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Credito nei confronti del fallimento

La domanda diretta a far valere un credito nei confronti del fallimento è inammissibile se proposta nelle forme della cognizione ordinaria o improcedibile.

Pubblicato il 16 March 2020 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
SETTIMA SEZIONE CIVILE

in composizione monocratica, in persona del giudice designato dr., ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 2120/2020 pubblicata il 13/03/2020

nella causa civile di primo grado iscritta al n. del Registro Affari Contenziosi dell’anno 2017 vertente

TRA

XXX s.r.l. (c.f. /p. IVA), con sede in, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa, giusta procura allegata all’atto di citazione, dall’ avv. del Foro di, con studio in;

OPPONENTE

E

FALLIMENTO YYY (c.f./ p. IVA), in persona del Curatore, Dott., contumace;

OPPOSTO

OGGETTO: Opposizione a decreto ingiuntivo n. /2017 del Tribunale di Milano;

CONCLUSIONI: come da foglio di precisazione allegato in via telematica da parte opponente.

FATTO E DIRITTO

Con atto di citazione notificato in data 31.10.2017, XXX s.r.l. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. /2017 emesso, su ricorso di YYY, dal Tribunale di Milano in data 5-20/09/2017 e notificato il 21.09.2017, con il quale le si intimava di pagare la somma di euro 25.347,94 (oltre interessi e le spese del procedimento monitorio), quale corrispettivo per lavori eseguiti da YYY in favore di XXX s.r.l, come da fatture allegate n. 89 del 31/7/16 per € 12.200,00, n. 25 del 31/3/17 di € 2.769,40 e n. 26 del 31/3/17 di € 10.378,54.

Parte opponente, in particolare, contestava di avere ricevuto le prestazioni sottese alla fattura n. 26 del 31/3/17 di YYY ed eccepiva l’avvenuta compensazione tra il credito oggetto delle fatture nn. 89 del 31/7/16 e 25 del 31/3/17 azionate da YYY ed il proprio maggiore controcredito verso quest’ultima attestato dalle fatture n. 17/16, n. 32/17 e n. 31/17 emesse da XXX s.r.l., con una differenza finale, in proprio favore di € 15.105,62.

Pertanto, chiedeva a questo Tribunale, in accoglimento della proposta opposizione, di dichiararsi nullo e/o revocarsi il decreto ingiuntivo emesso in favore dell’opposta; al contempo spiegava domanda riconvenzionale con cui chiedeva accertare e dichiarare che, per effetto della compensazione dei reciproci rapporti di dare e avere tra le parti, XXX s.r.l. vanta un ulteriore maggior credito di € 15.105,62 nei confronti di YYY, con condanna di quest’ultima al pagamento del predetto importo oltre interessi dal dovuto al saldo.

Si costituiva in giudizio la società opposta contestando in toto quanto sostenuto da controparte e concludendo per il rigetto dell’opposizione e della domanda riconvenzionale dell’opponente, con conferma del decreto impugnato e vittoria di spese e competenze di lite.

Espletata la trattazione, il giudice precedente assegnatario del giudizio, con ordinanza del 31.05.2018, concedeva la provvisoria esecuzione dell’impugnato decreto ingiuntivo richiesta dall’opposta e al contempo ingiungeva ex art. 186 ter a YYY il pagamento, in favore della società opponente, della somma di € 12.861,67, oltre interessi di mora dal dovuto al saldo e spese del relativo procedimento.

All’esito della trattazione e concessi i termini ex art. 183 co. 6 c.p.c., questo giudice, con ordinanza del 13.11.2018, riteneva la causa matura per la decisione senza necessità di fase istruttoria e rinviava il giudizio per la precisazione delle conclusioni al 3.12.2019.

Nelle more veniva dichiarato il fallimento della YYY nonché dei soci illimitatamente responsabili, sig. *** e sig.ra ***, con sentenza n. /19 del 19 giugno 2019 del Tribunale di Milano; a seguito dell’interruzione automatica del giudizio, per effetto del fallimento dell’opposta, ai sensi del combinato disposto degli artt. 300 c.p.c. e 43, III comma L. Fall., XXX s.r.l., con atto di citazione a comparire per l’udienza già fissata del 3/12/19, notificato il 2 settembre 2019 al Fallimento, in persona del Curatore, riassumeva ritualmente il giudizio nei suoi confronti.

All’udienza del 3.12.2019 nessuno compariva per il Fallimento YYY per cui ne veniva dichiarata la contumacia; parte opponente precisava le sue conclusioni e la causa veniva riservata per la decisione con i termini ex art. 190 c.p.c..

Ciò premesso, occorre chiarire innanzitutto – come ritenuto dall’orientamento consolidato della giurisprudenza e della dottrina – che l’opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione in cui il giudice è tenuto ad accertare il fondamento della pretesa fatta valere col ricorso per ingiunzione, secondo le normali regole di ripartizione dell’onere della prova; per cui resta a carico del creditore – avente veste di attore per aver richiesto l’ingiunzione – la prova dell’esistenza del credito, ed a carico del debitore opponente – avente la veste di convenuto – quella degli eventuali fatti estintivi dell’obbligazione (cfr, fra le tante, Cass. 27 giugno 2000, n. 8718; Cass., 25 maggio 1999, n. 5055).

