SENTENZA TRIBUNALE DI ANCONA N. 1191 2025 – N. R.G. 00000178 2024 DEPOSITO MINUTA 01 07 2025 PUBBLICAZIONE 01 07 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI ANCONA
PRIMA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale di Ancona, in composizione monocratica, in persona del dott. NOME COGNOME, ha pronunciato e pubblicato la seguente
SENTENZA
Nella causa civile iscritta al n. 178 del Ruolo generale degli affari contenziosi civili dell’anno 2024 e promossa
da
nata il 09/09/1956 a SENIGALLIA (AN) (codice fiscale ), rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Senigallia, INDIRIZZO C.F.
ricorrente
contro
, in persona del sindaco pro tempore (codice fiscale , rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso il suo domicilio digitale; P.
convenuto
CONCLUSIONI:
PER LA RICORRENTE: ‘Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, previa ogni più utile declaratoria del caso o di legge, ogni diversa e contraria istanza ed eccezione disattesa, anche in via istruttoria ed incidentale,
– in via principale, accertare e dichiarare che il danno subito dalla Sig.ra è riconducibile alla responsabilità del e, per l’effetto, condannare il
medesimo Ente al risarcimento dei danni patrimoniali e non patiti dalla ricorrente pari ad € 9.665,20, ovvero di quella diversa somma, maggiore o minore, che verrà riconosciuta in corso di causa, il tutto oltre spese liquidate di CTU pari ad € 1.509,36, così per complessivi € 11.174,56, nonché rivalutazione monetaria ed interessi dalla data di costituzione in mora sino al saldo integrale ed effettivo ‘ .
PER IL CONVENUTO: ‘ affinché il Giudice adito Voglia:
1) Nel merito, In via principale Rigettare tutte le domande di parte attrice perché inammissibili, non provate, infondate in fatto e diritto.
2) In ogni caso accertare e dichiarare la responsabilità esclusiva del danneggiato ex art. 1227 2° co. c.c. per i danni che lo stesso avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza e conseguentemente rigettare ogni domanda nei confronti della convenuta; ovvero, in subordine, gradare la responsabilità della convenuta e ridurre il risarcimento del danno in ragione del concorso di colpa del danneggiato nella causazione dell’evento ex art. 1227 1° co. c.c.
3) In subordine ridurre il risarcimento danno richiesto perché eccessivo e sproporzionato rispetto al fatto.
4) Con condanna al pagamento del compenso e delle spese di lite, con attribuzione al sottoscritto procuratore antistatario ‘ .
CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO
1. Con ricorso ritualmente notificato ha convenuto in giudizio il
ai sensi dell’art. 2051 c.c. domandando il risarcimento del danno subito in occasione del sinistro occorsole nel centro storico della città di Senigallia.
A sostegno della domanda la ricorrente ha dedotto che:
– in data 2.7.2020, alle ore 23:30 circa, mentre si trovava a percorrere a piedi INDIRIZZO sita nel centro storico della città di Senigallia, in compagnia del coniuge con passo prudente e lento, indossando calzature basse, giunta in prossimità dei numeri civici 2/4, è caduta rovinosamente a terra a causa di una disconnessione della pavimentazione stradale non adeguatamente visibile né segnalata;
-è stata trasportata poco dopo da un’ambulanza del 118 al Pronto Soccorso del locale nosocomio dove è stata sottoposta ad accertamenti anamnestici, clinici e strumentali all’esito dei quali è stata formulata diagnosi di ‘ frattura a decorso obliquo sottocapitata del IV metatarso ‘ del piede
destro, con conseguente posizionamento del gambaletto gessato, uso di stampelle, somministrazione di analgesici e anticoagulanti e assegnazione di iniziali giorni 30 di prognosi;
– in data 3.8.2020 è stato rimosso il gesso e la prognosi è stata prolungata di altri 18 giorni con indicazione di successivo controllo;
– in data 20.8.2020 le sono stati concessi altri 26 giorni di prognosi;
-in data 14.9.2020 l’ortopedico l’ha dichiarata ‘ clinicamente guarita con esiti a lungo termine da valutare in separata sede ‘;
– il medesimo giorno e quello successivo, avvertendo ancora notevoli dolori, si è sottoposta a visita presso il proprio medico curante, il quale ha constatato il permanere di postumi, consigliandole di continuare la terapia indicata con prognosi di altri 30 giorni;
– in data 9.12.2020, in ragione del persistere dei dolori al piede destro con difficoltà dei movimenti, impossibilità agli sforzi e difficoltà nella deambulazione, si è recata a visita medicolegale presso il dott. il quale ha rilevato: ‘ L’esame clinico evidenzia un piede modicamente tumefatto con circonferenze perimalleolari e medio tarsiche di circa 1-1,5 centimetri maggiori rispetto alla contro-laterale. Dolore è presente alla palpazione dell’articolazione di , diffusamente, ma in corrispondenza dei raggi interessati dal trauma. Dolore alle manovre di stress in flesso astensione. Dolente la palpazione del IV raggio metatarsale. L’esame funzionale evidenzia una compromissione della tibio -tarsica, di circa 1/4, e della sottoastragalica di circa 1/3, in rapporto a prolungata e necessaria immobilizzazione gessata. L’esame della deambulazione evidenzia un passo con distanza conserva, angolo ridotto e ritmo irregolare per difficoltà alla fase oscillante ed alterazione dello stacco sull’ arto interessato da trauma ‘;
– in ragione della frattura subita al metatarso, non ha potuto più dedicarsi alle passeggiate al mare, necessitando, peraltro, nei momenti di maggiore stanchezza, anche di una stampella per la deambulazione, non ha potuto guidare se non per brevi tratti di strada, perdendo buona parte della sua autonomia negli spostamenti e riducendo così in modo determinante la sua mobilità e la sua voglia di relazionarsi con gli altri;
– ha subito importanti limitazioni anche nello svolgimento della propria attività lavorativa, essendo la stessa titolare di un negozio di vendita al dettaglio di prodotti fito-floreali che richiede di mantenere la posizione eretta durante quasi tutto l’orario di lavoro;
– in data 4.10.2021 ha promosso ricorso per consulenza tecnica preventiva ex art. 696 bis c.p.c.
