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Lavoro irregolare, ordinanza-ingiunzione DTL

La sentenza analizza la legittimità di un’ordinanza-ingiunzione in materia di lavoro irregolare, valutando la sussistenza del vincolo di subordinazione, la corretta notifica del verbale di accertamento e la prescrizione. Inoltre, si esamina la motivazione del provvedimento, l’elemento soggettivo dell’illecito e la quantificazione della sanzione amministrativa.

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Pubblicato il 30 aprile 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Corte D’Appello di Lecce Prima Sezione Civile La Corte di Appello riunita in camera di consiglio nella seguente composizione dr.

NOME COGNOME presidente dr. NOME COGNOME consigliere dr. NOME COGNOME consigliere est. ha emesso la seguente

SENTENZA N._117_2025_- N._R.G._00000499_2024 DEL_03_04_2025 PUBBLICATA_IL_03_04_2025

nella causa civile in grado di appello iscritta al n° 499 del ruolo generale delle cause dell’anno 2024 TRA , (c.f. rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME come da mandato in atti APPELLANTE (c.f. in persona del Direttore in carica p.t., rappresentato e difeso ex lege, dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Lecce;

APPELLATO A seguito di discussione orale disposta con decreto del 24.10.2024, le parti hanno concluso come da verbale d’udienza a cui si fa espressamente rinvio.

FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

RAGIONE_SOCIALE. vicenda che ha dato origine alla lite è stata così narrata nella sentenza impugnata:

“Con ricorso iscritto il 16 luglio 2014, proponeva motivata opposizione ex art. 22 l. n. 689/1981 e art. 6 d.lgs. n. 150/2011 avverso ordinanzaingiunzione n. 267/2014 prot. n. 18570 emessa dall’ 10/6/2014, con cui, richiamando il rapporto n. 339 del 13/10/2011, redatto dall’Ispettore del Lavoro , ritenuta accertata la violazione:

a) dell’art. 36 bis, comma 7, del d.l. 4 luglio 2006 n. 223, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006 n. 248, ovverosia impiego di lavoratori (nello specifico sig.ri ) non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria;

b) dell’art. 4 bis, comma 2, del d.l. 21 aprile 2000 n. 181, come modificato dal d.lgs. 19 dicembre 2002, n. 297, ovverosia per aver omesso di consegnare ai lavoratori di cui alla lett. a), all’atto di assunzione, una dichiarazione sottoscritta contenente i dati del contratto;

c) degli artt. 1 e 3 della L. 5 gennaio 1953, n. 4, ovverosia per aver consegnato ai lavoratori di cui alla lett. a) prospetti paga riportanti inesatte registrazioni relativamente alle ore di lavoro effettivamente svolte;

ritenuta, invece, inesistente la violazione dell’art. 25 del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, (ovverosia omesse registrazioni sul registro delle presenze relativamente ai lavoratori di cui alla lett. a), era stata comminata la sanzione amministrativa pecuniaria di € 92.381,12, comprensiva di € 31,12 per spese di procedura;

nella specie l’istante formulava i seguenti motivi di ricorso:

1) nullità della ordinanza- ingiunzione opposta non essendo il verbale di contestazione della DPL (ora ) stato notificato a lui in proprio, bensì solo nei confronti di “ presso la sede sociale e a sé, all’indirizzo di residenza, in veste di legale-rappresentante;

2) nullità della ordinanza-ingiunzione opposta per estinzione dell’obbligazione sanzionatoria, in quanto la notifica del verbale di contestazione sarebbe avvenuta oltre il termine di novanta giorni prescritto dall’art. 14, d.lgs. 689/1981;

3) intervenuta prescrizione quinquennale dell’azione di cui all’art. 28 l. 689/1981;

4) carenza di ’art. 18 della Legge n. 689/1981;

5) violazione dell’art. 6 comma 11 del d.lgs. n. 150/2011 non avendo l’amministrazione provato la responsabilità;

6) violazione dell’art. 3 della Legge n. 689/1981 ritenendo che nella condotta ascritta al Sig. sia carente l’elemento soggettivo;

7) mancata applicazione, nella quantificazione della sanzione, dell’art. 8 della Legge 689/1981, rientrando il caso di specie nell’ ipotesi di continuazione di sanzioni amministrative;

chiedeva, pertanto, annullamento, revoca o dichiarazione di inefficacia della ordinanza ingiunzione impugnata, previa sospensione degli effetti della stessa, con vittoria di spese e competenze di lite.

costituitasi in giudizio, chiedeva il rigetto del ricorso con condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di lite, contestando la fondatezza dei motivi di opposizione e mettendo in evidenza la legittimità, sotto tutti i profili in discussione, della ordinanza impugnata.

