del Giudice, dott. NOME COGNOME, ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._1244_2025_- N._R.G._00010649_2016 DEL_29_05_2025 PUBBLICATA_IL_29_05_2025

nella causa iscritta al n. 10649 del ruolo generale per gli affari contenziosi civili dell’anno 2016, promossa (C.F.: ), in persona del legale rappresentante pro tempore, (C.F.:

(C.F.: ), tutti rappresentati e difesi dall’avv. COGNOME in forza di procura allegata all’atto di citazione in riassunzione;

attori contro (C.F.: )

, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. COGNOME NOME in forza di procura generale alle liti in atti;

convenuta In punto:

contratti bancari;

Conclusioni delle parti:

come da note scritte di precisazione delle conclusioni depositate ai sensi dell’art. 127 ter c.p.c.;

C.F. C.F. P. DELLA DECISIONE Con atto di citazione notificato in data 20.6.2014 la debitrice principale ed i fideiussori hanno convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di L’Aquila per sentir “dichiarare che la banca convenuta non è creditrice della somma richiesta di euro 1.808.862,36 bensì della somma di euro 776.900,73 (o di quella diversa, maggiore o minore, che risulterà di giustizia dopo apposita CTU contabile tesa a ricostruire il rapporto e le poste di dare/avere come proposte nella presente citazione, tenuto conto anche degli addebiti successivi al giugno 2013, fino al loro cessare) e ciò per effetto della nullità dei contratti derivati, dell’anatocismo praticato sui mutui e sul conto corrente e della complessiva usurarietà rinveniente dalla ristrutturazione dei mutui e dalla imputazione degli effetti del contratto derivato e con conseguente imputazione di tutti i pagamenti al capitale puro, venendo meno ogni forma di interesse per effetto della nullità per usura” e sentir conseguentemente “dichiarare tenuta e condannare la banca convenuta al pagamento dei danni tutti, esposti in totale euro 300.000,00 (ovvero 100.00,00 per ciascun attore) o in quella somma diversa, maggiore o minore, che il giudice vorrà stabilire equitativamente anche attese le risultanze della CTU contabile”. Con richiesta di emissione di “ordine di cancellazione dei nominativi degli attori dalla centrale dei rischi interbancaria con effetto retroattivo”.

A seguito dell’accoglimento dell’eccezione di incompetenza per territorio sollevata dalla banca convenuta, gli attori hanno riassunto la causa dinanzi a questo Tribunale.

Costituendosi in giudizio, ha eccepito, in via pregiudiziale:

i) la nullità dell’atto di citazione ai sensi dell’art. 163, commi 3 e 4, c.p.c. con riferimento alle domande relative al contratto di conto corrente;

ii) l’incompetenza per territorio del Tribunale di Verona in favore del Tribunale di Roma in relazione alla domanda relative al contratto di finanziamento n. 4093724 del 10.6.2010 e alla domanda relativa al contratto di conto corrente n. 3079599, ove ritenuta ritualmente proposta;

iii) l’inammissibilità delle domande relative ai contratti di swap stipulati in data 19.3.2007, 15.5.2007 e 21.5.2007, ove ritenute ritualmente proposte, per effetto della clausola arbitrale contenuta all’art. 15 del contratto quadro 16.3.2007.

Nel merito ha contestato, invece, la fondatezza delle domanda attoree, chiedendone il rigetto, ed ha chiesto in via riconvenzionale, previa emissione di ordinanza di pagamento di somme non contestate ex art. 186 bis c.p.c. per la somma di € 776.900,73 (emessa dal precedente G.I. con ordinanza in data 13.4.2018), condanna degli attori al pagamento in solido della somma di € 1.909.410,53 (alla data del 8.1.2015) oltre interessi di mora successivi sino al saldo, per il residuo dovuto per il finanziamento n. 4093724, ovvero della diversa somma risultante all’esito del giudizio. Ciò posto, ai fini dell’individuazione e delimitazione dell’oggetto del conten- dere è opportuno premettere, con riferimento allo svolgimento dei rapporti tra le parti:

– che in data 9.3.2007 le parti hanno sottoscritto il contratto di apertura del conto corrente n. 79599;

– che in data 16.3.2007 le parti hanno concluso un contratto quadro per operazioni di investimento in Interest Rate Swap (doc. 5 di parte convenuta);

– che, in esecuzione di tale contratto quadro, le parti hanno concluso in data 19.3.2007 una contratto di Interest Rate Swap con nozionale di € 1.550.000 (doc. 6 di parte convenuta), estinto anticipatamente in data 10.5.2007 (doc. 7 di parte convenuta), ed in data 15.5.2007 un secondo contratto di RAGIONE_SOCIALE Swap (doc. 4 di parte attrice e docc. 9 e 10 di parte convenuta);

– che in data 21.5.2007 e in data 15.6.2007 le parti hanno concluso due contratti di finanziamento dell’importo di € 700.000,00 ciascuno (docc. 1 e 2 di parte attrice e docc. 11 e 12 di parte convenuta);

– che sempre in data 21.5.2007 le parti hanno concluso altro contratto di Interest Rate Swap (doc. 3 di parte attrice e docc. 13-15 di parte convenuta);

