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Opposizione a decreto ingiuntivo, riassunzione

Opposizione a decreto ingiuntivo, ordinanza con cui il giudice, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, abbia dichiarato la propria incompetenza, invalidità e di revoca del decreto stesso.

Pubblicato il 18 April 2021 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI ANCONA
Sezione Specializzata Imprese

In composizione collegiale, riunito in Camera di Consiglio, nelle persone dei seguenti Giudici;

 ha pronunciato la seguente

SENTENZA 478/2021 pubblicata il 14/04/2021

Nella causa civile iscritta in primo grado al n. RG /2017, trattenuta in decisione all’udienza del 22/10/2020, scaduti (in data 11/01/2021) i termini di cui agli artt. 190-281 quinquies c.p.c., e promossa da:

 XXX (c.f.) rappresentata e difesa dall’avv. ed elettivamente domiciliata in, presso lo studio di quest’ultima giusta delega allegata all’atto di citazione in riassunzione depositato in data 20/02/2017;

-attrice in riassunzione-

CONTRO

YYY S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (C.F. e P.IVA), in persona del legale rappresentante p.t. e liquidatore, rappresentata e difesa giusta delega in calce alla comparsa di costituzione depositata in data 13/06/201 dall’avv. ed

elettivamente domiciliata presso il suo studio in;

– convenuto in riassunzione-

OGGETTO: “pagamento somme: concorrenza sleale e azione di risarcimento del danno

CONCLUSIONI

Alla udienza del 22/10/2020 i procuratori delle parti hanno precisato le conclusioni come da relativo

verbale di udienza da intendersi ivi integralmente richiamato e trascritto.

FATTO E MOTIVI DELLA DECISIONE

In data 22/02/2016 il Tribunale di Pesaro – in accoglimento del ricorso presentato da XXX-  con decreto ingiuntivo n. 161/2016 ingiungeva alla società YYY S.r.l in liquidazione il pagamento della somma complessiva di euro 36.060,04, a titolo di compensi professionali maturati dalla ricorrente nei confronti della predetta società per prestazioni rese su mandato della stessa nel 2015, di cui euro 12.000,04 portati dalla fattura n. 4 del 3/06/2015 (e sul cui importo veniva concessa ex art. 642 c.p.c. la provvisoria esecuzione) ed euro 24.960,00 portati dalla fattura n. 10 del 30/12/2015 (si evidenzia fin da ora che il citato D.I. non è stato ivi depositato da nessuna delle due parti in causa).

Avvero il citato D.I. la società  YYY S.r.l. in liquidazione proponeva tempestiva opposizione dinanzi al Tribunale di Pesaro eccependo: in via preliminare, la illegittimità e/o inefficacia del decreto ingiuntivo, perchè emesso in assenza dei requisiti di cui agli artt. 633, 634, 636 e 638 c.p.c.; nel merito, l’infondatezza del credito di € 24.960 di cui alla fattura n. 10 del 30.12.2015.  YYY proponeva anche domanda riconvenzionale di risarcimento danni (da liquidarsi in via equitativa) per aver la dott.ssa XXX posto in essere comportamenti riconducibili alle fattispecie di cui agli artt. 2390 e 2598 c.c. mentre rivestiva la posizione di socia e co-amministratrice della società (cfr. conclusioni rassegnate nell’atto di citazione in opposizione ivi ri-depositato dalla difesa della società opponente).

Con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 10/02/2017 si costituiva in giudizio la Dott.ssa XXX contestando le richieste avversarie (si evidenzia che la difesa della XXX non ha ivi depositato il fascicolo di parte prodotto dinanzi al Tribunale di Pesaro, diversamente da quanto indicato nell’atto di citazione in riassunzione).

Il Giudice concedeva i termini di cui all’art. 183 c.p.c. e a scioglimento della riserva assunta emetteva ordinanza di incompetenza in data 28/12/2016, depositata in data 13/01/2017 e concedeva alle parti trenta giorni per riassumerne la causa avanti al Tribunale delle Imprese di Ancona (cfr. ordinanza depositata dalla difesa della XXX. Si evidenzia fin da ora che nessuna delle parti in causa ha ivi prodotto le memorie depositate ex art. 183 comma VI c.p.c. dinanzi al Tribunale di Pesaro e la documentazione eventualmente depositata con esse).

