REPUBBLICA ITALIANA
in nome del popolo italiano La Corte di Appello di Firenze Sezione Lavoro composta da dr. NOME COGNOME Presidente dr. NOME COGNOME Consigliera dr.
NOME COGNOME Consigliera rel. nella causa iscritta al n. r.g. 70/2024 promossa da:
con gli avv.ti NOME COGNOME NOME COGNOME appellante contro con gli avv.ti NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME appellato avente ad
oggetto: appello avverso la sentenza n. 10/2024 del Tribunale di Arezzo pubblicata il 10.1.2024 all’esito della camera di consiglio dell’udienza del 19 novembre 2024, ha pronunciato mediante lettura del dispositivo la seguente
SENTENZA N._648_2024_- N._R.G._00000070_2024 DEL_28_04_2025 PUBBLICATA_IL_28_04_2025
Il Tribunale di Arezzo, sul ricorso proposto da in opposizione a precetto, accertava e dichiarava l’insussistenza del diritto di a procedere ad esecuzione forzata nei confronti dell’Istituto, condannando lo stesso al pagamento nei confronti dell’opponente delle spese di lite per € 3.300,00, oltre 15% per spese generali ed oneri riflessi come per legge.
Il Tribunale rilevava che:
– l’ aveva proposto opposizione a precetto con il quale gli era stato intimato di pagare entro dieci art 13 L. n. 1338/1962 ed € 482,96, a titolo di spese legali, in relazione alla sentenza della Corte di Appello di Firenze, Sezione lavoro, n. 570/2021 che – nel giudizio tra – aveva condannato la al versamento nei confronti di di una somma a titolo di riserva matematica, pari a € 219.063,60, e l’ al pagamento in favore dell’appellante della rendita ex art 13 L. n. 1338/1962, oltre interessi;
– l’ nel ricorso in opposizione aveva preliminarmente eccepito la nullità della notificazione del titolo esecutivo e dell’atto di precetto per omessa notifica presso la sede provinciale di Arezzo.
Nel merito, aveva rilevato l’inesistenza del diritto ad agire in via esecutiva per il soddisfacimento del credito poiché la sentenza della Corte di Appello non aveva determinato il quantum della rendita fatta oggetto poi dell’atto di precetto per la differenza;
-in relazione alla questione preliminare, il Tribunale affermava che – sebbene la notifica fosse viziata ex art 44, comma 3, DL n. 269/2003, conv. con modificazioni dalla L. n. 326/2003 (secondo cui la notifica dell’atto giudiziario deve essere eseguita a pena di nullità presso l’Ente pubblico nella cui circoscrizione risiedono i soggetti interessati) – l’ si era comunque costituito in giudizio non solo al fine di rilevare il vizio, ma anche approntando difese nel merito, ragione per cui l’atto di precetto aveva raggiunto il suo scopo ex art 156, comma 3, cpc di rendere edotto l’opponente delle pretese creditorie per le quali il aveva preannunciato l’azione esecutiva; -in relazione al merito del contendere, la sentenza della Corte di Appello nulla aveva effettivamente disposto sul quantum da corrispondersi al a titolo di rendita, onde il diritto di credito riconosciuto nell’an era privo del requisito di liquidità, ossia di determinatezza, requisito imprescindibile per agire in via esecutiva.
Sebbene la liquidità del credito non richieda la puntuale quantificazione numerica dell’importo ai fini dell’azione esecutiva (Cass n. 23344/2022), il titolo esecutivo non forniva alcun elemento per la quantificazione del credito portato dall’atto di precetto, limitandosi a recepire l’importo della riserva matematica, ossia di uno dei presupposti per il riconoscimento della rendita oggetto di precetto, come calcolata dal consulente del lavoro del nella relazione allegata all’atto di appello:
per tali ragioni il ricorso dell andava accolto.
appella la sentenza chiedendo che sia rigettata l’opposizione proposta in primo grado da con diritto del COGNOME a procedere ad esecuzione forzata per i crediti quantificati nell’atto di precetto.