– che in data 1.6.2010 le parti hanno concluso un contratto di consulenza in materia di investimenti su strumenti finanziari derivati (doc. 9 di parte attrice) e in data 4.6.2010 hanno concluso un contratto quadro per la regolamentazione dei contratti di IRS e di opzione RAGIONE_SOCIALE e opzione FLOOR (doc. 14 di parte attrice) – che in data 10.6.2010 le parti hanno concluso il contratto di mutuo chirografario a tasso variabile n. NUMERO_DOCUMENTO dell’importo di € 1.700.000,00 per la durata di 180 mesi (doc. 6 di parte attrice e doc. 16 di parte convenuta), destinato alla ristrutturazione dei precedenti contratti di finanziamento; – che le parti hanno estinto i precedenti contratti di RAGIONE_SOCIALE ed in data 16.6.2010 hanno concluso altro contratto di Interest Rate Swap cd. Plain Vanilla con nozionale di € 1.693.232,10 e scadenza al 30.6.2025 (doc. 13 di parte attrice e doc. 17 di parte convenuta);

che con lettera raccomandata a.r. del 20.4.2012, ricevuta dalla debitrice principale il 5.5.2012 e da il 2.5.2012 (doc. 25 di parte convenuta), la Banca ha dichiarato risolto il contratto di finanziamento n. NUMERO_DOCUMENTO per mancato pagamento di n. 18 rate scadute ed ha intimato l’immediato pagamento della somma di € 1.808.862,36 (di cui € 243.482,97 per rate scadute e , € 12.653,64 per interessi moratori ed € 1.552.725,75 per capitale residuo a scadere) oltre interessi successivi, spese e accessori;

– che dall’estratto conto alla data del 30.6.2012 relativo al conto corrente n. 79599 (doc. q di parte attrice) risulta un saldo passivo di € 110.670,01;

– che dall’estratto di saldaconto al 8.1.2015 (doc. 27 di parte convenuta) risulta un complessivo debito relativo al rapporto di finanziamento n. 4093724 pari ad € 1.909.410,53, comprensivo degli interessi di mora maturati fino a tale data.

Da quanto precede risulta chiaramente che sia la domanda attorea di accerta- mento negativo del debito di € 1.808.862,36 (esattamente corrispondente all’importo di cui la banca ha intimato il pagamento con la comunicazione del 20.4.2012 di risoluzione del contratto di finanziamento n. 4093724), sia la domanda riconvenzio- nale con la quale la banca convenuta ha chiesto la condanna degli attori al pagamento in solido della somma di € 1.909.410,53 (esattamente corrispondente al saldo alla data del 8.1.2015 risultante dall’estratto di saldaconto relativo al rapporto di finanziamento n. NUMERO_DOCUMENTO), oltre interessi di mora successivi sino al saldo, si riferiscono al debito derivante dal contratto di mutuo chirografario n. NUMERO_DOCUMENTO, dal momento che la banca ha inteso agire in via riconvenzionale per il pagamento del debito derivante dal predetto contratto, quale risulta dall’estratto di saldaconto alla data del 8.1.2015, indipendentemente dal saldo passivo del conto corrente sul quale il pagamento delle rate del finanziamento era regolato. La domanda attorea, che certamente non brilla per chiarezza, contiene tuttavia un riferimento anche ad altri rapporti, laddove afferma che la contestazione del debito di € 1.808.862,36 derivante dal contratto di mutuo chirografario n. NUMERO_DOCUMENTO sarebbe conseguenza “della nullità dei contratti derivati, dell’anatocismo praticato sui mutui e sul conto corrente e della complessiva usurarietà rinveniente dalla ristrutturazione dei mutui e dalla imputazione degli effetti del contratto derivato”.

Pur non essendo dato comprendere, già sul piano astrattamente giuridico, come l’eventuale nullità di altri contratti o l’anatocismo asseritamente praticato in altri rapporti possa incidere su quanto dovuto in base al contratto di finanziamento n. NUMERO_DOCUMENTO, trattandosi di rapporti giuridici distinti, va osservato che l’atto di citazione introduttivo del giudizio non solleva specifiche contestazioni in ordine ai contratti di Interes Rate Swap sottoscritti nel 2007 e, benché nelle conclusioni si faccia riferimento all’asserita “nullità dei contratti derivati” (al plurale), le doglianze attoree sono rivolte all’indirizzo del solo IRS sottoscritto nel 2010 e non anche dei precedenti IRS sottoscritti nel 2007 (in relazione ai quali la banca ha prudenzialmente ribadito l’inammissibilità di eventuali domande in ragione della clausola arbitrale di cui all’art. 15 del contratto quadro del 16.3.2007), come confermato dalla stessa parte attrice allorché ha affermato che “La domanda di nullità di parte attrice investe «soltanto» il contratto swap del 2010” (nell’istanza di revoca dell’ordinanza 186 bis c.p.c. del 11.5.2018) e ribadito che “che si usi il singolare o il plurale, poco cambia. Ovviamente i derivati 2007 non sono in discussione (al pari dei due mutui del 2007) per il solo fatto che sono stati estinti nel 2010 e «accorpati» nei nuovi contratti del 2010, oggetto di causa” (nella memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c. n. 3 del 19.6.2018), e come ritenuto anche dal precedente giudice istruttore, affermando che “la domanda di nullità svolta da parte attrice investe soltanto il contratto di swap del 2010, e che, di contro, non è stata mossa alcuna censura nei confronti dei precedenti contratti di swap stipulati nel 2007, cosicché l’eccezione di incompetenza funzionale (non rinunciata nel corso dell’odierna udienza) sollevata da per effetto della clausola arbitrale contenuta nell’art. 15 del contratto quadro è irrilevante nel caso in esame” (nell’ordinanza in data 5.4.2018). Parte attrice sembra invocare, dunque, la nullità del contratto quadro per prodotti derivati del 2007 (e dei contratti di IRS conclusi in esecuzione di esso) solo in relazione alla successiva nullità del contratto di IRS stipulato nel 2010 ed alle partite debitorie che lo riguardano.

