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Codice Civile
Codice Penale

Dichiarazioni raccolte in sede ispettiva

Le dichiarazioni raccolte in sede ispettiva assumono il rango di prova a tutti gli effetti di legge, specifica prova contraria

Pubblicato il 14 February 2023 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI CUNEO
SEZIONE LAVORO

Il Tribunale civile di Cuneo, in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott.

e in funzione di Giudice del lavoro, ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 43/2023 pubblicata il 02/02/2023

Nella causa civile di primo grado iscritta al n. r.g.460/2021 promossa da

XXX,

RICORRENTE

contro

ISPETTORATO TERRITORIALE DEL LAVORO di Cuneo, C.F.,

RESISTENTE

Si intendono richiamati gli atti delle parti ed i verbali di causa per ciò che concerne lo svolgimento del processo e ciò in ossequio al disposto contenuto al n. 4 dell’art. 132 c.p.c., così come inciso dall’art. 45, comma 17, legge 18.6.2009, n. 69.

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

PREMESSO CHE

L’11.3.2021, a seguito di segnalazione proveniente dal Comando Stazione Carabinieri di Pradleves prot. n. 19/5-2021 del 5.3.2021 l’Ispettorato Territoriale del Lavoro, nella persona del Mar. Ord. e dell’App. Sc., addetti al N.I.L, ha effettuato accertamenti a carico del sig. XXX, nella sua qualità di titolare dell’omonima impresa individuale.

All’esito di tali accertamenti con verbale unico di accertamento e notificazione n. 038033/24 del 29/03/2021 prot. n. 6859 del 29.03.2021, notificato in data 02.04.2021 è stata addebitata al ricorrente la seguente violazione:

art. 25 bis, comma 1, D.P.R. 313/2002 inserito dall’art. 2, D.Lgs. n. 39/2014- Certificato del casellario giudiziale richiesto dal datore di lavoro: poiché ha impiegato i sotto elencati lavoratori per lo svolgimento di attività professionali o volontarie organizzate che comportino contatti diretti e regolari con minori, senza richiedere il certificato penale del casellario giudiziale, al fine di verificare l’esistenza di condanne per taluno dei reati di cui agli artt. 600-bis, 600- ter, 600- quater, 600 quinquies e 609-undecies del codice penale, ovvero l’irrogazione di sanzioni interdittive all’esercizio di attività che comportino contatti diretti e regolari con minori:

– ***, assunto il 15.1.2021; – ***, assunta l’1.9.2020; – ***, assunto il 14. 9.2020.

Con irrogazione della sanzione amministrativa complessiva di € 30.020,15, comprensiva di spese di notifica.

Con ricorso in opposizione ad ordinanza-ingiunzione ex art. 22 l. 689/1981 e 6 d.lgs. 150/2011 con istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato ex art.5 d.lgs. 150/2011, proposto dinanzi al Tribunale civile di Cuneo, sezione lavoro e previdenza sociale, Paolo Fracchia ha agito in giudizio contro l’Ispettorato del lavoro per chiedere l’accoglimento delle seguenti conclusioni:

“Nel Merito

L’annullamento integrale dell’ordinanza ingiunzione 261/2021 Prot. inl.ITL_CN.REGISTRO UFFICIALE.U.0015987.03-08-2021, notificata al ricorrente a mezzo raccomandata A.R. il 11/08/2021, elevata dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Cuneo, in quanto illegittimo per tutti i motivi sopra enunciati, e conseguentemente l’annullamento delle relativa sanzione pecuniaria di Euro 30.020,15 e di tutti gli atti prodromici; In ogni caso con vittoria di onorari e spese di giudizio, oltre rimborso forfettario di legge, C.P.A. ed I.V.A. come per legge.