Sempre in tema di principi generali in materia di onere probatorio, va poi ricordato che il primo comma dell’art. 115 c.p.c. dispone che «salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero, nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita».

Ciò posto, XXX s.r.l. non ha contestato l’esecuzione, da parte di YYY, delle prestazioni oggetto delle fatture n. 89 del 31/7/16 e n. 25 del 31/3/17 (opponendo in compensazione il suo maggiore controcredito verso YYY attestato dalle fatture n. 17/16, n. 32/17 e n. 31/17), mentre ha fermamente contestato sin dall’atto di citazione in opposizione di aver richiesto o comunque ricevuto le prestazioni sottese alla fattura n. 26 del 31/3/17 di € 10.378,54 emessa da YYY.

Parte opposta, a fronte di tale contestazione ed essendo onerata, non ha fornito prova dell’esistenza della pretesa creditoria portata dalla fattura n. 26/2017, essendosi limitata a produrre la sola fattura e non avendo dimostrato di avere eseguito le prestazioni indicate nel documento.

Come noto, è principio consolidato in giurisprudenza quello per cui “La fattura rappresenta idonea prova scritta del credito quale richiesta “ex lege” per l’emissione di un decreto ingiuntivo, sempre che ne risulti la regolarità amministrativa e fiscale: tuttavia, il valore probatorio della stessa in ordine alla certezza, alla liquidità e alla esigibilità del credito dichiaratovi, come ai fini della dimostrazione del fondamento della pretesa, viene meno nel giudizio di merito e anche in quello di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto, atteso che essa si inquadra tra gli atti giuridici a contenuto partecipativo, consistendo nella dichiarazione indirizzata all’altra parte di fatti concernenti un rapporto già costituito. Di conseguenza, quando tale rapporto è contestato tra le parti, la fattura, anche se annotata nei libri obbligatori – proprio per la sua formazione a opera della stessa parte che intende avvalersene – non può assurgere a prova del contratto, al più può rappresentare un mero indizio della stipulazione di esso e dell’esecuzione della prestazione, ma nessun valore, neppure indiziario, può essere riconosciuto alla fattura in ordine alla rispondenza della prestazione stessa a quella pattuita, come gli altri elementi costitutivi del contratto” (cfr. ex multis Cass. 2008 n 8549; Cass. 2003, n. 3188).

Il credito vantato da parte opposta deve ritenersi quindi fondato limitatamente all’importo non contestato di euro 14.969,40 oggetto delle fatture n. 89 del 31/7/16 e n. 25 del 31/3/17 azionate da YYY.

Stante i pacifici rapporti intercorsi tra le parti, la società opponente ha eccepito l’avvenuta compensazione tra il credito oggetto di tali fatture ed il proprio maggiore controcredito attestato dalle fatture n. 17/16, n. 32/17 e n. 31/17 emesse da XXX s.r.l., per complessivi euro 30.075,02, con una differenza finale, in proprio favore di € 15.105,62.

Parte opposta non ha specificamente eccepito la mancata esecuzione delle prestazioni sottese alle fatture n.32/2017 per l’importo di € 5.023,35 e n. 31/2017 per l’importo di € 8.729,10 ed ha eccepito l’intervenuta parziale compensazione del credito portato dalla fattura n.17/2016 per l’importo di € 16.322,57 con il credito portato dalla fattura n.5/2016 per l’importo di € 12.200,00, non azionata con il ricorso monitorio.

Sotto tale ultimo aspetto deve rilevarsi, tuttavia, che parte opposta si è costituita con comparsa di costituzione depositata in occasione della prima udienza di comparizione, con la conseguente decadenza dalla facoltà di proporre eccezioni che non siano rilevabili d’ufficio, ai sensi dell’art. 167, II comma c.p.c.

Ne consegue l’inammissibilità dell’eccezione di compensazione formulata dall’opposta in relazione all’asserito credito di cui alla fattura n. 5/16 del 15/5/16 che YYY avrebbe emesso nei confronti di XXX s.r.l. e che è stata contestata da parte opponente e, peraltro, mai prodotta agli atti di causa.

Pertanto, per effetto della compensazione delle reciproche partite di dare / avere tra le parti, il credito in capo al Fallimento YYY nei confronti di XXX s.r.l. e relativo alle fatture n. 89 del 31/7/16 di (€ 12.200,00) e n. 27 del 31/3/17 (di € 2.769,40) deve ritenersi interamente compensato con il maggiore controcredito (per € 30.075,02) della XXX s.r.l., la quale è attualmente creditrice dell’ulteriore differenza (all’esito della compensazione predetta) di € 15.105,62, nei confronti del Fallimento YYY.

