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Clausola risolutiva espressa, scioglimento del contratto

La clausola risolutiva espressa non comporta automaticamente lo scioglimento del contratto a seguito del previsto inadempimento.

Pubblicato il 09 June 2020 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI RAVENNA
SEZIONE CIVILE

Il Tribunale di Ravenna in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 447/2020 pubblicata il 05/06/2020

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. /2018 promossa da:

XXX (p. iva), con il patrocinio dell’avv., elettivamente domiciliata presso il difensore in

RICORRENTE contro

YYY Srl (p. iva), con il patrocinio dell’avv., elettivamente domiciliata presso il difensore in

RESISTENTE

CONCLUSIONI

All’udienza del 05/06/2020 i procuratori delle parti hanno precisato le conclusioni come nei rispettivi atti difensivi.

CONCISA ESPOSIZIONE DEI MOTIVI IN FATTO E DIRITTO

DELLA DECISIONE

Con ricorso ex art. 447 bis cpc ritualmente notificato la ditta individuale XXX, nella sua qualità di concedente, in forza di contratto d’affitto 20/07/2016 reg.to il 21/07/2016, dell’azienda dedita alla somministrazione di alimenti corrente in, agiva in giudizio nei confronti della propria affittuaria società YYY Srl deducendo che la stessa si era resa inadempiente in relazione al pagamento di tre ratei del canone d’affitto ()per il complessivo importo di € 5.400,00 alla data del ricorso.

Precisava di aver inutilmente sollecitato la società affittuaria alla regolarizzazione dei canoni di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa contenuta nel contratto (art. 3) e chiedeva pertanto, previa declaratoria della risoluzione di diritto del rapporto, la condanna dell’affittuaria alla restituzione dell’azienda ed al pagamento dei canoni insoluti maturati e maturandi a causa del protrarsi dell’illegittimo possesso dell’azienda.

Dava atto e documentava di aver esperito il tentativo di mediazione ma con esito negativo.

Si costituiva la resistente svolgendo domanda riconvenzionale in relazione all’asserita inidoneità dell’azienda a svolgere la propria attività, Eccepiva altresì di aver sostenuto esborsi per riparazione delle attrezzature inidonee e per spese di competenza del concedente, contestava comunque la sussistenza della morosità sostenendo che i canoni reclamati in realtà erano stati pagati.

Con memoria ex art. 416 cpc, il ricorrente replicava documentando le movimentazioni bancarie e confermando la sussistenza della morosità peraltro aumentata nelle more in quanto la resistente aveva cessato i pagamenti dei canoni.

In corso di causa veniva inutilmente esperito il tentativo di mediazione obbligatoria.

Rigettate tutte le richieste istruttorie con ordinanza 28/12/2019, la causa era rinviata per la discussione all’udienza del 05/06/2020 cui veniva data lettura del dispositivo. La domanda è fondata e va accolta.

Il “thema decidendum” della presente controversia è costituito dall’inadempimento della società affittuaria all’obbligazione di pagamento dei canoni ed al conseguente verificarsi della risoluzione di diritto del contratto in forza della clausola risolutiva ivi contenuta.

La fonte contrattuale dell’obbligazione a carico dell’affittuario è documentata (cfr. doc. 1) e così pure le comunicazioni inviate dalla concedente in data 02/08/2018 e 30/08/2018 (cfr. docc. 2 – 4) e costituisce giurisprudenza consolidata che” Il locatore che agisce in giudizio al fine di ottenere la declaratoria di risoluzione del contratto per inadempimento di controparte è unicamente tenuto, in quanto attore/creditore, a provare la fonte negoziale o legale del suo diritto, ben potendo limitarsi ad allegare l’altrui inadempimento. Un tale onere deve, pertanto, ritenersi assolto con l’allegazione del contratto di locazione, in quanto titolo nel quale trova fondamento la formulata pretesa giudiziale.” (Trib. Trento 19/03/2012 – Cass. Civ. S.U. 30/10/2001 n°13533).