Con atto di citazione notificato in data 13/02/2017 XXX riassumeva tempestivamente il giudizio dinanzi alla Sezione Specializzata delle Imprese rassegnando le seguenti e testuali conclusioni: “in via preliminare  confermare il decreto ingiuntivo n. 161/2016 emesso dal Tribunale Civile di Pesaro in data 22.02.2016;  nel merito:  accertare e dichiarare l’avvenuto recesso quale socio della Dott.ssa XXX e conseguentemente accertare e dichiarare il diritto della medesima a percepire il compenso per prestazioni professionali per tutte le ragioni espresse in narrativa e per l’effetto condannare la società YYY Srl in liquidazione al pagamento della complessiva somma di euro 36.960,04, oltre agli interessi al saggio previsto dal D. lgs. n. 231/2002 dal dovuto sino al saldo, nonché alle spese relative ai precedenti giudizi, ovvero alle spese liquidate in decreto ingiuntivo e quelle relative al procedimento innanzi al Tribunale di Pesaro.; rigettare l’opposizione, poiché infondata in fatto ed in diritto, accertare e dichiarare l’efficacia delle dimissioni da amministratore dell’opposta e per l’effetto dichiarare l’inapplicabilità dell’art. 2598 c.c. e dell’art. 2390 c.c. alla fattispecie per cui vi è causa, con la conseguente integrale conferma del decreto n. 161/2016 emesso dal Tribunale Civile di Pesaro in data 22.02.2016,  In ogni caso con vittoria di spese, competenze professionali ex DM n. 55/2014 oltre Iva e Cpa a favore del sottoscritto avvocato che si dichiara antistatario. Nel merito e in via subordinata nella denegata e non creduta ipotesi in cui nel corso del presente Giudizio, dovesse emergere che il quantum dovuto dalla opponente, sia diverso rispetto a quello portato dal decreto ingiuntivo in questa sede opposto, condannare, con sentenza, l’opponente a corrispondere detta somma oltre interessi moratori dalla data del dovuto al saldo.  In ogni caso con vittoria di spese, competenze professionali ex DM n. 55/2014 oltre Iva e Cpa a favore del sottoscritto legale che si dichiara antistatario” (cfr. conclusioni rassegnate in atto di citazione in riassunzione e confermate nella memoria depositata ex art. 183 comma VI n. 1 c.p.c.).

Con comparsa di costituzione depositata in data 13/06/2017 si costituiva la società YYY s.r.l. rassegnando le seguenti e testuali conclusioni: “Piaccia all’Ill.mo Tribunale adito rigettare l’opposizione per come proposta dalla dott.ssa XXX e segnatamente: 1) in via pregiudiziale, revocare, dichiarare nullo ovvero annullare, e comunque inefficace, il decreto ingiuntivo n. /16 D.I., n. /16 cont., n. /16 cron., n. /16 rep., emesso dal Tribunale di Pesaro in data 22.02.2016, notificato il 7.3.2016, quantomeno nella parte in cui vi si ingiunge il pagamento della somma di euro 24.960,00 vantato dalla dott.ssa XXX con la fattura n. 10 del 30.12.2015 in quanto viziato da nullità ovvero da illegittimità, in quanto emesso in assenza dei requisiti di cui agli artt. 633, 634, 636 e 638 c.p.c.; 2) in subordine, revocare, dichiarare nullo ovvero annullare, e comunque inefficace, il decreto ingiuntivo quantomeno nella parte in cui vi si ingiunge  il pagamento della somma di euro 24.960,00 vantato dalla dott.ssa XXX con la fattura n. 10 del 30.12.2015, in quanto emesso in assenza dei requisiti di cui all’art. 634 c.p.c.; 3) nel merito, revocare, dichiarare nullo ovvero annullare e comunque inefficace il decreto ingiuntivo suddetto perché YYY S.r.l. in liquidazione non è debitrice verso la dott.ssa XXX della somma di € 24.960,00, e per l’effetto accertare e dichiarare che con l’avvenuto pagamento della somma di € 12.335,92 relativo alla parte di esso decreto munita di provvisoria esecuzione, nulla è più dovuto da YYY S.r.l. in liquidazione alla medesima dott.ssa XXX, per le causali di cui al decreto ingiuntivo opposto; 4) in ogni caso, accertare e dichiarare che la dott.ssa XXX, nella sua qualità di socia e di co-amministratrice della YYY s.r.l., ha posto in essere comportamenti illeciti anche in violazione del divieto di concorrenza di cui agli articoli 2390 e 2598 c.c., e per l’effetto condannare la medesima dott.ssa XXX al risarcimento del danno in favore di YYY s.r.l. in liquidazione, in quell’ammontare che risulterà dovuto in corso di causa, eventualmente anche in via equitativa. Con vittoria di spese e compensi di causa ex D.M. n. 55/2014, oltre accessori di legge”.

