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Notifica di atti processuali non andata a buon fine

Notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, riattivare il processo notificatorio con immediatezza.

Pubblicato il 17 July 2021 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

REPUBBLICA ITALIANA   
In nome del popolo italiano 

La Prima Sezione civile della Corte d’Appello di Roma, riunita in camera di consiglio e composta da

ha emesso la seguente

SENTENZA n. 5203/2021 pubblicata il 14/07/2021

nella causa civile in grado di appello n. /17 Rg., trattenuta in decisione il 7 aprile 2021 e vertente tra:

XXX srl (Cf.), in persona del suo Amministratore Unico ed elettivamente domiciliata a, il quale la rappresenta e difende per procura in calce all’atto di citazione in appello.

Fallimento YYY spa –, in persona dei suoi Curatori Avvocatessa, nonché elettivamente domiciliato a, dal quale, giusta autorizzazione rilasciata il 6 novembre 2017 dal Giudice Delegato, è rappresentato e difeso per procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta in grado di appello.

CONCLUSIONI

Per la XXX srl: “Piaccia alla Corte d’Appello di Roma, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, riformare integralmente e nei sensi di cui ai sopra estesi motivi la sentenza del Tribunale di Latina, pubblicata il dì 8 maggio 2017, resa in composizione monocratica nella causa civile iscritta al n. /2015 r.g., accogliendo le conclusioni rassegnate in primo grado da XXX e di seguito trascritte: a. in via principale, dichiarare la decadenza della Curatela dalle azioni revocatorie alternativamente proposte e/o la inammissibilità, improponibilità o improcedibilità delle stesse per le ragioni tutte esposte in narrativa; b. in subordine, rigettare ogni domanda attrice siccome infondata in fatto e in diritto; c. in via ulteriormente subordinata, nella denegata e non creduta ipotesi di accoglimento dell’azione revocatoria fallimentare, dichiarare l’intervenuta estinzione per compensazione legale dell’obbligazione in forza della quale la Curatela ha chiesto la condanna della convenuta al pagamento di € 841.773,66 e/o della diversa somma ritenuta di giustizia, e dunque che nulla è dovuto alla stessa Curatela attrice da parte di XXX.

Con vittoria di spese, anche generali, e compensi di del doppio grado di giudizio, oltre i.v.a. e c.p.a.”.

Per il Fallimento YYY spa –: “1) nel merito, rigettare tutte le censure e domande formulate da XXX S.r.l. nell’atto di citazione in appello, perché infondate in fatto ed in diritto, con conferma della sentenza del Tribunale di Latina n. 1009/17;

2) sempre nel merito, per la denegata ipotesi di accoglimento, anche parziale, dell’impugnazione avversaria, lo stesso Fallimento ripropone, anche ai sensi dell’art. 346 c.p.c., tutte le domande, eccezioni e difese formulate in primo grado, anche assorbite nella suddetta sentenza del Tribunale di Latina, delle quali chiede l’accoglimento. Più precisamente, delle seguenti conclusioni: 2.1) in via principale, revocare e dichiarare inefficaci ex art. 67, comma 1, n. 2, L.F. le cessioni di credito del 29 agosto 2011 e del 20 settembre 2011 tra YYY S.p.A. ed XXX S.r.l. e le consequenziali compensazioni tra le stesse poste in essere, come meglio indicato in atti, per l’importo complessivo di Euro 841.773,66; per l’effetto, condannare XXX S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, a pagare al Fallimento YYY S.p.A. e per esso ai suoi Curatori, l’importo di Euro 841.773,66, ovvero la diversa somma che risulti dovuta, in relazione all’operazione economica de qua, oltre interessi dalla data del pagamento, ovvero dalla domanda giudiziale, sino all’effettivo saldo; 2.2) in via subordinata, revocare e dichiarare inefficaci ex art. 67, comma 2, L.F., le cessioni di credito del 29 agosto 2011 e del 20 settembre 2011 tra YYY S.p.A. ed XXX S.r.l. e le consequenziali compensazioni tra le stesse poste in essere, come meglio indicato in atti, per l’importo complessivo di Euro 841.773,66, ovvero per il diverso importo per cui l’Ill.mo Giudice adìto riterrà raggiunta la prova ai sensi dell’art. 67, comma 2, L.F.; per l’effetto, condannare XXX S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, a pagare al Fallimento YYY S.p.A. e per esso ai suoi Curatori, l’importo di Euro 841.773,66, ovvero il diverso importo per cui l’Ill.mo Giudice adìto riterrà raggiunta la prova ai sensi dell’art. 67, comma 2, L.F., oltre interessi dalla data del pagamento, ovvero dalla domanda giudiziale, sino all’effettivo saldo.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione dinanzi a questa Corte, notificato il 26 luglio 2017, la XXX srl ha interposto appello avverso la sentenza con cui, il 2 maggio di quello stesso anno e così accogliendo la domanda del Fallimento YYY spa –, il Tribunale Ordinario di Latina aveva revocato  due atti di cessione di credito conclusi rispettivamente il 29 agosto e il 29 settembre 2011, entrambe aventi per oggetto crediti nei confronti di società controllate dalla YYY spa in bonis,  a fronte delle quali quest’ultima aveva rinunciato a delle posizioni creditorie vantate verso la XXX medesima.