Verificata l’esistenza e l’operatività della clausola (cfr. clausola 3), dovendosi comunque prescindere da qualsiasi indagine sulla gravità dell’inadempimento in quanto “La clausola risolutiva ha la funzione di accelerare la risoluzione, avendo le parti anticipatamente valutato l’importanza di un determinati inadempimento, e quindi eliminato la necessità di una indagine ad hoc, avuto riguardo all’interesse dell’altra parte” (Cass. Civ. 20/12/2012 n°23624), rimane solo d’accertare se sussista colpevole inadempimento imputabile alla società affittuaria “La clausola risolutiva espressa non comporta automaticamente lo scioglimento del contratto a seguito del previsto inadempimento, essendo sempre necessario, ex art. 1218 c.c., l’accertamento dell’imputabilità dell’inadempimento al debitore almeno a titolo di colpa” (Cass. Civ. 27/08/2013 n°19602).

Le difese proposte dall’affittuaria non hanno pregio.

Tutte le eccezioni sollevate dall’affittuaria sull’inidoneità del bene o sull’incompletezza delle dotazioni aziendali sono da rigettare trattandosi di fattispecie che avrebbero dovuto essere oggetto di puntuale verifica e controllo prima dell’assunzione degli obblighi contrattuali, in ogni caso le doglianze sollevate non risultano essere mai state contestate in precedenza e pure la CTP, svolta nell’imminenza della trattazione del procedimento, appare solo fittiziamente finalizzata alla precostituzione di una qualche linea difensiva.

Il colpevole inadempimento dell’affittuaria all’obbligo di pagamento dei canoni, escluso il canone di febbraio 2017 neppure accennato nell’originaria domanda, va quindi quantificato nelle mensilità di Giugno, Luglio ed Ottobre 2018 oltre a quelle successivamente maturate da Novembre 2018 a Giugno 2020 in € 41.400,00 (23 mensilità) come risulta provato documentalmente dagli e/c bancari della ricorrente (cfr. doc. 5) incrociati col riepilogo complessivo (cfr. doc. 6) ed aggiornato con dichiarazione in udienza.

Sotto questo profilo va sottolineato che l’inadempimento dell’affittuaria, anche al di fuori dello schema operativo della clausola risolutiva, stante la sua gravità e la conseguente violazione del sinallagma contrattuale, giustificherebbe in ogni caso anche la risoluzione per grave inadempimento ex art. 1453 c.c.

La società resistente dovrà pertanto provvedere all’immediata restituzione dell’azienda nella piena e libera disponibilità della ricorrente ed a corrispondere alla concedente gli importi come sopra calcolati. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate alla stregua del DM n°55/2014 tab. 2 per il giudizio ordinario e tab. 25 bis per la fase di mediazione nell’ambito dello scaglione tariffario di appartenenza e tenendo conto dell’effettiva attività processuale svolta, in ragione di € 600,00 per la fase di studio della controversia, € 600,00 per la fase introduttiva del giudizio, € 1.300,00 per la fase di trattazione ed € 1.000,00 per la fase decisionale ed € 600,00 per la mediazione, oltre accessori di legge, oltre ad € 595,41 per anticipazioni.

P.Q.M.

il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla domanda di cui in epigrafe, ogni diversa domanda, eccezione e deduzione disattesa, così provvede:

– in accoglimento della domanda proposta da XXX nei confronti di YYY Srl, accerta e dichiara l’avvenuta risoluzione di diritto del contratto di affitto d’azienda inter partes del 20/07/2016 reg.to il 21/07/2016 e conseguentemente condanna la società YYY Srl all’immediato rilascio a favore della ricorrente dell’azienda commerciale corrente in;

– condanna la società resistente al pagamento in favore della ricorrente della complessiva somma di € 41.400,00 oltre gli interessi legali dalle singole scadenze al saldo;

condanna altresì la resistente società YYY Srl a rifondere alla ricorrente le spese di lite che liquida nel complessivo importo di € 4.100,00 per compenso e di € 595,41 per spese, oltre 15% per spese generali ex art. 2 DM n°55/2014, IVA e CPA come per legge.

Ravenna, 5 giugno 2020

Il Giudice

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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