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Notificazione telematica, documento privo di firma digitale

Documento originale informatico oggetto di notificazione telematica privo di sottoscrizione con firma digitale, conseguenze.

Pubblicato il 21 November 2018 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

N. 167/18 Sent.

OGGETTO: APPELLO AVVERSO LA SENTENZA N. 138/17 DEL TRIBUNALE DI SPOLETO; AZIONE DI ACCERTAMENTO OBBLIGO CONTRIBUTIVO

REPUBBLICA ITALIANA
In nome del popolo italiano
LA CORTE D’APPELLO DI PERUGIA
-SEZIONE LAVORO-

composta dai magistrati:

ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 167/2018 pubblicata il 16/11/2018

nella causa civile in grado di appello iscritta al n. dell’anno 2018 Ruolo Gen. Contenzioso Lav. Prev. Ass.

p r o m o s s a d a

XXX, rappresentata e difesa dagli avvocati, per delega apposta in calce al ricorso di primo grado, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv.

– a p p e l l a n t e – c o n t r o

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE – INPS, con sede in Roma,

, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso congiuntamente e disgiuntamente dagli avv.ti, per procura generale alle liti a rogito del dr, notaio in

Roma, ed elettivamente domiciliato a Perugia, presso l’ufficio legale dell’I.N.P.S.

– a p p e l l a t o –

Oggetto: Appello avverso la sentenza n. 138/17 del Tribunale di Spoleto; azione di accertamento obbligo contributivo.

Causa decisa all’udienza collegiale del 14 novembre 2018.

CONCLUSIONI DELLE PARTI
PER L’APPELLANTE: “Voglia l’Ill.mo Collegio riformare l’impugnata sentenza del Tribunale di Spoleto, nella parte sfavorevole a parte ricorrente e, conseguentemente, accogliere le seguenti conclusioni: accogliere integralmente le conclusioni di cui al ricorso di primo grado accertando e dichiarando l’insussistenza totale o parziale dell’obbligo di parte ricorrente di iscriversi e di versare contributi alla gestione degli esercenti attività commerciale presso l’I.N.P.S., per difetto dei presupposti di legge; con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa di entrambi i casi di giudizio”. PER L’APPELLATO: “Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello adita, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, dichiarare improcedibile il ricorso. Con vittoria di spese ed onorari di causa”.

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
1. La controversia concerneva, in primo grado, la domanda avanzata da XXX, nei confronti dell’I.N.P.S., con ricorso depositato dinanzi al Tribunale di Spoleto in data 22 gennaio 2015, con cui la ricorrente chiedeva che venisse accertata l’inesistenza del suo obbligo di iscriversi e di versare, per gli anni 2007, 2008, 2009, 2010 e 2011, i contributi alla Gestione degli esercenti attività commerciale presso l’I.N.P.S. e che, conseguentemente, venisse dichiarata la nullità e/o l’illegittimità del verbale di accertamento n. redatto in data 5 aprile 2013 dagli organi ispettivi di vigilanza della sede locale dell’I.N.P.S.

2. Con sentenza n. 138/2017, pubblicata in data 13 settembre 2017, il Tribunale di Spoleto rigettava il ricorso ed, in accoglimento della domanda riconvenzionale, condannava la ricorrente al pagamento dei contributi accertati con verbale ispettivo del 5 aprile 2013, compensando tra le parti le spese di lite.

Secondo il giudicante l’obbligo di iscrizione alla gestione commercianti e di versare i contributi a tale gestione da parte dei produttori assicurativi autorizzati direttamente ad operare sulla base di un’apposita lettera da parte della compagnia di assicurazioni, categoria alla quale apparteneva la ricorrente, discendeva dall’art. 44 comma 2° del decreto legge n. 326/2003, che contemplava espressamente (gruppo IV) la categoria dei “produttori liberi di piazza o di zona e cioè senza obbligo di un determinato minimo di produzione; compensati con provvigioni, oppure con provvigioni e premi di produzione: il tutto risultante da apposita lettera di autorizzazione”, nell’ambito della quale era inquadrabile l’attività svolta dalla ricorrente.

