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Nesso di causalità fra l’omissione e l’evento

Nesso di causalità fra l’omissione e l’evento, regola della preponderanza dell’evidenza o del più probabile che non.

Pubblicato il 27 August 2018 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Tribunale Ordinario di Gorizia

Il Tribunale, nella persona del GOP ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 368/2018 pubblicata il 23/08/2018

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. promossa da:

XXX (C.F.), con il patrocinio dell’avv. con domicilio eletto in MONFALCONE

ATTORE contro

YYY (C.F.), con il patrocinio dell’avv. con domicilio eletto in MONFALCONE

CONVENUTO

ZZZ (C.F.), con il patrocinio dell’avv. con domicilio eletto in GORIZIA

TERZO CHIAMATO

Avente ad oggetto: responsabilità professionale

Conclusioni per la parte attrice

Nel merito in via principale

– accertare e dichiarare, per le motivazioni di cui in atto di citazione, la responsabilità professionale del difensore dott. YYY a seguito degli errori e/o omissioni compiuti in relazione all’incarico ricevuto e che la suddetta condotta negligente del dott. YYY ha causato un danno ingiusto all’arch. XXX; accertare e dichiarare che XXX ha saldato ogni spettanza nei confronti del dott. YYY e accertare che nulla XXX deve corrispondere al dott. YYY, e per l’effetto

– condannare il dott. YYY al risarcimento nei confronti di XXX del danno quantificato nella somma di € 378.395,05= o quel diverso maggiore o minore importo che risulterà in corso di causa, oltre agli interessi di mora e alla rivalutazione monetaria dalla data della domanda al saldo.

– condannare il dott. YYY al risarcimento nei confronti di XXX del danno futuro quantificato in via equitativa nella somma di € 100.000,00= o quel diverso maggiore o minore importo che deciderà il Giudice, oltre agli interessi di mora e alla rivalutazione monetaria dalla data della domanda al saldo.

Con vittoria di spese, diritti, onorari, IVA e CNA come per legge.

In via subordinata

– accertare e dichiarare, per le motivazioni di cui in atto di citazione, la responsabilità professionale del difensore dott. YYY a seguito degli errori e/o omissioni compiuti in relazione all’incarico ricevuto e che la suddetta condotta negligente del dott. YYY ha causato un danno ingiusto all’arch. XXX;

– accertare e dichiarare l’avvenuta estinzione del credito vantato dal dott. YYY nei confronti del XXX per intervenuta prescrizione ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2956 n. 2 cc; e per l’effetto compensare il maggior credito di XXX con la somma eventualmente dovuta al dott. YYY e che verrà accertata in corso di causa.

– condannare il dott. YYY al risarcimento nei confronti di XXX del danno quantificato nella somma di € 378.395,05= o quel diverso maggiore o minore importo che risulterà in corso di causa, oltre agli interessi di mora e alla rivalutazione monetaria dalla data della domanda al saldo; e per l’effetto compensare con detto credito l’eventuale somma che dovesse risultare ancora dovuta da XXX al dott. YYY.

– condannare il dott. YYY al risarcimento nei confronti di XXX del danno futuro quantificato in via equitativa nella somma di € 100.000,00= o quel diverso maggiore o minore importo che deciderà il Giudice, oltre agli interessi di mora e alla rivalutazione monetaria dalla data della domanda al saldo.

Con vittoria di spese, diritti, onorari, IVA e CNA come per legge.

Conclusioni per la parte convenuta

NEL MERITO:

In via Principale:

Rigettarsi le domande tutte dell’attore.

In via Subordinata:

Condannare la compagnia assicurativa terza chiamata, ZZZ, a garantire e manlevare il convenuto per ogni somma che questo fosse eventualmente tenuto a pagare in favore dell’attore.

In via Riconvenzionale:

Accertato e dichiarato che il Dott. YYY ha svolto attività di assistenza fiscale e contabile in favore dell’Arch. XXX, per sé e quale titolare d’impresa individuale, che in relazione a tali prestazioni professionali il Dott. YYY ha emesso le note pro forma n. 337 dd. 31.12.2013 di € 5.850,61-, n. 314 dd. 16.11.2009 dell’importo di € 2.077,14 e n. 394 dd. 30.12.2010 di € 2.410,40- e, quindi, per un complessivo importo di € 10.388,15- (IVA e CPNADC già comprese), i quali non sono stati mai pagati dall’odierno attore, tanto che l’Arch. XXX è tutt’oggi ancora debitore delle somme suindicate nei confronti del Dott. YYY, condannare l’Arch. XXX, per le ragioni suesposte, al pagamento in favore del Dott. YYY della somma di € 10.388,15- (IVA e CPNADC già comprese) o alla diversa maggiore o minor somma che verrà accertata in corso di causa o ritenuta di giustizia, oltre a rivalutazione ed agli interessi moratori ex art. 5 D.lgs. 231/02 dal dì del dovuto al saldo effettivo.