In subordine

L’annullamento parziale dell’ordinanza-ingiunzione 261/2021 Prot. inl.ITL_CN.REGISTRO UFFICIALE.U.0015987.03-08-2021 della ITL di Cuneo e l’applicazione di un’unica sanzione indipendentemente dal numero dei dipendenti, e comunque nella misura ritenuta di giustizia, con compensazione integrale delle spese legali e concessione della rateazione

In estremo subordine

Nella denegata e non creduta ipotesi di reiezione del ricorso, voglia provvedere a compensare le spese, contenere la sanzione nel minimo edittale e concedere la rateazione della sanzione pecuniaria.”.

La parte resistente ha invece così concluso:

“2) Rigettare le istanze istruttorie, come formulate a pag. 10 e pag. 11 del ricorso, per i motivi indicati al punto n. II) della narrativa; 3) Confermare integralmente l’ordinanza ingiunzione n 261/2021, senza alcuna rideterminazione dell’importo dovuto; 4) Rigettare la richiesta di pagamento rateale, secondo quanto motivato al punto n. III) della narrativa; 5) Rigettare in toto il ricorso in opposizione, in quanto infondato in fatto e in diritto, per i motivi indicati ai punti n. II) e n. III) della narrativa; 6) Condannare parte ricorrente al pagamento delle spese, diritti ed onorari di lite, ai sensi dell’art. 9 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 149.”.

RITENUTO CHE

Occorre considerare che l’art. 2 del D. Lgs. 4 marzo 2014, n. 39, in attuazione della Direttiva Europea 2011/93/EU del 13 dicembre 2011, relativa alla lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, ha introdotto l’art. 25 bis, comma 1, del D.P.R. 313/2002, ai sensi del quale “chi intende impiegare al lavoro una persona per lo svolgimento di attività professionali o attività volontarie organizzate che comportino contatti diretti e regolari con minori, al fine di verificare l’esistenza di condanne per taluno dei reati di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quinquies e 609undecies del codice penale” deve obbligatoriamente richiedere il certificato penale del casellario giudiziale, da cui risulti l’assenza di condanne per gli illeciti sopra indicati.

Con la nota circolare n. 9 dell’11.4.2014 (cfr. doc. 6 fasc. resistente), il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha chiarito che l’obbligo in questione deve essere circoscritto alle sole attività professionali che hanno come destinatari diretti i minori e cioè quelle che implichino un contatto necessario ed esclusivo con una platea di minori (ad esempio insegnanti di scuole pubbliche e private, conducenti di scuolabus, animatori turistici per bambini/ragazzi, personale addetto alla somministrazione diretta di pasti all’interno di mense scolastiche, ecc…).

La circolare in questione ha espressamente ricompreso i conducenti di scuolabus tra i soggetti/lavoratori per i quali sussiste l’obbligo di richiesta da parte del datore di lavoro del certificato del casellario giudiziale, in quanto trattasi di attività a diretto ed esclusivo contatto con i minori ed ha, inoltre, precisato, che “rimangono pertanto al di fuori della previsione normativa quelle attività che non hanno una platea di destinatari preventivamente determinabile, in quanto rivolte ad una utenza indifferenziata, ma dove è comunque “possibile” la presenza di minori”.

Da quanto sopra esposto discende che l’obbligo previsto dall’art. 25 bis, comma 1, D.P.R. 313/2002 non opera solo nei casi in cui il contatto con minori abbia i requisiti della aleatorietà, intesa come possibilità e/o probabilità di verificarsi.

Nella stessa linea, inoltre, la nota circolare richiamata precisa che è interessato dalla disposizione “quel personale che ha un contatto non mediato e continuativo con i minori e pertanto l’obbligo non riguarda anche i dirigenti, i responsabili, i preposti e comunque quelle figure che sovraintendono alla attività svolta dall’operatore diretto, che possono avere un contatto solo occasionale con i destinatari della tutela”.