3. Con ricorso depositato un data 8 marzo 2018, XXX interponeva appello avverso la sentenza di primo grado chiedendo che, in riforma della decisione appellata, venissero accolte integralmente le conclusioni rassegnate in primo grado, con conseguente accertamento dell’insussistenza, da parte della medesima ricorrente, dell’obbligo di iscriversi e di versare contributi alla gestione degli esercenti attività commerciali presso l’I.N.P.S.

Si costituiva in appello l’I.N.P.S. eccependo l’inesistenza del ricorso in quanto l’atto notificato via pec, contenente tre files aventi ad oggetto “notificazione ai sensi della l. 53 del 1994 – appello ***”, era privo di una valida firma digitale come risultante dalla documentazione prodotta (esiti della verifica digitale della firma del file denominato “XXX Corte di Appello Perugia.pdf.p7m”). Inoltre, tutti i tentativi di aprire il file denominato “XXX Corte di Appello Perugia.pdf.p7m” erano risultati vani. Conseguentemente, il ricorso doveva essere dichiarato improcedibile.

4. Preliminarmente dev’essere respinta l’eccezione di inesistenza e/o improcedibilità del ricorso sollevata dall’I.N.P.S. con l’atto di costituzione in giudizio.

Ed infatti, la Suprema Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 17020/2018, depositata in data 28 giugno 2018, affrontando un’eccezione di nullità del ricorso perché non sottoscritto con firma digitale (quindi sprovvisto dell’estensione .p7m), ha stabilito che le specifiche tecniche previste dall’art. 18, comma 1°, d.m. 21 febbraio 2011, n. 44, per l’adozione, nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, non prevedono che il documento originale informatico oggetto di notificazione telematica debba essere sottoscritto con firma digitale. In particolare, come ha precisato la Suprema Corte, “deve considerarsi documento originale informatico l’atto giudiziario redatto al computer con qualsiasi sistema di videoscrittura. L’unico vincolo imposto dalle specifiche tecniche è che il documento sia convertito in formato PDF <senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti>”.

Dunque, l’appellato cade in errore quando afferma che il documento allegato alla notificazione telematica deve essere obbligatoriamente sottoscritto con firma digitale.

Al riguardo, la Suprema Corte ha tenuto a precisare che: “La sottoscrizione digitale è prescritta dall’art. 12 delle specifiche tecniche, ma si riferisce alla copia dell’atto processuale da depositare telematicamente all’ufficio giudiziario. Del resto, che la sottoscrizione digitale dell’atto da notificare costituisca una mera eventualità, risulta chiaro dal tenore testuale dell’art. 19-bis, comma 4, delle specifiche tecniche.

La sottoscrizione digitale dell’atto processuale da notificare non è prevista neppure dall’art. 18, comma 1, d.m. 21 febbraio 2011, n. 44, o dall’art. 3-bis della legge 21 gennaio 1994, n. 53 (che costituisce la fonte primaria della disciplina della notificazione con modalità telematica).

Deve quindi escludersi che sussista alcun obbligo, per il difensore che proceda alla notificazione telematica di un atto processuale, di sottoscrivere digitalmente il documento che intende allegare al messaggio di posta elettronica certificata.

Vale la pena di aggiungere, per completezza, che una nullità processuale non potrebbe comunque essere comminata da una norma regolamentare o, ancora a maggior ragione, da un provvedimento (le specifiche tecniche) del responsabile per i sistemi informativi autorizzati del Ministero della giustizia, la cui adozione, a sua volta, non è prevista dalla legge, ma da un decreto ministeriale. Si tratta, infatti, di una fonte normativa di terzo livello sprovvista di copertura legislativa”.

