LA CORTE D’APPELLO DI ROMA
Sezione Persona e Famiglia – Minorenni Composta dai magistrati:
dott. NOME COGNOME Presidente dott. NOME COGNOME Consigliere dott. NOME COGNOME Consigliere rel. riunita in camera di consiglio ha pronunciato la seguente
DECRETO N._R.G._00052161_2023 DEPOSITO_MINUTA_09_06_2025_ PUBBLICAZIONE_09_06_2025
nel proc.to iscritto al n. 52161 del ruolo di volontaria giurisdizione dell’anno 2023 promosso con ricorso depositato il giorno 27.12.2023 avverso il decreto reso in data 4.12.2023 dal Tribunale di Roma nel proc.to di modifica delle condizioni di divorzio n. 16850/2022, tra (C.F. ) residente in Roma, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME ed elett.te dom.ta presso il suo studio in Roma INDIRIZZO
reclamante-resistente inc.le nato a Roma il 22 maggio 1960 ed ivi residente in INDIRIZZO C.F.: , elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
reclamato-ricorrente inc.le con la partecipazione del Procuratore Generale in sede.
Con ricorso depositato il 30.09.2022 ha chiesto al Tribunale di Roma, in modifica delle condizioni del divorzio, che fosse disposta la revoca del suo contributo al mantenimento della figlia secondogenita (n. l’ 11.5.1996), nonché la revoca o la riduzione dell’assegno divorzile in favore della ex moglie NOMERAGIONE_SOCIALE. modificata dalla Corte d’Appello di Roma con la sentenza n. 4048/2018, il loro matrimonio essendosi celebrato l’ 8.5.1988.
Deduceva il ricorrente, a fondamento della sua domanda:
che la Corte d’Appello di Roma con sentenza n. 4048/2018, passata in giudicato, in parziale modifica della sentenza di primo grado aveva determinato l’assegno divorzile in € 500,00 mensili e il contributo del padre al mantenimento della figlia in € 400,00 mensili, oltre il contributo al pagamento delle spese straordinarie, dando atto che il figlio nato il 18.9.1992, era economicamente autosufficiente e non viveva più nella casa familiare;
che con lettera del 26.11.2021 l’Agenzia delle Entrate aveva comunicato la rettifica della dichiarazione dei redditi dell’anno 2018
mod. 730/2019, essendo risultate ingiustificate le detrazioni fiscali riportate per la figlia quale familiare a carico, poiché quest’ultima nel 2018 aveva percepito un reddito annuo superiore al limite massimo previsto dalla legge per poter considerare un familiare fiscalmente a carico;
che solo in seguito a tale comunicazione il padre aveva appreso che la figlia stava lavorando, e precisamente che dal 2018 aveva lavorato in un ristorante, poi in una gelateria, e che da settembre 2021 aveva iniziato a lavorare part-time presso il bar-pizzeria “RAGIONE_SOCIALE” in Roma INDIRIZZO alle dipendenze della a tempo pieno nel laboratorio di pasticceria, mettendo così a frutto il corso professionale di pasticceria frequentato nel 2016 e 2017 presso la Italian RAGIONE_SOCIALE Academy e pagatogli dal padre per assecondare i desideri e le aspirazioni della figlia, la quale aveva terminato gli studi scolastici dal 2015, conseguendo il diploma di scuola media superiore; che in relazione a ciò la figlia traeva un reddito, verosimilmente non inferiore a € 900,00/1.000,00 mensili, in virtù del quale doveva escludersi il diritto di continuare a percepire il contributo del padre al suo mantenimento, tanto più che la figlia continuava a vivere nella casa familiare di esclusiva proprietà del padre senza sostenere perciò spese di alloggio;
che il reddito da lavoro dipendente percepito dalla figlia si ripercuoteva favorevolmente sulle condizioni economiche della madre;
che, inoltre, doveva tenersi presente che nel 2021 la sig.ra aveva percepito la complessiva somma di € 24.036,67 quale quota del T.F.R. dell’ex marito a lei dovuta ai sensi dell’art. 12 bis l.898/1970, e la disponibilità di tale somma aveva certamente migliorato la sua condizione economica;
che non potevano ignorarsi i vantaggi di proprietà del compagno;
che infine, stante il tempo trascorso dalla definizione giudiziale delle condizioni del divorzio, era necessario accertare l’ammontare della pensione percepita dalla controparte o di altre indennità, sussidi, redditi o somme a qualunque titolo percepite o percepibili.
