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Diritto Civile

Contributo permesso soggiorno: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione si è pronunciata sul controverso contributo per il permesso di soggiorno, confermando la sua natura discriminatoria. L'ordinanza stabilisce che il costo sproporzionato imposto ai cittadini stranieri viola il diritto dell'Unione Europea. La Corte ha cassato con rinvio la sentenza d'appello, non per la sussistenza della discriminazione, ma per il criterio di calcolo del rimborso. Ha statuito che il rimborso deve essere quantificato sulla base delle tariffe più eque introdotte con il D.M. del 2017, applicandolo retroattivamente per sanare l'illegittimità passata.
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Giudicato penale: limiti nel giudizio amministrativo
Un'associazione contesta un'ordinanza di demolizione per cambio d'uso a luogo di culto, forte di una precedente assoluzione penale. La Cassazione chiarisce i limiti del giudicato penale nel processo amministrativo, dichiarando inammissibile il ricorso contro la decisione del Consiglio di Stato, poiché l'errata valutazione del giudicato costituisce un errore di giudizio e non un eccesso di potere giurisdizionale.
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Riduzione penale eccessiva: il potere del giudice
Una società affiliata a una catena di supermercati ha citato in giudizio la società concedente a seguito di perdite gestionali, contestando l'efficacia di una clausola penale. Dopo la soccombenza nei primi due gradi di giudizio, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso limitatamente alla questione della riduzione penale eccessiva. La Corte ha stabilito che il giudice d'appello ha errato nel ritenere formatesi il giudicato sulla questione, chiarendo che il giudice ha il potere e il dovere di valutare l'eccessività della penale, anche d'ufficio, quando la parte ne abbia allegato i presupposti fattuali. La sentenza è stata cassata con rinvio per una nuova valutazione sul punto.
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Acquisizione sanante: no all’indennizzo sull’opera
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 6972/2024, ha stabilito un principio chiave in materia di espropriazione. Nel calcolo dell'indennizzo dovuto per una acquisizione sanante (art. 42-bis d.P.R. 327/2001), non deve essere incluso il valore dell'opera pubblica che l'ente ha già realizzato sul terreno. Il caso riguardava un Comune che, dopo l'annullamento di una procedura espropriativa, aveva acquisito i terreni su cui aveva già costruito un impianto sportivo. Gli eredi del proprietario chiedevano un indennizzo comprensivo del valore dell'impianto. La Corte ha rigettato il ricorso, chiarendo che l'indennizzo compensa la perdita del terreno e non può portare a un ingiustificato arricchimento del privato con il valore di un bene creato con fondi pubblici.
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Rinuncia al ricorso: quando si evitano sanzioni?
Una società di servizi idrici, dopo aver perso in primo e secondo grado una causa per la restituzione di canoni di depurazione non dovuti, presenta ricorso in Cassazione. Successivamente, decide per la rinuncia al ricorso. La Corte Suprema dichiara estinto il giudizio, condannando la società al pagamento delle spese legali ma escludendo il raddoppio del contributo unificato. La decisione chiarisce che tale sanzione non si applica in caso di rinuncia, ma solo in caso di rigetto o inammissibilità dell'impugnazione.
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Vincolo espropriativo: no indennizzo se danno da norme
Un proprietario terriero ha richiesto un indennizzo per la reiterazione di un vincolo espropriativo sul suo suolo. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che l'indennizzo non è dovuto se il pregiudizio lamentato (in questo caso, l'impossibilità di edificare) non deriva direttamente dal vincolo espropriativo, ma dalle prescrizioni generali e permanenti del piano urbanistico (vincoli conformativi), che non danno diritto a compenso.
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Protezione sussidiaria per violenza domestica: Cassazione
Una cittadina nigeriana, vittima di violenza domestica, ha richiesto la protezione sussidiaria. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione del Tribunale che negava tale protezione, criticando la mancata indagine sulla situazione delle donne in Nigeria e la violazione dei principi stabiliti in un precedente rinvio. La Corte ha riaffermato che la violenza di genere può costituire 'danno grave' ai fini della protezione sussidiaria, ordinando un nuovo esame del caso.