Alla prima udienza del 05/12/2017 (cosi differita dal precedente GI dott. *** con decreto del 07/03/2017) venivano nuovamente concessi i termini di cui all’art. 183 comma VI c.p.c. (termini che erano stati concessi anche dal Giudice del Tribunale di Pesaro).

Con ordinanza emessa fuori udienza in data 24/11/2018 il nuovo G.I. (dott.***) ammetteva le prove per testi nei limiti evidenziati nella parte motiva del citato provvedimento.

Alla udienza del 12/03/2019 veniva escusso solo uno due testi della società convenuta (***); veniva infatti revocata l’audizione del teste *** in quanto ritenuto superfluo; veniva anche autorizzata la produzione del lodo arbitrale del 30/01/2019 e della memoria difensiva della società il cui deposito è stato effettuato dalla difesa della XXX in data 15/03/2019.

Alla successiva udienza del 25/06/2019 la difesa della società rinunciava alla audizione dei testi; ne veniva quindi revocata l’ammissione.

Alla successiva udienza del 12/12/2019 – dinanzi a nuovo G.I.-  si procedeva all’escussione del teste di parte attrice sig. *** e revocata l’ordinanza del 12/03/2019 nella parte in cui era stata ammessa la prova per testi di parte attrice sui capp. Da 13 a 18 in quanto tutti generici (va evidenziato che non risulta che la difesa della sig.ra XXX abbia citato i testimoni ammessi con l’ordinanza del 23/11/2018).

Alla udienza del 22/10/2020 – dopo aver con esito negativo proceduto al tentativo di conciliazione- venivano fatte precisare le conclusioni e concessi i termini di cui all’art. 190 c.p.c. (entrambe le difese hanno provveduto al rituale deposito delle rispettive comparse conclusionali e memorie di replica).

All’esito la causa veniva trattenuta in decisione.

Orbene ciò sinteticamente (ma doverosamente riportato) e passando all’esame del merito della controversia questo Tribunale ritiene che la domanda avanzata dalla sig.ra XXX sia fondata esclusivamente in relazione alla somma di E. 12.000,04; è invece infondata nella parte in cui è stato chiesto il pagamento dell’ulteriore somma di E.  24.960,00 per assenza di prova della sussistenza del titolo (causa petendi) e del relativo quantum.

Va parimenti rigettata la domanda riconvenzionale avanzata dalla società YYY s.r.l. siccome infondata.

Si è giunti a tale conclusione sulla base delle motivazioni di fatto e di diritto che si vanno ad illustrare. In via preliminare va evidenziato che – per costante orientamento della S.C.- “l’ordinanza con cui il giudice, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, abbia dichiarato la propria incompetenza, contiene necessariamente la declaratoria, ancorché implicita, di invalidità e di revoca del decreto stesso e non implica, quindi, alcuna declinatoria della competenza a conoscere dell’opposizione al decreto stesso, sicché l’eventuale riassunzione del giudizio dinanzi al giudice competente non concerne la causa di opposizione, ormai definita, ma soltanto l’accertamento del credito dedotto nel ricorso monitorio che dovrà svolgersi “secondo le norme del procedimento ordinario” (art. 645 comma 2 c.p.c.)” (cfr. anche in motivazione, fra le tante, Cass. 2016 n. 20935 ; Cass. 2016 n. 1372).

Da ciò consegue che nel caso di specie il D.I. . 161/2016 emesso dal Tribunale di Pesaro deve considerarsi implicitamente revocato ed invalidato con l’ordinanza con la quale il predetto Tribunale ha dichiarato la propria incompetenza per materia a conoscere della domanda proposta dalla XXX in sede monitoria e rimesso al Tribunale di Ancona – Sezione Specializzata- la controversia introdotta con la proposizione della domanda sottesa al ricorso monitorio (oltre che della domanda riconvenzionale che era stata proposta dalla società ingiunta).

Ne dispende –quindi-  che nel presente giudizio -da trattarsi con la cognizione piena a seguito dell’opposizione proposta dalla predetta società (che, com’è noto, introduce — anche nelle ipotesi in cui il decreto è stato emesso da giudice incompetente)- da un lato sono inammissibili le richieste di conferma del D.I. opposto avanzate dalla difesa della XXX e dall’altro sono del tutto inammissibili (ancor prima  che irrilevanti) le eccezioni formulate dalla società YYY (ed ivi riproposte) di illegittimità e/o inefficacia del decreto ingiuntivo perchè emesso in assenza dei requisiti di cui agli artt. XXX la somma complessiva di E. 12.335,92 con assegno circolare del 14/03/2016 a saldo dell’atto di precetto del 07/03/2016. Inoltre la predetta società non ne ha mai chiesto la ripetizione).