Quanto alla dedotta impossibilità di aprire il file contenente l’atto di appello notificato, va detto che la parte che ha sollevato l’eccezione (e sulla quale incombeva il relativo onere probatorio) non ha allegato elementi di fatto idonei a dimostrare che, tecnicamente, tale impossibilità non fosse imputabile alla stessa parte notificata. Di qui l’irrilevanza della circostanza dedotta.

5. Passando al merito, con il primo motivo di gravame, l’appellante censurava la decisione appellata sostenendo di non essere tenuta all’iscrizione ed al versamento dei contributi alla gestione degli esercenti le attività commerciali presso l’I.N.P.S., in quanto l’art. 44 comma 2° del d.l. n. 326/2003 puntualmente rinviava per l’individuazione dei soggetti obbligati all’iscrizione alla gestione citata al contratto collettivo corporativo fra agenti e produttori di assicurazione del 1939, il quale si riferiva testualmente solo ai produttori delle agenzie e delle sub-agenzie di assicurazione e non anche a quelli delle compagnie assicurative (c.d. “produttori diretti”), categoria quest’ultima alla quale apparteneva l’appellante.

Né, d’altro canto, la previsione normativa poteva formare oggetto di applicazione analogica, stante l’espresso divieto dell’applicazione analogica delle norme corporative sancito dall’art. 13 delle preleggi.

Infine, l’appellante citava numerose decisioni di merito (di primo e secondo grado) le quali avevano stabilito che l’obbligo di iscrizione alla gestione degli esercenti le attività commerciali riguardava, i produttori di agenti di assicurazione, in rapporto negoziale con questi ultimi, e non anche i produttori diretti delle compagnie di assicurazione, in rapporto negoziale con queste ultime, precisando che la disposizione si coordinava anche con la sopravvenuta disciplina di cui all’art. 106 del d.lgs. n. 209/2005 (c.d. codice delle assicurazioni), confermativa dell’esistenza di due figure professionali normativamente diversificate, soggette all’iscrizione in sezioni distinte del registro degli intermediari assicurativi e riassicurativi.

Il motivo – che assorbe i successivi motivi di gravame – è fondato.

Ed infatti, sulla questione oggetto del contendere è intervenuta recentemente la Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 1768/18, depositata il 24 gennaio 2018, di cui si riportano di seguito, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 118 disp. att. c.p.c., i passaggi salienti (dal par. 3 al par. 15), a cui questa Corte intende uniformarsi condividendone in pieno il ragionamento e le conclusioni.

“3. L’art. 44 comma 2 d.l. 26/2003, conv. con mod. in l. 326/2003 individua i soggetti tenuti all’iscrizione nella gestione commercianti, dal primo gennaio 2004, nei < produttori di 3° e 4° gruppo di cui agli articoli 5 e 6 del contratto collettivo per la disciplina dei rapporti fra agenti e produttori di assicurazione del 25 maggio 1939 >; il contratto collettivo richiamato definisce tali produttori nel seguente modo: < Art. 1 – l’intera categoria dei produttori delle agenzie e subagenzie di assicurazione, comunque essi siano denominati, viene divisa nei seguenti gruppi: I …. II

…. III – Produttori i quali hanno obbligo di lavorare esclusivamente per l’agenzia o sub-agenzia dalla quale hanno ricevuto la lettera di nomina e per i rami dalla stessa esercitati, ed hanno anche obbligo di un determinato minimo di produzione e che sono compensati con provvigioni, anche se corrisposte mediante anticipazioni; IV – Produttori liberi di piazza o di zona e, cioè, senza obbligo di un determinato minimo di produzione, compensati con provvigioni, oppure con provvigioni e premi di produzione: il tutto risultante da apposita lettera di autorizzazione; …”.