Inoltre, a fonte delle eccezioni preliminari sollevate dalla Banca convenuta, parte attrice ha precisato (nella propria memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c. n. 1) che le contestazioni sollevate non sono rivolte nei confronti delle clausole contenute nel contratto di conto corrente n. 79599 stipulato in data 9.3.2007 ma tale contratto è richiamato solo perché “usato quale veicolo per la scritturazione delle poste di dare e avere” derivanti dai contratto di mutuo e di IRS.

Alla luce delle precisazioni suddette, oggetto del presente giudizio sono dunque esclusivamente il contratto di finanziamento n. 4093724 del 10.6.2010 ed il contratto di Interest Rate Swap del 16.6.2010 ed indirettamente il contratto di consulenza del 1.6.2010 ed il contratto quadro per la regolamentazione dei contratti di IRS e di opzione CAP e opzione FLOOR del 4.6.2010.

Con riferimento alla domanda relativa al contratto di mutuo chirografario n. NUMERO_DOCUMENTO (in relazione alla quale va respinta l’eccezione di incompetenza per territorio sollevata dalla banca convenuta perché la competenza di questo Tribunale è stata affermata dal Tribunale di L’Aquila proprio in accoglimento dell’eccezione sollevata dalla banca ed è prevista dall’art. 16 del contratto) va osservato che, in base ai criteri generali in materia di ripartizione dell’onere della prova, è onere della banca che agisca per la restituzione del capitale finanziato e il pagamento degli interessi fornire la prova giudizio del proprio credito. In particolare, in base al principio di persistenza del diritto (enunciato da S.U. 13533/2001 e pacifico nella giurisprudenza successiva), il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, il risarcimento del danno o l’adempimento, ha l’onere di provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, potendosi limitare all’allegazione dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo della altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento. La banca ha quindi l’onere di fornire la prova del titolo negoziale, rappresentato dal contratto di finanziamento, e delle relative condizioni economiche (e segnatamente della disciplina dell’ammortamento, con le relative scadenze temporali, e del tasso di interesse pattuito) nonché dell’erogazione della somma finanziata.

Non è invece necessaria la produzione in giudizio dell’estratto conto certificato ai sensi dell’art. 50 t.u.b., richiesta solo ai fini della prova del saldo negativo del conto corrente che la banca intenda azionare in danno del correntista.

Grava invece sul debitore mutuatario che si opponga all’accoglimento della domanda della banca l’onere di fornire la prova in giudizio di aver adempiuto alla obbligazione restitutoria mediante corresponsione, in tutto o in parte, della somma mutuata, dimostrando i pagamenti intervenuti o una diversa quantificazione degli importi, per essere gli stessi non dovuti o già corrisposti.

Nella specie, la banca convenuta ha fornito adeguata prova del proprio credito, producendo copia del contratto di mutuo chirografario a tasso variabile n. NUMERO_DOCUMENTO dell’importo di € 1,7 milioni con durata di 180 mesi sottoscritto in data 10.6.2010, completo del relativo piano di ammortamento (doc. 16 di parte convenuta), nel quale è rilasciata quietanza di erogazione della somma mutuata (si veda in particolare l’art. 2 del contratto, ove si legge che “la somma mutuata (…) è accreditata sul conto corrente NUMERO_DOCUMENTO (…) intestato all’Impresa, che né da quietanza all’atto di conclusione del presente contratto”) ed ha allegato l’inadempimento della società mutuataria per il fatto che tale finanziamento è stato rimborsato solo in parte, come specificamente contestato nella diffida del 20.4.2012 (doc. 25 di parte convenuta), con la quale ha comunicato la risoluzione del contratto per il mancato pagamento di n. 18 rate e chiesto l’immediato pagamento di quanto scaduto e rimasto impagato. A fronte di ciò e della specifica contestazione contenuta nella diffida del 20.4.2012, la società debitrice principale ed i fideiussori non hanno allegato, né tantomeno dimostrato, l’esistenza di pagamenti non conteggiati né hanno mosso alcuna contestazione al calcolo degli interessi risultanti dall’estratto di saldaconto al 8.1.2015 (doc. 27 di parte convenuta).