Per comprendere l’esatta portata dell’obbligo, si riporta, inoltre, l’interpello n. 25/2014 del 15 settembre 2014 (cfr. doc. 7 fasc. resistente) emesso in merito alle attività alberghiere, con cui è stato chiarito che l’obbligo di richiedere il certificato giudiziale vige “solo per quelle attività che involgano un contatto diretto esclusivamente con soggetti minori”, come avviene ad esempio per l’addetto al c.d. miniclub o al babysitting, non riguardando invece le attività del settore afferenti il ricevimento, portineria, cucina, pulizia piani in quanto in tal caso la platea dei destinatari non è costituita soltanto da minori, né tantomeno risulta preventivamente determinabile.”.

E’ inoltre necessario rilevare che il conducente di scuolabus è un operatore diretto, la cui attività ha come destinatari soltanto minori, ovvero una platea di soggetti preventivamente determinabile in via esclusiva e non eventuale, con conseguente sussistenza dell’obbligo di verifica da parte del datore di lavoro dell’esistenza di condanne per reati di pornografia minorile, abuso e sfruttamento dei minori.

Premesso quanto sopra, dal controllo eseguito è emerso che alla guida dei tre scuolabus dell’impresa individuale XXX, in servizio presso il Comune di Caraglio, per il trasporto degli alunni delle locali Scuole Elementari e Medie, vi erano i sigg. ***, *** e ***, tutti escussi a s.i.t.. In particolare, il sig. *** ha dichiarato di essere stato assunto “dal mese di settembre”, “con contratto a tempo determinato quale autista fino al termine dell’anno scolastico”, con orario giornaliero “79; 12,00-13,30 e 15.45-17.30”, “dal lunedì al venerdì” (cfr. doc. 8 fasc. resistente).

La sig.ra *** ha dichiarato: “Sono stata assunta con contratti c.l.n. nazionale con mansione di autista con scadenza in data 31.12.2021, data termine dell’appalto, con orario giornaliero dalle ore 7 alle ore 13,00 e dalle ore 16 alle ore 17.30, correlato con le esigenze scolastiche”, “nei giorni feriali, dal lunedì al venerdì” (cfr. doc. 9 fasc. resistente). Inoltre, la lavoratrice, alla domanda sull’esistenza sui mezzi di apparecchiature di controllo da parte del datore di lavoro ha affermato l’assenza degli stessi “sui mezzi adibiti a servizio scuolabus”, ciò ad ulteriore dimostrazione dell’attività lavorativa svolta dalla stessa, quale autista addetta al trasposto di minori (cfr. doc. 9 fasc. resistente).

Il sig. ***, pensionato, assunto con contratto a chiamata fino al 30.6.2021, ha dichiarato: “(..) Da quando sono in pensione, mi occupo solo del trasporto scolastico”, con orario di lavoro dalle 07:30-09:00 e dalle 16:00-17:30 “in base agli orari scolastici”. Ed ancora: “Sui mezzi adibiti a “scuolabus” non sono installate apparecchiature di controllo” (cfr. doc. 10 fasc. resistente).

Dalle dichiarazioni in questione è emerso che tutti e tre i lavoratori svolgevano le mansioni di autista di scuolabus, per il trasporto degli alunni frequentanti le scuole elementari e medie di Caraglio, con orari di lavoro connessi alle esigenze scolastiche, dimostrando in tal modo il contatto non eventuale con minori (a differenza, ad es. del normale autista di autobus).

In merito all’asserita assenza del requisito del contatto diretto, sono infondate le argomentazioni allegate da parte ricorrente sulle modalità organizzative di lavoro dell’autista, sulla chiusura delle scuole per la pandemia Covid-19 o sull’installazione di barriere plexigas intorno al conducente, rientranti quest’ultime tra i mezzi di protezione utili al fine di contenere la diffusione del virus e non certamente per “impedire” il contatto con i minori.

L’obbligo sancito dall’art. 25 bis, comma 1, D.P.R. 313/2002 sorge infatti “al momento dell’assunzione”, per il solo fatto dell’impiego di operatori a contatto diretto e regolare con i minori, come chiarito dalla nota circolare del Ministero della Giustizia prot. n. 1201/2014 (cfr. doc. 11 fasc. resistente), secondo cui “la norma pone l’obbligo a carico del datore di lavoro in riferimento al momento in cui inizia il rapporto di lavoro. (…..) Solo all’atto dell’assunzione sorge, quindi, l’obbligo e trova applicazione, in caso di inadempimento, la correlata sanzione”.