In ogni caso:

Spese di lite rifuse.

Conclusioni per la terza chiamata

Nel merito:

– in via preliminare: Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, accertata l’inoperatività del contratto di assicurazione n. 4-3289129 per non essere i fatti per cui è causa ricompresi nell’oggetto dell’assicurazione, respingere la domanda di garanzia del convenuto.

– in via principale: Voglia l’Ill.mo Tribunale adito respingere la domanda dell’attore in quanto infondata.

– in via subordinata: Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, ridurre la domanda dell’attore nella misura che sarà ritenuta di giustizia e, per l’effetto, contenere l’obbligo di manleva cui è tenuta ZZZ nei limiti del massimale di polizza, previa detrazione dello scoperto del 10%, con un minimo di € 500 ed un massimo di € 10.000.

In ogni caso con rifusione delle spese di lite o, quantomeno, con loro integrale compensazione.

CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1.1. Con atto di citazione regolarmente notificato l’Arch. XXX convenne in giudizio il dott. YYY, nella sua qualità di commercialista in relazione ad asserite responsabilità professionali di quest’ultimo nella difesa dell’attore in relazione ad un contenzioso tributario chiedendo l’accertamento delle dette responsabilità e il risarcimento dei danni subiti.

In particolare l’arch. XXX riferì di aver conferito al dott. YYY l’incarico di assisterlo nella vertenza tributaria avverso l’avviso di accertamento TI5010500194/2010 ed evidenziò che la condotta negligente del difensore era costituita non solo dalla palese e più che evidente mancata comunicazione al proprio assistito della ricezione della notifica dell’atto di appello e dalla conseguente mancanza di predisposizione di adeguate argomentazioni difensive e relativa omissione di tempestiva costituzione in giudizio, ma doveva ravvisarsi anche nelle precedenti fasi della vertenza in oggetto.

1.2. L’attore rappresentò che il difensore, fin dallo stato prodromico del giudizio tributario, non aveva agito secondo la prescritta diligenza professionale, in particolare:

a) non aveva provveduto a informare il proprio assistito circa le diverse possibili soluzioni della vicenda;

b) non gli aveva mai prospettato l’eventualità di risolvere la questione in via transattiva con l’Agenzia delle Entrate;

c) non l’aveva informato circa l’ammontare delle sanzioni pecuniarie e la possibilità di una cospicua riduzione delle stesse fino a quattro volte tanto (in adesione) e fino a tre (in via conciliativa), scegliendo di versare subito l’importo richiesto dall’Ufficio, con facoltà poi, in caso di vittoria, di poterlo successivamente detrarre;

d) aveva trascurato di specificare puntuali contestazioni di merito sui rilievi dell’Agenzia dell’Entrata nella redazione dell’impugnazione dell’avviso di accertamento n. TI/2010 dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale e aveva omesso di allegare delle prove indispensabili per l’accoglimento della domanda, di cui lo stesso XXX gli aveva fornito precise indicazioni e prove;

e) con incuria aveva applicato al periodo d’imposta in oggetto (2006) una norma di legge successiva e non retroattiva, dimostrando ignoranza circa le disposizioni di legge vigenti;

g) non aveva informato compiutamente l’assistito circa la possibilità di impugnare le parti sfavorevoli della sentenza di primo grado parzialmente favorevole all’Agenzia delle Entrate e le conseguenze della mancata impugnazione incidentale;

h) non aveva informato il contribuente della ricezione della notifica dell’atto di appello promosso dall’Agenzia delle Entrate;

i) pur avendo assunto uno specifico mandato professionale di rappresentare e difendere anche negli eventuali successivi giudizi, compresi i giudizi di impugnazione ed opposizione per lo stesso contenzioso, non si era costituito nel giudizio d’appello dinanzi alla CTR e non aveva predisposto alcuna argomentazione difensiva né aveva depositato appello incidentale;

l) non gli aveva mai comunicato gli esiti della sentenza d’appello di cui era venuto a conoscenza solo a seguito della notifica della cartella esattoriale di Equitalia con cui veniva intimato il pagamento di 73.489,16 inerente l’applicazione dell’iva al 10% sul valore dell’immobile di proprietà dell’arch. XXX, destinato a propria abitazione.

