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Danno catastrofale, sofferenza provata dalla vittima

Danno catastrofale, sofferenza provata dalla vittima nella cosciente attesa della morte seguita dopo apprezzabile lasso di tempo dalle lesioni.

Pubblicato il 06 August 2019 in Diritto Civile, Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL GIUDICE DEL LAVORO DEL TRIBUNALE DI VENEZIA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 409/2019 pubblicata il 02/08/2019

nella causa di lavoro n. /2018 RG promossa con ricorso

da XXX e YYY

con proc. dom. avv.ti, per mandato in calce al ricorso – ricorrenti –

contro

ZZZ SPA

con gli avv.ti come da mandato allegato alla comparsa di costituzione

– resistente –

in punto: responsabilità ex art. 2087 c.c. : danno terminale e danno iure proprio; decisa all’ udienza del 18.6.2019

FATTO
Con ricorso depositato presso la sezione lavoro del Tribunale di Venezia in data 12.6.2018 i ricorrenti in epigrafe indicati, eredi (moglie e figlio) di KKK, operante per oltre 30 anni presso gli stabilimenti chimici di e deceduto per mesotelioma pleurico il 17.6.2018, hanno convenuto in giudizio la ZZZ spa quale successore universale delle datrici di lavoro del medesimo congiunto ritenute responsabili del suo decesso.

Espongono, e documentano, che tale responsabilità quanto alla causazione del mesotelioma è già stata accertata con sentenza n. /2016 di questo stesso Tribunale del Lavoro, che ha liquidato a favore del decuius a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale differenziale correlato al grado di invalidità permanente, stimato dal CTU nella misura dell’80%, euro 452.672,00.

Agiscono in giudizio per ottenere il risarcimento del danno jure proprio nonché iure hereditatis del danno biologico e morale sofferto dal defunto nell’ ultimo periodo di vita, ossia quello successivo alla sentenza /2016.

Chiedono come risarcimento dei danni non patrimoniali acquisiti iure successionis euro 265.200,00 e come risarcimento dei danni iure proprio euro 300.000,00 la vedova ed euro 280.000,00 il figlio.

La Società convenuta si è costituita contestando in fatto e in diritto le avversarie pretese, in particolare chiedendo il mutamento del rito quanto alla domanda jure proprio, negando la propria responsabilità e contestando il quantum.

La causa è stata istruita con acquisizione della documentazione offerta.

Sono state depositate note finali autorizzate.

All’ udienza 18.6.2019 la decisione è stata adottata con dispositivo e fissazione di giorni 60 per il deposito della motivazione.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso va accolto per euro 109.851,00 oltre accessori a titolo di danno terminale, spettante iure hereditatis in proporzione alle rispettive quote ereditarie ex lege, ed euro 250.000,00 quanto a XXX ed euro 200.000,00 quanto a YYY oltre accessori a titolo di risarcimento del danno iure proprio.

KKK è deceduto il 17 giugno 2017 un anno e un mese dopo la pronuncia, da parte di questo stesso Tribunale, della sentenza n. 360/2016 che ha liquidato a favore dello stesso e a carico di ZZZ, a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale causato da mesotelioma contratto nello svolgimento dell’ attività lavorativa, l’importo di euro 452.672,00.

L’indennizzo è stato così determinato con riferimento a un grado di invalidità permanente stimato dal CTU nella misura dell’80%, applicato il criterio del valore per punto di invalidità e detratto quanto già erogato dall’ Inail a titolo di biologico.

Il ctu di tale causa, dr ***, pur dato atto della certa prognosi infausta della patologia, ha comunque riconosciuto la sussistenza di un’invalidità permanente, considerando i postumi stabilizzati in misura pari, appunto, all’ 80%.

Tenuto conto di tali risultanze il Tribunale ha dunque liquidato il danno non patrimoniale applicando il criterio del punto di invalidità, con quantificazione del differenziale in euro 452.672,00.

Per effetto di tale sentenza, passata in giudicato, sono accertate, appunto con valenza di giudicato, sia la riconducibilità del mesotelioma all’attività lavorativa svolta dal KKK all’ interno dell’ area del petrolchimico di, sia la responsabilità di ZZZ ex art. 2087 cc.