Sul punto, l’interpello n. 25/2014 ha chiarito che a tale conclusione si giunge anche avuto riguardo alla lettera dell’art. 10, par. 2, della direttiva 2011/93/UE. La direttiva europea in questione precisa che “Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i datori di lavoro, al momento dell’assunzione di una persona per attività professionali o attività volontarie organizzate che comportano contatti diretti e regolari con minori, abbiano il diritto di chiedere informazioni, conformemente alla normativa nazionale e con ogni mezzo appropriato, quali l’accesso su richiesta o tramite l’interessato, sull’esistenza di condanne penali per i reati di cui agli articoli da 3 a 7, iscritte nel casellario giudiziario, o dell’esistenza di eventuali misure interdittive dell’esercizio di attività che comportano contatti diretti e regolari con minori derivanti da tali condanne penali.

Del resto, se così non fosse, ovvero se la verifica del datore di lavoro si svolgesse ex post o se la valutazione circa la sussistenza del contatto diretto e regolare fosse dipendente dal verificarsi o meno di eventi futuri ed eventuali (nel caso di specie, chiusura scuole a seguito di pandemia), si vanificherebbe certamente la stessa ratio legis di lotta e prevenzione contro la pornografia minorile, l’abuso e lo sfruttamento di minori.

Parimenti prive di pregio sono le deduzioni prospettate da parte ricorrente in merito all’asserita assenza del requisito del contatto regolare con i minori, in quanto contratti di lavoro a tempo determinato, rispettivamente per 6, 15 e 3 ore settimanali.

Come chiarito dalla nota circolare del Ministero della Giustizia prot. n. 1201/2014, tale obbligo incombe sui datori di lavoro che impieghino un lavoratore, a prescindere dalla durata del rapporto e dalla durata della prestazione, purché l’attività dedotta sia strumentale allo svolgimento di attività professionali o di attività volontarie organizzate e risponda alle caratteristiche oggetto della normativa (attività lavorativa che comporti contatti diretti e regolari con i minori).

Da quanto sopra esposto discende, dunque, che l’obbligo vige anche in presenza di lavoratori assunti con contratto a tempo determinato, anche per un numero esiguo di ore di lavoro.

In merito alla tipologia dei trasporti effettuati, si evidenzia che in sede di accesso ispettivo compiuto il 4.3.2021, dai Carabinieri della Stazione di Pradleves, unitamente ad equipaggio della Stazione Carabinieri di Caraglio, i tre autisti ***, *** e *** erano alla guida dei tre veicoli “Scuolabus” (cfr. doc. 12 fasc. resistente). Inoltre, dalle dichiarazioni acquisite nell’immediatezza dell’accertamento, è emerso che i tre lavoratori svolgevano la mansione di autisti addetti al trasporto scolastico, con orario di lavoro connesso a quello di ingresso e uscita da scuola degli alunni da trasportare.

A fronte di quanto accertato direttamente dai militari della Stazione di Pradleves e di Caraglio e successivamente dai militari del NIL verbalizzanti, nonché alle dichiarazioni rese dagli autisti interessati, a nulla rilevano le deduzioni contenute in ricorso in relazione all’asserita marginalità dell’attività di scuolabus.

E’ inoltre necessario rilevare che non possono essere assunte quali mezzi di prova le dichiarazioni rese in epoca successiva rispetto all’accesso ispettivo e di reports, trattandosi di documenti compilati non si sa da chi e quando, inattendibili in quanto tali da un punto di vista contenutistico-sostanziale, nonché privi di data certa e senza alcuna sottoscrizione autenticata.