(iscritto con n.r.g. 4481/2021) nei confronti del ;
-il ctu ha accertato il nesso di causalità tra l’evento ed i postumi invalidanti, quantificando un’inabilità biologica temporanea per complessivi giorni 73 di cui: 31 giorni al 75 % (fino al 3.8.2020), 17 giorni al 50% (fino al 20.8.2020) e 25 giorni al 25%, nonché una compromissione dell’integrità biologica pari al 3%, ritenendo congrue le spese mediche sostenute.
2. Il si è regolarmente costituito in giudizio contestando preliminarmente che il sinistro sia avvenuto nel modo e tempo e nel luogo descritto dalla ricorrente, anche in relazione al fatto che non risultavano intervenute sul posto autorità di polizia nonché del fatto che nel referto del Pronto Soccorso di Senigallia si legge soltanto ‘ caduta accidentale in altri luoghi ‘, senza alcuna indicazione del luogo di caduta, della causa e dell’orario.
Il convenuto ha inoltre rappresentato che la riparazione di un pavimento in sampietrino determina necessariamente un minuscolo dislivello tecnicamente ineliminabile che non può certamente costituire un’insidia rilevante ex artt. 2051 o 2043 c.c., stante an che la palese visibilità dei luoghi in ragione dei molteplici punti luce.
Ha poi dedotto che vi sarebbe una responsabilità esclusiva/corresponsabilità della signora
nella causazione dell’evento dannoso in quanto con un minimo di dovuta attenzione ed alzando i piedi il minimo necessario tale lieve dislivello non avrebbe comportato alcun pericolo, per cui la ricorrente avrebbe agito con incuria, in violazione delle norme di ordinaria prudenza, in quanto la presenza dell’avvallamento era ben trovandosi su un piano di calpestio pari a circa cm 60 x 60 e di materiale diverso rispetto al manto stradale in porfido.
Secondo la prospettazione del pertanto, nonostante la strada fosse illuminata da diversi lampioni la ed il marito verosimilmente erano distratti guardando altrove, ad esempio, i negozi, senza accorgersi del lieve avvallamento.
Il convenuto ha infine contestato anche la quantificazione dei danni, comprese le spese per la consulenza di parte in quanto ritenuta superflua e mancante della prova del relativo pagamento.
3. La ricorrente nelle memorie depositate ex art. 281 duodecies comma 4 c.p.c. ha specificamente contestato tali asserzioni, prospettando che:
– secondo il ctu nominato in fase di ATP il danno riportato dalla paziente sarebbe perfettamente compatibile con lo stato dei luoghi e le tempistiche descritte;
– nel verbale di RAGIONE_SOCIALE n. NUMERO_DOCUMENTO predisposto in occasione del suo accesso è specificatamente indicato il luogo di causazione dell’evento, ovvero Senigallia INDIRIZZO
4. La causa è stata istruita con l’acquisizione della perizia medico legale redatta in fase di consulenza tecnica preventiva ex art. 696 bis c.p.c. e con l’assunzione di prove testimoniali.
Nel corso del procedimento il giudice ha formulato alle parti una proposta ex art. 185 bis c.p.c., che è stata accettata dalla ricorrente mentre non è stata condivisa dal convenuto.
I difensori hanno precisato le conclusioni e discusso oralmente ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c. all’udienza del 19.6.2025 , all’esito della quale la causa è stata trattenuta in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
5. Il ricorso proposto dalla signora merita un parziale accoglimento.
5.1. Con riferimento all’ an debeatur si osserva quanto segue.
La ricorrente ha agito in giudizio ai sensi dell’art. 2051 c.c. prospettando che la caduta a terra e le conseguenti lesioni fisiche dalla stessa riportate siano da considerarsi in diretto nesso causale con una disconnessione della pavimentazione stradale posta in prossimità dei numeri civici 2/4 di INDIRIZZO sita nel centro storico della città di Senigallia.
In particolare ha lamentato la mancata manutenzione da parte del ente proprietario e custode della strada e, in ogni caso, l’assenza di segnalazioni circa l’esistenza del dislivello che si era creato tra l’originaria pavimentazione in sampietrini e l’asfalto che era stato presumibilmente apposto dopo un intervento di riparazione di una precedente buca.
5.2. Giova premettere che, per consolidato orientamento della Corte di Cassazione, l’art. 2051 c.c. configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva che prescinde da qualunque connotato di colpa.
Tale qualificazione ha ricevuto una definitiva conferma da parte delle Sezioni Unite che, con la decisione n. 20943 del 30.6.2022, dopo aver diacronicamente ripercorso le tappe segnate dalla giurisprudenza della Suprema Corte, hanno ribadito che ‘ La responsabilità di cui all’art. 2051 c.c., ha carattere oggettivo, e non presunto, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre sul custode grava l’onere della prova liberatoria del caso fortuito, senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode ‘.