2. Con comparsa di risposta si costituì in giudizio il dott. YYY chiedendo, in via preliminare, di chiamare in causa ZZZ, affinché lo manlevasse e garantisse da ogni somma che lo stesso fosse condannato a versare a seguito delle richieste attoree e nel merito, chiedendo di rigettare le domande attoree, in quanto infondate in fatto e in diritto e, in via riconvenzionale, il pagamento delle competenze professionali dovute dall’arch. XXX.

In particolare il convenuto contestò in ogni sua parte l’assunto attoreo, evidenziando di avere fornito all’arch. XXX, che lo aveva informato del ricevimento dell’avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate, tutte le informazioni necessarie, ivi comprese le soluzioni alternative rispetto all’instaurazione del giudizio tributario, al fine di consentire all’attore di valutare quale fosse la scelta migliore percorribile; quanto al giudizio di primo grado, il convenuto evidenziò di avere discusso ogni scelta difensiva con il proprio assistito, ricevendone sua approva-zione ed autorizzazione, avendo sostenuto solamente le tesi difensive che, in quanto supportate da elementi probatori, fossero meritevoli di accoglimento.

Il dott. YYY, in particolare, precisò di avere rappresentato all’attore l’esito del giudizio di primo grado e le difficoltà di accoglimento di un eventuale appello stante gli elementi in suo possesso, convenendo con il cliente di non impugnare la sentenza di primo grado, e ancora, di avere notiziato l’arch. XXX del ricevimento dell’atto di appello e di avergli prospettato tutte le conseguenze inerenti il gravame, ivi compresa la facoltà di avvalersi di soluzioni alternative e che, all’esito della discussione, l’attore aveva deciso di non costituirsi in quel giudizio e di non proporre appello incidentale.

Il convenuto ha evidenziato altresì di avere svolto l’incarico allo stesso conferito con la diligenza e l’attenzione richiesta, di essersi attenuto alle indicazioni ricevute dal cliente nell’espletamento del mandato.

3.1. Con comparsa di risposta si costituì in giudizio ZZZ eccependo preliminarmente l’inoperatività del contratto di assicurazione sottoscritto dal dr. YYY per non essere i fatti per cui è causa, compresi nell’oggetto dell’assicurazione.

Nel merito, ZZZ aderì e fece proprie le difese svolte dal dott. YYY chiedendo comunque il rigetto della domanda attorea in quanto infondata.

Peraltro, la Compagnia evidenziò comunque come, ove fosse stata dimostrata in causa la tesi attorea e cioè che la mancata costituzione in giudizio e la mancata proposizione dell’appello avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale fossero ascrivibili al comportamento negligente tenuto nell’occorso dal dr. YYY, un tanto sarebbe stato in ogni caso insufficiente a dimostrare la sussistenza del danno subito e la sua riconducibilità all’inerzia del convenuto, dovendo l’attore provare che la costituzione nel giudizio di appello avrebbe avuto per l’attore un esito positivo, cioè avrebbe causalmente contribuito alla reiezione del gravame dell’Agenzia delle Entrate.

3.2. La Compagnia terza chiamata contestò quindi tutte le poste risarcitorie reclamate in citazione rimettendo ogni onere probatorio all’attore ed evidenziando nuovamente come il lamentato danno non fosse di per sé riconducibile alla condotta tenuta nell’occorso dal dr. YYY, incombendo sull’arch. XXX l’onere di dimostrare che la costituzione nel giudizio di appello o l’eventuale appello incidentale avrebbe determinato a favore dell’attore un esito per lo stesso favorevole, non potendo il danno essere ritenuto causalmente riconducibile alla condotta dell’attore solamente sulla base del principio dallo stesso richiamato dell’“id quod plerumque accidit” .