costituitasi in giudizio, chiedeva il rigetto della domanda di revoca e/o riduzione dell’assegno divorzile avanzata dal ricorrente e in via riconvenzionale, atteso il peggioramento della propria situazione reddituale, che fosse disposta la revisione in aumento, in misura pari ad € 750,00 mensili, dell’assegno divorzile statuito a carico del sig. on la sentenza n. 4048/2018 della Corte di Appello di Roma, con effetti decorrenti dalla domanda riconvenzionale.
La resistente deduceva:
che non vi era stato alcun mutamento sopravvenuto delle proprie condizioni economiche tale da legittimare la pretesa revoca e/o riduzione dell’assegno;
che, semmai, si era verificato un peggioramento delle proprie condizioni economiche tale da legittimare un incremento dell’assegno divorzile attualmente corrispostole, in quanto nel 2014 ella era stata sottoposta ad intervento chirurgico di mastectomia radicale per carcinoma e dichiarata invalida con totale e permanente inabilità lavorativa al 100% ai sensi degli art. 2 e 12 L. 118/1971 dalla Commissione Medica per l’Accertamento dell’Invalidità Civile della con percezione di una pensione mensile di invalidità di € 279,00; che, con successivo verbale della Commissione Medica per l’Accertamento dell’Invalidità Civile del 4.4.2017, ella era stata riconosciuta invalida civile con riduzione permanente della capacità lavorativa nella misura dell’80% e quindi, con verbale del 13.9.2018, nella misura del 60%, con conseguente revoca della provvidenza economica precedentemente corrisposta di € 279,00 mensili;
che non riceveva alcun beneficio dalla convivenza con la figlia nella casa coniugale atteso che la stessa, assunta nel giugno 2022 presso il laboratorio di pasticceria del bar gestito in Roma INDIRIZZO con la qualifica di apprendista pasticciere CCNL Pubblici Esercizi, figlia percepiva una retribuzione molto modesta (circa € 900 mensili) con la quale doveva provvedere a tutte le spese personali, ivi incluse le rate del finanziamento contratto per l’acquisto dell’autovettura alla stessa intestata; che ella non aveva mai intrapreso alcuna stabile relazione;
che, invece, il sig. aveva avviato una convivenza con la sig.ra del T.F.R. dell’ex marito ai sensi dell’art. 12 bis L. 898/70, atteso che tale somma era stata necessaria per far fronte alle spese quotidiane che ella non riusciva a coprire con l’assegno divorzile;
che ella era onerata, oltre che delle quotidiane spese del vitto, del vestiario e dei farmaci (già di per sé molto rilevanti non inferiori ad € 500,00 mensili), anche delle spese delle utenze e degli oneri condominiali che incidevano nella misura media di € 300,00 mensili cosicché si trovava in una situazione di sostanziale indigenza, non potendo far fronte alle stesse con il modesto assegno divorzile percepito;
che la situazione economica e patrimoniale del sig. ra rimasta invece invariata non avendo negli anni subito decrementi, atteso che controparte continuava a percepire un trattamento pensionistico sostanzialmente equivalente alla retribuzione percepita in servizio nel 2015 e pari ad € 2.200,00 mensili.
Il Tribunale così decideva la causa:
1) accoglie parzialmente il ricorso, e, per l’effetto:
– revoca l’assegno di euro 400,00, con successiva rivalutazione, posto a carico del ricorrente quale contributo al mantenimento della figlia con effetti decorrenti dalla data del deposito del ricorso;
– riduce ad € 300,00, con successiva rivalutazione come per legge, l’assegno divorzile posto a carico del ricorrente e a favore della resistente, con effetti decorrenti dalla data del deposito del ricorso, 2) compensa le spese di lite.