Tale pronuncia è stata successivamente ripresa dalla Corte di Cassazione, che ha messo in evidenza come ‘ all’affermazione di tale principio di carattere generale (punto 9 della decisione), le Sezioni Unite hanno poi fatto seguire ulteriori, altrettanto generali precisazioni, così sintetizzabili (punti 8.4. e ss. della sentenza 20943/2022):
a) ‘l’art. 2051 c.c., nel qualificare responsabile chi ha in custodia la cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione della responsabilità che prescinde da qualunque connotato di colpa, sicché incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima’;
b) ‘la deduzione di omissioni, violazioni di obblighi di legge di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode rileva ai fini della sola fattispecie dell’art. 2043 c.c., salvo che la deduzione non sia diretta soltanto a dimostrare lo stato della cosa e la sua capacità di recare danno, a sostenere allegazione e prova del rapporto causale tra quella e l’evento dannoso’;
c) ‘il caso fortuito, rappresentato da fatto naturale o del terzo, è connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, da intendersi però da un punto di vista oggettivo e della regolarità causale (o della causalità adeguata), senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode; peraltro le modifiche improvvise della struttura della cosa incidono in rapporto alle condizioni di tempo e divengono, col trascorrere del tempo dall’accadimento che le ha causate, nuove intrinseche condizioni della cosa stessa, d i cui il custode deve rispondere’;
d) ‘il caso fortuito, rappresentato dalla condotta del danneggiato, è connotato dall’esclusiva efficienza causale nella produzione dell’evento; a tal fine, la condotta del danneggiato che entri in interazione con la cosa si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione anche ufficiosa dell’art. 1227 c.c., comma 1; e deve essere valutata tenendo anche conto del dovere generale di ragionevole cautela riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’ art. 2 Cost.’;
e) ‘quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte dello stesso danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso,
quando lo stesso comportamento, benché astrattamente prevedibile, sia da escludere come evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale’ (cfr. Cass. n. 11152 del 27.04.2023).
I principi appena evocati, dunque, sanciscono in via definitiva l’attuale statuto della responsabilità del custode, il cui fondamento riposa su elementi di fatto individuati tanto in positivo – la dimostrazione che il danno è in nesso di derivazione causale con la cosa custodita (la sequenza è quella che muove dall’accertamento di un danno giuridicamente rilevante per risalire alla sussistenza di una relazione causale tra l’evento dannoso e la cosa custodita e si chiude con l’imputazione in capo al custode dell’obbligazione risarcitoria, dalla quale il custode si libera giusto il disposto dell’art. 2051 c.c., provando il caso fortuito) – quanto in negativo (l’inaccettabilità di una mera presunzione di colpa in capo al custode e l’irrilevanza della prova di una sua condotta diligente).
La Corte di Cassazione, inoltre, nella sentenza da ultimo citata ha ulteriormente precisato che ‘ il caso fortuito appartiene alla categoria dei fatti giuridici e si pone in relazione causale diretta, immediata ed esclusiva con la res, senza intermediazione di alcun elemento soggettivo; mentre la condotta del terzo e la condotta del danneggiato rilevano come atto giuridico caratterizzato dalla colpa (art. 1227, comma 1), con rilevanza causale esclusiva o concorrente (sul concorso tra causa umana e causa naturale, Cass. n. 21619/2007), intesa, nella specie, come caratterizzazione di una condotta oggettivamente imprevedibile ed oggettivamente imprevedibile da parte del custode.
VI. Va ancora osservato, in proposito, che sia il fatto (fortuito) che l’atto (del terzo o del danneggiato) si pongono in relazione causale con l’evento di danno non nel senso della (impropriamente definita) “interruzione del nesso tra cosa e danno”, bensì alla luce del principio disciplinato dall’art. 41 c.p., che relega al rango di mera occasione la relazione con la res, deprivata della sua efficienza di causalità materiale, senza peraltro cancellarne l’efficienza causale sul piano strettamente naturalistico. Ciò tanto nell’ipotesi di efficacia causale assorbente, quanto di causalità concorrente di tali condotte, poiché, senza la preesistenza e la specifica caratterizzazione della res, il danno non si verificherebbe (esemplificando: una strada perfettamente asfaltata e senza buche non sarà in relazione causale, se non naturalistica, con il danno subito dal pedone che inciampa nei suoi piedi )’
L’inquadramento nell’ambito della suddetta norma comporta, quindi, precise conseguenze in tema di onere probatorio gravante sulle parti. Più esattamente: spetta all’attore la prova della derivazione del danno dalla cosa, nonché quello dell’esistenza di un rapporto di custodia tra il convenuto e la cosa stessa; solamente ove sia assolto dal danneggiato tale onere della prova, spetterà poi al convenuto la prova liberatoria del caso fortuito, ovverosia la prova di un fattore interruttivo del nesso di causa ex art. 41 cpv. c.p. che lega la cosa al danno, non potendo, invece, dispiegare alcuna rilevanza la prova della diligenza del custode, trattandosi – come detto – di un’ipotesi di responsabilità oggettiva (Cass. nn. 2480, 2481, 2482 del 2018; Cass. n. 2488 del 2018).
Quanto, in particolare, al caso fortuito, esso si individua in quel fatto dotato dei requisiti dell’autonomia, dell’eccezionalità, dell’imprevedibilità, dell’inevitabilità, ed è perciò stesso idoneo a produrre autonomamente l’evento di danno. Esso può trovare una triplice origine: l’evento naturale, il fatto del terzo oppure la condotta del danneggiato (Cass. n. 18075 del 2018; Cass. n. 17443 del 2019).
Con specifico riferimento all’ipotesi in cui l’eventuale interruzione del nesso causale sia ascrivibile alla condotta del danneggiato, è necessario precisare che, laddove la cosa oggetto di custodia dovesse essere inerte, quale ad esempio una pavimentazione scivolosa o irregolare che cagioni la caduta del soggetto che la percorre, il danno si verifica proprio con la necessaria interazione della condotta umana, indispensabile per la produzione dell’evento. Pertanto, il concorso della condotta del danneggiato nella causazione dell’evento è elemento che necessariamente interviene nella serie causale che porta alla verificazione dell’evento di danno. E’ necessario però distinguere due ipotesi: da un lato, può sussistere il nesso causale tra la cosa inerte e l’evento dannoso, in quanto la cosa in custodia, pur nell’interazione con la condotta umana (cd. fortuito concorrente), ha avuto una qualificata capacità eziologica rispetto all’evento nella sua specificità; dall’altro lato, la cosa in custodia può costituire una mera occasione della verificazione dell’evento di danno rispetto al quale la condotta colposa della vittima riveste efficacia esclusiva in termini causali.