4. La causa è stata istruita con l’ammissione della prova per interrogatorio formale del dott. YYY e per testi nei limiti indicati giusta ordinanza del 16/8/2016; all’esito della fase istruttoria il GOT, ritenuta la causa matura per la decisione fissò udienza per la precisazione delle conclusioni. Alla detta udienza il GOT procedente trattenne la causa in decisione con la concessione dei termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.

5.1. Preliminarmente deve evidenziarsi che la responsabilità professionale dell’avvocato (cui deve essere equiparato il commercialista difensore in sede di giudizio tributario) configura un’obbligazione di mezzi e non di risultato e quindi presuppone la violazione del dovere di diligenza, per il quale trova applicazione, in luogo del criterio generale della diligenza del buon padre di famiglia, quello della diligenza professionale media esigibile, ai sensi dell’art. 1176, comma 2, c.c., da commisurare alla natura dell’attività esercitata. Ne discende che la responsabilità del difensore non può affermarsi per il solo fatto del suo non corretto adempimento dell’attività professionale, ma è necessario verificare se l’evento produttivo del pregiudizio lamentato dal cliente sia riconducibile alla sua condotta professionale, se un danno vi sia stato effettivamente ed, infine, se, ove questi avesse tenuto il comportamento dovuto, il suo assistito, alla stregua di criteri probabilistici, avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando, altrimenti, la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale, commissiva od omissiva, ed il risultato derivatone.

La regola della preponderanza dell’evidenza o del “più probabile che non”, si applica non solo all’accertamento del nesso di causalità fra l’omissione e l’evento di danno, ma anche all’accertamento del nesso tra quest’ultimo, quale elemento costitutivo della fattispecie, e le conseguenze dannose risarcibili, atteso che, trattandosi di evento non verificatosi proprio a causa dell’omissione, lo stesso può essere indagato solo mediante un giudizio prognostico sull’esito che avrebbe potuto avere l’attività professionale omessa (Cass. civ. Sez. III, 24/10/2017, n. 25112).

5.2. Alla luce di quanto sopra evidenziato le domande risarcitorie di parte attrice non possono trovare accoglimento in quanto

a) per quanto riguarda le omissioni informative (circa le possibili eventuali soluzioni transattive con l’Agenzia delle Entrate e la possibilità di usufruire di immediate riduzioni sanzionatorie) contestate dal XXX allo YYY in relazione alla fase successiva alla notifica dell’avviso di accertamento e alla proposizione del ricorso di primo grado, l’attore non è stato in grado di provare quanto allegato (il teste Carisi infatti ha dichiarato: “non sono a conoscenza diretta dei rapporti tra XXX e YYY collegati all’avviso di accertamento e alla fase di ricorso alla CTP”); nessun rilievo probatorio può essere attribuito a quanto dichiarato dal teste *** in risposta al capitolo di prova

34) in quanto lo stesso si riferisce a colloquio nel gennaio 2014;

b) anche ritenuta accertata in fatto la negligenza del professionista convenuto nella fase successiva alla sentenza di primo grado (mancata comunicazione della notificazione dell’appello dell’Agenzia delle Entrate, mancata proposizione dell’appello incidentale, ecc.), deve ritenersi che la valutazione prognostica dell’appello non proposto, nè in via principale nè in via incidentale, e dei motivi che avrebbero dovuto essere posti a fondamento dello stesso non consentono di ritenere, sulla base del principio del “più probabile che non”, che lo stesso sarebbe stato accolto.

A tal proposito, infatti, deve rilevarsi che il costante e consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità ritiene che in tema di contratto d’opera professionale, ove anche risulti provato l’inadempimento del professionista (avvocato ovvero difensore nel giudizio tributario, figura del tutto assimilabile al primo) alla propria obbligazione, per negligente svolgimento della prestazione, il danno derivante da eventuali sue omissioni deve ritenersi sussistente solo qualora, sulla scorta di criteri probabilistici, si accerti che, senza quell’omissione, il risultato sarebbe stato conseguito (da ultimo Cass. civ. Sez. III, 31/5/2018, n. 13769).

6.1. Quanto alla contestata mancata impugnazione in sede di appello incidentale della sentenza della CTP di Gorizia in relazione al rigetto del rilievo n. 1 (natura non reddittuale dell’importo di € 10.000) deve ritenersi che il rilievo non avrebbe potuto avere miglior sorte in appello posto che il XXX (e conseguentemente il suo difensore YYY) non aveva fornito la benchè minima prova della mera allegazione costituita dal fatto che l’importo di € 10.000 versato in conto derivasse da dazioni del padre.