Avverso il provvedimento ha proposto reclamo per chiedere 1) rigettare la domanda di revoca e/o riduzione dell’assegno divorzile avanzata dal sig. 2) in accoglimento della domanda riconvenzionale spiegata ritenere e dichiarare che la sig.ra ha conseguito un peggioramento reddituale e conseguentemente concedere la revisione in aumento dell’assegno divorzile statuito a carico del sig. in favore della sig.ra con la sentenza n. 4048/2018 della Corte di Appello di Roma nella misura di € 750,00 mensili, ovvero in quella diversa misura ritenuta di giustizia, rivalutabile annualmente secondo gli indici Istat con decorrenza dal 31.1.2023. 3) Con vittoria di spese e compensi di entrambi i gradi di giudizio” del Tf.s. spettantele di euro 24.000,oo in realtà eroso dalle sue esigenze di sopravvivenza;
il presunto rapporto di lavoro domestico da ella indicato nel contratto di finanziamento stipulato con la RAGIONE_SOCIALE in realtà non era mai stato svolto (come evincibile dall’estratto contributivo Inps) essendo stato dichiarato al solo fine di ottenere il prestito di danaro per far fronte alle spese odontoiatriche (documentate);
invariata era rimasta la florida condizione del percettore di rateo pensionistico di euro 2.336 mensili;
il matrimonio era durato più di vent’anni durante i quali ella si era impegnata nell’accudimento della prole;
di fatto, era sopravvenuto un peggioramento ed alcun miglioramento delle proprie condizioni economiche.
Costituitosi in giudizio, replicava affermando che:
dalla documentazione acquisita risultava che la condizione di salute della ricorrente era migliorata, non a caso il grado di invalidità essendole stato ridotto al 60%, con conseguente cessazione del diritto a percepire la pensione di invalidità, egli avendo depositato report investigativo che mostrava la ex moglie in grado di spostarsi più volte anche in auto ogni giorno, usando la vettura del suo nuovo compagno;
egli aveva dovuto sopportare persino gli oneri condominiali del suo appartamento rimasto assegnato alla costei aveva depositato estratti del c.c. del tutto parziali all’evidente scopo di nascondere la destinazione data alla metà circa della somma ricevuta quale quota del suo T.f.s.
; la stessa non doveva più contribuire al mantenimento della loro figlia la quale, anzi, era ragionevole ritenere che partecipasse oggi ai costi dell’alloggio;
necessariamente, e correttamente, il Tribunale aveva dovuto apprezzare la dichiarazione fatta dalla ricorrente all’istituto erogatore del prestito di lavorare stabilmente alle dipendenze di terzi;
le cure dentarie ben avrebbero potuto esser richieste al RAGIONE_SOCIALE
; il fatto che il nominativo del datore di lavoro coincidesse con quello della reclamante ben si spiegava con lo svolgimento di attività lavorativa “in nero” e con l’interesse di controparte ad occultare il suo lavoro, per impedire ogni accertamento al riguardo e continuare a percepire l’assegno divorzile, risultante perciò irrilevante l’estratto conto previdenziale prodotto da controparte, peraltro privo di valore certificativo come in esso indicato e del tutto inidoneo ad escludere l’attività lavorativa e i redditi, già durante il matrimonio e, poi, nel corso della separazione ella avendo effettuato lavori “in nero”; ove, d’altro canto, fosse stato vero che ella per anni era rimasta priva di Corte (ss.uu. n. 18287/18);
in alcun modo la ex moglie aveva contribuito alla formazione del patrimonio familiare;
la infine, stava usufruendo dell’immobile di esclusiva proprietà di esso resistente.
Per tali motivi egli così concludeva, anche in via incidentale:
Non resta perciò che richiamare le difese del precedente grado e insistere per il rigetto del reclamo avversario e chiedere alla Corte d’Appello, in parziale riforma del decreto reclamato, di revocare l’assegno divorzile o disporne un’ulteriore riduzione in considerazione di quanto eccepito nel presente atto in ordine alla natura assistenziale e perequativo-compensativa dell’assegno, o in subordine confermare il decreto reclamato correggendone la motivazione in ordine al profilo perequativo-compensativo dell’assegno, il tutto con vittoria di spese del doppio grado. La reclamante si opponeva a dette istanze di eliminazione o di ulteriore riduzione dell’assegno divorzile.