Va rigettata –invece- la domanda della XXX volta ad ottenere la condanna della società al pagamento dell’ulteriore importo di E. 24.960,00 portato dalla fattura n. 10/2015 del 30/12/2015 e pretesa a titolo di compenso professionale per l’attività asseritamente svolta nel periodo dal 1/01/2015 al 18/10/2015 e di cui  la società YYY Srl a sua volta, aveva incassato e conseguentemente fatturato.

L’assunto è generico oltre che rimasto indimostrato.

Come è noto in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisce per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno ovvero per l’adempimento deve provare la fonte [negoziale o legale] del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo e/o impeditivo dell’altrui pretesa” (cfr. ex multis Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9351 del 19/04/2007; Cass. N. 1743 del 2007; Cass. 20073 del 2004; cfr. da ultimo Cass. Sez. U, Sentenza n. 577 del 11/01/2008 anche in motivazione).

Nel caso in esame la difesa della XXX non ha mai allegato (nel rispetto dei termini deputati alla fissazione del thema decidenum nonostante anche le contestazioni mosse dalla società anche in sede stragiudiziale, vedasi in particolare lettera del 23.07.2015 depositata dalla difesa della società) né tanto meno dimostrato il contratto stipulato con la società; il compenso pattuito, il termine per il pagamento e l’attività in concreto svolta a giustificazione della somma richiesta.

Né tale prova può essere desunta dalla documentazione versata in atti.

Infatti allo scopo è del tutto inidonea la fattura depositata e fra l’altro contenente una causale del tutto generica (cfr. fra le tante Cass. 2011 n. 5915 secondo cui “La fattura è titolo idoneo per l’emissione di un decreto ingiuntivo in favore di chi l’ha emessa, ma nell’eventuale giudizio di opposizione la stessa non costituisce prova dell’esistenza del credito, che dovrà essere dimostrato con gli ordinari mezzi di prova dall’opposto”; Cass. 2003 n. 17371 secondo cui: “Il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo si configura come giudizio ordinario di cognizione e si svolge seconde le norme del procedimento ordinario nel quale incombe, secondo i principi generali in tema di onere della prova, a chi fa valere un diritto in giudizio il compito di fornire gli elementi probatori a sostegno della propria pretesa. Pertanto, nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento di forniture, spetta a chi fa valere tale diritto fornire la prova del fatto costitutivo, non potendo la fattura e l’estratto delle scritture contabili, già costituenti titolo idoneo per l’emissione del decreto, costituire fonte di prova in favore della parte che li ha emesse”).

Non sono idonei a costituire prova del fatto costitutivo della pretesa attorea neppure i documenti sub- 6-13 depositati in allegato alla memoria di cui all’art. 183 comma VI n. 2 c.c. trattandosi semplicemente di fatture emesse dalla società YYY in favore di soggetti terzi (inoltre la difesa della XXX non ha mai allegato – nel rispetto dei termini deputati alla fissazione del thema decidendum- che la somma ivi pretesa si riferisse all’attività professionale dalla stessa svolta in favore dei soggetti indicati nelle fatture suddette; cfr. quanto dedotto nell’atto di citazione e nella prima memoria di cui all’art. 183 comma VI cn. 1 c.p.c.; per cui le circostanze addotte solamente con la memoria di cui all’artt. 183 comma VI n. 2 c.p.c. e la documentazione con essa depositata sono inammissibili con conseguente inammissibilità anche della prova per testi richiesta su fatti esulanti il thema disputandum; trattavasi, inoltre, di capitoli generici; in secondo luogo non risulta abbia mai citato i testi ammessi sui cap. formulati ai nn. 1-11 nella memoria di cui al comma VI n. 2 dell’art. 183 c.p.c.; infine non ha insistito in sede di precisazione delle conclusioni nelle prove testimoniali articolare e non ha mai formulato istanze di revoca dell’ordinanza resa alla udienza del 12/12/2019. Comunque resta il fatto che la citata prova testimoniale non riguardava la sussistenza di un accordo con la società avente ad oggetto il pagamento delle prestazioni rese dalla XXX – socio amministratore dimissionario dal 18 aprile del 2015 della stessa- nei confronti dei suddetti clienti. Né è stato mai dedotto e provato a quanto ammontasse eventualmente il compenso pattuito per le relative prestazioni. Come già detto la XXX non ha mai indicati come abbia determinato l’importo di E. 24.960,00. Sebbene non ne sia stata reiterata la richiesta è bene rilevare che sono inammissibili anche tutte le istanze avanzate ex art. 210 c.p.c. dalla difesa della XXX in quanto generiche ed esplorative).

