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D.Lgs. n. 231/2001, impresa individuale e società unipersonali

All’impresa individuale, che non costituisce un autonomo soggetto di diritto distinto dalla persona fisica dell’imprenditore, ex Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 1, comma 2, non si applica la disciplina della responsabilità amministrativa degli enti, riferita ai soli soggetti collettivi (Sez. E tuttavia, anche nel caso di società unipersonali di piccole dimensioni, in cui la particolare struttura dell’ente rende labile e difficilmente percettibile la dualità soggettiva tra società ed ente, tra l’imputazione dei rapporti alla persona fisica ed imputazione alla persona giuridica, il tema attiene solo al se sia configurabile una responsabilità dell’ente sulla base del sistema normativo previsto dal Decreto Legislativo n. 231 del 2001.

Pubblicato il 01 January 2024 in Diritto Penale, Diritto Societario, Giurisprudenza Penale

All’impresa individuale, che non costituisce un autonomo soggetto di diritto distinto dalla persona fisica dell’imprenditore, ex Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 1, comma 2, non si applica la disciplina della responsabilità amministrativa degli enti, riferita ai soli soggetti collettivi (Sez. 6, n. 30085 del 16/05/2012; nonché Sez. 6, n. 45100 del 16/02/2021).

Si pone anche la questione dell’applicabilità del Decreto Legislativo n. 231 alle società unipersonali.

Il tema attiene innanzitutto al Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 1 che definisce i soggetti a cui si applicano le norme del decreto stesso: ciò che è necessario chiarire e sé il riferimento ai soggetti contenuti nella previsione normativa sia formale, nel senso che il microsistema delineato si applica sempre e solo ai soggetti che formalmente sono catalogati dalla norma, ovvero se vi possa essere uno scarto, una frattura rispetto al dato testuale per ritenere che un dato soggetto giuridico, pur formalmente riconducibile alla norma (es. società a responsabilità limitata, ancorché unipersonale) possa ciò nonostante, attraverso un accertamento fattuale, non essere considerato come un autonomo centro di imputazione di rapporti giuridici rispetto alla persona fisica autore del reato presupposto e dunque essere sottratto alla disciplina della responsabilità da reato degli enti.

Il tema attiene cioè alla esistenza di un potere di accertamento da parte del giudice, che, di fatto, conduca ad un superamento dell’articolo 1, Decreto Legislativo sulla base di criteri sostanziali e dunque porti a ritenere, che una società a responsabilità limitata unipersonale, pur essendo formalmente un soggetto meta-individuale, possa in realtà essere solo un’impresa individuale, con conseguente esclusione dell’applicabilità delle norme del Decreto Legislativo n. 231 del 2001.

La società unipersonale è un soggetto giuridico a cui si applicano, ai sensi del Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 1 le norma previste dal Decreto Legislativo in questione.

Il problema dell’inclusione della società unipersonale nel raggio d’azione della disciplina della responsabilità da reato dell’ente è ben distinto, anche nella considerazione del legislatore, da quello dell’applicazione del Decreto Legislativo n. 231 del 2001 all’impresa individuale.

Naturalmente, si è consapevoli che la estrema semplificazione della struttura, l’origine e la consistenza patrimoniale dell’ente, la gestione della società unipersonale inducono a ritenere, sul piano percettivo, inesistenti le differenze con l’impresa individuale ed a considerare di fatto coincidenti i due soggetti.

E tuttavia i due istituti restano profondamente diversi.

La società unipersonale è un soggetto giuridico autonomo e distinto dalla persona fisica dell’unico socio; un soggetto metaindividuale a cui la legge riconosce, in presenza di determinati presupposti, una personalità’ diversa rispetto a quella della persona fisica.

Si tratta cioè di un soggetto che ha un proprio patrimonio autonomo, che costituisce un autonomo centro di imputazione di interessi, che ha una sua soggettività, che la legge fa discendere automaticamente in presenza di determinati presupposti.

La società con un unico socio, si fa notare in dottrina, che pure sottende un interesse patrimoniale prettamente individuale, è giuridicamente “un ente autonomo da quest’ultimo, all’interno del quale viene formata la volontà negoziale secondo precise regole organizzative, che acquista diritti e assume obblighi secondo regole di imputazione proprie e che espone alla responsabilità per l’adempimento di questi il patrimonio di cui viene dotata, al pari di ogni società pluripersonale: ciò si traduce nel riconoscimento agli organismi in questione della personalità giuridica“.

Le imprese individuali, di converso, possono anche avere un’organizzazione interna estremamente complessa, ma non sono enti e dunque per ciò solo sono escluse dall’ambito di applicazione della responsabilità degli enti.

Il tema della interferenza tra società unipersonali a responsabilità limitata e socio unico attenga alla distinzione tra soggettività giuridica autonoma e presupposti per la responsabilità dell’ente.

Sotto il primo profilo, la società a responsabilità limitata unipersonale è un soggetto giuridico a cui il Decreto Legislativo si applica.