In tale ultimo caso ricorre il cd. fortuito incidente (Cass. n. 24513 del 2014; Cass. n. 21727 del 2012), la cui integrazione può essere valutata anche officiosamente in applicazione dell’art. 1227, comma 1 c.c. (Cass. n. 26524 del 2020; Cass. n. 2480 del 2018).
Per poter ritenere interrotto il nesso causale la giurisprudenza maggioritaria ritiene che, oltre alla prova della colpa del danneggiato, è necessario che venga allegata e provata l’imprevedibilità e inevitabilità della condotta colposa del danneggiato da parte del custode (Cass. n. 25837 del 2017; Cass. n. 26254 del 2020; n. 18100 del 2020).
E’ bene evidenziare che tali valutazioni muovono sempre sul piano oggettivo, non invece su quello soggettivo, dal momento che sono finalizzate ad accertare l’eccezionalità del fattore esterno e la conseguente interruzione del nesso causale, non invece l’eventuale colpa del custode. La condotta colposa del danneggiato è imprevedibile allorché, secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, essa costituisca un’evenienza non ragionevole o accettabile e, quindi, possa ritenersi eccezionale, inconsueta, inattesa da una persona sensata, in applicazione del criterio della causalità adeguata (Cass. n. 17443 del 2019; Cass. n. 9315 del 2019).
Il giudizio di imprevedibilità deve svolgersi considerando la prospettiva del custode, accertando se, secondo una prognosi postuma, era prevedibile vagliando le peculiarità del caso concreto ed ex ante da parte di quest’ultimo la condotta colposa tenuta dal danneggiato.
D’altro canto, però, è evidente che l’abnormità della condotta del danneggiato esclude la sua prevedibilità da parte del custode (Cass. n. 2481 del 2018; n. 18100 del 2020).
Si pensi ad esempio ad una cosa obiettivamente pericolosa, la cui pericolosità è soggettivamente percepibile.
In questi casi è possibile esigere un comportamento particolarmente accorto da parte della vittima conformemente al principio secondo cui la cautela richiesta è direttamente proporzionale al grado di (percepita) pericolosità della cosa. Nel caso in cui il danneggiato non adotti alcuna cautela e accortezza, il suo comportamento imprudente potrà dirsi abnorme e, quindi, oggettivamente imprevedibile da parte del custode (Cass. n. 29465 del 2020).
Utile criterio per l’accertamento della prevedibilità da parte del custode del caso fortuito (inteso sia come fatto del terzo, sia come evento naturale, sia, infine, come condotta colposa del danneggiato) è la sua prevedibilità/evitabilità da parte di quest’ultimo. La non evitabilità del fattore che si innesta nel decorso causale può, infatti, evidentemente derivare da una sua non prevedibilità in concreto da parte del custode.
Conseguentemente, qualora ricorrano i presupposti sopra indicati, ovverosia il carattere colposo della condotta tenuta dal danneggiato e l’imprevedibilità/inevitabilità di tale condotta da parte
del custode, si assiste ad un’ipotesi di fortuito incidente che determina l’interruzione del nesso causale tra cosa in custodia ed evento dannoso.
Diverso è il caso del fortuito concorrente.
Trattasi di un’ipotesi in cui persiste il nesso causale tra la cosa e l’evento dannoso, poiché la cosa oggetto di custodia, pur nell’interazione con la condotta umana, ha avuto una qualificata capacità eziologica rispetto all’evento nella sua specificità. Il fatto del danneggiato dunque, pur non presentando un’efficacia causale tale da interrompere del tutto il nesso eziologico tra la cosa e l’evento dannoso, si affianca ad esso come ulteriore contributo utile nella produzione del danno. In merito a detto contributo causale, cui si applicano i medesimi parametri poc’anzi individuati della imprevedibilità e inevitabilità della condotta del danneggiato, la Suprema Corte ha precisato quanto segue.
” Se il comportamento colposo del danneggiato nella fattispecie concreta non è idoneo da solo ad interrompere il nesso eziologico tra la causa del danno, costituita dalla cosa in custodia, ed il danno, esso può anche integrare il concorso colposo del danneggiato nella produzione del danno ai fini dell’art. 1227 c.c., comma 1. Non si può, cioè, sostenere che detto comportamento colposo del danneggiato, integrante fortuito, è rilevante nella fattispecie solo se raggiunge un grado tale da costituire causa esclusiva del danno stesso.
Potrebbe, infatti, in concreto, limitarsi ad un livello, per così dire, più basso, integrando in questo caso il fatto colposo concorrente del danneggiato nella produzione dell’evento dannoso (artt. 1227 e 2056 c.c.). Non vi è ragione in questa ipotesi di escludere, con riferimento all’art. 2051 c.c., l’applicabilità dell’art. 1227 c.c., comma 1.
L’art. 1227 c.c., comma 1, a norma del quale, quando vi è concorso di colpa del danneggiato, la responsabilità del danneggiante è diminuita secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate, sì applica anche nei casi di responsabilità oggettiva del custode perché è espressione del principio che esclude la possibilità di considerare danno risarcibile quello che ciascuno procura a se stesso. (Cass. 20/07/2002, n. 10641; Cass. 26 aprile 1994, n. 3957; Cass. 7 giugno 2000, n. 7727) ” (in questi termini Cass. n. 6529/2011).
5.3 Tanto premesso in diritto, possono svolgersi le seguenti considerazioni nella fattispecie concreta.
Come anticipato, spettava anzitutto alla ricorrente provare il nesso di causa tra la cosa in custodia e l’evento dannoso allegato. Il Tribunale ritiene che la signora abbia fornito la prova
dell’esistenza di un effettivo rapporto di custodia tra il convenuto e la cosa e della derivazione del danno dalla cosa in custodia stessa.
Infatti, le prove orali acquisite nel corso del presente giudizio e la ctu disposta nel procedimento ex art. 696 bis c.p.c. sono elementi ampiamente sufficienti a fornire la suddetta prova.