Quanto alla prima di dette operazioni, in particolare, i crediti della YYY nei confronti dell’appellante corrispondevano a euro 795.876,18, a titolo di corrispettivo per la fornitura di prodotti alimentari, mente all’XXX, a sua volta, spettavano euro 793.931,57 nei confronti di quattro società controllate dalla YYY stessa. In termini analoghi, del resto, aveva avuto luogo la transazione sopravvenuta il 29 settembre, laddove a fronte di un’esposizione debitoria di euro 50.894,88, l’XXX nei confronti delle controllate XXX vantava un avere di euro 47.482,09.

Il Tribunale, a motivo della propria decisione, in primo luogo aveva disatteso l’eccezione, sollevata  dall’attuale appellante, di decadenza ex art. 69 Lf. Posto che la dichiarazione di fallimento della YYY risaliva al 20 gennaio 2010, infatti, il primo Giudice aveva ritenuto che sebbene la notifica della domanda introduttiva, avvenuta a mezzo posta, alla stregua della notoria disciplina della scissione dei suoi effetti tra destinatario  e notificante, per quest’ultimo dovesse ritenersi perfezionata il 3 febbraio 2015, nondimeno costituisse la ripresa di un precedente tentativo di notificazione, iniziato con l’affidamento all’amministrazione postale del plico il 13 gennaio, quindi culminato il 16 successivo con la presa d’atto dell’irreperibilità della società destinataria presso la sua sede di Aprilia.

Quanto al merito, poi, in entrambe le fattispecie il Tribunale aveva ravvisato gli estremi di una cessione di credito in funzione solutoria, come tale integrante gli estremi di cui all’art. 67 primo comma Lf di altrettanti pagamenti con modalità anomale, ritenendo altresì che l’attuale appellante non avesse offerto il debito riscontro della propria inscientia decoctionis. Alla declaratoria d’inopponibilità delle corrispondenti remissioni di debito nei confronti della massa, peraltro, era anche seguita la condanna alla restituzione della somma di euro 841.773,66.

Salvo quanto si dirà in motivazione e per quello che attiene il rigetto della propria eccezione di decadenza della Curatela dal diritto di proporre la domanda, in primo luogo l’appellante ha evidenziato le difformità, rispetto all’originale della citazione introduttiva, della copia depositata in cancelleria all’atto dell’iscrizione a ruolo e che, sempre a suo dire, non consentivano di ritenere che il 13 gennaio Fallimento avesse davvero dato impulso al primo tentativo di notifica, come s’è detto abortito il 16 di quello stesso mese. Un ulteriore argomento di doglianza, poi, ha riguardato la tardività della ripresa della notificazione, intervenuta oltre i quindici giorni che, a far tempo della presa d’atto del mancato esito positivo della notificazione e con rimando alla disciplina del termine “breve” di cui all’art. 325 cpc, ha enucleato in proposito il giudice di legittimità.