Il resistente allegava di aver effettuato nell’anno 2024 il versamento degli oneri condominiali riferiti al suo immobile in uso alla ex coniuge per euro 3.023,oo e di esser ancor oggi esposto per ulteriori euro 914,oo per gli ulteriori di seguito maturati e rimasti pur sempre inevasi.
Gli atti erano inviati in visione alla Procura Generale.
La Presidente della Sezione, in applicazione della previsione di cui all’art 127 ter c.p.c., ha disposto la sostituzione della trattazione orale dell’udienza del 5.6.2025 con il deposito di ulteriori note cui ha autorizzato le rispettive difese, sulle quali il Collegio ha poi deciso nella camera di consiglio svoltasi in presenza dei suoi componenti.
* * * La domanda avanzata dalla parte reclamante merita accoglimento parziale e, di conseguenza, deve esser rigettata quella formulata con reclamo incidentale dal Da un lato, infatti, è da condividersi il ragionamento esposto dal primo giudicante riguardo le ragioni che inducono a ritenere la ancor oggi legittimata a percepire l’assegno divorzile.
Ella risulta invalida al 60% e la natura dell’attività svolta (lavoro domestico), in relazione all’età della stessa (57 anni) ed alle predette a fini pensionistici.
Dalla sentenza di divorzio emerge, inoltre, che nel corso della vita matrimoniale ella non abbia lavorato, dedicandosi in via esclusiva alla crescita dei figli, con ciò favorendo la possibilità per il coniuge non solo di svolgere la sua attività lavorativa ma anche di progressione nella propria carriera.
Del tutto indimostrato, inoltre, che la stessa abbia mai intrapreso un regime di convivenza con altro uomo.
D’altro canto, appare evidente che ella mai abbia effettivamente lavorato alle dipendenze di terzi.
Nel modulo di richiesta del prestito finalizzato alle cure odontoiatriche, infatti, la aveva palesemente fittiziamente rappresentato tale rapporto, come emerge in tutta evidenza per aver la stessa indicato come proprio datore di lavoro il suo stesso nominativo.
La ricorrente ha anche depositato la messa in mora notificatale dall’ente erogatore, per non esser riuscita a pagare le rate stabilite, e l’estratto Inps a dimostrazione del mancato versamento di alcun contributo, così come alcuno stipendio risulta accreditato sul suo conto corrente.
Pertanto, appare equo confermarsi l’entità dell’assegno divorzile stabilito dalla Corte d’appello con la sentenza n. 4048/2018, la raggiunta autonomia della figlia secondogenita della coppia – anche in ragione del fatto che ella può continuare ad utilizzare con la madre la casa familiare – avendo avuto l’effetto di sollevare maggiormente il padre dell’onere per il suo mantenimento.
Non si ravvisano, in ogni caso, motivi per disporre il richiesto aumento di tale importo.
Stante l’esito del giudizio sulle rispettive e contrapposte istanze, ferma la condivisibile integrale compensazione di quelle di primo grado di giudizio, si reputa equo disporre la compensazione per la metà delle spese di lite di questo secondo fra le parti, con condanna per il residuo del l rimborso in favore della per l’importo che si liquida in dispositivo nel rispetto del d.m. n. 55/14, aggiornato dal d.m. n. 147/22.
la Corte, ogni diversa istanza dell’una e dell’altra parte disattesa per quanto sopra illustrato di ragione:
’assegno divorzile da lui dovuto a per l’importo stabilito da questa Corte d’appello con la sent. n. 4048/2018;
già operata la riduzione per la compensazione della metà, condanna a rimborsare a le spese di lite che liquida, per il dovuto residuo, ad euro 1.250,oo per compensi professionali, oltre r.f.
al 15%, Iva e Cna come per legge; dichiara la ricorrenza per il solo reclamante incidentale degli estremi di legge per applicare la sanzione di cui all’art 13 co.1° quater del d.P.R. n. 115/02.
Si comunichi.
Roma, così deciso il 5.6.2025.
Il Consigliere est. la Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME
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