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Mansioni superiori: quando spetta la retribuzione

Il Tribunale di Ancona, Sez. Lavoro, con sentenza del 04/07/2025 nel caso n. 1201/2023, ha riconosciuto il diritto di un lavoratore al pagamento delle differenze retributive per lo svolgimento di mansioni superiori. A seguito di una precedente pronuncia non definitiva, il giudice ha condannato la parte datoriale a versare la somma lorda di € 8.208,48, oltre interessi e rivalutazione. Le spese legali sono state compensate per 2/3 dato l’accoglimento solo parziale della domanda iniziale.

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Pubblicato il 6 luglio 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Svolgere mansioni superiori rispetto al proprio inquadramento contrattuale è una situazione comune nel mondo del lavoro. Ma quali sono i diritti del lavoratore in questi casi? Una recente sentenza del Tribunale di Ancona (sentenza del 04/07/2025, causa n. 1201/2023) offre un chiaro esempio pratico, stabilendo il diritto a ricevere le differenze retributive e delineando il percorso per ottenerle. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I fatti di causa

Un lavoratore ha citato in giudizio la propria azienda, sostenendo di aver svolto per un lungo periodo (da novembre 2019 a dicembre 2021) compiti appartenenti a un livello di inquadramento superiore a quello risultante dal suo contratto.
Il Tribunale, in una prima fase, aveva già emesso una sentenza non definitiva (n. 334/2025) con cui accertava il diritto del ricorrente al riconoscimento del livello superiore per il periodo indicato.
La causa è quindi proseguita per la quantificazione esatta delle somme dovute. La parte datoriale ha depositato i conteggi relativi alle differenze retributive, mentre entrambe le parti si sono riservate la facoltà di appellare la prima sentenza. Il giudizio si è concluso con lo scambio di note scritte, come previsto dall’art. 127 ter c.p.c., portando alla pronuncia definitiva.

La decisione del Tribunale sul diritto alle mansioni superiori

Con la sentenza definitiva, il Giudice del Lavoro del Tribunale di Ancona ha messo un punto fermo sulla vicenda, accogliendo parzialmente il ricorso e traducendo il diritto precedentemente accertato in una condanna economica precisa.

Il Tribunale ha ordinato alla società resistente di pagare al lavoratore la somma lorda di 8.208,48 Euro. Questo importo rappresenta le differenze retributive maturate per lo svolgimento delle mansioni di livello superiore.

Inoltre, in applicazione dell’art. 429 del codice di procedura civile, specifico per i crediti di lavoro, il giudice ha stabilito che su tale somma sono dovuti anche la rivalutazione monetaria e gli interessi legali, calcolati sulla somma via via rivalutata annualmente fino al saldo effettivo.

Per quanto riguarda le spese legali, il giudice ha optato per una compensazione parziale, tenendo conto che la domanda del lavoratore era stata accolta solo in parte. Di conseguenza, ha compensato i 2/3 delle spese tra le parti e ha condannato l’azienda a rimborsare al lavoratore il restante terzo, quantificato in un importo specifico per compensi e spese vive, oltre agli oneri accessori di legge.

Le motivazioni

La decisione del giudice si fonda su un percorso logico e giuridico ben definito. La condanna al pagamento non è altro che la conseguenza diretta della precedente sentenza non definitiva, che aveva già risolto la questione principale: l’effettivo svolgimento delle mansioni superiori. Una volta stabilito il ‘se’ (il diritto), il giudizio finale si è concentrato sul ‘quanto’ (l’importo). Le motivazioni della condanna economica risiedono quindi nei conteggi depositati e ritenuti corretti alla luce del diritto già riconosciuto. La scelta di compensare parzialmente le spese legali è motivata dal fatto che la pretesa iniziale del lavoratore non è stata accolta nella sua interezza, applicando un principio di equità e proporzionalità rispetto all’esito finale del giudizio.

Le conclusioni

Questa sentenza offre importanti spunti pratici. In primo luogo, ribadisce un principio fondamentale del diritto del lavoro: lo svolgimento di fatto di mansioni superiori, se provato e protratto nel tempo, genera il diritto a una retribuzione corrispondente. In secondo luogo, illustra l’iter processuale che spesso caratterizza queste vertenze, con una prima fase dedicata all’accertamento del diritto e una seconda alla sua liquidazione economica. Infine, la decisione sulle spese legali evidenzia come l’esito del processo, anche se parzialmente favorevole, possa determinare una ripartizione dei costi basata sul principio della soccombenza, tutelando la parte che, pur non vedendo accolte tutte le sue richieste, ha comunque ottenuto il riconoscimento di un suo diritto fondamentale.

Quando ho diritto a una retribuzione più alta se svolgo compiti più importanti?
Quando svolgi mansioni appartenenti a un livello contrattuale superiore a quello per cui sei stato assunto per un periodo di tempo rilevante, la legge ti riconosce il diritto a percepire la retribuzione corrispondente a quel livello superiore. Questo caso conferma che tale diritto può essere fatto valere in tribunale.
Cosa succede se il mio datore di lavoro non mi paga le differenze per le mansioni superiori?
Puoi avviare una causa legale. Come dimostra questa sentenza, un giudice può condannare il datore di lavoro a versare tutte le differenze retributive lorde maturate, maggiorate di rivalutazione monetaria per proteggere il credito dall’inflazione e degli interessi legali per il ritardato pagamento.

Se vinco la causa solo in parte, devo pagare tutte le spese legali?
Non necessariamente. Il giudice valuta l’esito complessivo della lite. In questo caso, poiché la richiesta del lavoratore è stata accolta solo in parte, il giudice ha deciso di ‘compensare’ per 2/3 le spese, condannando il datore di lavoro a pagare solo il restante terzo. Questo significa che la parte che vince parzialmente può comunque recuperare una porzione delle spese sostenute.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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