La documentazione allegata all’ odierno ricorso e la ctu dr *** dimostrano, d’altro canto, che il decesso in data 17.6.2017 è stato provocato dal mesotelioma verificato dalla medesima ctu ***.

Palesemente tardiva e irrituale la produzione da parte di ZZZ della perizia di parte dr, dimessa telematicamente in data 16.6.2019, ossia due giorni prima della discussione, posteriore anche alle note finali e non autorizzata, asseritamente diretta a supportare una richiesta di ctu in realtà mai prima avanzata.

La ctu medico legale non è stata invero ammessa siccome superflua essendo il nesso patologia/decesso compiutamente riscontrato innanzitutto dalla valutazione del ctu *** circa il certo esito infausto del mesotelioma (comunque notorio e pacifico), ed ulteriormente dal certificato di morte e certificazione medica specialistica ricompresa tra gennaio 2017 e il decesso a giugno dello stesso anno, docc. rispettivamente 2, 13, 14, 19, 21 24 ric., tutti comprovanti il decesso per mesotelioma.

Attesa la già accertata addebitabilità ad ZZZ ex art 2087 cc della malattia (sentenza 360/2016 passata in giudicato), ne deriva automaticamente la responsabilità della Società anche per il decesso, da cui dunque innanzitutto l’obbligo di risarcimento del danno jure proprio.

Tale pregiudizio, sulla base delle Tabelle di Milano aggiornate “Edizione 2018”, considerato che si tratta, quanto alla di coniuge per oltre 40 anni e quanto a YYY di figlio unico, tenuto inoltre conto dell’inevitabile ricaduta sugli stretti congiunti del grave patimento sofferto dal decuius all’ avvicinarsi della morte, va liquidato in via equitativa a favore della vedova in euro 250.000,00 e a favore del figlio in euro 200.000,00 oltre accessori , ossia per entrambi in valore intermedio tra il minimo e il massimo della Tabella .

Ciò posto in punto responsabilità e danno jure proprio, la questione piu’ spinosa, oggettivamente controvertibile, è se, considerata la liquidazione già ottenuta dal decuius in vita con la sentenza 360/2016 quale invalidità permanente sulla base del punto di invalidità, residui un danno non patrimoniale jure hereditatis e se sì come vada liquidato.

Ritiene al riguardo questo giudicante che il danno non patrimoniale provocato dalla malattia sia già interamente risarcito per effetto della sentenza 360/2016, e vada qui risarcito unicamente l’ulteriore danno c.d. terminale (cfr Cass 8292/2019) , per i seguenti motivi. Come è noto il danno differenziale biologico in caso di decesso, quale danno iure hereditario, non va liquidato utilizzando il criterio del valore per punto di invalidità, che serve per liquidare il danno da invalidità permanente, bensì applicando il meccanismo di liquidazione del danno da invalidità temporanea tenuto conto della durata della malattia tra insorgenza e decesso.

Insegna infatti la Cassazione con orientamento costante che, nel caso in cui intercorra un apprezzabile lasso di tempo tra le lesioni colpose e la morte causata dalle stesse, è configurabile un danno biologico risarcibile, da liquidarsi in relazione alla menomazione dell’ integrità psicofisica patita dal danneggiato per quel periodo di tempo, e il diritto del danneggiato a conseguire il risarcimento del danno è trasmissibile agli eredi “iure hereditatis” (n. 18163 del 28.8.2007, conf. Cass. n. 9959 del 28.4.2006 e Cass. n. 3549 del 23.2.2004). In questo caso, l’ammontare del danno biologico sarà commisurato soltanto all’inabilità temporanea, e tuttavia il giudice di merito, ai fini della liquidazione, dovrà tenere conto, nell’adeguare l’ammontare del danno alle circostanze del caso concreto, del fatto che, se pure temporaneo, tale danno è massimo nella sua entità ed intensità, tanto che la lesione alla salute è così elevata da non essere suscettibile di recupero e da esitare nella morte.

E’ d’ altro canto altrettanto noto che la Corte di Cassazione a SS.UU. con la decisione n. 15350 del 22 luglio 2015 rel. Salmè ha confermato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui “non costituisce danno biologico la lesione diretta del bene della vita indipendentemente da quell’intervallo di tempo che pur sempre, anche se minimo, intercorre tra le causa della morte e la morte stessa.