A tal proposito deve, infatti, tenersi conto del consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità e della giustizia tributaria secondo cui in tema di accertamento delle imposte sui redditi, al fine di superare la presunzione posta a carico del contribuente dall’art. 32 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (in virtù della quale i prelevamenti ed i versamenti operati sul conto corrente bancario vanno imputati a ricavi conseguiti nell’esercizio dell’attività d’impresa), non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche, distinte causali dell’affluire di somme sul proprio conto corrente, ma è necessario che il contribuente fornisca la prova analitica dell’estraneità delle stesse alla sua attività (da ultimo Cass. civ. Sez. V, Ord., 15/11/2017, n. 27075).

6.2. Quanto alla mancata impugnazione in sede appello incidentale della sentenza della CTP di Gorizia in relazione al rigetto del rilievo n. 4 (svolgimento abituale della professione di architetto con conseguente non doverosità della “contribuzione artigiana”) deve ritenersi che il rilievo non avrebbe potuto avere miglior sorte in appello posto che per potersi ritenere sussistente l’esercizio abituale della professione di architetto non è sufficiente l’iscrizione all’albo professionale (unica allegazione del XXX anche in questo giudizio), ma è necessario che il professionista svolga operazioni rientranti tra quelle del proprio ambito di attività di cui il XXX non ha fornito prova nemmeno in questo giudizio.

6.3.1. Per quanto attiene la questione della mancata contabilizzazione dei ricavi relativi all’autoconsuno dell’immobile sito in Staranzano, utilizzato quale abitazione principale dal XXX, e al valore da attribuirsi al detto immobile deve ritenersi che la sentenza della CTP di Gorizia fosse palesemente erronea e che alla luce di ciò anche la costituzione innanzi alla CTR non avrebbe potuto portare a risultato diverso da quello dell’accoglimento dell’appello proposto dalla Agenzia delle Entrate.

A tal proposito, infatti, deve rilevarsi che in tema di IVA, ove l’imprenditore destini un bene aziendale a consumo personale, ai sensi dell’art. 2, comma secondo, n. 5) del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, l’imposta avrebbe dovuto essere ragguagliata, in base al successivo art. 13, secondo comma e terzo comma, lettera c), nella formulazione vigente nell’anno 2006, al valore normale del bene, e cioè al suo valore di mercato, il quale può formare oggetto di accertamento da parte dell’ufficio finanziario, cui è consentito dimostrare che la somma indicata dal contribuente in sede di fatturazione per autoconsumo è inferiore al valore normale del bene (Cass. civ. Sez. V, 24/5/2006, n. 12322).

La motivazione della sentenza di primo grado secondo cui al caso di specie sarebbe risultato applicabile l’art. 13 del DPR 633/1972, come modificato dall’art. 24, comma 4, lett. b) e c) della legge 7/7/2009 n. 88 (che aveva eliminato il riferimento al valore normale dei beni) e successivamente dall’art. 1, comma 1, lett. g) del D.Lgs. 11/2/2010, n. 18 è palesemente erronea in virtù di quanto previsto dall’art. 24, comma 8 della legge n. 88/2009 secondo cui “Le disposizioni di cui al comma 4, lettere b) e c), e al comma 7, lettera d), si applicano alle operazioni effettuate dal sessantesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della presente legge”.

Su tale specifico punto non può non evidenziarsi che è lo stesso attore a ritenere corretta l’interpretazione fornita dalla CTR tanto che in sede di citazione (pag. 15 – lett. e) contesta al convenuto di aver applicato “con incuria …… al periodo d’imposta in oggetto (2006) una norma di legge successiva e non retroattiva, dimostrando ignoranza circa le disposizioni di legge vigenti”. Alla luce di quanto sopra sulla base del principio del “più probabile che non” l’esito del giudizio in sede di CTR, anche nel caso in cui il convenuto YYY (quale difensore del XXX) si fosse costituito, non avrebbe, pertanto, potuto essere diverso da quello di cui alla sentenza n. 34/07/2013 del 12/2/2013.

6.3.2. Quanto alla mancata contestazione dell’autoconsumo in sede di ricorso di primo grado da parte dello YYY (ritenuta dall’attore come condotta professionale negligente dall’attore) deve rilevarsi che non può condividersi l’assunto attoreo secondo cui l’autoconsumo avrebbe potuto essere contestato in virtù del prodotto (doc. 3) certificato di residenza storico (peraltro rilasciato in data 2014) da cui emergerebbe che nel 2006 era residente anagraficamente in Monfalcone in via al piano dal 2003 al 2012.