Quanto al secondo profilo, il tema attiene alla verifica dei limiti e delle condizioni in presenza delle quali la società unipersonale possa rispondere ai sensi del Decreto Legislativo n. 231 del 2001.

La questione non si pone nei casi di società unipersonale partecipata da una società di capitali o di società unipersonali che evidenzino una complessità e una patrimonializzazione tali da rendere percettibile, palpabile, l’esistenza di un centro di imputazione di interessi giuridici autonomo ed indipendente rispetto a quello facente capo al singolo socio.

E tuttavia, anche nel caso di società unipersonali di piccole dimensioni, in cui la particolare struttura dell’ente rende labile e difficilmente percettibile la dualità soggettiva tra società ed ente, tra l’imputazione dei rapporti alla persona fisica ed imputazione alla persona giuridica, il tema attiene solo al se sia configurabile una responsabilità dell’ente sulla base del sistema normativo previsto dal Decreto Legislativo n. 231 del 2001.

In tal senso deve essere conciliata l’esigenza di evitare violazioni del principio del bis in idem sostanziale, che si realizzerebbero imputando alla persona fisica un cumulo di sanzioni punitive per lo stesso fatto, e quella opposta, quella, cioè, di evitare che la persona fisica, da una parte, si sottragga alla responsabilità patrimoniale illimitata, costituendo una società unipersonale a responsabilità limitata, ma, al tempo stesso, eviti l’applicazione del Decreto Legislativo n. 231 del 2001, sostenendo di essere una impresa individuale.

Il fenomeno è quello della creazione di persone giuridiche di ridottissime dimensioni allo scopo di frammentare e polverizzare i rischi economici e “normativi”.

Esiste allora un’esigenza di accertamento in concreto del se, in presenza di una società unipersonale a responsabilità limitata, vi siano i presupposti per affermare la responsabilità dell’ente; un accertamento che non è indissolubilmente legato solo a criteri quantitativi, cioè di dimensioni della impresa, di tipologia della struttura organizzativa della società, quanto, piuttosto, a criteri funzionali, fondati sulla impossibilità di distinguere un interesse dell’ente da quello della persona fisica che lo “governa”, e dunque, sulla impossibilità di configurare una colpevolezza normativa dell’ente – di fatto inesigibile – disgiunta da quella dell’unico socio.

Un accertamento secondo i criteri dettati dal Decreto Legislativo n. 231 del 2001 di imputazione oggettiva e soggettiva del fatto della persona fisica all’ente, in cui la dimensione sostanziale interferisce con quella probatoria, in cui assume rilievo la distinzione e la distinguibilità fra l’interesse della società e quello della persona fisica del rappresentante.

Una verifica complessa che si snoda attraverso l’accertamento della organizzazione della società, dell’attività in concreto posta in essere, della dimensione della impresa, dei rapporti tra socio unico e società, della esistenza di un interesse sociale e del suo effettivo perseguimento.

In tal senso, proprio allo scopo di prevenire comportamenti abusivi, il codice civile ricollega all’unipersonalità (nella s.p.a.) talune previsioni che finiscono per gravare la posizione del socio e degli amministratori di specifici oneri sia in tema di conferimenti sia in ambito pubblicitario (a titolo esemplificativo, articoli 24782497 c.c.); al rispetto di tali adempimenti è, tra l’altro, “condizionata l’applicazione del regime di responsabilità esclusiva della società col proprio patrimonio sociale per le obbligazioni insorgenti dalla propria attività”.

L’imputazione dell’illecito all’ente richiede un nesso “funzionale” tra persona fisica ed ente; ciò che conta, si legge nella relazione al Decreto Legislativo n. 231 del 2001, è che “l’ente risulti impegnato dal compimento (…) di un’attività destinata a riversarsi nella sua sfera giuridica”.

In tal senso si spiega la previsione contenuta nel Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 5, comma 2 che mutua dalla lettera e) della legge delega la clausola di chiusura ed esclude la responsabilità dell’ente quando le persone fisiche (siano esse apici o sottoposti) abbiano agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi.

La norma stigmatizza il caso di “rottura” dello schema di immedesimazione organica; si riferisce cioè alle ipotesi in cui il reato della persona fisica non sia in alcun modo riconducibile all’ente perché non realizzato neppure in parte nell’interesse di questo” e, ove risulti per tal via la manifesta estraneità della persona giuridica, il giudice non dovrà neanche verificare se essa abbia per caso tratto un vantaggio (Così la Relazione ministeriale al D.Lgs.; in tal senso, Sez. 6, n. 15543 del 19/01/2021).

In applicazione dei principi indicati, ferma restando l’assoggettabilità delle società in questione al Decreto Legislativo n. 231 del 2001, occorrerà verificare, nel caso concreto, se ed in che termini il reato commesso dalla persona fisica sia imputabile agli enti secondo i criteri previsti dal Decreto Legislativo in questione.

Corte di Cassazione, Sezione 3 Penale, Sentenza n. 45534 del 13 novembre 2023

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