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Indennità di esproprio: la procedura determina la legge
Dei proprietari terrieri contestano l'importo della loro indennità di esproprio, sostenendo l'applicazione di una legge errata. La Corte di Cassazione ha respinto il loro ricorso, stabilendo che per il calcolo dell'indennità di esproprio, il fattore decisivo è la specifica procedura legislativa avviata dalla Pubblica Amministrazione. In questo caso, si trattava di quella per la ricostruzione post-sismica, che rinviava correttamente a una legge specifica per la valutazione, nonostante l'ubicazione dell'immobile.
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Rimborso canone depurazione: la Cassazione decide
Due utenti ottengono la conferma del loro diritto al rimborso del canone di depurazione per un servizio idrico non erogato. La società fornitrice, dopo aver perso in primo e secondo grado, rinuncia al ricorso in Cassazione alla luce di una giurisprudenza consolidata che conferma il diritto al rimborso.
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Accreditamento SSN: l’autocertificazione non basta
Un cessionario di crediti ha citato in giudizio un'Azienda Sanitaria Locale (ASL) per ottenere il pagamento di prestazioni di laboratorio specialistiche. I tribunali di merito e la Corte di Cassazione hanno respinto la richiesta. La ragione è che, sebbene sia stata prodotta un'autocertificazione, questo documento non era sufficiente a dimostrare che il laboratorio avesse lo specifico accreditamento SSN per quelle particolari prestazioni nel periodo in cui sono state eseguite. La Suprema Corte ha quindi confermato che la prova del diritto al rimborso richiede non solo la produzione di un documento, ma che il suo contenuto sia idoneo e completo.
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Onere della prova bollette: chi deve dimostrare il guasto?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 6959/2024, ha rigettato il ricorso di una società commerciale contro un fornitore di energia. Il caso verteva sulla contestazione di bollette ritenute eccessive. La Corte ha chiarito che l'onere della prova del malfunzionamento del contatore non si trasferisce al fornitore se il cliente si limita a lamentare un consumo anomalo, senza contestare specificamente il guasto tecnico del dispositivo. La presunzione di veridicità delle letture del contatore resta valida se non viene mossa una contestazione mirata al suo funzionamento.
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Cessione del credito PA: quando è valida?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 6934/2024, ha stabilito un importante principio in materia di cessione del credito PA. Il caso riguardava l'opposizione di un Ministero al pagamento di un credito, ceduto da un fornitore di energia a un istituto bancario, per forniture già effettuate. La Corte ha rigettato il ricorso del Ministero, chiarendo che le norme speciali che consentono alla Pubblica Amministrazione di negare l'assenso alla cessione si applicano solo ai contratti in corso di esecuzione. Per i crediti relativi a prestazioni già completate, vige la regola generale del codice civile, che non richiede il consenso del debitore.
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Rimborso Tariffa Depurazione: la guida completa
Un gruppo di utenti ha citato in giudizio il proprio fornitore idrico per ottenere il rimborso della tariffa di depurazione, pagata per un servizio di fatto inesistente. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 6970/2024, ha confermato il proprio orientamento: la quota della bolletta relativa alla depurazione non è dovuta se il servizio non viene erogato. La Corte ha chiarito che l'obbligo di restituzione spetta alla società che ha emesso la bolletta e incassato il pagamento, ovvero il fornitore del servizio idrico, e che il diritto al rimborso si prescrive in dieci anni.
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Rimborso canone depurazione: quando è dovuto?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 6968/2024, ha ribadito un principio fondamentale per gli utenti del servizio idrico: il diritto al rimborso del canone di depurazione qualora il servizio non venga effettivamente erogato. Il caso riguardava un utente che aveva chiesto la restituzione delle somme versate negli ultimi dieci anni a titolo di tariffa di depurazione, poiché l'impianto non era operativo. La Corte ha confermato le decisioni dei giudici di merito, stabilendo che la tariffa ha natura di corrispettivo per una prestazione specifica. Se la controprestazione (la depurazione) manca, il pagamento non è dovuto e l'utente ha diritto alla restituzione. La Corte ha inoltre precisato che il termine di prescrizione per tale azione è quello ordinario di dieci anni.