Al contrario, le dichiarazioni raccolte in sede ispettiva (cfr. docc. 7, 8,9 fasc. resistente), in quanto precise e rilasciate nell’immediatezza dei fatti contestati, assumono il rango di prova a tutti gli effetti di legge (cfr. Cass., sez. lav., 22/02/05, n. 3525; Cass. civ., sez. lav., 14/04/2008, n. 9812; Cass. civ., sez. lav., 26/07/2000, n. 9827; Tribunale di Alba n. 54/2011 del 02/02/2011) e, quindi, hanno un’attendibilità che può essere infirmata solo da una specifica prova contraria, anche in considerazione della garanzia connessa alla natura pubblica dell’organo da cui provengono (cfr. Cass., S.U., 916/1996; Cass. 12/08/2004 n. 15702; Cass. 7095/1994).

Il Tribunale di Milano, con sentenza del 14 aprile 2009, n. 1625, ha stabilito che nella sua complessiva valutazione il giudice non può prescindere dalle dichiarazioni rese dai lavoratori nel corso degli accertamenti ispettivi. Infatti, tali dichiarazioni presentano una “spontaneità e genuinità” che non possono essere trascurate, non avendo i lavoratori sentiti alcun interesse a riferire fatti non rispondenti al vero. Inoltre, ove le stesse dichiarazioni contengano una serie di precisazioni e puntualizzazioni in ordine ai tempi ed alle modalità con cui è svolta l’attività lavorativa, come nel caso oggetto del presente ricorso, queste non possono che rafforzare tale valutazione (in relazione alle “evidenti ritrattazioni” in sede dibattimentale, si veda: Cass. 19/04/2010 n. 9252). In merito, è utile riportare uno stralcio della sentenza n. 68/10 del 5.2.2010 del Tribunale di Cuneo, secondo cui “Vale sottolineare come le predette dichiarazioni, in quanto rese nell’immediatezza e senza che il sanzionato avesse avuto il tempo di organizzare la proprio linea difensiva, abbiano grado di genuinità e attendibilità di gran lunga prevalente rispetto a quanto di diverso riferito in causa: spetta infatti al giudice del merito in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge, come in tema di efficacia dell’atto pubblico – nella specie del verbale ispettivo – in relazione ai limiti della piena prova di esso, fino a querela di falso, ex art. 2700 c.c.), Cass. n. 3525 del 2005” (cfr. si veda anche: Corte di Appello di Torino del 11/04/14 e Cass. n. 10427 del 14/05/2014. Tra le altre: Corte Appello Torino n. 109/08 del 30/01/2008; Corte Appello Torino n. 1358/06 del 13/09/2006. Ex multis: Sent. 575/10 Tribunale di Cuneo; Sent. 30/10 del 23/04/2010 Tribunale Mondovì; Sent. 490/10 Tribunale di Alba; Sent. 54/11 Tribunale di Alba; Trib. Saluzzo, sentenza n. 82/2012 del 29/03/2012; sentenza n. 70/12 del 05/03/2012 Tribunale di Mondovì; sentenza n. 83/12 del 20/03/2012 del Tribunale di Mondovì; Trib. Cuneo sentenza n. 97/2014 del 06/05/2014; Trib. Cuneo sentenza n. 117/2014 del 12/06/2014; Trib. Asti n. 66/2014 del 14/05/2014).

Occorre altresì rilevare che le dichiarazioni rese dagli informatori in sede ispettiva, considerate, per definizione, “atto amministrativo a sorpresa”, godono di maggiore attendibilità rispetto a quanto potrebbe essere riferito successivamente, in sede di interrogatorio, poiché rese, in forma analitica, in un momento in cui i lavoratori non avevano consapevolezza delle conseguenze negative che sarebbero potute derivare al proprio datore di lavoro e non avevano alcuna ragione di rendere una versione dei fatti non conforme alla realtà, “mentre la medesima attendibilità non può essere data a dichiarazioni successive, che non solo si appiattiscono sulla tesi difensiva del datore di lavoro, finalizzata ad eliminare la sanzione irrogata, ma non danno alcuna logica giustificazione delle ragioni per cui in precedenza era stata fornita una diversa, e del tutto difforme spiegazione” (cfr. Corte di Appello di Lecce, n. 483/2016- si vedano ex multis, Cass. 15073/2008; Cass.3525/2005; Cass. 19/04/2010 n. 9252).