A ll’udienza del 22.4.2025, è stato sentito il testimone il quale ha riferito: ‘ cap. 1) Si è vero. Lavoro nel bar di fronte al luogo in cui la sig.ra è caduta ed in quel momento stavo nella pedana esterna del locale in cui ci sono i tavoli. Ho assistito al fatto e sono intervenuto a prestare soccorso. Non conoscevo la
NOME: La sig.ra portava un paio di scarpe basse, tipo ballerina. cap. 2) Si è vero. Per sconnessione intende dei sampietrini mancanti; pertanto c’era una buca,
che non era segnalata.
cap. 3) Si è vero.
NOME In quel momento ho visto che c’era solo quella buca.
cap. 4) Si è vero.
NOME Ho visto la sig.ra cadere lungo quel tratto; intorno c’era altra gente.
NOME Tra me e la sig.ra c’erano circa un paio di metri e passavano altre persone.
cap. 8) Si è vero. Riconosco la buca dalle fotografie che mi si mostrano. La buca era così prima ancora del passaggio della
NOME: La buca non era segnalata.
NOME: Confermo che è intervento il 118 ‘.
Trattasi di testimone assolutamente attendibile in quanto oltre ad aver personalmente assistito alla caduta non ha alcun tipo di legame con la ricorrente.
Nel corso della stessa udienza, poi, sono stati escussi anche i testi e
rispettivamente marito e figlio della ricorrente.
Il primo ha dichiarato: ‘ cap. 1) Si è vero. Ero insieme a mia moglie , le camminavo a fianco.
NOME Mia moglie portava un paio di scarpe basse, chiuse, di tela tipo scarpe da tennis.
cap. 2) Si è vero, all’improvviso mia moglie è caduta mentre stavamo passeggiando. Mi sono accorto della buca mentre la stavo soccorrendo. Mentre cercavo di rialzarla da terra ho visto che sotto di lei c’era una buca nella pavimentazione con delle sconness ioni.
NOME: La pavimentazione era in sampietrini. La buca non era segnalata.
cap. 3) Si è vero.
NOME In quel luogo ci siamo passati altre volte. Io sono nativo di Senigallia.
cap. 4) Si è vero, c’erano diverse persone lungo la via, sia davanti che dietro di noi.
NOME Il luogo in cui mia moglie è caduta è vicino ad un bar, dista circa dieci metri. Il bar è nella piazzetta sul lato sinistro, noi camminavamo lungo INDIRIZZO
cap. 8) Si è vero le fotografie che mi si mostrano raffigurano la buca; le ho fatte io il giorno dopo il sinistro ‘ .
Il secondo ha riferito: ‘ cap. 8) Si è vero. Non ho assistito alla dinamica del sinistro. Sono andato il giorno dopo insieme a mio padre a fare le foto dei luoghi. E’ stato lui ad indicarmi il punto della caduta ed a scattare le fotografie ‘.
e dunque, hanno personalmente assistito al momento della caduta ed hanno confermato che il giorno in cui si è verificato l’evento dannoso, in prossimità dei numeri civici 2/INDIRIZZO di INDIRIZZO sita nel centro storico della città di Senigallia, la pavimentazione in sampietrini era irregolare, presentando una disconnessione non segnalata come verificabile dalle foto allegate al ricorso (doc. 2).
Entrambi i testimoni, inoltre, hanno inoltre aggiunto che la ricorrente al momento del sinistro indossava una paio di scarpe basse.
Va poi evidenziato che il ctu ha riscontrato la compatibilità tra le lesioni riportate dall’attrice e la caduta provocata dalla disconnessione della pavimentazione.
La signora dunque, è caduta a terra a causa del predetto avvallamento presente sul manto stradale, riportando i danni oggetto della pretesa risarcitoria azionata in questa sede.
Essendosi prodotto il danno quale naturale conseguenza della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa in custodia, risulta pertanto provato il nesso di causalità materiale tra la cosa in custodia e l’incidente di cui è causa.
5.4 Ciò tuttavia non può prescindere dall’analisi in concreto della condotta tenuta dalla ricorrente. Ritiene infatti il Tribunale che l’incidente si sia verificato anche per l’effetto del concorso causale della condotta colposa tenuta dalla signora che, se fosse stata più attenta e prudente, avrebbe potuto evitare la caduta.
Giova infatti evidenziare che l’avvallamento è collocato su di un piano di calpestio pari a circa cm 60 x 60 e di materiale diverso rispetto al manto stradale in porfido, peraltro situato lungo una via che appare essere ben nota alla ricorrente.
Va infatti evidenziato che il marito della ricorrente ha riferito che la stessa aveva già percorso quel medesimo tratto di strada altre volte (‘ Adr: In quel luogo ci siamo passati altre volte) e che, come emerso dalla deposizione del teste tale disconnessione della pavimentazione era presente già prima del giorno in cui si è verificato il sinistro ( Si è vero. Riconosco la buca dalle fotografie che mi si mostrano. La buca era così prima ancora del passaggio della ).
Peraltro l’incidente pur essendosi verificato in una fascia oraria notturna (verso le ore 23:30) è avvenuto in una strada illuminata da lampioni che garantiscono certamente una buona visibilità (cfr. foto allegata alla comparsa di risposta di parte convenuta).
A tal proposito, va osservato che parte attrice con la prima memoria ex art. 281 duodecies, comma 4 c.p.c. ha contestato che le fotografie allegate alla comparsa di risposta avversaria rappresentassero lo stato dei luoghi al momento del verificarsi dell’episodio lesivo, non riportando le stesse alcun elemento oggettivo (data, ora, autore, etc.) e aggiungendo che probabilmente erano state scattate in epoca successiva con la nuova illuminazione e in un momento in cui la strada era deserta.
Trattasi, tuttavia, di contestazione eccessivamente generica e sfornita di qualsiasi supporto istruttorio con riferimento all’installazione di una nuova illuminazione in epoca successiva al sinistro.