Nel corso del giudizio, con d.lgs. 14 settembre 2015 n. 149 artt. 1 e 2 è stata istituita, ai sensi dell’art. 8 del d.lgs. n. 300/1999, una denominata “ ” e, pertanto, si è costituito ex art. 302 c.p.c. § 1.1 All’esito del giudizio di primo grado, il tribunale di Lecce, con sentenza n. 1588 del 26.04.2024 ha rigettato l’opposizione di confermando l’ordinanza- ingiunzione n. 267/2014;

ha, altresì, condannato il ricorrente alla refusione delle spese di lite in favore dell’ § 1.2 A fondamento della decisione, il tribunale ha argomentato come segue:

ha, innanzitutto, chiarito che il verbale unico di accertamento è stato regolarmente notificato, oltre che alla società anche a in proprio, al suo indirizzo di residenza, in qualità di amministratore unico della stessa società;

ha, inoltre, ritenuto tempestiva ai sensi dell’art. 14, l. n. 689/1981 la notifica del verbale unico di accertamento eseguita il 5.5.2011;

quanto poi, alla questione relativa all’eccepita prescrizione quinquennale, il tribunale ha chiarito che il verbale unico di accertamento risulta essere stato emesso il 28.4.2011, e notificata il 17.6.2014 “in costanza, quindi, del termine di prescrizione quinquennale”;

quanto poi al merito della vicenda, ha ritenuto corretta la definizione operata dagli ispettori con riferimento alla natura dei rapporti di lavoro analizzati dagli stessi, da ritenere di lavoro subordinato a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente che avrebbe voluto che venissero inquadrati come “prestazioni occasionali”, adducendo il carattere saltuario e non continuativo delle prestazioni;

sul quantum della sanzione amministrativa, ha, infine, stabilito che la somma ingiunta fosse corretta e non dovesse essere ridotta in quanto “il calcolo è stato effettuato tenendo conto di ciascun contratto di assunzione la cui esistenza è stata attestata dai verbalizzanti, integrando ognuno una distinta violazione”;

ha inoltre, ritenuto non applicabile alla vicenda sub iudice il trattamento sanzionatorio più favorevole di cui al comma 1 dell’art. 8 della l. n. 689/1981, invocato dal ricorrente.

§ 2

Avverso la sentenza n. 1588/24 del tribunale di Lecce ha proposto appello ed ha chiesto che, in riforma integrale di tale provvedimento, e previa sospensione dell’efficacia esecutiva della ordinanza-ingiunzione e della sentenza impugnata, fosse accolta la sua opposizione già proposta in primo grado, con vittoria di spese e competenze del doppio grado di giudizio.

si è costituito in giudizio ed ha chiesto il rigetto del gravame con vittoria di spese.

All’udienza del 13.2.2025, a seguito di discussione orale, la causa è stata decisa come da dispositivo letto in udienza e comunicato telematicamente alle parti in pari data.

MOTIVI DELLA DECISIONE

§ 3 L’appello si articola in dieci motivi.

§ 3.1 Con il primo motivo di gravame, ha eccepito la nullità della sentenza ’udienza del 25.01.2024, dopo la discussione e la precisazione delle conclusioni, il tribunale, anziché pronunciare sentenza o quanto meno dare lettura del dispositivo, aveva trattenuto la causa per la decisione, ed aveva poi depositato la sentenza a distanza di circa tre mesi.

Il motivo è fondato ma inidoneo a mutare le sorti del giudizio.

La sentenza impugnata è nulla.

Gli artt. 6 e 7 del d. lgs. n. 150/2011 prevedono che i giudizi che hanno per oggetto le opposizioni alle sanzioni amministrative ex lege n. 689/1981 sono soggette al rito del lavoro.

L’art. 429 c.p.c. testualmente recita:

“Nell’udienza, il giudice, esaurita la discussione orale e udite le conclusioni delle parti, pronuncia sentenza con cui definisce il giudizio dando lettura del dispositivo e della esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione.

In caso di particolare complessità della controversia, il giudice fissa nel dispositivo un termine, non superiore a sessanta giorni, per il deposito della sentenza”.