Hanno invece lamentato la pretesa usurarietà del contratto di mutuo, senza contestare le clausole relative alla pattuizione degli interessi corrispettivi o moratori, ma affermando (a pag. 42 dell’atto di citazione) che tale usurarietà, e la conseguente eccezione di nullità, deriverebbe dal fatto che “anche l’interesse di mora pagato per il ritardato rimborso delle singole rate e calcolato tanto sul capitale quanto sull’interesse corrispettivo va a fare cumulo ai fini del superamento del tasso soglia” e sembrano dolersi altresì di un asserito anatocismo vietato dall’ordinamento (al quale sembra alludere il riferimento nelle conclusioni ad un “anatocismo praticato sui mutui”). Ebbene, la tesi della usurarietà del contratto di mutuo è priva di fondamento poiché ai fini della verifica del superamento del tasso soglia deve escludersi ogni possibilità di sommare gli interessi corrispettivi, che rappresentano la fisiologica conseguenza dell’erogazione del prestito (art. 1815 c.c.), con gli interessi di mora, che sorgono invece solo a seguito di inadempimento delle obbligazioni e riguardano una fase patologica del negozio giuridico (art. 1224 c.c.).

A ben vedere, anche nella citata sentenza n. 350/2013, spesso erroneamente interpretata, la Suprema Corte non ha mai affermato che tassi corrispettivi e moratori debbano essere considerati unitariamente e sommati tra loro ma si è limitata a statuire la rilevanza anche del tasso di mora ai fini del controllo del rispetto della normativa antiusura in un caso in cui, come frequentemente accade, il tasso di mora era fissato mediante l’applicazione di uno spread al tasso degli interessi corrispettivi.

Alla sommatoria tra interessi corrispettivi e moratori osta, in primo luogo, la diversità ontologica e funzionale dei due tipi di interesse poiché gli interessi corrispettivi assolvono alla funzione di remunerazione del capitale mutuato ed il loro pagamento rientra nel fisiologico svolgimento del programma negoziale mentre gli interessi moratori assolvono alla diversa funzione di liquidazione forfettaria ed anticipata del danno per il caso di inadempimento imputabile al mutuatario ed il loro pagamento è pertanto meramente eventuale. Inoltre, diversa è la base di calcolo dal momento che gli interessi corrispettivi si calcolano sull’intero capitale a scadere e coprono il periodo che va dall’erogazione delle somme mutuate alla scadenza del termine di rimborso o di pagamento delle rate, mentre gli interessi moratori si calcolano sulle sole rate scadute e sono dovuti esclusivamente per il periodo successivo alla scadenza delle rate stesse.

La possibilità del cumulo è esclusa, dunque, da ragioni di ordine logico ancor prima che giuridico poiché interessi corrispettivi e moratori non sono destinati a coesistere ma sono tra loro in rapporto di incompatibilità e di reciproca esclusione dal momento che nell’ipotesi di attuazione fisiologica del rapporto la parte mutuataria sarà obbligata al pagamento dei soli interessi corrispettivi mentre in caso di inadempimento imputabile la stessa sarà obbligata al pagamento dei soli interessi moratori.

Ragionando diversamente si arriverebbe all’insostenibile conclusione di procedere al raffronto tra il tasso soglia ed un tasso di interesse, dato dalla sommatoria tra interessi corrispettivi e moratori, che mai la parte mutuataria è chiamata a corrispondere.

Anche nel caso in cui il tasso degli interessi di mora sia determinato attraverso una maggiorazione da applicare al tasso degli interessi corrispettivi deve escludersi ogni possibilità di procedere alla sommatoria tra interessi moratori e corrispettivi poiché ciò non comporta alcun cumulo tra gli stessi ma si tratta di una mera modalità di determinazione del tasso di mora, che può essere espresso indifferentemente in termini assoluti o attraverso uno spread di mora da sommare al tasso corrispettivo.

Neanche qualora, come nel caso di specie, il contratto preveda che gli interessi di mora debbano essere calcolati sull’intero importo delle rate scadute, comprensivo anche degli interessi corrispettivi (in conformità a quanto previsto dal richiamato art. 3 della delibera CICR 9.2.2000), è consentito procedere alla sommatoria tra il tasso degli interessi moratori e quello degli interessi corrispettivi poiché anche in questo caso gli interessi di mora, dovuti dalla scadenza della rata al saldo, si sostituiscono ratione temporis e non si sommano agli interessi corrispettivi dovuti fino alla scadenza della rata medesima. Non è un caso che la Banca d’Italia, chiamata ad effettuare trimestralmente la rilevazione dei tassi medi praticati sul mercato ai fini della determinazione dei tassi soglia, non comprenda gli interessi moratori nel calcolo del TEG ma proceda ad una separata rilevazione degli stessi.

L’illegittimità della sommatoria dei tassi corrispettivi e moratori per stabilire il superamento del tasso consentito dalla legge è del resto confermata dall’orientamento univoco della giurisprudenza sia di merito che di legittimità, che, ancora recentemente, ha ribadito come nel calcolo dell’usura debba essere “esclusa l’applicazione del c.d. criterio della sommatoria tra tasso corrispettivo e tasso di mora” (Cass. 14214/2022; Cass. 26286/2019; Cass. 31615/2021).

Deve parimenti escludersi che si possa procedere ad una sommatoria degli interessi previsti dal contratto di mutuo con quanto pagato in base al contratto di Interest rate Swap del quale parte attrice invoca la nullità, trattandosi di addebiti a titolo diverso e di rapporti giuridici distinti benché collegati.

Come pure deve escludersi che la previsione di un piano di ammortamento elaborato secondo il criterio di ammortamento cd. alla francese – che prevede il graduale rimborso della somma mutuata mediante il pagamento di rate di importo costante, composte da una quota crescente di capitale e da una quota decrescente di interessi – possa dar luogo ad un fenomeno anatocistico vietato.