Del resto, neppure può assumere rilievo determinante la mera circostanza che lungo la via transitassero altre persone. Dalle deposizioni testimoniali (teste ‘ Adr: Ho visto la sig.ra cadere lungo quel tratto; intorno c’era altra gente. Adr.: Tra me e la sig.ra c’erano circa un paio di metri e passavano altre persone ‘; teste ‘ cap. 4) Si è vero, c’erano diverse persone lungo la via, sia davanti che dietro di noi ‘) non emerge infatti alcun assembramento tale da poter impedire la visibilità della strada e dunque dell’avvallamento in questione.
Come anticipato, a fronte di una cosa in custodia connotata da pericolosità manifesta e visibile seppur contenuta – come nel caso in esame, l’utente deve rispettare il minimale e generale obbligo di prudenza e diligenza, che consiste nel guardare attentamente dove posa i piedi, così da evitare eventuali pericoli derivanti da possibili irregolarità sulla sede stradale.
L’apparente prevedibilità ed evitabilità dell’insidia sulla base dell’ordinaria diligenza consentono di affermare che sebbene la condotta dalla danneggiata non sia idonea da sola ad interrompere il nesso eziologico tra la causa del danno, costituita dalla cosa in custodia, ed il danno stesso,
tuttavia si configura quale concorso colposo del danneggiato nella produzione del danno, rilevante nella fattispecie nella misura di 1/3.
6. A questo punto vanno individuate le voci di danno risarcibile per poi provvedere alla liquidazione.
6.1 Parte attrice ha domandato il risarcimento del danno non patrimoniale patito a seguito della caduta.
Le condizioni della signora ono state oggetto di apposita ctu medico legale nell’ambito del procedimento ex art. 696 bis c.p.c. nella quale l’esperto nominato ha rilevato una ‘ una ipovalidità di grado lievemoderato dell’avampiede dx. condizionato dagli esiti fratturativi del 4° metatarso (artralgia, ipoescursione distrettuale, difetto deambulatorio) ai quali si associa, quale difetto secondario interessante prossimalmente caviglia-retropiede omolaterale, una sindrome del seno tarsale. Tale infermità trova, per riferimento diretto, riscontro nella voce tabellare Esiti dl frattura del II o III o IV metatarso di cui al DM 3.7.2003, utilizzato come impianto valutativo, dovendosi attribuire il valore tabellare massimo e dovendosi ancora separatamente valutare l’interessamento lesivo reattivo del seno tarsale ‘
Il perito ha riconosciuto un inabilità biologica temporanea dal 3.7.2020 al 14.9.2020 per ‘ complessivi 73 giorni, così da interpretare e riassumere in termini di:
– 31 giorni di inabilità parziale al 75% (fino 3.8.2020)
– 17 giorni di inabilità parziale al 50% (fino 20.8.2020)
– 25 giorni (non 35 come indicato dal ctu nella perizia per mero errore di calcolo) di inabilità parziale al 25%.
La compromissione dell’integrità biologica è stata invece ravvisata nella misura del 3%.
La stima compiuta dal ctu è assolutamente condivisibile e non è stata neppure oggetto di osservazioni da parte dei consulenti di parte.
L’esperto si è basato su parametri esclusivamente oggettivi ed ha depositato una relazione esaustiva e lineare, fornendo una risposta al quesito completa in tutti gli aspetti. Non vi sono peraltro tautologie o considerazioni assiomatiche, ma le conclusioni rassegnate rappresentano la logica conseguenza del percorso argomentativo svolto ed adeguatamente motivato.
6.2 Alla luce delle risultanze della ctu, tenuto conto dell’età della danneggiata all’epoca del sinistro (63 anni), in applicazione delle Tabelle di Milano a va liquidato l’importo complessivo di euro 7.615,00 (euro 3.245,00 per invalidità permanente; euro 2.673,75
per inabilità temporanea parziale al 75%; euro 977,50 per inabilità temporanea parziale al 50%; euro 718,75 per inabilità temporanea parziale al 25%).
6.2 ha poi chiesto un aumento del danno biologico a titolo di personalizzazione in ragione della maggiore usura lavorativa.
Non c’è dubbio che un evento lesivo può incidere in vari modi sull’attività di lavoro dell’infortunato. Tra le possibili conseguenze si può dare il caso che la vittima conservi il reddito, ma lavori con maggior usura, fatica e difficoltà. È questo il danno da lesione della cenestesi lavorativa, e cioè la compromissione della sensazione di benessere connessa allo svolgimento del proprio lavoro.
Tale danno non incide, neanche sotto il profilo delle opportunità, sul reddito della persona offesa, risolvendosi in una compromissione della sensazione di benessere inteso quale assenza di dolore, sensazione provata dal lavoratore nello svolgimento dell’attività lavorativa. Costituiscono, ad esempio, ipotesi di lesione della cenestesi lavorativa la maggiore stancabilità, la necessità per lavoratori di attingere alle c.d. energie di riserva, il maggior sforzo necessario per compiere le medesime attività svolte prima del sinistro. In tutti questi casi si verifica una limitazione dell’aspetto dinamico relazionale della persona, tanto che va liquidato come danno alla salute mediante un appesantimento del valore monetario di ciascun punto, escluso, invece, il ricorso al parametro del reddito percepito dal soggetto leso. Ha chiarito la Suprema Corte che ‘ il danno da lesione della “cenestesi lavorativa”, che consiste nella maggiore usura, fatica e difficoltà incontrate nello svolgimento dell’attività lavorativa, non incidente neanche sotto il profilo delle opportunità sul reddito della persona offesa, si risolve in una compromissione biologica dell’essenza dell’individuo e va liquidato omnicomprensivamente come danno alla salute, potendo il giudice, che abbia adottato per la liquidazione il criterio equitativo del valore differenziato del punto di invalidità, anche ricorrere ad un appesantimento del valore monetario di ciascun punto (cfr. anche Cass. Sez. 6 3, Ordinanza n. 20312 del 09/10/2015)’ (cfr. Cass. n. 17411 del 28/06/2019).
