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Domanda protezione internazionale: ordine del giudice

Con l’ordinanza del 03.07.2025 (R.G. 6665/2024), il Tribunale di Ancona ha affrontato il caso del silenzio della Pubblica Amministrazione riguardo una domanda protezione internazionale. Un richiedente, dopo inutili tentativi via PEC di ottenere un appuntamento, ha fatto ricorso d’urgenza. Il Giudice ha accolto il ricorso, ordinando alla Questura di ricevere la domanda e concludere il procedimento entro 60 giorni, condannando l’inerzia dell’Amministrazione.

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Presentare una domanda protezione internazionale è un diritto fondamentale, ma cosa succede quando la burocrazia si ferma? L’inerzia della Pubblica Amministrazione può creare un limbo giuridico per chi cerca protezione. Un’importante ordinanza del Tribunale di Ancona (R.G. 6665/2024) ha fatto luce proprio su questo punto, stabilendo un principio chiave: il diritto a presentare la domanda non può essere frustrato dal silenzio degli uffici competenti. Analizziamo questo caso emblematico.

I Fatti di Causa

Un cittadino straniero, desideroso di formalizzare la propria domanda protezione internazionale, si è scontrato con un muro di silenzio da parte della Questura territorialmente competente. Nonostante risiedesse stabilmente nell’area da mesi, ogni tentativo di ottenere un appuntamento per avviare la procedura si era rivelato vano. Per superare l’impasse, il richiedente aveva inviato due comunicazioni a mezzo Posta Elettronica Certificata (PEC), a settembre e novembre 2024, senza ricevere alcun riscontro concreto.

Di fronte a questa prolungata inerzia, che di fatto gli impediva di esercitare un proprio diritto, si è visto costretto a rivolgersi al Tribunale con un ricorso d’urgenza ai sensi dell’art. 700 del codice di procedura civile, chiedendo al giudice di ordinare all’Amministrazione di riceverlo e di avviare l’iter previsto dalla legge.

La Domanda Protezione Internazionale e l’Ordine del Giudice

Il Tribunale di Ancona ha accolto pienamente le ragioni del ricorrente. Il giudice ha riconosciuto che l’Amministrazione resistente aveva l’obbligo giuridico di ricevere e processare la richiesta. Nel provvedimento si sottolinea come il ritardo accumulato non fosse in alcun modo giustificabile.

La difesa dell’Amministrazione, che aveva suggerito al richiedente di recarsi presso un’altra Questura (Cagliari), è stata superata dalla prova della dimora stabile del ricorrente nell’area di competenza della Questura adita, consolidando così la sua legittimazione a ricevere la domanda. Di conseguenza, il Tribunale ha emesso un ordine chiaro e perentorio.

L’Ordinanza del Tribunale

Il dispositivo della decisione (P.Q.M.) ha stabilito che l’Amministrazione resistente deve:
1. Ricevere la domanda di protezione internazionale del ricorrente.
2. Procedere alle valutazioni di sua competenza.
3. Concludere il procedimento con un provvedimento espresso entro il termine di 60 giorni, decorrenti dalla ricezione della domanda.

Questa decisione riafferma il principio secondo cui il diritto a chiedere protezione non è una mera facoltà, ma un diritto soggettivo che impone un preciso dovere di agire in capo alla Pubblica Amministrazione.

Le Motivazioni della Decisione

Il giudice ha fondato la sua decisione sulla palese violazione degli obblighi procedurali da parte dell’Amministrazione. Il notevole lasso di tempo trascorso dai primi tentativi del ricorrente, documentati dalle PEC inviate, ha reso l’inerzia ingiustificabile. La legge prevede tempi certi per la gestione delle pratiche di protezione internazionale, e il silenzio amministrativo rappresenta una lesione diretta di tali garanzie.

Tuttavia, un aspetto interessante riguarda la decisione sulle spese di lite. Anziché condannare l’Amministrazione al pagamento, il Tribunale ha optato per la loro integrale compensazione tra le parti. La motivazione di questa scelta risiede nella “peculiarità della vicenda”: il giudice ha tenuto conto sia del carico di lavoro che notoriamente grava sugli uffici immigrazione, sia di una condotta pregressa del ricorrente (un allontanamento volontario da un centro di accoglienza) che aveva contribuito ad allungare i tempi procedurali. Si tratta di una valutazione equitativa che bilancia le responsabilità di entrambe le parti.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza del Tribunale di Ancona costituisce un importante precedente a tutela dei diritti dei richiedenti asilo. Essa chiarisce che il silenzio della Questura non può bloccare l’accesso alla procedura di domanda protezione internazionale. I cittadini stranieri che si trovano in situazioni analoghe hanno a disposizione uno strumento efficace, il ricorso d’urgenza, per sbloccare la propria situazione e costringere l’Amministrazione ad adempiere ai propri doveri. La decisione ribadisce che l’efficienza amministrativa non è un’opzione, ma un obbligo, soprattutto quando sono in gioco diritti umani fondamentali.

Cosa può fare un richiedente asilo se la Questura non risponde alla richiesta di appuntamento?
Può rivolgersi a un avvocato per presentare un ricorso d’urgenza (ex art. 700 c.p.c.) al Tribunale competente. Come dimostra questo caso, il giudice può ordinare alla Questura di fissare l’appuntamento e avviare la procedura.
La Pubblica Amministrazione può rifiutarsi di ricevere una domanda di protezione internazionale?
No. La ricezione della domanda è un atto dovuto. L’Amministrazione ha l’obbligo di registrare la richiesta e avviare il procedimento. L’eventuale infondatezza della domanda sarà valutata solo in una fase successiva.

Perché il giudice ha compensato le spese legali invece di condannare l’Amministrazione a pagarle?
Il giudice ha ritenuto che, sebbene l’Amministrazione fosse in torto per l’inerzia, anche alcuni comportamenti precedenti del ricorrente (come l’allontanamento da un centro di accoglienza) avessero contribuito a complicare e allungare la procedura. Ha quindi bilanciato le responsabilità, decidendo che ogni parte dovesse sostenere le proprie spese.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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