L’art. 1283 c.c. prevede, infatti, che, in mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono a loro volta produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di una convenzione posteriore alla loro scadenza e sempre che si tratti di interessi dovuti da almeno sei mesi:

di conseguenza, in assenza di usi normativi, è vietata ogni pattuizione di interessi anatocistici anteriore alla scadenza degli interessi.

Diversamente, nel caso di mutuo con piano di ammortamento alla francese la quota di interessi ricompresa in ciascuna rata è calcolata esclusivamente sul capitale residuo, via via decrescente, con riferimento al periodo corrispondente a quello di ciascuna rata, mentre la residua quota della rata va ad estinguere il debito relativo al capitale.

Tale piano di ammortamento comporta, quindi, che ciascuna rata prevede la liquidazione ed il pagamento dei soli interessi dovuti sul capitale residuo per il periodo al quale la rata si riferisce.

Il che consente di escludere in radice, in uno con la prevalente giurisprudenza di merito, la sussistenza di qualsiasi capitalizzazione degli interessi.

Peraltro, come pure acutamente osservato, ciò che osta alla configurabilità di una violazione del divieto di anatocistico ex art. 1283 c.c. con riferimento alla stipula di un mutuo con piano di ammortamento cd. alla francese è l’esistenza stessa di un interesse che possa definirsi come scaduto ai sensi dell’art. 1283 c.c. (così già Tribunale di Verona, sentenza n. 758 del 24.3.2015).

Nessun fenomeno anatocistico vietato è invece ravvisabile con riferimento agli interessi di mora pattuiti per il caso di inadempimento.

In tal caso, l’effetto anatocistico che si verifica allorché gli interessi di mora sono computati sulle rate impagate, comprensive di capitale e interessi, non è proibito in termini assoluti, ma è espressamente consentito, a determinate condizioni, dall’art. 3 della delibera CICR 9.2.2000 (emessa in attuazione del secondo comma dell’art 120 T.U.B., introdotto dall’art 25 del d.lgs. 342/1999), il quale prevede che “Nelle operazioni di finanzia- mento per le quali è previsto che il rimborso del prestito avvenga mediante il pagamento di rate con scadenze temporali predefinite, in caso di inadempimento del debitore l’importo complessivamente dovuto alla scadenza di ciascuna rata può, se contrattualmente stabilito, produrre interessi a decorrere dalla data di scadenza e sino al momento del pagamento. Su questi interessi non è consentita la capitalizzazione periodica”.

In base a tale disposizione, la possibilità di calcolare gli interessi di mora sull’intero importo delle rate impagate, comprensive di capitale ed interessi, in deroga al divieto di cui all’art. 1283 c.c., è consentito in relazione tutti i contratti di mutuo bancario purché ciò sia previsto da apposita pattuizione anteriore al sorgere del credito per interessi, che nel caso di specie si rinviene nella clausola di cui all’art. 4 del contratto di mutuo.

Da quanto precede discende che il contratto di mutuo chirografario di cui è causa è stato legittimamente dichiarato risolto dalla banca con la diffida del 20.4.2012, ai sensi dell’art. 6 del contratto stesso, per mancato pagamento di n. 18 rate.

Con riferimento al contratto di Interest Rate Swap del 2010, gli attori hanno lamentato invece l’inadeguatezza dello stesso rispetto al profilo della società, la nullità del contratto per mancata indicazione del cd. «mark to market», l’esistenza di costi impliciti e l’inidoneità del contratto a svolgere la dichiarata funzione di copertura del rischio tassi.

Non apparendo l’operazione prima facie inadeguata rispetto al profilo che emerge dall’intervista del 7.6.2010 e poiché l’idoneità a svolgere una funzione di copertura del rischio di oscillazione dei tassi di interesse va accertata con valutazione ex ante, non potendosi attribuire rilevanza al risultato economico negativo conseguito dal cliente, è stato disposto l’espletamento di consulenza tecnica d’ufficio volta:

a) a descrivere le caratteristiche dell’Interest Rate Swap di cui è causa, illustrando la natura e l’entità del rischio gravante su ciascuna delle parti sulla base della misura dei tassi di interesse e dell’andamento prospettico degli stessi al momento della sottoscrizione del contratto;

b) ad accertare l’adeguatezza dell’IRS di cui è causa rispetto al profilo della società attrice;

c) ad accertare se, avendo riguardo alla situazione finanziaria e alla struttura dell’indebitamento della società attrice, le caratteristiche dell’IRS di cui è causa fossero compatibili con la finalità di copertura del rischio enunciate in contratto;

d) ad accertare, sulla base della giurisprudenza richiamata in motivazione (S.U. 8770/2020), se nel contratto e nella documentazione informativa siano indicati in modo sufficiente chiaro i criteri adottati per il calcolo del cd. mark to market, gli scenari probabilistici ed eventuali costi impliciti o se fosse comunque possibile risalire ad essi sulla base degli elementi indicati in contratto;

e) a quantificare il risultato economico derivato dalla sottoscrizione del contratto, distinguendo le prestazioni sostenute dalla società e della banca, suddivise per singole voci;

f) a rideterminare i rapporti di debito/credito tra le parti per il caso di ritenuta nullità del contratto di IRS.

