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Separazione personale, assegno di mantenimento

Separazione personale, l’assegno di mantenimento a favore del coniuge è quello necessario a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.

Pubblicato il 08 September 2020 in Diritto di Famiglia, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI ANCONA
PRIMA SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:

ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 1063/2020 pubblicata il 01/09/2020

nella causa civile di I grado iscritta al n. /2014 R.G. promossa da:

XXX, nata a, elettivamente domiciliata in, rappresentata e difesa dall’avv. per procura in calce/a margine del ricorso introduttivo

RICORRENTE

contro

YYY, nato a, elettivamente domiciliato in, rappresentato e difeso dall’avv. per procura in calce/a margine alla comparsa di costituzione e risposta

RESISTENTE

con l’intervento della Procura della Repubblica di Ancona in persona del Procuratore pro tempore

INTERVENUTA

CONCLUSIONI:

Per la ricorrente: come da prima memoria autorizzata ex art. 183 c.p.c. [“Piaccia all’Ill.mo Tribunale adito disporre la separazione personale dei coniugi con addebito al sig. YYY alle seguenti CONDIZIONI In via principale: 1) i coniugi vivranno separati con l’obbligo di fissare la propria residenza ove riterranno più opportuno, dandosene reciproca ed immediata comunicazione; 2) l’abitazione familiare sita in, resterà assegnata alla proprietaria, signora XXX; 3) il signor YYY verserà alla sig.ra XXX, quale contributo al mantenimento della stessa, la somma mensile di Euro 1.000,00 (mille/00) o la somma che verrà ritenuta equa e di giustizia, comunque non inferiore ad € 500,00, rivalutabile annualmente secondo gli indici Istat. Detta somma dovrà essere versata entro il giorno 5 di ogni mese a mezzo di bonifico bancario; [4) accertata l’addebitabilità della separazione personale coniugale al sig. YYY, condannarlo ai sensi degli artt. 20432059 c.c. al risarcimento in favore della sig.ra XXX di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali, biologi, psichici, morali ed esistenziali dalla medesima subiti e subendi per le ragioni precedentemente esposte nella misura di Euro 50.000,00 (cinquantamila/00) o in quella maggiore o minore che emergerà dall’istruttoria della causa o verrà ritenuta equa e di giustizia, con interessi e rivalutazione monetaria dal dovuto al saldo effettivo.] Si chiede fin d’ora che venga pronunciata sentenza non definitiva relativa alla separazione personale dei coniugi ai sensi dell’art. 709 bis c.p.c., nel caso in cui il processo debba continuare per altre determinazioni. Con vittoria di spese e compensi professionali (…)”] in particolare insistendo per la pronuncia di separazione con addebito con rinuncia alla richiesta di risarcimento danni.

Per il resistente: come da foglio di pc depositato il 15.10.2019 [“l’On.le Tribunale, riunito in Camera di Consiglio e respinta ogni contraria istanza, azione eccezione e conclusione, voglia: – in via principale: – dichiarare la separazione dei coniugi YYY e XXX, rigettando la richiesta di addebito in capo al coniuge convenuto, ed ogni richiesta di risarcimento del danno nei confronti dell’odierna ricorrente; – disporre che venga posto a carico del convenuto il versamento della somma di Euro 300 mensili rivalutabili secondo Indice Istat, quale contributo al mantenimento della moglie sig.ra XXX. Spese ed onorari rifusi”].

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con ricorso depositato il 23.4.2014, la sig.ra XXX adìva questo Tribunale e, premesso:

– di avere contratto matrimonio in in data con il sig. YYY;

– che dall’unione era nata la figlia ***, il 27.11.1992;

– che, dopo una serie di vicissitudini familiari era venuto meno all’interno della famiglia l’interesse alla stessa da parte del YYY, il quale negli ultimi tempi aveva addirittura proposto alla moglie di vivere separati, ciascuno con i propri genitori, al fine di arginare pretese difficoltà economiche;

– che, in particolare, dopo l’emersione di questioni apparentemente insanabili relative all’organizzazione della vita familiare, la ricorrente aveva scoperto nel computer di casa documenti che dimostravano l’esistenza di una relazione clandestina che il marito da anni intratteneva con una donna, relazione poi confermata dall’attività investigativa da lei commissionata; chiedeva che il Tribunale, a seguito della audizione dei coniugi e della verificata esistenza dei presupposti di legge, pronunciasse la loro separazione, alle condizioni indicate nel ricorso e con addebito al marito (al quale chiedeva altresì il risarcimento dei danni sofferti in relazione alla condotta di violazione degli obblighi coniugali).