La giurisprudenza di legittimità è unanime nel ritenere che “Nelle controversie soggette al rito del lavoro, l’omessa lettura del dispositivo all’udienza di discussione determina la nullità della sentenza, da farsi valere secondo le regole proprie del mezzo di impugnazione esperibile, in base al principio generale sancito dall’art. 161 c.p.c., comma 1, senza che il giudice di secondo grado, che abbia rilevato tale nullità, ove dedotta con l’appello, possa né rimettere la causa al primo giudice – non ricorrendo alcuna delle ipotesi di rimessione tassativamente previste dagli art. 353 e 354 c.p.c. – né limitare la pronunzia alla mera declaratoria di nullità, dovendo decidere la causa nel merito; pertanto, qualora il giudice d’appello proceda, come nel caso di specie, all’esame delle altre censure dedotte con l’impugnazione, difetta l’interesse a far valere come motivo di ricorso per Cassazione la nullità della sentenza di primo grado in quanto non dichiarata dal giudice d’appello, perché l’eventuale rinvio ad altro giudice d’appello porterebbe allo stesso risultato già conseguito con la pronuncia su tutti i motivi d’impugnazione” (Cass. n.13781 del 2001; Cass. n. 10869 del 2006; Cass. n. 4385 del 2020; Cass. n. 38521/2021).

La nullità della sentenza impugnata è stata già delibata dalla corte che, con ordinanza regredire il processo, al momento in cui si è verificata la denunciata nullità, senza che lo stesso debba essere rimesso dinanzi al primo giudice” ed ha pertanto rimesso le parti dinanzi a sé per la discussione della causa e la sua definizione in unico grado.

Devono pertanto essere valutate tutte le ragioni dell’opposizione all’ordinanza ingiunzione, che l’appellante ha riproposto ed elencato a pag. 2 dell’atto introduttivo del presente giudizio, come segue:

“a) l’avvenuta notifica del verbale unico, prodromico all’ordinanza-ingiunzione, solo alla e non anche in proprio;

b) la tardività di tale notifica;

c) la prescrizione quinquennale del presunto credito della P.A.;

d) la carenza e/o l’erroneità della motivazione del provvedimento, oltre che il difetto di istruttoria;

e) l’infondatezza della pretesa;

f) la carenza dell’elemento soggettivo;

g) l’errata quantificazione delle somme asseritamente dovute.

” (cfr pag. 2 dell’atto di appello)

§ 3.2

Con il primo motivo d’opposizione, ha dedotto che il verbale unico di accertamento, prodromico all’ordinanza-ingiunzione opposta, era stato notificato solo alla società e non anche a sé stesso, in proprio.

Il motivo è infondato.

Il verbale unico di accertamento, nel quale è espressamente indicato come “trasgressore” è stato regolarmente notificato in data 5.5.2011 all’indirizzo del destinatario (cfr avviso di ricevimento in atti).

Lo stesso verbale è stato trasmesso anche alla società che lo ha ricevuto in data 11.5.2011 (cfr avviso di ricevimento in atti).

§ 3.3

Con il secondo motivo d’opposizione, ha dedotto che la notifica del verbale unico di accertamento, ove ritenuta valida ed efficace, non avrebbe comunque rispettato il termine di 90 giorni imposto dall’art. 14 della legge n. 689/1981.

’ pacifico in giurisprudenza che “l’art. 14, comma 2, legge n. 689/81, nel riferirsi all’accertamento, e non alla data di commissione della violazione, va(da) intesa nel senso che il termine di 90 giorni comincia a decorrere dal momento, in cui è compiuta o si sarebbe dovuta compiere, anche in relazione alla complessità o meno della fattispecie, l’attività volta a verificare tutti gli elementi dell’infrazione.

L’accertamento della violazione non coincide con la generica e approssimativa percezione del fatto, ma con il compimento delle indagini necessarie per riscontrare l’esistenza di tutti gli elementi dell’infrazione e richiede la valutazione dei dati acquisiti ed afferenti agli elementi dell’infrazione e la fase finale di deliberazione, correlata alla complessità delle indagini tese a riscontrare la sussistenza dell’infrazione medesima e ad acquisire piena conoscenza agli effetti della corretta formulazione della contestazione>> (cass.civ.sez. VI, ord 6.2.2019 n. 3524).

L’accertamento non coincide, quindi, con la generica ed approssimativa percezione del fatto, ma con il compimento delle indagini necessarie per riscontrare, secondo le modalità previste dall’art. 13 della stessa legge n. 689/1981, l’esistenza di tutti gli elementi dell’infrazione.

