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Amministrazione scolastica, formazione personale di ruolo

Amministrazione scolastica, specifiche iniziative di formazione solo per il personale di ruolo in servizio.

Pubblicato il 19 July 2023 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI COMO
SEZIONE II

Il Tribunale, in persona del giudice del lavoro dr., ha pronunciato la seguente contestuale

SENTENZA n. 169/2023 pubbl. il 05/07/2023

nella causa di lavoro iscritta al n. 1073/2022 r.g. promossa da:

XXX (C.F.)

RICORRENTE contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE (C.F.)

RESISTENTE CONCLUSIONI come in atti.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con ricorso depositato il 10/11/2022, XXX docente, dal 1/9/2021 a tempo indeterminato, deduceva di aver dall’a.s. 2015/16 a quello 2020/21, prestato servizio con contratto a tempo determinato, con scadenza al 30 giugno o al 31 agosto, e conveniva in giudizio il Ministero dell’istruzione per far accertare il diritto alla corresponsione del contributo statale cd. “carta del docente” per dette annualità.

Si costituiva il Ministero dell’istruzione e deduceva che l’ultimo contratto a termine, dal 18/9/2020 al 31/8/2021 non poteva essere preso in considerazione stante il riconoscimento, ai fini giuridici, della retrodatazione dell’immissione in ruolo al 1/9/2020; eccepiva inoltre, la prescrizione e, pur dando atto delle sentenze favorevoli al ricorrente, Consiglio di Stato 1842/2022 e CGUE 18/5/2022, ribadiva che in base all’art 63 ccnl, l’amministrazione era vincolata a prevedere specifiche iniziative di formazione solo per i “docenti in servizio” cioè di ruolo, ma non anche per il personale a tempo determinato e che la decisione della CGUE aveva ritenuto che la carta rientrava tra le condizioni d’impiego di cui alla clausola 4 punto 1 dell’accordo quadro sul divieto di discriminazione, senza però pronunciarsi sulla successiva clausola 6 – Informazione e possibilità di impiego, che escludeva la riconducibilità della formazione alle “condizioni di impiego” di cui alla precedente clausola 4, specificando che il datore di lavoro, solo per quanto possibile, doveva agevolare esclusivamente l’accesso alle opportunità formative.

All’odierna udienza, la causa veniva discussa e decisa con lettura della presente sentenza.

Il ricorso risulta fondato e dev’essere conseguentemente accolto.

XXX ha prestato servizio, come docente, con contratti a tempo determinato per supplenze annuali, dall’a.s. 2015/16 a quello 2020/21.

Lamenta pertanto, di non aver ricevuto alcun accredito per l’adempimento degli obblighi di formazione cui è sottoposta in base al ccnl, al pari dei docenti di ruolo i quali invece, hanno diritto alla cd. carta docenti, cioè al bonus previsto dall’art. 1 co. 121 e 122 l. 107/2015, corrisposto dall’a.s. 2016/17 mediante il rilascio di un’apposita carta di credito elettronica.

Il Ministero, perfettamente al corrente della giurisprudenza favorevole al ricorrente, ha contestato le conclusioni a cui è giunta, deducendo che, in base al disposto dell’art 63 ccnl, l’amministrazione scolastica era vincolata a prevedere specifiche iniziative di formazione solo per il personale di ruolo (“in servizio”), ma non anche per il personale a tempo determinato, diversamente da quanto ritenuto da Cons. di Stato 1842/2022, che aveva affermato che le disposizioni della contrattazione collettiva in materia di formazione dovevano estendersi a tutto il personale docente, senza alcuna distinzione tra docenti a tempo indeterminato e a tempo determinato.

La contestazione non pare fondata.

Infatti, all’art. 63 “formazione in servizio” ccnl, stabilisce che “verrà promossa, con particolare riferimento ai processi d’innovazione, mediante contrattazione, una formazione dei docenti in servizio…In via prioritaria si dovranno assicurare alle istituzioni scolastiche opportuni finanziamenti per la partecipazione del personale in servizio ad iniziative di formazione deliberate dal collegio dei docenti o programmate dal DSGA, sentito il personale ATA, necessarie per una qualificata risposta alle esigenze derivanti dal piano dell’offerta formativa”.

Diversamente da quanto sostenuto dal Ministero, la nozione di “personale in servizio” quale beneficiario dei finanziamenti per la formazione, non è in alcun modo riferibile al solo personale di ruolo (in mancanza di una specifica limitazione in tal senso), perché include anche quello non di ruolo, anch’esso in servizio, seppur temporaneamente, per la durata della supplenza, che può essere, come per il ricorrente, anche annuale.

Sarebbe peraltro illogico, oltre che controproducente per la stessa amministrazione, limitare la formazione ai soli docenti di ruolo, trascurando quelli a tempo determinato, chiamati anch’essi a contribuire, spesso per l’intero anno scolastico, alla realizzazione degli obiettivi del POF d’istituto.