Si costituiva in giudizio il sig. YYY e, non negando la crisi familiare, non si opponeva alla separazione chiedendo tuttavia il rigetto della domanda di addebito e di risarcimento e una diversa regolamentazione delle condizioni economiche della separazione stessa.

2. Comparsi i coniugi davanti al Presidente del Tribunale in data 23.6.2014, il procedimento perveniva alla fase istruttoria con l’assegnazione in favore della ricorrente di un assegno di mantenimento a carico del marito di € 300,00.

Il ricorso veniva comunicato al P.M. ex art. 71 c.p.c., il quale interveniva nel giudizio.

Il processo era istruito con prove orali e documentali nonché con l’esecuzione di accertamenti patrimoniali da parte della Guardia di Finanza, quindi, rigettate le ulteriori istanze istruttorie, perveniva all’udienza del 16.10.2019, in cui le parti presentavano le rispettive conclusioni.

3. Rinunciata da parte della ricorrente la domanda di risarcimento danni, le questioni che restano sottoposte allo scrutinio di questo Collegio riguardano l’addebito e l’assegno di mantenimento a favore della sig.ra XXX.

SULL’ADDEBITO DELLA SEPARAZIONE.

4. Va preliminarmente esaminata la richiesta di addebito della separazione.

Secondo la ricorrente, la crisi matrimoniale è da ricondursi esclusivamente alla condotta del sig. YYY, il quale, intrattenendo per anni una relazione extraconiugale, si sarebbe sempre più sottratto ai doveri di collaborazione nell’interesse della famiglia (lasciando alla moglie la gestione delle problematiche connesse alla malattia degli anziani genitori e alla gravidanza precoce della figlia ***) e sarebbe venuto meno ai doveri di assistenza morale e materiale della coniuge. In particolare, il progetto di vita del YYY con la nuova compagna avrebbe indotto l’uomo a lesinare ogni aiuto morale ma anche materiale alla famiglia, per dedicarsi ai propri svaghi, arrivando egli alla proposta (formalmente giustificata sulla base di mere esigenze economiche) di tornare a vivere ciascuno con i rispettivi genitori, proposta evidentemente finalizzata, secondo la ricorrente, ad interrompere la coabitazione al fine di vivere più liberamente la relazione extraconiugale che intratterrebbe da anni, in maniera stabile e pubblica (frequentando i due “amanti”, all’insaputa della ricorrente, luoghi pubblici ed amici comuni, mostrandosi in atteggiamenti affettuosi ed avendo molteplici occasioni di incontro, come ampiamente documentato dalla relazione dell’investigatore privato).

In merito, la difesa del resistente, dopo essersi dilungata nell’elencare le molteplici attività, professionali e non, alle quali si è negli anni dedicato il sig. YYY, senza risparmiarsi e allo scopo (a suo dire) di contribuire fattivamente al comune progetto di famiglia, ha eccepito che i rapporti coniugali si erano deteriorati da tempo, a causa della apaticità e della anaffettività della moglie, caratteristiche che la stessa aveva mostrato sin dai primi anni di matrimonio, disinteressandosi costantemente di tutto ciò che riguardava il marito (comprese le problematiche di salute, oltre che quelle personali e lavorative) e interrompendo nel 2008 la propria attività lavorativa presso l’impresa familiare del marito, con aggravio del bilancio familiare e accentuazione dell’atteggiamento personale di passività e disinteresse. La situazione sarebbe ulteriormente peggiorata nel 2011, in occasione della gravidanza della figlia della coppia, ***, all’epoca diciannovenne, che aveva procurato ulteriori difficoltà economiche alla famiglia, di cui si sarebbe fatto carico il solo resistente mentre la moglie si sarebbe dedicata esclusivamente al ruolo di nonna a tempo pieno, con atteggiamento sin troppo pressante e diseducativo. Da ultimo, nel 2012, il YYY è rimasto coinvolto in un procedimento penale non ancora concluso, subendo il trasferimento ad altre mansioni e la riduzione dello stipendio: le preoccupazioni personali (cui si sarebbero aggiunte quelle per gli anziani genitori, le cui condizioni si erano aggravate) si erano sommate alle sempre maggiori difficoltà economiche e la coppia aveva anche in tale frangente mostrato la propria fragilità e incapacità di affrontare insieme le avversità. In tutto questo, l’inizio del rapporto con la sig.ra *** sarebbe stata solo la conseguenza della profonda solitudine del YYY e della ormai completa mancanza di affectio coniugalis. La relazione sarebbe stata peraltro tenuta del tutto riservata, senza ripercussioni dal punto di vista sociale.