Il decreto ingiuntivo oggetto di impugnazione deve essere dunque revocato.

La domanda riconvenzionale di parte opponente di accertamento e condanna al pagamento della differenza per il maggior credito è improcedibile in sede ordinaria nei confronti del Fallimento YYY., ai sensi dell’art. 52 L. Fall., in quanto ogni pretesa a contenuto patrimoniale svolta nei confronti del Fallimento deve avvenire nelle forme speciali della verifica concorsuale (cfr. Cass. S.U. 2004 n. 21499; Cass. 2005 n. 10414; Cass. 2011 n. 6659, Cass. sez. lav. 2012, n. 17327).

Invero, l’azione intentata da parte opponente, se accolta, è destinata a incidere sul passivo del Fallimento, trattandosi di credito maturato in epoca anteriore alla dichiarazione di fallimento (cfr. ex plurimis, Cass. 2010, n.17279).

Esso pertanto, come espressamente previsto dall’art. 52 Legge Fallimentare, deve essere accertato nelle forme dettate dal Capo V Legge Fallimentare.

La ratio di tale carattere esclusivo si basa sul rilievo che la dichiarazione di fallimento apre il concorso di tutti i creditori sul patrimonio del fallito, sicché un creditore per poter partecipare al concorso deve sottoporre il suo credito a verifica attraverso l’ammissione al passivo, la quale consente anche il contraddittorio (almeno potenziale) degli altri creditori concorrenti sulla pretesa azionata. Da tale normativa discende che la domanda diretta a far valere un credito nei confronti del fallimento, soggetta al rito dell’accertamento del passivo, è inammissibile se proposta nelle forme della cognizione ordinaria o improcedibile – come nella specie – se formulata prima della dichiarazione di fallimento e riproposta nei confronti della curatela (cfr. Cass. 2011 n. 6659, Cass. sez. lav. 2012, n. 17327).

L’ improcedibilità in questione può essere anche rilevata di ufficio, in quanto discende da norme inderogabilmente dettate a tutela del principio della par condicio creditorum (cfr. Cass., n. 6659 del 2001).

Occorre in ogni caso tenere conto dell’eccezione riconvenzionale di compensazione formulata dall’opponente XXX s.r.l..

L’istituto della compensazione presuppone l’autonomia dei rapporti cui si riferiscono i contrapposti crediti delle parti, mentre è configurabile la cosiddetta compensazione impropria allorché i rispettivi crediti e debiti abbiano origine da un unico rapporto, nel qual caso la valutazione delle reciproche pretese importa soltanto un semplice accertamento contabile di dare ed avere, potendo il giudice procedere, a tal fine, anche in assenza di eccezione di parte o della proposizione di domanda riconvenzionale, senza, però, essere investito di poteri officiosi d’indagine quanto all’esistenza dei rispettivi crediti e permanendo l’onere di allegazione e prova delle rispettive voci di credito a carico della parte interessata, nel rispetto del principio del contraddittorio.

Né è di ostacolo la circostanza che YYY sia fallita, atteso che il debitore del fallimento che abbia agito in via ordinaria per conseguire un pagamento può sempre opporre al curatore del fallimento l’esistenza di un proprio controcredito per paralizzare la pretesa (cfr. Cass. n. 15562/2011; Cass. 14418/2013 tra le altre).

Pertanto, l’impossibilità di conseguire una condanna contro il Fallimento YYY s.n.c in questa sede, non preclude a XXX s.r.l. di opporre il proprio maggiore controcredito, così paralizzando la pretesa di pagamento, da parte del Fallimento, della minor somma di euro 14.969,40 così come accertata nel presente giudizio.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo ex d.m. 55/14.

P.Q.M.

Il Tribunale di Milano, in composizione monocratica, nella persona del dr., definitivamente pronunziando sulla causa in epigrafe, così provvede:

1) REVOCA integralmente il decreto ingiuntivo n. /2017 emesso dal Tribunale di Milano;

2) DICHIARA improcedibile, ex art. 52 l. fall, la domanda riconvenzionale avanzata da XXX s.r.l nei confronti del Fallimento YYY;

3) ACCERTA in misura di euro 14.969,40, oltre interessi legali dalla scadenza delle fatture alla pubblicazione della presente sentenza, il credito del Fallimento YYY;

4) DICHIARA la compensazione parziale tra il credito dell’opponente XXX s.r.l pari ad euro 30.075,02, oltre interessi legali dalla scadenza delle fatture alla pubblicazione della presente sentenza, e quello accertato in favore del Fallimento pari ad euro 14.969,40, oltre interessi legali dalla scadenza delle fatture alla pubblicazione della presente sentenza;

5) CONDANNA parte opposta al pagamento, in favore dell’ opponente, delle spese del presente giudizio, che liquida in euro 4.150,00, di cui euro 150,00 per spese vive ed euro 4.000,00 per competenze, oltre contributo forfettario del 15%, iva e cpa come per legge.

Milano, 13 marzo 2020

Il Giudice

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