Occorre tenere presente che il procedimento di accertamento della violazione è finalizzato a consentire all’amministrazione di avere piena contezza degli estremi, oggettivi e soggettivi, della condotta realizzata, nonché della sua ricomprensione nella fattispecie astratta prevista dalla norma sanzionatoria.

La correttezza e completezza dell’accertamento rispondono quindi sia all’interesse pubblico, connaturato alla funzione pubblica svolta dall’ente accertatore, sia all’interesse dello stesso autore della condotta, al fine di un’adeguata ponderazione della sua (eventuale) responsabilità.

A tale esigenza, si contrappone, peraltro, quella dell’ipotizzato autore della condotta di vedere concluso l’accertamento in tempi brevi, sia per definire la propria posizione incerta, sia per poter eventualmente apprestare una pronta ed adeguata difesa.

Nel contemperamento di tali esigenze, occorre, quindi, effettuare una valutazione di ragionevolezza dei tempi impiegati per l’accertamento, al fine di ritenerne la complessiva congruità (o meno) rispetto alla duplice esigenza sopra individuata.

In tale ambito, assumono rilievo tutte le complesse attività finalizzate all’accertamento, tra cui all’amministrazione per valutare e ponderare adeguatamente gli elementi già acquisiti, onde ritenerne l’incidenza e la sufficienza ai fini della completa disamina di tutti gli aspetti della fattispecie, nonché gli atti preliminari che non hanno sortito effetto (come le convocazioni di informatori che non hanno avuto esito).

Nella specie, l’attività ispettiva, particolarmente complessa (in ragione del numero dei rapporti di lavoro irregolare in esame), è stata eseguita dall’ per i Lavoratori dello Spettacolo);

tutti i verbali redatti dagli ispettori sono stati consegnati in data 24.1.2011 alla Direzione Territoriale del Lavoro di che ha richiesto al COGNOME una integrazione documentale, assegnandogli il termine del 4.4.2011;

le indagini, pertanto devono ritenersi chiuse allo spirare del suddetto termine, a nulla rilevando che dello stesso il D abbia o meno inteso avvalersi;

la notifica del verbale unico di accertamento, eseguita come detto in data 5.5.2011 è dunque tempestiva.

§ 3.4 Con il terzo motivo d’opposizione, ha dedotto la prescrizione della pretesa creditoria della pubblica amministrazione, sul presupposto della omessa notifica nei suoi confronti del verbale unico di accertamento.

Il motivo è infondato.

Per le ragioni già esposte al § 3.2, la notifica del verbale unico di accertamento nei confronti di deve ritenersi valida ed idonea a costituire valido atto interruttivo della prescrizione.

§ 3.5 Con il quarto motivo d’opposizione, ha denunciato la violazione dell’art. 18 della legge n. 689/1981 ed ha dedotto, di conseguenza l’invalidità dell’ordinanza ingiunzione, per difetto di motivazione;

ad avviso dell’opponente, la DTL si sarebbe limitata “ad elencare nominativi, presunti periodi di lavoro e presunte giornate di lavoro ‘in nero’ ed a contestare l’omessa consegna delle lettere di assunzione e delle buste paga”, ritenendo implicitamente sussistente il vincolo della subordinazione, mediante un mero rinvio per relationem alla motivazione utilizzata nei verbali ’ordinanza ingiunzione opposta – che contiene la puntuale elencazione delle disposizioni di legge violate e delle condotte sanzionate – fa espresso rinvio al verbale unico di accertamento n. 15790 del 28.4.2011, notificato al in data 5.5.2011 “per una migliore specificazione dei fatti contestati”; non v’è dubbio, pertanto, che il destinatario dell’ingiunzione abbia avuto piena conoscenza degli addebiti;

tanto si evince dalle compiute argomentazioni difensive poste a sostegno dell’opposizione.

§ 3.6

Con il quinto motivo d’opposizione, ha dedotto la carenza di prova dell’illecito amministrativo;

in particolare, ha sostenuto che l’Amministrazione convenuta non avrebbe dimostrato “l’esistenza del vincolo della subordinazione” con riferimento ai lavoratori per i quali è stata elevata la sanzione di cui all’ordinanza- ingiunzione.

Il motivo è infondato.