5. Sul punto, giova richiamare i principi elaborati dalla giurisprudenza in tema di addebito, in base ai quali: “In tema di separazione tra coniugi, l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, la quale, determinando normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, deve ritenersi, di regola, circostanza sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile, sempre che non si constati la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, mediante un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale” (Cass, 25618/2017) e “…la pronuncia di addebito non può fondarsi sulla sola violazione dei doveri posta dall’art. 143 cod. civ. a carico dei coniugi, essendo, invece, necessario accertare se tale violazione, lungi dall’essere intervenuta quando era già maturata ed in conseguenza di una situazione di intollerabilità della convivenza, abbia, viceversa, assunto efficacia causale nel determinarsi della crisi del rapporto coniugale. L’apprezzamento circa la responsabilità di uno o di entrambi i coniugi nel determinarsi della intollerabilità della convivenza è istituzionalmente riservato al giudice di merito e non può essere censurato in sede di legittimità in presenza di una motivazione congrua e logica” (Cass. Civ. Sez. 1, Sentenza n. 18074 del 20/08/2014 (Rv. 632263 – 01).

6. L’infedeltà del sig. YYY è provata. Decisiva è la testimonianza dell’investigatore privato *** (sentito all’udienza del 16.1.2019) il quale ha documentato le visite del resistente a casa della sig.ra *** dal 17 febbraio all’8 marzo 2014, in orari serali e notturni, con atteggiamento di grande familiarità.

Lo stesso resistente, in sede di interrogatorio formale, all’udienza del 28.5.2019, ha ammesso di aver intrattenuto una relazione con la sig.ra ***, peraltro precisando che la stessa è iniziata “solo” nel 2013, quando il rapporto matrimoniale era già completamente compromesso, e lui già dormiva a casa dei propri genitori per via della malattia di suo padre. La copiosa documentazione fotografica prodotta dalla ricorrente, tuttavia, documenta plurimi viaggi della coppia in Puglia, a Matera, a Roma, ad Ischia, a Torre di Palme, in Val Gardena compiuti tra il 2011 e il 2013 (v. fotografie allegate al ricorso), sebbene il YYY abbia dichiarato che si trattava di viaggi di lavoro o di incontri amichevoli, avvenuti quando tra i due c’era solo un’amicizia personale. E’ d’altra parte documentato che alla fine di agosto 2011 la sig.ra *** si è iscritta all’associazione “***”, della quale il YYY era presidente e animatore, e per mezzo della quale egli organizzava cene, gite e viaggi oltre che attività varie per il tempo libero.

7. A fronte della prova della violazione dell’obbligo di fedeltà, non risulta che il resistente abbia assolto all’onere probatorio avente ad oggetto l’esistenza di una pregressa crisi, già irrimediabilmente in atto.

Il principio è stato recentemente ribadito dalla Suprema Corte: “Grava sulla parte che richieda, per l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà, l’addebito della separazione all’altro coniuge l’onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre è onere di chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi dell’infedeltà nella determinazione dell’intollerabilità della convivenza, provare le circostanze su cui l’eccezione si fonda, vale a dire l’anteriorità della crisi matrimoniale all’accertata infedeltà” (Cass. ord. n. 3923/2018).