Dunque le SS.UU. , nel pronunciarsi sul danno tanatologico a seguito del contrasto insorto, rispetto al precedente orientamento, per effetto della nota pronuncia n. 1361/2014, ha ribadito la non-risarcibilità iure hereditatis del danno da perdita del bene vita immediatamente conseguente alle lesioni derivanti da un fatto illecito, e la risarcibilità invece del danno da lesione in capo al defunto, con conseguente trasmissibilità mortis causa dell’obbligazione risarcitoria agli eredi, qualora la morte segua – come nel caso di specie – dopo un apprezzabile lasso di tempo (nozione indicata come danno biologico terminale o danno catastrofale).

Tale pronuncia negazionista, confermativa dell’orientamento consolidato ante Cassazione 2014, riguarda dunque chiaramente, così come la nozione di danno tanatologico in senso proprio, unicamente il caso di morte immediata o che segua entro brevissimo lasso di tempo alle lesioni.

Il caso di specie involge la diversa questione del risarcimento delle lesioni esitate in morte dopo un certo lasso di tempo, trasmissibile agli eredi, per il quale è ribadita la liquidazione quale invalidità temporanea con il massimo di personalizzazione in considerazione dell’ entità e intensità del danno.

Testualmente sub par. 3.1.: “L’ordinanza della terza sezione, con la quale è stato segnalato il contrasto consapevole tra la sentenza n. 1361 del 2014 e il precedente costante e risalente orientamento, individua la questione rimessa all’esame di queste sezioni unite nella rìsarcibilità o meno iure hereditatis del danno da perdita della vita immediatamente conseguente alle lesioni derivanti da un fatto illecito. Esulano quindi dal tema che formerà oggetto della presente decisione le questioni relative al risarcimento dei danni derivanti dalla morte che segua dopo un apprezzabile lasso di tempo alle lesioni. Con riferimento a tale situazione, infatti, non c’è alcun contrasto nella giurisprudenza di questa Corte (che prende le mosse dalla sentenza delle sezioni unite del 22 dicembre 1925, alla quale di seguito si farà più ampio riferimento) sul diritto iure hereditatis al risarcimento dei danni che si verificano nei periodo che va dal momento in cui sono provocate le lesioni a quello della morte conseguente alle lesioni stesse, diritto che si acquisisce al patrimonio del danneggiato e quindi è suscettibile di trasmissione agli eredi”.

Come puntualizzata nella pronunci in questione ( ss.uu. 2015), l’unica distinzione che si registra negli orientamenti giurisprudenziali riguarda la qualificazione, ai fini della liquidazione, del danno da risarcire:

– da un orientamento, con mera sintesi descrittiva, è indicato come “danno biologico terminale” liquidabile come invalidità assoluta temporanea, sia utilizzando il criterio equitativo puro che le apposite tabelle (in applicazione dei princìpi di cui alla sentenza n. 12408 del 2011), ma con il massimo di personalizzazione in considerazione della entità e intensità del danno ( Cass. n. 26972 del 2008 ; cfr Cass. n. 11169 del 1994, n. 12299 del 1995, n. 4991 del 1996, n. 1704 del 1997, n. 24 del 2002, n. 3728 del 2002, n. 7632 del 2003, n 9620 del 2003, n. 11003 del 2003, n. 18305 del 2003, n. 4754 del 2004, n. 3549 del 2004, n. 1877 dei 2006, n. 9959 del 2006, n. 18163 del 2007, n. 21976 del 2007, n. 1072 del 2011);

– da altro orientamento è classificato come “danno catastrofale”, avuto così riguardo alla sofferenza provata dalla vittima nella cosciente attesa delia morte seguita dopo apprezzabile lasso di tempo dalle lesioni.

Secondo alcune decisioni tale danno “catastrofale” ha natura di danno morale soggettivo (Cass. n. 28423 del 2008, n. 3357 del 2010, n. 8630 del 2010, n. 13672 del 2010, n. 6754 del 2011, n. 19133 del 2011, n. 7126 del 2013, n. 13537 del 2014), per altre di danno biologico psichico (cass. n. 4783 del 2001, n. 3260 del 2007, n. 26972 de! 2008, n. 1072 del 2011).