Sul punto, si richiama, inoltre, la sentenza della Corte di Appello di Torino n. 685/2015 del 5.11.2015, secondo cui “Proprio la testimonianza dei lavoratori e dei consulenti, acquisita a distanza di tempo dal sopralluogo, sovente si rivela non veritiera, vuoi per il trascorso del tempo, vuoi per la possibilità, nel frattempo, di “ripensamenti” e via dicendo. Questa Corte, in caso di difformità tra quanto un teste ha dichiarato all’ispettore e quanto dichiara successivamente al giudice in dibattimento, ha per lo più (in difetto di concorso di elementi concreti ulteriori) ritenute più veritiere le prime dichiarazioni, proprio per la loro immediatezza, genuinità e spontaneità (v. sent. 1358/2006)” (cfr. fra le altre, si segnalano le più recenti: sent. Corte di Appello di Torino n. 493 del 30/06/2015, sent. Corte di Appello di Torino n. 1240 del 25/06/2014; sent. Corte di Appello di Torino del 11/04/14, R.G. 2392/2011).

E’ inoltre necessario evidenziare che il datore di lavoro che non adempie all’obbligo di richiedere il certificato del casellario giudiziale di cui all’art. 25 bis, comma 1, del D.P.R 14 novembre 2002, n. 313 è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria, prevista dall’art. 2, comma 2, del D.LGS. 39/2014, del pagamento di una somma da euro 10.000,00 a euro 15.000,00.

In merito al calcolo della sanzione, come specificato anche nell’ordinanza ingiunzione opposta, l’ I.N.L., con nota prot. n. 967 del 17.06.2021 (cfr. doc. 13 fasc. resistente), ha chiarito che “nell’ipotesi in cui il datore di lavoro proceda ad assumere “contestualmente” più lavoratori in violazione delle disposizioni in questione, la sanzione vada irrogata una sola volta e che la pluralità di lavoratori coinvolti potrà rilevare unicamente quale elemento di valutazione della gravità del fatto, eventualmente in sede di adozione della successiva ordinanza ingiunzione. Diversamente, qualora le assunzioni siano effettuate in momenti diversi, la sanzione andrà applicata in relazione a ciascun lavoratore”.

In applicazione della circolare in questione è stata correttamente irrogata la sanzione amministrativa pari ad € 30.000,00, calcolata moltiplicando l’importo minimo edittale per il numero degli autisti coinvolti, trattandosi di lavoratori assunti, non “contestualmente”, ma in tempi diversi, precisamente, il sig. *** in data 15.1.2021, la sig.ra *** in data 1.9.2020 e il sig. *** il 14.9.2020.

A nulla rileva il fatto che la nota circolare INL prot. n. 967 del 17.6.2021 (cfr. doc. 12 fasc. resistente) sia successiva rispetto alla notifica del verbale unico di accertamento e notificazione n.038-033/24 del 29/03/2021 prot. n. 6859 del 29.03.2021, sia in quanto la stessa è solo esplicativa del trattamento sanzionatorio applicabile in caso di violazione dell’obbligo di legge previsto dall’art. 25 bis, comma 1, del D.P.R 14 novembre 2002, n. 313, sia in quanto l’atto con cui è stata determinata ed irrogata la sanzione amministrativa è l’ordinanza ingiunzione n. 261/2021, prot. n. 15987 del 3 agosto 2021, oggetto di opposizione nel presente giudizio, emessa successivamente alla nota circolare sopra richiamata.