Sotto questo profilo, il resistente ha introdotto in giudizio la testimonianza di numerosi soggetti – familiari e amici: la sorella ***, il fratello ***, gli amici *** ed *** – che hanno deposto in ordine alle abitudini e agli atteggiamenti dei coniugi. Essi tuttavia da una parte hanno riportato circostanze apprese de relato dal proprio congiunto o da altri familiari, dall’altra si sono limitati a riferire circostanze generiche, non particolarmente significative (teste *** YYY: “io verso il 2008 vedevo mio fratello scontento del rapporto con la moglie ma su certi particolari nulla so”, “è vero [che durante il matrimonio il YYY lamentava assenza di partecipazione della moglie alla vita di coppia], ricordo che fece una vacanza con la figlia ad Ischia senza la moglie”, “so che mio fratello andava a cena ed eventi da solo… era contrariato perché andava da solo”: teste *** “sua moglie partecipava molto poco alla vita sociale del marito e con il marito”, “egli veniva da solo [alle attività di associativismo], noi chiedevamo dov’è XXX? Ed egli rispondeva: non è voluta venire…”, per poi precisare però “sporadicamente XXX ha partecipato ad alcune delle attività previste nel capitolo”)

Solo il teste *** ha dichiarato con una certa precisione che “la coppia era ‘scoppiata’ dal 2010 perché pur in assenza di litigi ognuno seguiva la sua strada, la signora ha smesso di partecipare agli eventi sociali ed anche di partecipare ad uscite o cene tra amici”, precisando che “il distacco [è] avvenuto anche prima di quanto descritto nel capitolo, anzi le vicende di *** hanno contribuito a tenere insieme i genitori che stavano già allontanandosi”. Si tratta, peraltro, anche in questo caso, di dichiarazioni non significative e contraddittorie (ad esempio il riferimento alla emancipazione della figlia ***, nel 2008, sembra da interpretarsi nel senso che le vicende della ragazza avrebbero rafforzato il legame coniugale, e dunque è incompatibile con le affermazioni del ricorrente per il quale la circostanza avrebbe al contrario contribuito ad allontanare i coniugi tra loro).

Complessivamente, quel che emerge – ed è stato ampiamente approfondito – è la mancata (o comunque sporadica) partecipazione della ricorrente alla vita sociale del marito, che era invece particolarmente intensa, dipanandosi tra ***, Associazione “***”, Filarmonica di ***, Circolo ***.

Tuttavia, è circostanza pacifica, e comunque adeguatamente dimostrata (v. le deposizioni dei testi *** e ***; v. anche gli screenshot dei messaggi con la figlia ***), che la sig.ra XXX dalla nascita della piccola *** (nel 2012) ha coadiuvato in maniera significativa la figlia nella gestione della nipotina, facendo la spesa, dandole da mangiare e facendole da baby sitter. Inoltre, la stessa si è occupata della propria madre dal dicembre 2010, quando alla anziana donna è stata diagnosticata una forma avanzata di Alzheimer, e poi negli anni successivi anche del padre, attualmente ricoverato presso una struttura assistenziale di Osimo perché non autosufficiente. Deve ritenersi, pertanto, che una eventuale scarsa disponibilità ad uscite ed eventi mondani da parte della ricorrente fosse motivata prevalentemente dagli impegni familiari e dalle preoccupazioni per la salute degli anziani genitori e per la crescita della nipotina, impegni e preoccupazioni che, verosimilmente, oltre ad assorbire le energie fisiche della XXX e ad occuparne il tempo della giornata, le hanno impedito di lasciarsi andare a momenti di socialità, senza che ciò possa essere ritenuto determinante nella gestione del menage coniugale.

Quanto poi ai dissapori connessi alle questioni patrimoniali, essi non risultano di tale gravità da giustificare una crisi coniugale irreversibile: è vero, infatti, che il sig. YYY si è sempre dato da fare per sé e per la propria famiglia, anche quando la imprevista gravidanza della figlia (poi separatasi dal compagno poco dopo la nascita della bambina) ha complicato le cose, ma è altresì vero che – come si dirà a breve – il resistente ha potuto contare sin dal 1983 sullo stipendio da dipendente pubblico (inizialmente quale geometra presso l’Amministrazione Provinciale di ***, poi quale Ingegnere Capo dell’Ufficio Tecnico del comune di ***, quindi quale responsabile della difesa della *** presso la Regione ***), integrato dai proventi dell’attività libero professionale, solo in parte diminuito – ma su questo non vi è stata prova – a seguito del trasferimento ad altre funzioni in conseguenza del procedimento penale del 2012, potendo contare in definitiva su un patrimonio immobiliare e su redditi di tutto rispetto, sì che nemmeno a tali questioni può attribuirsi peso determinante nella crisi coniugale.