Nel caso di specie si deve considerare che la signora era già all’epoca del sinistro titolare di un negozio di vendita al dettaglio di prodotti fito-floreali che per caratteristiche intrinseche richiede certamente la perdurante posizione eretta du rante quasi tutto l’orario di lavoro (doc. 2 fascicolo ricorrente).
Il ctu non ha esaminato tale questione in quanto ‘ Era esclusa la parte di quesito riguardante la conseguente personalizzazione del danno causata dal pregiudizio esistenziale, dinamicorelazionale e da maggior usura lavorativa (c.d. cenestesi lavorativa’) della ricorrente ‘.
Meritano tuttavia di essere richiamate le deposizioni del marito e del figlio della ricorrente, i quali collaborano con la signora nello svolgimento dell’attività lavorativa e, in risposta ai capitoli di prova dal n. 10 al n. 14, hanno confermato che la ricorrente nei momenti di maggiore stanchezza si aiuta nella deambulazione con una stampella, che durante l’orario di lavoro ogni trenta minuti circa passati in posizione eretta necessita di riposo per almeno quindici minuti e che nella zona interessata dalla frattura avverte periodicamente dolore ed insofferenza soprattutto in concomitanza con i cambiamenti meteorologici.
È dunque possibile affermare che la ricorrente ha riportato delle limitazioni che incidono direttamente sullo svolgimento della predetta attività lavorativa, rendendola maggiormente difficoltosa e stancante e, pertanto, tenuto conto della percentuale di invalidità riscontrata, del tipo di attività svolta e dell’età del danneggiato, giustificano un aumento del 10% del valore monetario corrispondente alla percentuale di invalidità.
La somma liquidabile, dunque, ammonta a 324,50 euro.
6.3 Parte attrice ha poi domandato una somma a titolo di danno morale.
Tale pretesa risarcitoria, essendo priva di una specifica allegazione, non può essere accolta.
Va infatti ricordato che a partire dalla pronuncia delle Sezioni Unite n. 26972 del 11/11/2008 ai fini della risarcibilità del danno non patrimoniale è necessario: 1) che l’interesse leso, attinente a diritti inviolabili della persona, sia di rango costituzionale; 2) che sussista una lesione grave, con offesa che superi la soglia minima di tollerabilità; 3) che si tratti di danno non futile, cioè non consistente in meri disagi o fastidi; 4) che vi sia una specifica allegazione sulla natura e sulle caratteristiche del pregiudizio, non potendo mai ritenersi il danno in re ipsa .
Nel caso di specie, la signora non ha descritto di aver subito particolari pregiudizi attinenti alla dimensione morale. Nell’atto introduttivo infatti si legge soltanto che ‘ la Sig.ra
in ragione della frattura subita al metatarso non poteva più dedicarsi alle passeggiate al mare, non riusciva più a guidare se non per brevi tratti di strada, perdendo buona parte della sua autonomia negli spostamenti, nei momenti di maggiore stanchezza si aiutava nella deambulazione con una stampella, riducendo così in modo determinante la sua mobilità e la sua voglia di relazionarsi con gli altri ‘ (cfr. pagina 4).
Tali circostanze, benché confermate dai testimoni e rispettivamente marito e figlio della ricorrente (cfr. verbale del 22.4.2025), non appaiono certamente idonee a dimostrare una sofferenza interiore tale da determinare una intollerabile lesione della dignità umana e, pertanto, non possono giustificare un ristoro ulteriore rispetto a quello già riconosciuto.
Per tali ragioni, non essendo configurabile nel nostro ordinamento un danno risarcibile in re ipsa , con la conseguenza che anche il danno da sofferenza morale dovrà essere allegato specificatamente, la domanda non può essere accolta.
6.4 La ricorrente ha poi chiesto il rimborso delle varie spese mediche sostenute, ovvero (doc. 5, che contiene il doc. 3 allegato al ricorso relativo al procedimento ex art. 696 bis c.p.c.):
a) copia CD ASUR 8.7.20 € 5,00
b) Laboratorio ortopedico per , gambaletto 20.8.20 € 123,50
c) farmacia COGNOME 21.8.20 € 46.60
d) farmacia COGNOME COGNOME 22.8.20 € 24.90
e) farmacia COGNOME COGNOME 26.8.20 € 24.90
f) certificato MMG COGNOME 14.9.20 € 100,00
g) farmacia COGNOME 6.10.20 € 26,10
h) certificato MMG COGNOME 14.10.20 € 100,00
i) Relazione peritale dr. 9.12.20 € 350,00
Sul punto il ctu ha rilevato che: ‘ Le spese di cui ai punti a,b,c,d,e,f,g,h si qualificano come spese sostenute, congrue e necessarie, per attività assistenziali in diretta inerenza con il percorso di cura post-trauma della P.
La spesa di cui al punto i) si qualifica come spesa sostenuta congrua (si veda il vigente tariffario SISMLA) per attività peritale in diretta inerenza con il percorso di cura post-trauma della P.
Non sono prevedibili spese future di qualsiasi natura e genere’.
In proposito, va osservato che le spese sostenute per la consulenza tecnica di parte, che ha natura di allegazione difensiva tecnica, rientrano tra quelle che la parte vittoriosa ha diritto di vedersi rimborsate, a meno che il giudice non le ritenga eccessive o superflue (cfr. Cass. n. 26729 del 15/10/2024).
Ancora, le Sezioni Unite con la pronuncia n. 16990/2017 hanno affermato il principio secondo cui ‘ la condanna del soccombente alle spese sopportate dalla controparte non presuppone la
prova dell’avvenuto pagamento ma presuppone comunque la prova dell’effettività delle stesse, ossia che la parte vittoriosa abbia quantomeno assunto la relativa obbligazione ‘.