Con riferimento all’asserita illegittima applicazione del cumulo giuridico ai sensi dell’art. 8 della Legge 689/1981, occorre rilevare che trattasi di tre distinte violazioni integrate con tre distinte e differenti condotte, ognuna delle quali rappresenta un’autonoma manifestazione di volontà, che si è concretizzata in singoli comportamenti antigiuridici e antidoverosi in relazione alle singole assunzioni dei lavoratori, avvenute rispettivamente in data 15.01.2021, in data 01.09.2020 ed in data 14.09.2020 e quindi in tempi diversi.

Nel caso di specie, non ricorrono, dunque, più violazioni connesse con una o più omissioni, ma una pluralità di condotte autonome ed indipendenti (cfr. Cass. 03/08/2007 n. 17073; Cass. 21/05/2008 n. 12974; Cass. 27/02/1996 n. 1502; Cass. 04/08/2000 n. 10244), né può ritenersi applicabile l’art. 8, comma 2, l. 689/81, che fa riferimento ad un medesimo disegno, in quanto le violazioni in oggetto non sono connesse alle violazioni in materia di assistenza e previdenza.

In merito, la Corte di Cassazione ha più volte precisato che “L’art. 8 della legge 24 novembre 1981, n. 689, pur prevedendo l’applicabilità dell’istituto del cosiddetto “cumulo giuridico” tra sanzioni nella sola ipotesi di concorso formale (omogeneo o eterogeneo) tra le violazioni contestate – in cui con un’unica azione od omissione sono commesse violazioni plurime – non è, invece, invocabile con riferimento alla diversa ipotesi di concorso materiale – in cui una pluralità di violazioni è commessa con più azioni o omissioni – atteso che la norma prevede espressamente tale possibilità soltanto per le violazioni in materia di previdenza ed assistenza e che non è applicabile in via analogica l’art. 81 cod. pen., stante la differenza morfologica tra illecito penale e illecito amministrativo, anche alla luce del diverso atteggiarsi dei profili soggettivi relativi alle due tipologie di illecito” (cfr. Cass. 06/10/2008 n. 24655).

Inoltre “Ai sensi dell’art. 8 della legge n. 689 del 1981, l’istituto della continuazione in materia di violazioni amministrative si applica, in via generale, alla sola ipotesi in cui la pluralità di violazioni sia commessa con una sola azione od omissione, mentre nel caso esse siano commesse con più azioni od omissioni, detto istituto trova applicazione soltanto se si tratta di violazioni in materia di previdenza e assistenza obbligatoria” (cfr. Cass. n. 27799/2005; Cass. n. 12844/2008). Sul punto, si richiamano, tra le tante, anche: Tribunale di Alba n. 54/11 del 02/02/11; Tribunale di Cuneo n. 293/2011, n. 381/2011, n. 192/2014, n. 114/2014 e n. 127/2015).

Ne deriva pertanto la correttezza dell’importo irrogato a carico del ricorrente.

In conclusione, dalle considerazioni delineate si evince l’infondatezza del ricorso, che deve essere pertanto integralmente rigettato, con conseguente conferma dell’ordinanza ingiunzione n 261/2021.

Le spese processuali seguono la regola della soccombenza e si liquidano come in dispositivo in applicazione dei parametri previsti dal DM n.147/2022, considerata la riduzione pari al 20% degli onorari e compensi in forza di quanto previsto dall’art. 152 bis disp. att. c.p.c., nonché, dato atto del modesto grado di difficoltà della decisione, considerando i valori minimi delle seguenti fasi del presente giudizio: studio; introduttiva; istruttoria/trattazione; decisionale.

P.Q.M.

Il Tribunale civile di Cuneo, in composizione monocratica e in funziona di Giudice del lavoro e della previdenza sociale, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe così dispone:

1) rigetta il ricorso;

2) condanna parte ricorrente a pagare in favore di parte resistente le spese processuali, che così si liquidano: in euro 3.703,2 per onorari e compensi; oltre il 15% della somma che precede per spese generali. IVA e Cassa come per legge.

Cuneo, 2.2.2023

Il Giudice dott.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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