Tutto ciò senza citare le testimonianze di coloro che hanno riferito di una coppia che presenziava insieme alle occasioni familiari e che incontrava regolarmente parenti ed amici (teste ***) o del fatto che la XXX si è sempre interessata del marito “però ad un certo punto, quando le chiedevo come va YYY mi rispondeva che non sapeva più niente perché il marito non le raccontava più nulla” (teste ***).

Solo ad abundantiam può farsi infine menzione del biglietto di auguri scritto con tono affettuoso dal sig. YYY in occasione del 24° anniversario di matrimonio (), lo stesso anno dei viaggi a Matera, Marina di Altidona, Roma con la sig.ra ***.

Non risultano pertanto dimostrati – tale onere spettando al resistente – elementi che attestino la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, o un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale in cui entrambi i coniugi conducevano vite separate. Piuttosto, quel che emerge è il netto allontanamento dalla famiglia del YYY, negli anni sempre più concentrato da una parte sulla sua attività lavorativa, dall’altra sulle attività sociali di svago con amici e conoscenti (e con la donna poi divenuta sua compagna di fatto).

Sussiste pertanto il nesso causale tra infedeltà matrimoniale e crisi coniugale, avendo la relazione fatto venir meno definitivamente l’attenzione del resistente ai doveri coniugali di assistenza morale e materiale ed avendo essa assunto caratteri di pubblicità (soprattutto presso gli amici comuni, ma non solo) tali da procurare alla ricorrente sentimenti di sconforto e umiliazione.

SULL’ASSEGNO DI MANTENIMENTO DEL CONIUGE.

8. Come accennato, la ricorrente ha chiesto che venisse posto a carico del marito un assegno di mantenimento in suo favore, indicandone l’importo in € 1.000,00 mensili.

Il Presidente del Tribunale, all’esito dell’udienza di comparizione dei coniugi avanti a sé in data 23.6.2014, ha fissato l’ammontare dell’assegno in € 300,00.

Il Giudice Istruttore, con provvedimento del 18.2.2015, ha elevato l’ammontare dell’assegno a € 500,00 (osservando che la ricorrente, impegnata nell’accudimento degli anziani genitori e della nipotina, è da ritenersi ormai fuori dal mercato del lavoro per via dell’età, mentre il resistente gode dello stipendio di funzionario regionale continuando ad espletare attività libero professionale, sicché le rispettive potenzialità lavorative sono assolutamente difformi).

9. L’istruttoria relativa alla questione patrimoniale è stata particolarmente scarna, e soprattutto povera di dati oggettivi: sono stati prodotti documenti relativi alle proprietà immobiliari dei coniugi ed è stato svolto un accertamento da parte della Guardia di Finanza, ma ad esempio il resistente non ha mai prodotto le proprie dichiarazioni dei redditi degli ultimi anni, sì che non è possibile disporre di elementi certi.

La ricorrente ha lavorato alle dipendenze della impresa familiare del marito fino al 2008 (per circa 20 anni), anno in cui la ditta della famiglia YYY ha ridotto l’attività a causa della crisi già in atto e dell’età avanzata del titolare, e da allora svolge attività casalinga senza disporre di ulteriori redditi se non le modeste pensioni dei genitori. La stessa è proprietaria esclusiva della casa familiare, sita in ***, acquistata nel 1986, prima della celebrazione del matrimonio.

Il resistente è occupato alle dipendenze della Regione *** come ingegnere. Egli peraltro continua a svolgere attività libero-professionale, collaborando con il collega ing. *** (come accertato dall’investigatore privato sig. *** che lo ha visto frequentare il citato studio in orario d’ufficio nella settimana dal 2 al 9 giugno 2015) con il quale sin dal 1988 condivideva i locali dello studio tecnico di (v. comparsa di costituzione e risposta, pag. 8). Come detto, la parte non ha ottemperato all’obbligo di depositare le proprie dichiarazioni fiscali, ma la Guardia di Finanza ha accertato per l’anno 2016 un reddito imponibile di € 41.906,44 (che dunque tiene conto di eventuali decurtazioni conseguenti al procedimento penale a suo carico, avviato nel 2012).