In primo luogo l’autoconsumo di un immobile non necessariamente comporta che nello stesso si abbia la residenza anagrafica essendo sufficiente l’utilizzo dell’immobile; ma quello che più rileva è che l’avviso di accertamento dava atto che il XXX era residente di fatto in detto immobile dal settembre/ottobre 2006 con utenze intestate allo stesso e che, pertanto, la possibilità di contestare l’autoconsumo era legato alla possibilità di provare in fatto che quanto risultava dall’accertamento non fosse vero, ma di un tanto lo stesso XXX non aveva offerto alcuna prova al difensore YYY; a ciò si aggiunga che lo stesso XXX aveva sottoscritto (con soggetto terzo) un contratto di locazione dell’ immobile di sua proprietà sito in Monfalcone, Via in cui lo stesso risultava avere la propria residenza anagrafica.

6.4. Per quanto attiene la questione della corretta individuazione dell’aliquota IVA applicabile alle abitazioni di lusso deve ritenersi che la sentenza della CTP di Gorizia fosse palesemente erronea e che alla luce di ciò anche la costituzione innanzi alla CTR non avrebbe potuto portare a risultato diverso da quello dell’accoglimento dell’appello proposto dalla Agenzia delle Entrate.

A tal proposito deve rilevarsi che il requisito dell’abitabilità resta estraneo al rapporto tributario, mentre, ai fini dei requisiti delle abitazioni di lusso, rileva la superficie utile richiamata dalla norma, che è quella dell’intero complesso costruttivo, con esclusione solo di balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale e posti auto, come previsto dal D.M. 2/8/1969.

Ne consegue la centralità del riferimento solo alla “superficie utile” dell’alloggio unitariamente considerato, dovendosi considerare computabile tutta quella superficie facente parte della casa (sia composta di uno o più piani, purchè costituenti unico alloggio) e, quindi, dell’intero complesso costruttivo (con esclusione legale di balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale e posto macchine), ogniqualvolta sia utile a costituire un unico alloggio. L’utilità evocata dalla norma – nella quale manca qualsiasi riferimento all’abitabilità in senso urbanistico – implica l’idoneità, esclusivamente fattuale, di una determinata superficie chiusa da muri a integrare un alloggio, ovverosia a consentire l’espletamento al suo interno di quelle funzioni di ogni genere proprie della vita quotidiana.

Da qui emerge evidente la diversità ontologica e funzionale di mansarde e taverne (cd. locali hobby), da un lato, rispetto alle esclusioni legali di soffitte e cantine (sottotetti o sotterranei concretamente utilizzabili soltanto come deposito, stenditoio e simili), dall’altro.

Deve ritenersi, dunque, che la nozione di superficie utile vada individuata, in mancanza di una specifica definizione giuridica generale, con riferimento alla finalità della singola disposizione che la contempla e, per quanto riguarda la disciplina fiscale, deve concludersi che tale concetto vada individuato prescindendo dai criteri applicabili per la disciplina urbanistica, che ha oggettività giuridica diversa rispetto al rilievo costituzionale della capacità contributiva (Cass. civ. Sez. V, 20-122012, n. 23591).

Nel caso di specie, è pacifico in punto di fatto che l’immobile in oggetto – computando la taverna, il disimpegno, la lavanderia e la stanza con doccia (per complessivi 55,64 mq) supera nel complesso la soglia dei 240 mq di superfici funzionalmente destinate all’espletamento di attività proprie delle persone che ivi trovano alloggio.

7.1. Per quanto attiene alla domanda riconvenzionale formulata dal convenuto avente ad oggetto il pagamento dei compensi professionali sia per la difesa innanzi alla CTP di Gorizia (doc. 4) sia per l’attività di assistenza fiscale e contabile dal gennaio 2009 al dicembre 2013 (docc. 3 e 5) deve essere preliminarmente esaminata l’eccezione di prescrizione presuntiva ex art. 2956 c.c. sollevata dal XXX.