Per cui la domanda sul punto va rigettata.

Quindi ed in conclusione resta accertato esclusivamente il diritto della XXX ad ottenere il pagamento da parte della società della somma di E. 12.000,04 di cui alla fattura n. 4 del 3/06/2015.

Importo che la società ha già pagato, come sopra riportato.

Va parimenti rigettata la domanda risarcitoria avanzata in riconvenzionale dalla società ai sensi degli artt. 25982390 c.c.

In relazione a tale domanda è sufficiente rilevare (in ragione della cd. ragione più liquida) che la domanda è assolutamente generica per aver omesso la parte qualsivoglia specifica allegazione e prova del danno asseritamente subito dalla società (e ancor prima del relativo nesso di causalità).

Premesso – infatti- che non vi è alcun elemento e/o prova che consenta di imputare alla condotta imputata alla XXX ( risalente al luglio del 2015, vedasi relazione investigativa in atti mentre la società “studio XXX *** S.r.l. semplificata è stata costituita dalla XXX in data 15/04/2015 e messa a sua volta in liquidazione in data 04/08/2015) e la decisione di mettere in liquidazione la società YYY (decisa in data 10/11/2015non è stato dimostrato neppure il danno asseritamente da questa patita che la difesa della società si riservava di far accertare in corso di causa (cfr. conclusioni rassegnate in comparsa) ma che non ha poi fatto (la stessa difesa ha fra l’latro rinunciato anche a sentire i testi che erano stati ammessi. Mentre l’unico teste escusso ha confermato la relazione investigativa prodotta).

Né è ammissibile una liquidazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c. pure richiamato dalla difesa della società.

Come è noto la valutazione equitativa del danno – ai sensi dell’art. 1226 c.c. – espressione del più generale potere di cui all’art. 115 c.p.c.- non può sopperire a un difetto di prova circa la ricorrenza del danno, ma soccorre sussidiariamente ove, provato il danno, sia difficile o impossibile quantificarlo. La stessa, pertanto, è subordinata, da un lato, alla condizione che risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile per la parte interessata, provare il danno nel suo preciso ammontare (cosa che non ricorre nel caso in esame), dall’altro non ricomprende anche l’accertamento del pregiudizio della cui liquidazione si tratta, presupponendo già assolto l’onere della parte di dimostrare la sussistenza del danno e non esonera la parte di fornire gli elementi probatori e i dati di fatto dei quali possa ragionevolmente disporre, affinché l’apprezzamento equitativo sia per quanto possibile ricondotto alla sua funzione di colmare solo le lacune insuperabili nell’iter della determinazione dell’equivalente pecuniario del danno.

Quindi ed in conclusione la domanda riconvenzionale avanzata dalla società va rigettata.

Le spese seguono la maggiore soccombenza della società YYY s.r.l. in liquidazione e si liquidano in favore della XXX ex Dm 55/2014 (valori medi) come da dispositivo avuto riguardo al valore della causa (pari alla somma di E. 12.000,04 ivi accertata come dovuta) e alle attività processuali svolte (si evidenzia che anche il contributo unificato viene riconosciuto in relazione al citato importo di E. 12 mila).

P.Q.M.

Il Tribunale di Ancona, Sezione Impresa, definitivamente pronunciando sulla causa iscritta in I grado al n. 1213/2017 RG, disattesa ogni diversa domanda o eccezione, così decide:

ACCERTA

E dichiara che il credito vantato da XXX in favore della società YYY s.r.l. in liquidazione è pari – per i titoli e per le causali di cui in motivazione- ad E. 12.000,04; somma già versata dalla predetta società alla XXX e che quest’ultima ha il diritto di trattenere;

RIGETTA

Per tutte le altre domande avanzate dalla XXX siccome infondate per le causali di cui in motivazione;

RIGETTA

La domanda riconvenzionale avanzata dalla società YYY s.r.l. in liquidazione siccome infondata per le causali di cui in motivazione;

CONDANNA

La società YYY s.r.l. in liquidazione al pagamento in favore di XXX delle spese di lite che si liquidano – per le causai di cui in motivazione ed in favore del difensore dichiaratosi antistatario- in E. 4.835,00 a titolo di compenso professionale, E. 501,00 a titolo di esborsi, oltre al 15% a titolo di rimborso forfettario, Iva e Cpa, come per legge,

Così deciso nella Camera di Consiglio del 13/04/2021

Il Presidente

Il Giudice rel./est.

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