Egli è inoltre proprietario di due immobili in uno sito via (posseduto per l’intero), l’altro (posseduto in quota di 2/9) sito in via, comprensivo di garage.

Dagli atti della Guardia di Finanza risulta altresì un contratto di locazione di fabbricato stipulato in data 1.4.2017 per un canone annuale dichiarato di € 1.200,00.

Egli è inoltre proprietario di un motoveicolo e di una BMW Serie 3, entrambi acquistati nel 2017.

10. Va sul punto premesso che “la separazione personale, a differenza dello scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, presuppone la permanenza del vincolo coniugale, sicché i “redditi adeguati” cui va rapportato, ai sensi dell’art. 156 c.c., l’assegno di mantenimento a favore del coniuge, in assenza della condizione ostativa dell’addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale, che non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea, dalla quale deriva solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione, e che ha una consistenza ben diversa dalla solidarietà post-coniugale, presupposto dell’assegno di divorzio” (Cass. Civ. Sez. 1 – , Sentenza n. 12196 del 16/05/2017).

10.1 Ciò puntualizzato, deve ritenersi sussistente il diritto della ricorrente a percepire un assegno di mantenimento dal marito, atteso che la stessa non dispone di redditi propri mentre il coniuge gode di un reddito fisso da lavoro dipendente a tempo indeterminato. Lo squilibrio patrimoniale è consistente (proprio per l’assenza di entrate proprie in capo alla sig.ra XXX) e parimenti elevato è il divario tra le rispettive potenzialità lavorative, come già rilevato dal G.I. in sede di ordinanza ex art. 709, quarto comma, c.p.c..

10.2 Le parti hanno discusso sull’ammontare dell’assegno.

Parte resistente, nell’offrire quale contributo al mantenimento della moglie la cifra di € 250,00 mensili, sostiene che:

i) la casa coniugale (in via) è stata acquistata con i risparmi di entrambi i coniugi (all’epoca fidanzati), anzi in misura preponderante con il denaro del YYY, che già da anni lavorava, e intestata alla sola XXX per evitare il rischio di eventuali richieste delle banche in caso di insolvenza della ***, di cui YYY era socio e della quale si era reso garante;

ii) dopo il licenziamento del 2008, la sig.ra XXX non si è più dedicata al reperimento di un’altra attività lavorativa, non ha accolto i consigli e gli aiuti a tal fine del marito, ha perso il contributo di mobilità trascurando di recarsi presso l’Ufficio per l’Impiego ed ha svolto solo due brevi incarichi di lavoro a tempo determinato mostrandosi poco operosa e così non ottenendo il rinnovo dell’incarico; iii) la madre della sig.ra XXX è assistita da una badante a tempo pieno che vive insieme a lei e la ricorrente si è sempre rifiutata di utilizzare il tempo a disposizione per svolgere autonoma attività lavorativa o di svolgere almeno in parte le mansioni di assistenza così da diminuire il tempo di lavoro retribuito della badante; iv) a proprio carico sono il mutuo (con rate di € 500,00 mensili) contratto per l’acquisto di un appartamento, in via, dove potessero vivere la figlia *** (già intestataria, peraltro, di altro immobile in via, gravato da un finanziamento di € 400,00 mensili, a sua volta pagato con il canone di locazione percepito dall’immobile) e la nipotina e il contributo (di € 250,00 mensili) alla vita di queste ultime.

Le affermazioni di cui al punto i) sono allo stato superate dalle risultanze documentali, che attestano l’esclusiva proprietà in capo alla sig.ra XXX dell’immobile adibito a casa coniugale, senza potersi indagare in questa sede se vi sia stata una simulazione (almeno parziale) del contratto di acquisto. In ogni caso, il bene, pur entrando senz’altro a comporre il patrimonio di una delle parti, non costituisce fonte di reddito (anche se può rappresentare un risparmio di spesa).