Ebbene, all’esito della consulenza tecnica d’ufficio, il C.T.U. nominato, dott. dopo aver chiaramente illustrato tipologie e principali caratteristiche degli strumenti finanziari derivati, ed in particolare del derivato di cui è causa (Interest Rate Swap del tipo cd. “plain vanilla” di nominali iniziali € 1.693.232,10):

● ha accertato che i costi contrattuali sono chiaramente indicati nel contratto del 16.6.2010 per essere riportati in apposita sezione «Costi e oneri a carico del Cliente», in misura pari all’1.65% per la componente «remunerazione della Banca» e allo 0.17% per la componente «copertura del rischio di mercato».

Il costo della struttura alla stipula ammonta quindi complessivamente ad € 30.883,40, di cui € 28.000,00 (pari al 90.66%) quale componente di remunerazione dell’intermediario ed € 2,883.40 (pari al 9.34%) quale cd. «hedging cost» (si veda a pag. 17 della consulenza tecnica d’ufficio);

● ha affermato che tale IRS era “uno strumento tecnicamente idoneo ad offrire una funzione di copertura dal rischio, in capo alla Cliente, di oscillazione del tasso Euribor 3 mesi rilevato, con cadenza trimestrale ad inizio periodo, su un nozionale decrescente del tempo” (come quello indicato nella Tabella 2 a pag. 18 della consulenza tecnica d’ufficio) perché “la struttura degli scambi del derivato consentirebbe alla Società di sterilizzare, su base trimestrale, un rischio finanziario su un sottostante debito indicizzato – l’aleatorietà del tasso Euribor 3 «in Advance» – pagando un tasso fisso del 2.91% (percentuale annua)” (si veda a pag. 19 della consulenza tecnica d’ufficio); ● ha ritenuto condivisibile la profilazione assegnata dalla banca alla società attrice in data 7.6.2010 di «Cliente al dettaglio» con un «profilo finanziario ai fini dell’operatività in strumenti finanziari derivati su tassi di interesse negoziati OTC» del tipo «Base specifico» (dove l’aggettivo «specifico» indica il carattere di operazioni derivate insistenti su una specifica passività);

● ha ritenuto l’IRS di cui è causa adeguato al profilo della società attrice, quale emerge:

a) dall’ «Intervista profilo Cliente – Adeguatezza persone giuridiche», sia al 1 che al 7 giugno 2010, ove la «conoscenza» verso i «derivati regolamentati» era «ALTA», mentre l’ «esperienza» maturata prima della stipula del derivato esaminato e misurata dal numero di operazioni derivate già sottoscritte, mostrava un «n° operazioni:

da 1 a 3», gli «Obiettivi di investimento» erano di lungo termine, mentre la «Propensione al rischio» era rivolta alla protezione del capitale, in assenza di una «risk policy»;

b) dal «Verbale di esito consulenza valutazione di adeguatezza» su «prodotti derivati OTC su tassi di interesse», dal quale emerge l’assenza di vincoli statutari alla stipula di operazioni derivati del tipo «Over The Counter», con una «conoscenza» «media» degli «Interest Rate Swap» ed una «esperienza», maturata prima della stipula del derivato di cui è causa e misurata attraverso il numero di operazioni in derivati già sottoscritte, di «n° operazioni:

da 1 a 3» (verosimilmente i n. 2 derivati estinti anticipatamente dall’IRS di cui è causa, in concomitanza con il mutuo chirografario del 10.6.2010).

Il C.T.U. ha evidenziato inoltre che la società attrice ha dichiarato di essere consapevole del fatto che “gli strumenti derivati sono normalmente negoziati fuori dai mercati regolamentati (cd. Derivati OTC – Over the Counter) e che, dunque, in generale, la possibilità di loro liquidazione anticipata rispetto ad uno strumento finanziario negoziato sui mercati regolamentati (es. una azione quotata) è limitata e può risultare difficoltosa” e che “la conclusione di contratti in strumenti derivati OTC –compresi quelli con finalità di copertura– essendo effettuata sulla base di previsioni relative all’andamento futuro dei mercati finanziari, comporta l’assunzione del rischio sia di non beneficiare di imprevisti andamenti più favorevoli di mercato, sia di andare incontro a perdite”, senza effetti sulla gestione finanziaria, con particolare riferimento alla capacità della società di rimborsare i propri impegni finanziari (ad esempio, i mutui), in caso di perdite su derivati ed ha confermato l’orizzonte temporale di lungo periodo (oltre 120 mesi, 10 anni) e la finalità di copertura dei rischi del sottostante (si veda a pag. 23-24 della consulenza tecnica d’ufficio); ● dopo aver raffrontato le caratteristiche dell’IRS di cui è causa con la situazione finanziaria e dell’indebitamento della società attrice (e segnatamente con la specifica posta debitoria rappresentata dal mutuo chirografario a tasso variabile del 10.6.2010) ha ritenuto che “le caratteristiche dell’IRS di cui è causa fossero compatibili con la finalità di copertura del rischio enunciate in contratto” (si veda a pag. 30 della consulenza tecnica d’ufficio).

Di contro, il C.T.U. ha affermato che “non si hanno elementi per affermare che fossero indicati in modo «sufficientemente chiaro» i criteri utili per il calcolo del cd. «mark to market»” e che “ad ogni buon conto, anche qualora la Cliente fosse risultata in grado di calcolare tale valore economico, è invece «sufficientemente chiaro» come la Banca non abbia fornito né le curve cd. «forward o di sconto», né qualsivoglia misura di probabilità sugli scenari di rischio associati al derivato in esame”.