Da tali incertezze non sembrano tuttavia derivare differenze rilevanti sul piano concreto della liquidazione dei danni perché, come già osservato, anche in caso di utilizzazione delle tabelle di liquidazione del danno biologico psichico dovrà procedersi alla massima personalizzazione per adeguare il risarcimento alle peculiarità del caso concreto, con risultati sostanzialmente non lontani da quelli raggiungibili con l’utilizzazione del criterio equitativo puro utilizzato per la liquidazione dei danno morale

Quanto al caso di specie va, ovviamente, tenuto conto che il decuius per la malattia (mesotelioma) poi esitata nel decesso del giugno 2017 è già stato risarcito in base al criterio del punto di invalidità, ossia parametrato all’ aspettativa di vita.

Applicando il criterio del punto di invalidità, da un lato, si perviene a liquidazione congiunta (cioè unica) di tutte le componenti del danno non patrimoniale, sia nei suoi risvolti anatomofunzionali e relazionali, sia quanto agli aspetti di sofferenza soggettiva, dall’ altro tiene conto dell’ aspettativa media di vita.

Il danno residuo oggi liquidabile non è perciò, come rivendicato in ricorso, il complessivo danno non patrimoniale a far data dalla sentenza 360/2016 fino al decesso, bensì unicamente il danno terminale, per così dire, “puro”, ossia il danno temporaneo nella fase finale della vita caratterizzata dalla consapevolezza circa l’avvicinarsi dell’ evento morte.

Tale pregiudizio, applicate le Tabelle di Milano aggiornate, va liquidato in via equitativa in euro 109.851,00 così determinato: euro 30.000,00 per tre giorni + a partire dal quarto giorno fino al 100° giorno antecedente al decesso, tenuto conto dell’ elevato grado di sofferenza tale da giustificare la massima personalizzazione (50%), importo giornaliero pari ad euro 1000,00 quanto al 4° giorno diminuito progressivamente giorno per giorno fono al valore, al 100° giorno, di euro 147,00 ( = euro 98 aumentato del 50%).

Come sopra detto ogni ulteriore danno, in particolare il preteso danno biologico temporaneo fino (andando a ritroso) alla sentenza 360/2016, non può essere liquidato siccome assorbito dalla liquidazione, con la medesima sentenza 360/2016, in base al punto di invalidità, che tiene conto dell’ aspettativa media di vita.

Per le esposte ragioni ZZZ va dunque condannata a pagare ai ricorrenti a titolo di risarcimento del danno terminale, spettante iure hereditatis in proporzione alle rispettive quote ereditarie ex lege, euro 109.851,00 oltre a interessi legali dal dovuto al saldo effettivo, ed inoltre a titolo di risarcimento del danno iure proprio a XXX euro 250.000,00 e a YYY euro 200.000,00, oltre accessori di legge dal 17.6.2017 al saldo effettivo.

Rifusione integrale delle spese di lite in base a soccombenza liquidate come in dispositivo.

p.q.m
contrariis reiectis, definitivamente pronunciando così provvede:

A. accertata la responsabilità della società parte resistente nella causazione della malattia professionale che ha determinato il decesso di KKK, rigettato il ricorso quanto ad ogni diversa ulteriore voce di danno, condanna parte resistente a pagare ai ricorrenti :

1) a titolo di risarcimento del danno terminale, spettante iure hereditatis in proporzione alle rispettive quote ereditarie ex lege, euro 109.851,00 oltre a interessi legali dal dovuto al saldo effettivo;

2) a titolo di risarcimento del danno iure proprio a XXX euro 250.000,00 e a YYY euro 200.000,00, oltre accessori di legge dal 17.6.2017 al saldo effettivo; B. condanna la medesima società resistente alla rifusione delle spese di lite, che liquida, al netto di accessori di legge, in euro 12.500,00 .

C. in ragione della complessità della controversia fissa per il deposito della motivazione il termine di 60 giorni.

Così deciso in Venezia – udienza 18.6.2019.

Il Giudice

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