Quanto ai punti ii) e iii), a fronte di testimoni che hanno confermato le affermazioni del resistente, altri (***, ***) hanno dichiarato che la XXX ha cercato altre occupazioni “purché fossero un lavoro decente”, rinunciando ad una occasione di lavoro a *** perché si trattava di due mezze giornate a settimane ed “era più la rimessa che il guadagno”. Va rimarcato, peraltro, che la ricorrente risulta aver lavorato per oltre venti anni fino al 2008, dedicandosi poi ai consistenti impegni familiari di assistenza, resisi impellenti negli anni 2010-2011, sì che alla data della separazione, ormai cinquantaseienne, era di fatto impossibile per lei rientrare nel mondo del lavoro (ma anche prima sarebbe stato assai difficoltoso, nel generico contesto di crisi occupazionale, mancando ella di una professionalità precisa ed essendo già in un’età avanzata).

I conteggi effettuati dal resistente e sintetizzati al punto iv), infine, non possono essere tenuti in considerazione, essendo di provenienza unilaterale e mancando di un inquadramento generale sulla consistenza effettiva delle disponibilità del sig. YYY. Queste devono ritenersi ben più ampie del reddito di € 1.300,00 mensili da lui affermato, e ciò si desume dal reddito imponibile accertato per il 2016 (circa € 41.900), dalla presenza di un ulteriore reddito costituito da canone di locazione (non dichiarato dalla parte ed emerso a seguito dell’accertamento tributario e comunque verosimilmente superiore a quanto accertato stante il fatto che tale reddito consente – secondo lo stesso resistente – di pagare il finanziamento acceso per l’acquisto dell’immobile destinato alla figlia), dalla persistente attività di collaborazione prestata in altro studio libero-professionale, documentata dall’investigatore privato e tenuta del tutto nascosta al fisco (ma evidentemente vantaggiosa vista la regolarità della attività prestata), dal patrimonio immobiliare disponibile e, complessivamente, dal tenore di vita serbato in costanza di matrimonio (disponibilità di scooter e autoveicolo, viaggi e soggiorni, vacanze, svaghi quali la vela, le cene, i corsi di cucina).

L’impossibilità di pervenire ad un riscontro preciso delle disponibilità economiche del resistente non può andare a svantaggio della controparte, il cui reddito pari a zero e il cui patrimonio (prevalentemente immobiliare) sono, al contrario, di non difficile accertamento.

11. Poiché l’assegno di mantenimento deve tuttora consentire il mantenimento del tenore di vita goduto durante il matrimonio, ritiene il Collegio che esso debba raggiungere, nel caso di specie, l’importo di € 700,00 mensili: tale cifra è pienamente compatibile con le disponibilità del sig. YYY, anche qualora il suo mantenuto stipendio di pubblico dipendente fosse – ma si è visto che così non è – l’unica sua fonte di reddito, ed appare idonea a garantire alla sig.ra XXX – che già dispone di una sistemazione abitativa più che adeguata – un tenore di vita analogo a quello matrimoniale.

L’importo sarà ovviamente oggetto di rivalutazione annuale secondo gli indici ISTAT.

SULLA DOMANDA DI RISARCIMENTO DANNI.

12. La ricorrente ha inizialmente chiesto il risarcimento di tutti i danni, di natura psichica, economica e morale, da lei patiti a causa del comportamento del sig. YYY, il quale da parte sua si è opposto all’accoglimento della domanda.

La domanda è stata poi rinunciata in sede di precisazione delle conclusioni, e questo esime il Collegio dallo scrutinio della questione.

LE SPESE DI LITE.

13. Quanto alle spese del giudizio, in considerazione della reciproca soccombenza, le stesse vanno integralmente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale di Ancona, definitivamente pronunciando nella causa di cui in epigrafe, disattesa ogni diversa istanza, così decide:

DICHIARA la separazione tra XXX e YYY, che hanno contratto matrimonio in, atto trascritto al n., parte II, serie A, anno dei registri degli atti di matrimonio del comune di Ancona, con addebito al sig. YYY, AUTORIZZA i coniugi a vivere separati con l’obbligo del reciproco rispetto,

DICHIARA TENUTO E CONDANNA il sig. YYY a versare in favore della sig.ra XXX un assegno mensile di € 700,00 a titolo di contributo al mantenimento della stessa, da corrispondere entro il giorno 5 di ogni mese e da rivalutare annualmente in base agli indici ISTAT.

COMPENSA integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.

Così deciso in Ancona, nella camera di consiglio del 19/08/2020

Il Presidente est

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