Dalla scheda informativa relativa al prodotto RAGIONE_SOCIALE Rate Swap del 1.6.2010 (doc. 11 di parte attrice e doc. 18 di parte convenuta), dall’Accordo quadro per la regolamentazione di contratti di Interest Rate Swap e di Opzione Cap e Opzione Floor con clienti al dettaglio del 4.6.2010 (doc. 14 di parte attrice e doc. 22 di parte convenuta) e dall’ordine di esecuzione dell’operazione di IRS dell’ 8.6.2010 (doc. 13 di parte attrice e doc. 24 di parte convenuta) non risulta, infatti, una chiara indicazione del cd. «mark to market», degli scenari probabilistici e del metodo di calcolo adottato dalla banca per la sua determinazione. In proposito va osservato che pacificamente il cd. «mark to market» non è un elemento essenziale del contratto, la cui mancata indicazione possa dar luogo a nullità del contratto ai sensi dell’art. 1346 c.c., né attiene all’oggetto (lo scambio di differenziali calcolati su un certo importo, detto nozionale, ad una determinata scadenza) o alla causa del contratto ma si tratta di una proiezione finanziaria basata sul valore teorico di mercato in caso di risoluzione anticipata del contratto.

Deve tuttavia prendersi atto che nelle more del processo è intervenuta al riguardo la pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (S.U. 8770/2020), che, seguita dalla successiva giurisprudenza di legittimità (Cass. 21830/2021; Cass. 24654/2022;

Cass. 32705/2022), ha affermato che ai fini della validità del contratto di Interest Rate Swap occorre accertare “se si sia in presenza di un accordo tra intermediario ed investitore sulla misura dell’alea, calcolata secondo criteri scientificamente riconosciuti ed oggettivamente condivisi” e che “tale accordo non si può limitare al «mark to market», ossia al costo, pari al valore effettivo del derivato ad una certa data, al quale una parte può anticipatamente chiudere tale contratto od un terzo estraneo all’operazione è disposto a subentrarvi, ma deve investire, altresì, gli scenari probabilistici e concernere la misura qualitativa e quantitativa della menzionata alea e dei costi, pur se impliciti, assumendo rilievo i parametri di calcolo delle obbligazioni pecuniarie nascenti dall’intesa, che sono determinati in funzione delle variazioni dei tassi di interesse nel tempo” (S.U. 8770/2020). Come affermato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 32705/2022), occorre verificare se, indipendentemente dalla mancanza dei predetti dati, al momento della sottoscrizione del contratto di IRS del 2010 fosse comunque possibile, sulla base degli elementi essenziali indicati in contratto, risalire ai criteri adottati per il calcolo del cd. mark to market e individuare gli scenari probabilistici, rilevanti ai fini della valutazione della misura qualitativa e quantitativa dell’alea assunta con il contratto. Richiamando giurisprudenza di merito, la banca sostiene che, trattandosi di un Interest Rate Swap del tipo cd. Plain Vanilla, e dunque dello swap dalla struttura più semplice, che prevede esclusivamente lo scambio del tasso variabile (identico a quello previsto nel mutuo) con un tasso fisso, e considerando il fatto che la banca aveva fornito le cd. «curve forward» relative al decennio precedente alla stipula del contratto, la società attrice aveva la possibilità di calcolare il costo dell’intera operazione e di fare una scelta razionale, valutando l’opportunità o meno di stipulate il contratto, perché lo scenario probabilistico era semplicemente quello di pagare solo il tasso fisso del 2,91% previsto dal derivato. Con particolare riferimento all’omessa informativa in merito agli scenari probabilistici, sostiene in particolare che i dati di mercato e gli esiti attesi erano comunque immediatamente reperibili e verificabili direttamente dalla società, esaminando la tendenza dei tassi Euribor pubblicati su siti internet facilmente accessibili.

Posto che gli scenari probabilistici rilevanti in sede di stipula del contratto di IRS non si esauriscono nel pagamento del tasso fisso del 2,91% previsto dal derivato ma comprendono necessariamente l’andamento del tasso Euribor, né possono ritenersi sufficienti le curve forward del tasso Euribor relative agli anni 2001-2008 poiché il rischio assunto da ciascuna delle parti è in relazione diretta con le variazioni future del tasso Euribor che assumono rilevanza al fine di valutare la convenienza di stipulare il contratto stesso di IRS, va escluso che la società attrice potesse essere autonomamente in grado di calcolare il valore del cd. mark to market e di individuare gli scenari probabilistici perché dall’«Intervista profilo Cliente-Adeguatezza persone giuridiche» e dal «Verbale di esito consulenza valutazione di adeguatezza» su «prodotti derivati OTC su tassi di interesse» sopra richiamati emerge che il legale rappresentante della società non aveva svolto attività in campo finanziario, né aveva una laurea o una formazione in campo finanziario, e non vi era una struttura aziendale (oltre il legale rappresentante) dedicata all’attività finanziaria e alla gestione dei rischi connessi. Va pertanto dichiarata la nullità del contratto di Interest Rate Swap del 2010.