Quanto poi alla decisione della CGUE – che ha ritenuto l’importo di € 500,00 annui, accreditato sulla carta di cui all’art. 1 co. 121 l. 107/2015, ricompreso tra le tra le «condizioni di impiego» ai sensi della clausola 4 punto 1 dell’accordo quadro di cui alla direttiva n. 1999/70/CE, con il conseguente divieto di discriminazione per i lavoratori a tempo determinato – non è possibile riferire tale erogazione alla diversa ipotesi di cui al successivo art. 6 che stabilisce “2. Nella misura del possibile, i datori di lavoro dovrebbero agevolare l’accesso dei lavoratori a tempo determinato a opportunità di formazione adeguate, per aumentarne le qualifiche, promuoverne la carriera e migliorarne la mobilità occupazionale”.

Premesso che, come appena detto, la CGUE è stata di contrario avviso, per aver ricondotto l’importo accreditato sulla carta docente alle “condizioni di impiego” di cui è fatto divieto non riconoscere anche ai lavoratori a termine, è sufficiente osservare che la clausola 6 è di natura programmatica, per cui una volta che la formazione dei dipendenti sia stata finanziata erogando loro una determinato somma vincolata a tale scopo, si ricade nell’ipotesi di cui alla clausola 4, per cui è fatto divieto al datore di lavoro di finanziare la formazione solo del personale a tempo indeterminato e non anche invece, di quello a tempo determinato.

Il Ministero infine, ha contestato che in base all’art. 6 co. 6 DPCM 28/11/2016, il beneficio potrebbe essere riconosciuto solo per l’anno scolastico in corso al momento del deposito della domanda giudiziaria e per quello precedente.

La norma prevede che le somme non spese entro la conclusione dell’anno scolastico di riferimento, siano rese disponibili nella carta dell’anno scolastico successivo.

Premesso che, in mancanza di un’esplicita indicazione nel testo del decreto, l’accredito del residuo non speso non può ritenersi limitato esclusivamente e inderogabilmente soltanto all’anno seguente, per cui se la somma non è esaurita anche l’anno dopo, può essere nuovamente accreditata nell’anno successivo, e così via, a seguire, in ogni caso l’art. 6 co. 6 DPCM cit. si riferisce logicamente, alle somme che il docente poteva spendere, ma non ha utilizzato per intero, cioè a quelle che erano state effettivamente accreditate sulla sua carta, ipotesi questa non ravvisabile per chi come il ricorrente, non essendo di ruolo, non ha mai avuto, per gli anni oggetto di causa, la disponibilità della carta.

Per quanto concerne la prescrizione, trova applicazione l’art 2948 n 4) cc che prevede il termine di cinque anni per “tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”.

Al ricorso è allegata la diffida del 10/10/2022 (doc 3) priva della mail di notifica, per il cui il termine è stato interrotto dalla notifica del ricorso, pervenuta al Ministero il 27/11/2022.

E’ pur vero che, come appena detto, la somma non utilizzata può essere sicuramente spesa anche l’anno scolastico successivo, ma ciò presuppone l’accredito del relativo importo o l’accertamento del relativo diritto, per l’anno di riferimento, per cui essendo al 27/11/2022 ormai decorso il quinquennio successivo al termine dell’a.s. 2016/17, dev’essere dichiarata la prescrizione del diritto del ricorrente all’accredito di € 500,00 per tale anno scolastico e il precedente.

Il Ministero ha chiesto che per l’ultimo anno scolastico oggetto di domanda, il 2020/21, sia dichiarata la cessata materia del contendere, stante il riconoscimento, ai fini giuridici, della retrodatazione dell’immissione in ruolo del ricorrente al 1/9/2020.

Tale richiesta dev’essere respinta perché, a oggi, nulla è stato ancora accreditato al ricorrente per tale a.s.

Al ricorrente dev’essere pertanto riconosciuto il diritto all’accredito sulla carta docente dell’importo di € 500,00 annui, per gli ultimi quattro anni scolastici oggetto di domanda, dal 2017/18 al 2020/21, oppure, in alternativa, in caso d’inadempimento protratto per oltre tre mesi, al pagamento diretto di € 2.000,00 oltre al maggiore importo tra interessi legali e rivalutazione monetaria in base all’art 16 co 6 l. 412/1991, richiamato dall’art 22 co 36 l. 724/1994, dal dovuto al saldo.

Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza del Ministero dell’istruzione.

P.Q.M.

1. dichiara il diritto di XXX all’accredito sulla carta di cui all’art. 1 co. 121 l. 107/2015 dell’importo di € 2.000,00 oppure, in alternativa, in caso di inadempimento protratto per oltre tre mesi, condanna il Ministero dell’istruzione al pagamento di tale somma, oltre al maggiore importo tra interessi legali e rivalutazione monetaria;

2. condanna il Ministero dell’istruzione al pagamento delle spese di giudizio, da distrarre in favore dei difensore del ricorrente, che ha dichiarato di averle anticipate, liquidate in € 400,00 per onorari, oltre 15% per rimborso spese forfettarie, Iva e Cpa.

Sentenza provvisoriamente esecutiva ex art 431 cpc.

Como, 5/7/2023

Il giudice

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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