Ebbene, nella specie, la perizia di parte è stata espletata al fine di risolvere problemi tecnici di qualche complessità e la relativa spesa non appare né eccessiva né superflua. Peraltro, la ricorrente ha provato l’avvenuto pagamento della stessa allegand o la fattura emessa dal dott. quietanzata con la dicitura ‘ pagamento con pos ‘ (cfr. pag. 10 dell’allegato numero 3 al ricorso ex art. 696 bis c.p.c.).
Tali spese vanno pertanto tutte riconosciute per un importo complessivo pari ad euro 801,00.
7. In conclusione, poiché la responsabilità del convenuto è ravvisabile nella misura di 2/3,
a titolo di risarcimento del danno subito in occasione del sinistro per cui è causa dovrà ricevere dal di Senigallia a titolo di danno non p atrimoniale l’importo complessivo di euro 5.288 (2/3 di euro 7.939,50), somma già rivalutata, ed euro 534,00 (2/3 di euro 801,00) a titolo di danno patrimoniale oltre rivalutazione monetaria dalla data delle fatture alla pubblicazione della sentenza.
Su tali importi vanno aggiunti gli interessi legali dalla data della liquidazione al saldo.
Va in proposito richiamato l’insegnamento della Suprema Corte che ha precisato come ‘ l’obbligazione di risarcimento del danno configura un debito di valore, sicché, qualora si provveda all’integrale rivalutazione del credito relativo al maggior danno fino alla data della liquidazione, secondo gli indici di deprezzamento della moneta, gli interessi legali sulla somma rivalutata dovranno essere calcolati dalla data della liquidazione, poiché altrimenti si produrrebbe l’effetto di far conseguire al creditore più di quanto lo stesso avrebbe ottenuto in caso di tempestivo adempimento della obbli gazione’ (cfr. Cass. n. 7948 del 20/04/2020).
Non possono essere riconosciuti gli interessi c.d. compensativi, la cui liquidazione, nei debiti di valore, ‘ non è automatica, né presunta iuris et de iure, occorrendo che il danneggiato provi, anche in via presuntiva, il mancato guadagno derivatogli dal ritardato pagamento, analogamente a quanto richiesto, sul piano probatorio, per la dimostrazione del maggior danno nelle obbligazioni di valuta, ma secondo criteri differenti’ (cfr. Cass. S.U. n. 16990 del 10.7.2017; v. anche Cass. n. 18564 del 13.7.2018).
Nel caso in esame l’attrice non ha provato che la somma rivalutata sia inferiore a quella di cui ella avrebbero disposto, alla stessa data della sentenza, se il pagamento della somma originariamente dovuta fosse stato tempestivo.
8. Le spese di lite tenuto conto del valore della controversia ed applicando i parametri medi di cui al D.M. 55/2014 vengono liquidate in complessivi euro 5.077,00 (euro 919,00 per la fase di studio, euro 777,00 per la fase introduttiva, euro 1.680,00 per la fase istruttoria ed euro 1.701,00 per la fase decisionale).
Il riconoscimento di un concorso di colpa, tuttavia, ne giustifica una compensazione limitatamente alla quota di responsabilità della ricorrente, sicché il convenuto dovrà corrispondere alla signora la somma di euro 3.401,59, pari ai 2/3 di 5.077 euro.
Anche le spese processuali relative al procedimento ex art. 696 bis c.p.c. seguiranno tale regolamentazione.
La ricorrente ha infatti dimostrato di aver corrisposto 145,50 euro a titolo di contributo unificato e 1.237,18 euro relativi alla liquidazione del ctu (doc. 4, 6 e 7 fascicolo ricorrente).
Il compenso del difensore, invece, ammonta a 2.225 euro, come correttamente prospettato dall’avv. COGNOME nel ricorso.
9. Non sussistono i presupposti per applicare l’art. 96 comma 3 c.p.c..
Trattasi, infatti, di istituto che postula la totale soccombenza della parte nei cui confronti sia stata formulata la relativa domanda di risarcimento, con la conseguenza che non può essere applicato qualora vi sia stata una soccombenza reciproca.
A tal proposito la Corte di Cassazione ha chiarito che ‘ secondo principio incontrastato nella giurisprudenza di questa Corte la responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. integra una particolare forma di responsabilità processuale a carico della parte soccombente che abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, sicché non può farsi luogo all’applicazione della norma nel caso di soccombenza reciproca (Cass. 13/10/2017, n. 24158) ‘ (cfr. Cass. 14147 del 2024).
Nel caso di specie, dunque, sebbene il abbia rifiutato la proposta conciliativa per una differenza esigua tra l’importo indicato dal Tribunale e quello prospettato dal convenuto, il riconoscimento di un concorso di colpa preclude l’utilizzo di tale istituto.
P.Q.M.
Il Tribunale di Ancona, definitivamente pronunciando, così provvede:
condanna il a corrispondere a a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, l’importo complessivo di euro 5.288,00 oltre interessi legali dalla data della pronuncia al saldo;
condanna il a corrispondere a a titolo di risarcimento del danno patrimoniale, l’importo complessivo di euro 534,00, oltre rivalutazione monetaria dalla data delle fatture alla pubblicazione della sentenza ed interessi legali dalla data della pronuncia al saldo;
condanna il al pagamento in favore della ricorrente delle spese di lite relative al procedimento ex art. 696 bis c.p.c. che si liquidano in euro 97,485 per anticipazioni, 1.490,75 euro a titolo di compenso professionale oltre rimborso forfettario spese generali ed accessori come per legge e 828,9 euro per compenso ctu oltre accessori;
condanna il al pagamento in favore della ricorrente delle spese di lite del presente giudizio che si liquidano in complessivi euro 176,88 per anticipazioni ed euro 3.401,59 a titolo di compenso professionale, oltre rimborso forfettario spese generali ed accessori come per legge.
Si comunichi.
Ancona, 1 luglio 2025
Il Giudice dott. NOME COGNOME
Provvedimento redatto con la collaborazione del magistrato ordinario in tirocinio dott.ssa NOME COGNOME