In ipotesi, ha chiesto di determinare l’importo della rendita dovuta da sulla base della riserva matematica, condannando l’ al relativo ricalcolo e pagamento delle differenze economiche maturate;
in ipotesi ulteriore, di disporre la compensazione tra il debito del nei confronti di per restituzione dei ratei di pensione e quanto risultante dalla differenza tra quanto maggiorazione per interessi di tutte le somme e alla restituzione della somma pagata per le spese di lite del primo grado, pari a € 3.795,00, oltre accessori.
Vinte le spese del doppio grado di giudizio.
L’appellante ha censurato l’affermazione di cui alla sentenza, secondo cui il titolo azionato non avrebbe fornito alcun elemento per la quantificazione del credito di cui all’atto di precetto, limitandosi alla quantificazione della riserva matematica, onde il credito azionato non sarebbe liquido.
Il Tribunale infatti non aveva considerato la giurisprudenza di legittimità (tra cui Cass. n. 23344/2022) che imponeva al giudice il compito di interpretare il titolo esecutivo di formazione giudiziale per determinarne l’esatta portata precettiva;
il Tribunale aveva fatto riferimento alla sola parte dispositiva (in cui compariva il quantum della riserva matematica), senza considerare altri elementi chiaramente indicati in sentenza.
Infatti, nella motivazione della sentenza era stato argomentato che la riserva matematica era quella determinata dal consulente tecnico del e che l’ andava condannato al pagamento della “relativa” rendita (ossia quella determinata nel conteggio del medesimo consulente), rilevando al contempo che le risultanze della consulenza non erano state specificamente contestate né da né da Nel “prospetto di calcolo danno riserva matematica” di cui alla consulenza si leggeva specificamente anche l’ammontare della relativa rendita, ossia € 1.178,09 sotto la voce “Differenziale/danno pensionistico”. La sentenza della Corte di Appello era inoltre passata in giudicato e l aveva incassato la riserva matematica come accertata nella pronuncia.
Inoltre, la giurisprudenza di legittimità (Cass n. 11066/2012) affermava che il requisito della liquidità sussisteva tutte le volte in cui era possibile determinare il credito sulla base di un mero calcolo aritmetico, sulla base delle risultanze della sentenza o di documenti in atti e non contestati:
operazione che poteva essere effettuata nella specie, laddove la sentenza della Corte di Appello faceva riferimento alla “relativa” rendita, ossia a quella determinabile sulla base di un mero conteggio matematico.
Andava poi considerato che il non avrebbe comunque potuto proporre ricorso per decreto ingiuntivo sulla base di quella sentenza, ricorso che sarebbe stato dichiarato inammissibile in ragione appunto del tenore completo della sentenza sul punto.
Infine, l’ avrebbe conseguito un ingiustificato arricchimento laddove, nonostante la riserva matematica versata da come da sentenza, avesse liquidato un minore importo a titolo di rendita.
In ipotesi, l’appellante chiede che sia ammessa consulenza tecnica per la determinazione della rendita.
In ipotesi gradata, laddove ritenute correte le modalità di calcolo operate da nella determinazione del supplemento di pensione spettante, assume che la differenza tra quanto è stato versato dalla Banca a titolo di riserva matematica e la riserva determinata dall’ in corrispondenza alla minor rendita riconosciuta all’opposto (€ 844,62 in luogo di € 1.178,09), sia portata in compensazione parziale del Contr RAGIONE_SOCIALE Infine,
era ingiusta la condanna alle spese del primo grado sia perché la sentenza andava riformata sia comunque perché doveva valutarsi la volontà conciliativa del tesa ad evitare l’azione esecutiva sia per il tenore della giurisprudenza di legittimità sulla questione controversa.
Si è costituito in giudizio l’ che ha chiesto il rigetto dell’appello per infondatezza in fatto e in diritto.
Secondo l era condivisibile quanto dedotto dal Tribunale in primo grado, ossia che la sentenza della Corte di Appello non aveva affermato alcunchè in merito al quantum della rendita:
quella sentenza infatti non aveva dedotto che per la rendita dovesse essere considerato l’importo di € 1.178,09.