Quanto al merito, invece, sono state riproposte le contestazioni già mosse in merito all’effetto estintivo che, a fronte della cessione dei crediti nei confronti delle società controllate dalla YYY, sarebbe disceso per le posizioni debitorie di quest’ultima. A dire dell’appellante, infatti, la mancanza di elementi interpretativi di una diversa volontà delle parti avrebbe dovuto indurre il Tribunale che si trattasse di cessioni pro solvendo, con la conseguente estinzione dell’obbligazione solo all’atto della riscossione dei crediti ceduti e, quindi, con l’impossibilità di ricondurli all’oggetto della previsione dell’art. 67 primo comma. Un ulteriore elemento a riprova della non applicabilità della norma, sempre a dire dell’appellante, sarebbe anche derivato dal fatto che si sarebbe trattato di pagamenti eseguiti da terzi nei confronti del fallito, e non da costui. La sentenza, poi, è stata censurata anche sotto il profilo dell’onere della prova liberatoria dalla presunzione della consapevolezza dello stato di dissesto, a detta del Tribunale non assolto e che, al contrario, andavano identificati con quegli stessi elementi erroneamente ritenuti idonei ai diversi fini della prova della scientia decoctionis, viceversa richiesta a mente del secondo comma del ridetto art. 67. Le restanti censure, infine, hanno riguardato il mancato accoglimento dei controcrediti opposti in compensazione.

Nel costituirsi in giudizio, invece, la Curatela appellata ha resistito al gravame e ne ha chiesto il rigetto, salvo a mente dell’art. 346 cpc anche insistere sulla domanda subordinata di revocatoria ex art. 67 secondo comma.

Preso atto delle rispettive conclusioni delle parti, precisate con note depositate in via telematica ex art. 23 primo comma del Dl n. 137/20, la Corte ha infine trattenuto la causa in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Per quello innanzi tutto alla questione se l’azione di specie sia stata effettivamente esercitata entro il termine decadenziale, comminato dall’art. 69 bis primo comma Lf,  di tre anni dalla dichiarazione del fallimento, giova rammentare il principio giurisprudenziale, oramai assurto a diritto vivente, secondo cui, in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza, e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento (ex pl., Cass n. 19059/17). Altrettanto consolidato, poi, è l’orientamento che tale ripresa non possa superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa (da ultimo, Cass. n. 17577/20).

Ora, sulla circostanza che il primo tentativo di notifica fosse abortito il 16 gennaio 2013, vale a dire prima dello scadere del termine in parola, fa stato la relata in pari data, laddove l’ufficiale giudiziario ha dato atto dell’irreperibilità della società odierna appellante presso la sede che, dalle risultanze camerali, la stessa risultava avere ad Aprilia. Quanto poi alla circostanza che la ripresa della notifica, sempre rispetto al Fallimento notificante, fosse intervenuta solo il 3 febbraio successivo, ad avviso di questa Corte ha prova logica della non imputabilità all’appellante dello sforamento rispetto al suddetto termine di quindici giorni emerge, secondo quanto già posto in risalto dal Tribunale, dal fatto che il 16 cadesse di venerdì, con la conseguenza che la restituzione della copia dell’atto non potesse avvenire altrimenti che il successivo lunedì 19, rispetto al quale, in effetti, la notifica del 3 febbraio successivo si rivela così tempestiva.

Nel merito, peraltro, il gravame trova miglior fortuna, dovendosi condividere le argomentazioni dell’appellante sull’estraneità della presente fattispecie alla previsione dell’art. 67 Lf.