Nella prescrizione presuntiva, fondata su una presunzione iuris tantum di avvenuto pagamento del debito, mentre il debitore eccipiente è tenuto a provare il decorso del termine previsto dalla legge, il creditore ha l’onere di dimostrare la mancata soddisfazione del credito, e tale prova può essere fornita soltanto con il deferimento del giuramento decisorio, ovvero avvalendosi dell’ammissione fatta in giudizio dallo stesso debitore che l’obbligazione non è stata estinta (Cass. civ. Sez. II, 15/4/2014, n. 8735).

Da ultimo deve rilevarsi che la prescrizione presuntiva di cui trattasi decorre automaticamente dalla conclusione della prestazione la quale fa presumere la immediata esigibilità del corrispettivo.

7.2. Nel caso di specie la prescrizione presuntiva decorre:

a) nel caso del compenso per l’attività difensiva in sede di ricorso innanzi alla CTP di Gorizia (avviso di parcella n. 394 del 30/12/2010) dal giorno della pubblicazione della sentenza di primo grado (12/10/2011);

b) nel caso delle prestazioni professionali aventi ad oggetto l’assistenza fiscale e contabile si ritiene di dover fare riferimento all’annualità contabile di riferimento ovvero, per l’anno 2013, al momento della cessazione del rapporto.

7.3. Alla luce di quanto sopra

a) l’eccezione di prescrizione presuntiva avente ad oggetto i compensi per l’assistenza fiscale e contabile di cui all’avviso di parcella n. 314 del 16/11/2009 ed in parte di cui all’avviso di parcella n. 337 del 31/12/2013 (assistenza dall’Ottobre 2008 al dicembre 2010) deve essere accolta;

b) l’eccezione di prescrizione presuntiva avente ad oggetto il pagamento delle prestazioni professionali di cui all’avviso di parcella n. 394 del 30/12/2010 (ricorso contro Agenzia delle Entrate) deve essere rigettata in quanto la richiesta di pagamento è stata tempestivamente formulata nell’atto di citazione depositato in data 18/7/2014 (data pubblicazione sentenza CTP di Gorizia 12/10/2011);

c) l’eccezione di prescrizione presuntiva avente ad oggetto i compensi per l’assistenza fiscale e contabile di cui all’avviso di parcella n. 337 del 31/12/2013 (assistenza anni 2011, 2012 e periodo Gennaio – Agosto 2013, data di cessazione dall’incarico) deve essere rigettata in quanto la richiesta di pagamento è stata tempestivamente formulata nell’atto di citazione depositato in data 18/7/2014.

7.4. Nel merito della domanda di pagamento dei compensi professionali deve ritenersi pacifico lo svolgimento delle prestazioni professionali di assistenza fiscale e contabile sia perché ciò non è mai stato contestato dalla parte attrice sia perché comunque tale circostanza ha trovato conferma in sede di prova testimoniale.

Per quanto attiene lo svolgimento dell’attività difensiva in sede di ricorso innanzi alla CTP di Gorizia la stessa è provata dalla documentazione in atti e per quanto visto al precedente punto 6 deve ritenersi comunque svolta in forma utile per il XXX tanto che la sentenza di primo grado comunque aveva visto un risultato valutabile come favorevole per lo stesso rispetto a quanto contenuto in sede di avviso di accertamento.

7.5. Alla luce di quanto sopra evidenziato la domanda riconvenzionale deve essere parzialmente accolta limitatamente al pagamento della somma di € 2.300 + cassa previdenziale ed IVA (di cui all’avviso di parcella n. 394 del 30/12/2010 – doc. 4) e di € 3.808 + cassa previdenziale ed IVA (onorari prestazioni professionali da gennaio 2011 a Agosto 2013 di cui all’avviso di parcella n. 337 del 31/12/2013 – doc. 5) per un importo complessivo di € 6.108 + cassa previdenziale ed IVA, oltre interessi moratori ex d.lgs. n. 231/02 dal dovuto al saldo effettivo.

8.1. In relazione al rapporto processuale tra attore e convenuto le spese seguono la soccombenza e sono liquidate, ai sensi del D.M. n. 55/14, al valore medio dello scaglione di riferimento per le quattro fasi del giudizio (studio, introduttiva, istruttoria e decisoria) per un importo complessivo di € 25.809,05 (di cui € 21.387 per compensi, € 3.208,05 per rimborso forfettario spese generali nella misura del 15% del compenso liquidato ed € 1214 per rimborso spese anticipate), oltre cassa forense ed IVA.