Va tuttavia osservato che, poiché parte attrice ha chiesto di dichiarare la nullità del contratto di IRS senza formulare domanda di ripetizione di quanto pagato in base a tale contratto e senza eccepire in compensazione il proprio credito restitutorio con il credito fatto valere dalla banca in via riconvenzionale, la società condannata a pagare alla banca convenuta la somma richiesta in via riconvenzionale di € 1.909.410,53 (alla data del 8.1.2015) oltre interessi di mora successivi sino al saldo.

In solido con la società attrice vanno condannati – in forza della fideiussione omnibus da essi sottoscritta in data 14.5.2007 (doc. 5 di parte attrice) ed entro il limite ivi previsto di € 1.800.000,00 – anche gli attori In proposito va osservato che la domanda di accertamento della nullità della fideiussione per violazione della normativa antitrust, proposta da dinanzi al Tribunale di Milano, è stata rigettata con sentenza n. 3227/2023 (prodotta da parte convenuta in allegato alla comparsa conclusionale depositata in data 8.5.2023), impugnata solo in punto spese – e pertanto passata in giudicato nel merito – dinanzi alla Corte di Appello di Milano, che ha rigettato l’appello con sentenza n. 3106/2024 (prodotta da parte convenuta in allegato alla comparsa conclusionale depositata in data 3.1.2025). Nella sentenza predetta il Tribunale di Milano ha statuito che:

i) come stabilito dalla sentenza n. 41994/2021 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, la violazione della normativa antitrust per conformità allo schema ARAGIONE_SOCIALE. sanzionato dalla Banca d’Italia potrebbe determinare, al massimo, la nullità parziale della fideiussione (limitatamente alle clausole di “reviviscenza”, di “sopravvivenza” e di deroga del termine di decadenza previsto dall’art. 1957 c.c.);

ii) l’attore non ha provato “che le parti non lo avrebbero sottoscritto senza le tre clausole (di “reviviscenza”, di “sopravvivenza” e di deroga del termine di decadenza previsto dall’art. 1957 c.c.) mutuate dallo schema ARAGIONE_SOCIALE. sanzionato dalla Banca d’Italia.

(iii) in ogni caso, non è stata provata l’esistenza a monte di un’intesa restrittiva della concorrenza poiché “l’attore non ha prodotto documenti né articolato mezzi di prova volti a dimostrare che nel dicembre del 2006 un numero significativo di istituti di credito, all’interno del medesimo mercato, avrebbe coordinato la propria azione al fine di sottoporre alla clientela dei modelli uniformi di fideiussione omnibus tali da privare quella stessa clientela del diritto ad una scelta effettiva e non solo apparente tra prodotti alternativi e in reciproca concorrenza”. Motivazioni valide anche nei confronti del fideiussore poiché, pur avendo eccepito nel presente giudizio la nullità (totale) della fideiussione (nella memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c. n. 1), questi non ha allegato e tantomeno provato che non avrebbe sottoscritto la fideiussione in assenza delle clausole asserita- mente illecite, né ha provato l’esistenza di un’intesa illecita tra gli istituti di credito.

Dalla fondatezza del credito della banca derivante dal contratto di mutuo chirografario n. NUMERO_DOCUMENTO discende il rigetto delle domande attoree di cancellazione dei nominativi degli attori dalla Centrale Rischi e di risarcimento del danno.

Poiché la banca convenuta risulta parzialmente soccombente (con riferimento alla domanda di nullità del contratto di Interest Rate Swap), sussistono i presupposti di cui all’art. 92, comma 2, c.p.c. per compensare per un terzo le spese processuali mentre gli attori vanno condannati in solido, in ragione della loro prevalente soccombenza, a rifondere alla banca convenuta i restanti due terzi, come liquidati in dispositivo ai sensi del d.m. 55/2014, avendo riguardo alla natura e al valore della controversia (determinato sulla base della somma attribuita alla parte vittoriosa) nonché all’attività prestata, al numero, all’importanza e alla complessità delle questioni trattate. Va invece respinta la domanda di condanna degli attori ai sensi dell’art. 96 c.p.c., difettando il requisito oggettivo della totale soccombenza degli stessi.

Poiché la consulenza tecnica d’ufficio è stata disposta per vagliare la validità contratto Interest Rate Swap del 16.6.2010, di cui è stata accertata la nullità, le relative spese, come già liquidate in atti, vanno poste definitivamente a carico di

Il Tribunale di Verona, definitivamente pronunciando sulla causa in epigrafe, ogni contraria domanda, eccezione ed istanza disattese o assorbite, così provvede:

a) condanna in solido (quanto entro il limite di € 1.800.000,00) a pagare la somma di € 1.909.410,53 oltre interessi di mora dal 8.1.2015 al saldo;

b) dichiara la nullità del contratto di Interest RAGIONE_SOCIALE sottoscritto da in data 16.6.2010;

c) rigetta le ulteriori domande proposte dagli attori;

d) dichiara compensate per un terzo le spese processuali e condanna in solido a rifondere ad restanti due terzi, che liquida in euro 36.000,00 per compensi, oltre spese generali 15%, C.p.a.

ed IVA (se dovuta) come per legge;

e) pone definitivamente le spese della consulenza tecnica d’ufficio espletata nel presente giudizio, come liquidate in atti, a carico di f) rigetta la domanda di condanna degli attori ai sensi dell’art. 96 c.p.c. Così deciso in Verona, il 27.5.2025 Il Giudice (dott. NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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