Conformemente a quanto addotto sul punto, infatti, vale a considerare come già alla stregua della ricostruzione del Fallimento alla cessione dei crediti vantati dall’XXX nei confronti delle controllate avrebbe fatto riscontro la rinuncia contabile della YYY a un proprio credito. Giustappunto vantato nei confronti dell’appellante.

Considerato che, quindi, si è trattato di una cessione, a fini solutori, di un’obbligazione facente capo all’odierna appellante, non già quindi alla società poi fallita, occorre viceversa riscontrare come l’art. 67 primo comma n. (2 Lf, per quanto qui interessa, viceversa preveda espressamente la revocabilità dei pagamenti e, comunque, degli atti estintivi operati esclusivamente dal debitore.

Tanto importa l’accoglimento del gravame, restando assorbiti i restanti motivi a suo sostegno.

Pervenuti dunque alla disamina della domanda revocatoria ex art. 67 secondo comma, già proposta in via subordinata subordinata e sulla quale il Fallimento insiste a mente dell’art. 346 cpc, sembra opportuno premettere come la fattispecie in esame, in sé complessivamente intesa, a sua volta integri appieno gli estremi della previsione in tema di “atti a titolo oneroso”, giustappunto riscontrabile nella norma in questione.

Ciò malgrado, occorre però anche riscontrare il mancato assolvimento dell’onere della dimostrazione della consapevolezza dello stato d’insolvenza del debitore, giustappunto addossato alla Curatela dal suddetto secondo comma.

A differenza di quanto sostenuto in proposito dall’istante, in primis, la Corte è infatti dell’avviso che comunque non soccorra il contenuto della relazione della Curatela ex art. 33 Lf e della Consulenza tecnica disposta in sede di indagini preliminari dal Pubblico Ministero, solo a considerare come entrambi gli elaborati riportino circostanze rilevate ex post, in merito alle quali nulla consente di ritenere che la società appellante avesse diretta e adeguata conoscenza.

Riguardo agli articoli di stampa, in merito alle disavventure finanziarie del Gruppo in concomitanza della conclusione delle operazioni oggetto della domanda, poi, è pur vero che si tratta di elementi non privi di una significativa valenza indiziaria. Cionondimeno, è però anche da ritenere che la conoscenza dello stato d’insolvenza dell’imprenditore, da parte del terzo contraente, debba essere effettiva e non meramente potenziale, assumendo rilievo non già la semplice conoscibilità oggettiva ed astratta delle condizioni economiche dell’imprenditore, bensì la concreta situazione psicologica del terzo al momento della stipula dell’atto impugnato, la quale può essere desunta anche da semplici indizi, aventi l’efficacia probatoria delle presunzioni semplici ed in quanto tali soggetti a concreta valutazione da parte del giudice di merito, da compiersi in applicazione degli artt. 2727 e 2729 cc. Al detto fine, dovendosi conferire rilievo ai presupposti ed alle condizioni in cui il terzo si è trovato ad operare nella specifica situazione e in considerazione di concreti collegamenti con i sintomi conoscibili dello stato d’insolvenza, è pur vero che assumono risalto anche le notizie di stampa; nondimeno, il rilievo che il ricorso a tali fonti informative, anche per un operatore commerciale qualificato, costituisce una facoltà, e non un obbligo, induce a ritenere che tali acquisizioni a loro volta debbano essere  correlate a ulteriori e validi elementi di riscontro, quali risultanze di bilancio, protesti, procedure esecutive, etc, senza le quali, come avvenuto nel caso di specie, ad avviso di questa Corte la prova non può dirsi raggiunta.

Liquidate come da dispositivo, infine, le spese di lite seguono la soccombenza.

PQM

La Corte, definitivamente pronunciando e così accogliendo l’appello, respinge la domanda; condanna il Fallimento YYY spa – al rimborso delle spese di lite di ambedue i gradi di giudizio, comprensive di euro 20.000 per compensi, quanto al primo grado, nonché di euro 25.000 per compensi ed euro 2.529 per spese, quanto al secondo.

Roma, 7 luglio 2021.

Il Presidente Estensore

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