L’ aveva calcolato la rendita utilizzando le somme versate dalla Banca, come da condanna formulata nella decisione della Corte di Appello.
Erano inoltre da contestare le domande conclusive che il aveva proposto a pag 16 e 17 dell’appello, sub nn. 2 e 3, in quanto si trattava di questioni già decise e coperte da giudicato e l’atto di precetto opposto da in primo grado aveva avuto il solo scopo di richiedere il pagamento della somma di € 44.299,83 che sarebbe asseritamente spettato in esecuzione delle sentenze in giudicato.
***** Le questioni oggetto di appello afferiscono quindi alla interpretazione della sentenza della Corte di Appello di Firenze n. 570/2021, passata in giudicato e costituente il titolo giudiziale presupposto del precetto opposto, ossia al fatto se la stessa pronuncia contenga o meno una statuizione in merito all’ammontare della rendita o quanto meno se la stessa sentenza consenta la sua determinabilità sulla base di un mero calcolo matematico.
Sulla interpretazione del titolo giudiziale, la Suprema Corte (Cass. n. 23344/2022) ha precisato:
“E’ istituzionalmente devoluto al giudice dell’esecuzione (o al giudice della proposta opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.) il compito di interpretare il titolo esecutivo di formazione giudiziale, onde determinarne l’esatta portata precettiva sulla base del principio di unità strutturale del provvedimento, cioè a dire in forza della lettura congiunta e complessiva delle statuizioni del dispositivo e delle enunciazioni della parte motiva (cfr. Cass. 12/12/2018, n. 32196; da ultimo, Cass. 30/03/2022, n. 10230).
Soltanto ove il contenuto del titolo si presenti obiettivamente incerto o ambiguo, è consentita anche l’interpretazione extra-testuale del provvedimento azionato sulla base degli elementi ritualmente acquisiti nel processo in cui esso si è formato, purchè le relative questioni siano state trattate nel corso dello stesso e possano intendersi come ivi univocamente definite, essendo mancata, piuttosto, la concreta estrinsecazione della soluzione come operata nel dispositivo o nel corpo del nelle successive pronunce: tra le tante, Cass. 17/01/2013, n. 1027; Cass. 16/04/2013, n. 9161; Cass. 02/12/2016, n. 24635; Cass. 05/06/2018, n. 14356; Cass. 25/02/2020, n. 5049).
Resta invece esclusa la possibilità di integrare un provvedimento carente o dubbio facendo riferimento a regole di diritto o ad indirizzi giurisprudenziali, poichè in tal modo il giudice dell’esecuzione (o quello dell’opposizione all’esecuzione) finirebbe per sovrapporre una propria valutazione della fattispecie a quella del giudice di merito (così Cass. 27/11/2011, n. 14986; Cass. 05/06/2020, n. 10806)…”.
In primo luogo, dunque, l’interpretazione del titolo deve tenere conto di quanto dedotto e argomentato nel titolo giudiziale secondo una lettura complessiva della sentenza sia nella sua parte motiva che nel dispositivo, parti da leggersi congiuntamente, e – solo laddove l’interpretazione offra un risultato incerto – è possibile fare ricorso ad una lettura extra testuale sulla base di elementi acquisiti al processo purché le relative questioni siano state oggetto di trattazione.
Nella specie, nella motivazione della sentenza sul punto si affermava:
“Pertanto, la riserva matematica deve essere determinata come calcolata dal consulente del lavoro dell’appellante nella sua relazione;
importo che va condannato a versare a con condanna altresì di pagamento della relativa rendita in favore del (allo stato, non sussiste il presupposto per la corresponsione della stessa rendita alla moglie, sotto forma di prestazione di reversibilità)…… Le risultanze della consulenza non sono poi state specificamente contestate né da né da Nel dispositivo si statuiva:
“…..
1) condanna l’appellata al versamento nei confronti di un importo a titolo di riserva matematica nella misura di € 219.063,60 nonché l’ al pagamento della rendita in favore dell’appellante ex art 13 L. n. 1338/1962, oltre interessi”.