Le violazioni contestate a con l’ordinanza-ingiunzione impugnata rappresentano solo una parte del più ampio fenomeno emerso dalle indagini dei funzionari grazie alle quali è stato possibile accertare – con riguardo alle stagioni estive 2007 e 2008 – la sistematica violazione delle norme poste a tutela dei lavoratori dipendenti della società sia con riguardo all’omesso versamento dei contributi che al mancato rispetto degli oneri formali imposti al momento dell’assunzione, oltre che alla trasparenza nella corresponsione delle retribuzioni. L’enorme mole di dati offerti all’interprete dalla documentazione in atti, consente alla corte di esprimere un giudizio positivo in ordine alla sussistenza della subordinazione per ognuno dei rapporti irregolari elencati nell’ordinanza ingiunzione opposta:

i minuziosi verbali ispettivi redatti dai funzionari per la parte relativa all’esposizione dei fatti accaduti in loro presenza (con particolare riguardo allo spettacolo del 5.8.2008);

le sommarie informazioni fornite dai lavoratori sentiti “a caldo” in esito all’ispezione del 5.8.2008, che la corte liberamente apprezza come maggiormente attendibili rispetto alle ritrattazioni rese in istruttoria dinanzi al tribunale;

l’immediata regolarizzazione delle posizioni di alcuni dei lavoratori sorpresi dagli ispettori a svolgere attività di animazione in data 5.8.2008 (cfr modelli atti);

la tipologia di prestazioni lavorative offerte, scandite dagli orari quotidiani del programma di animazione e, perciò, necessariamente soggette alle direttive e al coordinamento organizzativo del datore di lavoro;

l’assenza di rischio autonomo;

la abituale fruizione di vitto e alloggio;

costituiscono indici inequivocabili della sussistenza di tutti i rapporti di lavoro subordinato irregolari tra la società ed i lavoratori elencati nell’ordinanza ingiunzione.

§ 3.7

Con il sesto motivo di opposizione, ha dedotto la mancanza di prova in ordine all’elemento soggettivo degli illeciti contestati, sostenendo di aver instaurato con i lavoratori elencati nell’ordinanza-ingiunzione rapporti di lavoro occasionale, come documentato dalle ricevute di pagamento prodotte agli ispettori.

Il motivo è infondato.

La veste formale delle ricevute di pagamento sottoscritte dai lavoratori, al momento della consegna della retribuzione, non muta nella sostanza la natura subordinata dei rapporti di lavoro in esame e non vale ad escludere l’elemento soggettivo degli illeciti contestati.

§ 3.8 Con il settimo motivo di opposizione ha contestato anche il quantum della sanzione amministrativa irrogata con l’ordinanza-ingiunzione opposta, sotto molteplici profili:

la indebita duplicazione delle sanzioni applicate per i lavoratori la ingiusta moltiplicazione delle sanzioni per il numero dei lavoratori irregolari;

il conteggio errato del numero di buste paga irregolari e del numero di giorni lavorati “in nero”;

motivo è infondato.

Per i lavoratori è stata accertata la sussistenza di rapporti di lavoro irregolare, a tempo determinato, sia per la stagione estiva 2007 che per la stagione estiva 2008.

E’ indimostrato che il conteggio delle giornate e delle buste paga, minuziosamente verificato dalla DTL, sia errato.

Corretto, infine, è il cumulo materiale delle sanzioni irrogate per il numero dei rapporti irregolari accertati, dato che l’art. 8 della legge n. 689/81 opera esclusivamente per le sanzioni irrogate in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie, dunque esula dall’area interessata dalle sanzioni in esame.

Per tutto quanto esposto, l’opposizione all’ordinanza ingiunzione n. 267/2014 della DTL di deve essere rigettata.

§ 4 – spese Le spese processuali, del giudizio espletato in unico grado dalla corte, seguono la soccombenza.

L’accoglimento del primo motivo d’impugnazione esonera dal pagamento del doppio contributo (per mera svista addebitatogli in dispositivo).

p.q.m.

La corte, rigetta l’appello e, per l’effetto, conferma l’ordinanza-ingiunzione n. 267/14 prot. n. 18570 emessa dalla il 10.6.2014;

condanna al pagamento, in favore dell’ispettorato territoriale del lavoro di delle spese processuali che liquida in € 5.000,00 per compenso, oltre accessori di legge e di tariffa in misura del 15%;

dichiara ai sensi dell’art 13 comma 1-quater del DPR 1152002, la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dell’appellante dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione e manda alla Cancelleria per gli adempimenti di conseguenza.

Il Consigliere est. Il Presidente dr.ssa NOME COGNOME dr. NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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