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Giudicato esterno: limiti tra azione causale e cambiaria
Un creditore, dopo una sentenza su cambiali prescritte (azione cambiaria), ha tentato una nuova azione basata sul debito originario (azione causale), sostenendo che la precedente decisione costituisse un giudicato esterno. La Corte di Cassazione ha respinto tale tesi, chiarendo che una sentenza sull'azione cambiaria non è vincolante per una successiva azione causale, data la diversità dei fondamenti giuridici (causa petendi). Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.
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Prescrizione trasporto merci: nuova legge e termini
Una società produttrice ha citato in giudizio un'impresa di trasporti per dei furti di merce avvenuti nel 2004 e 2005. Nel 2006, una nuova legge ha ridotto il termine di prescrizione da cinque a un anno. La Corte di Cassazione, affrontando la questione della successione di leggi sulla prescrizione trasporto merci, ha stabilito che si applica il termine più breve tra quello nuovo (decorrente dalla sua entrata in vigore) e il residuo di quello vecchio. Poiché l'azione legale è stata intrapresa nel 2010, ben oltre il termine di un anno calcolato dall'entrata in vigore della nuova norma, il diritto al risarcimento è stato dichiarato prescritto.
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Canone di depurazione: chi rimborsa se manca il servizio?
Un condominio ha richiesto il rimborso del canone di depurazione per un servizio mai erogato. Dopo una disputa legale su quale società fosse tenuta alla restituzione a seguito di una cessione di ramo d'azienda, la società ricorrente ha rinunciato al ricorso in Cassazione. La Corte, nel dichiarare l'estinzione del giudizio, ha fatto riferimento a recenti sentenze che individuano nel gestore subentrato nel contratto il soggetto tenuto al rimborso.
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Interpretazione del contratto: la Cassazione decide
Una società di gestione di impianti di carburante ha citato in giudizio una compagnia petrolifera per il pagamento di spese di manutenzione, basandosi su un accordo transattivo. La Corte d'Appello aveva respinto la richiesta, rilevando una duplicazione di fatturazione. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha rigettato il ricorso della società di gestione, stabilendo principi chiave sull'interpretazione del contratto. Ha chiarito che il giudice non deve fermarsi al senso letterale delle parole ma deve ricercare la comune intenzione delle parti, anche attraverso il loro comportamento. L'interpretazione del contratto è un'indagine di fatto riservata al giudice di merito e non è sindacabile in Cassazione se la motivazione è adeguata.
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Rimborso canone depurazione: rinuncia e spese legali
La Corte di Cassazione ha dichiarato estinto un giudizio relativo alla richiesta di rimborso del canone di depurazione da parte di alcuni utenti contro una società di servizi idrici. La società, dopo aver perso in primo e secondo grado, ha rinunciato al ricorso in Cassazione a seguito di recenti sentenze conformi che hanno stabilito il diritto degli utenti al rimborso in caso di servizio non erogato. Di conseguenza, la società è stata condannata al pagamento delle spese legali.
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Clausola compromissoria appalti pubblici: la Cassazione
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un'impresa edile, confermando la nullità di un lodo arbitrale emesso a suo favore contro un ente pubblico. La Corte ha stabilito che la clausola compromissoria appalti pubblici contenuta nel contratto non era un patto privato e immutabile, ma un rinvio 'dinamico' alla normativa vigente. Di conseguenza, una successiva sentenza della Corte Costituzionale, che reintroduceva la facoltà per le parti di rifiutare l'arbitrato, era pienamente applicabile retroattivamente, rendendo legittima la scelta dell'ente pubblico di adire il giudice ordinario.
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