Non sembra che il titolo giudiziale, complessivamente interpretato, contenga elementi di incertezza laddove – a fronte di una specifica indicazione dell’ammontare della riserva matematica – nulla viene precisato in merito al quantum della rendita rivendicata:
né può indurre ad un diverso argomentare nel senso voluto dall’appellante, il fatto che nella motivazione – dopo avere indicato l’importo per riserva matematica – si faccia riferimento alla “relativa” rendita:
proprio la mancanza di una determinazione del quantum della rendita è indicativo che con l’utilizzo del termine “relativa” si intendeva alludere alla sussistenza del solo diritto alla rendita (ossia all’“an” del contendere), senza indicazioni di alcun importo.
In tale situazione, quindi, il richiamo contenuto in sentenza alla consulenza di parte (non oggetto di contestazione da parte era da intendersi relativamente alla sola determinazione del quantum di riserva matematica:
peraltro, il relativo prospetto (riprodotto nell’atto di appello) non conteneva una RAGIONE_SOCIALE Si osserva poi che, nel doc. n. 8 di parte appellante, la a titolo di chiarimenti indirizzati al spiegava le ragioni per cui, in applicazione della normativa vigente, l’utilizzo della riserva matematica come versata da avesse portato alla determinazione di un importo di rendita diverso da quello rivendicato dall’interessato.
In sostanza, la sentenza non conteneva alcuna statuizione sull’importo dovuto a titolo di rendita;
né la pronuncia conteneva elementi da cui desumere che si potesse addivenire ad una sua determinazione attraverso un semplice calcolo matematico.
L’appello è quindi da respingere in merito al diritto del a procedere ad esecuzione forzata per l’importo differenziale oggetto del precetto, senza necessità di ulteriori accertamenti attraverso l’ammissione di una consulenza contabile.
Quanto alla domanda di compensazione tra la differenza di riserva matematica versata e la riserva determinata dall’ per la minore rendita liquidata (da un lato) e il debito per restituzione dei ratei pensionistici (dall’altro), trattasi di domanda che è estranea all’odierno contendere che ha come unico oggetto l’opposizione a precetto e in cui viene contestato il diritto del a procedere ad esecuzione forzata:
peraltro, l ha rilevato di avere proceduto alla determinazione della rendita sulla base della riserva matematica come determinata dalla sentenza della Corte di Appello e versata da Parimenti da respingere l’appello in punto di spese del primo grado, non sussistendo i presupposti di cui all’art 92 cpc (sent. Corte Cost. n. 77/2018), né sotto il profilo della soccombenza reciproca, della assoluta novità della questione, dei sopravvenuti mutamenti giurisprudenziali né in merito alla sussistenza di ragioni gravi ed eccezionali, considerato che tali ragioni non possono consistere nel fatto che prima dell’inizio dell’esecuzione l’appellante avesse tentato una via conciliativa per evitare l’azione esecutiva (tentativi peraltro non meglio individuati). Le spese del grado sono a carico della parte appellante soccombente e vengono liquidate ex DM n. 55/2014, in considerazione del valore della causa e dell’attività compiuta, nei valori minimi, per l’importo di € 3.473,00, oltre 15% per spese generali, oltre Iva e Cap se dovuti.
A norma del comma 17 dell’art. 1 legge 29.12.2012, n.228 deve darsi atto che sussistono i presupposti processuali per l’applicazione all’appellante dell’art. 13 del Testo Unico di cui al DPR 30 maggio 2002, n. 115
La Corte, definitivamente pronunciando, così provvede:
-respinge l’appello avverso la sentenza di primo grado che conferma;
-condanna l’appellante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida in € RAGIONE_SOCIALE -dichiara che a carico dell’appellante sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. 30.5.2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, L. 24.12.2012 n. 228, per l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
Firenze, 19 novembre 2024 La Consigliera est. La Presidente dott.ssa NOME COGNOME dott.ssa NOME COGNOME
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