8.2.1. Per quanto attiene il rapporto processuale tra convenuto e terza chiamata deve evidenziarsi che il costante orientamento giurisprudenziale di legittimità ritiene che la palese infondatezza della domanda di garanzia proposta dal convenuto nei confronti del terzo chiamato comporta l’applicabilità del principio della soccombenza nel rapporto processuale instaurato tra convenuto e terzo chiamato, anche quando l’attore principale sia a sua volta soccombente nei confronti del convenuto, atteso che il convenuto chiamante sarebbe stato soccombente nei confronti del terzo anche in caso di esito diverso della causa principale (Cass. civ. Sez. VI – 3, Ord., 21/4/2017, n. 10070).

8.2.2. Alla luce di tale principio nel caso di specie deve ritenersi accolta l’eccezione (sollevata dalla terza chiamata) di inoperatività della polizza **** n., azionata dal dott. YYY, posto che la condizione aggiuntiva sub. f), che avrebbe previsto la copertura assicurativa per danni cagionati in occasione di rappresentanza ed assistenza dei clienti dinnanzi alla commissione tributaria, con le modalità nel dettaglio indicate nella c.d. “scheda di copertura 001” che individua e delimita l’oggetto dell’assicurazione, non è stata attivata come si evince dal frontespizio della polizza (doc. 6 chiamante YYY) in cui in corrispondenza della richiamata configurazione di rischio non risulta apposta la croce come richiesto dalla scheda di copertura.

Su tale aspetto non può trovare accoglimento quanto osservato dal chiamante circa un’asserita violazione dell’art. 166 del codice delle assicurazioni (mancanza di chiarezza del contratto) in quanto nel caso di specie, anche in considerazione della particolare qualificazione professionale del contraente YYY, le condizioni e le modalità di attivazione delle stesse sono chiaramente indicate nella c.d. “scheda di copertura 001” e, pertanto, facilmente comprensibili da contraente qualificato come deve essere ritenuto il dott. YYY; né si pone un problema di nullità di clausole che limitano la garanzia (in relazione al loro carattere asseritamente vessatorio) posto che nel contratto di assicurazione sono da considerare clausole limitative della responsabilità, agli effetti dell’art. 1341 c.c., con conseguente necessità di specifica approvazione preventiva per iscritto, quelle che limitano le conseguenze della colpa o dell’inadempimento o che escludono il rischio garantito, mentre attengono all’oggetto del contratto – e non sono, perciò, assoggettate al regime previsto dalla suddetta norma – le clausole che riguardano il contenuto e, pertanto, specificano il rischio garantito (Cass. civ. Sez. III, Ord., 15/2/2018, n. 3694).

8.2.3. Sulla base di quanto sopra evidenziato il chiamante YYY deve essere condannato al pagamento delle spese di lite in favore della terza chiamata ZZZ; le spese sono liquidate, ai sensi del D.M. n. 55/14, al valore medio dello scaglione di riferimento per le quattro fasi del giudizio (studio, introduttiva, istruttoria e decisoria) per un importo complessivo di € 24.595,05 (di cui € 21.387,00 per compensi, € 3.208,05 per rimborso forfettario spese generali nella misura del 15% del compenso liquidato), oltre cassaforense ed IVA.

P.Q.M.

Il Tribunale di Gorizia in composizione monocratica, in persona del G.O.P., ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, definitivamente pronunciando nella causa (n.r.)

1) Rigetta la domanda di parte attrice per le ragioni di cui in motivazione;

2) Accoglie parzialmente, per le ragioni di cui in motivazione, la domanda riconvenzionale formulata da parte convenuta e, per l’effetto, condanna XXX al pagamento in favore di YYY dell’importo complessivo di € 6.108 + cassa previdenziale ed IVA, oltre interessi moratori ex d.lgs. n. 231/02 dal dovuto al saldo effettivo.

3) Condanna XXX al pagamento delle spese e dei compensi di lite in favore di YYY Fabio nella misura complessiva di € 25.809,05, oltre cassa forense ed IVA se dovuti;

4) Condanna YYY al pagamento delle spese e dei compensi di lite in favore della terza chiamata ZZZ nella misura complessiva di € 24.595,05, oltre cassa forense ed IVA se dovuti.

Sentenza provvisoriamente esecutiva per legge.

Gorizia, 23/8/2018 Il G.O.P.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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