4. Questa Corte di Cassazione (Cass. n. 4988/2015) ha riconosciuto l’attuale vigenza del contratto collettivo corporativo 25 maggio 1939 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 12 dicembre 1939 ed avente efficacia normativa erga omnes e pubblicità legale, in quanto adottato ex lege n. 741 del 1959), a norma del D.Lgs.Lgt. 23 novembre 1944, n. 369, art. 43 (secondo cui: “Per i rapporti collettivi ed individuali, restano in vigore, salvo le successive modifiche, le norme contenute nei contratti collettivi, negli accordi economici, nelle sentenze della magistratura del lavoro e nelle ordinanze corporative di cui alla l. 3 aprile 1926, n. 563, artt.10 e 13, alla l. 5 febbraio 1934, n. 163, artt. 8 e 11, ed al d.l. 9 agosto 1943, n. 721, artt. 4 e 5”) e che tale contratto corporativo è stato recepito, per la disciplina d’interesse, dal d.l. n. 269 del 2003, art. 44, comma 2, conv. in l. n. 326 del 2003.

La lettura testuale dell’art. 44 appena citato e del contratto corporativo richiamato rende evidente che:

– il richiamo della norma al contratto collettivo corporativo intercorrente tra produttori ed agenzie e sub-agenzie e la qualità dei soggetti collettivi contraenti è, per la precisione del rinvio alla fonte contrattuale corporativa, elemento significativo utilizzato dal legislatore previdenziale per strutturare la disposizione con effetti di specifica selezione;

– dunque, la concreta indagine relativa ai caratteri delle attività rispettivamente proprie dei produttori del terzo o del quarto gruppo va condotta considerando che le medesime attività divengono significative, ai fini dell’obbligo dell’iscrizione alla gestione commercio, solo se rese in favore di agenzie e sub-agenzie;

– il contenuto delle due declaratorie non può essere disgiunto dal necessario riferimento alla controparte contrattuale dell’agenzia o della sub-agenzia poiché il richiamo alla contrattazione collettiva per di più corporativa vigente ex lege n. 741/1959 esclude in radice la correttezza di interpretazioni analogiche ai sensi dell’art. 13 delle disp. prel. Al codice civile (Cass. n. 628/1972; 54/1987; 2599/1985; 430/1985);

– dunque, non è corretto interpretare il contenuto dell’obbligo di iscrizione nella gestione commercianti prescindendo dalla sussistenza del presupposto specifico che il produttore lavori in favore di agenzie o sub-agenzie, ritenendo sufficiente che ricorrano solo alcuni degli aspetti caratterizzanti le figure dei produttori di agenzia quali la presenza di una lettera di nomina, vincoli di piazza, o di zona, minimi di produzione etc.

5. Né una siffatta operazione interpretativa, si ripete contraddetta dal chiaro testo di legge, potrebbe trovare logica conferma nella realtà economica che in concreto confonda la categoria dei produttori diretti con quella dei produttori di agenzia o di sub-agenzia.

Al contrario, la distinzione tra produttori di agenzia e di sub-agenzia e produttori diretti è reale, derivando in concreto dalla diversità che la pratica imprenditoriale del settore degli intermediari del sistema assicurativo consente di apprezzare e che il codice delle assicurazioni, d.lgs. 209/2005 di recepimento della direttiva U.E. 92/2002, ha posto sul piano del diritto positivo nel titolo dedicato agli intermediari assicurativi (titolo IX).

6. L’art. 109 del codice delle assicurazioni, in particolare, dispone che sono produttori diretti – da iscriversi nella sezione c) del registro unico degli intermediari a cura dell’impresa che se ne avvale – quei soggetti che < anche in via sussidiaria rispetto all’attività svolta a titolo principale, esercitano l’intermediazione assicurativa nei rami vita e nei rami infortuni e malattia per conto e sotto la piena responsabilità di un’impresa di assicurazione e che operano senza obblighi di orario o di risultato esclusivamente per l’impresa medesima >.

La dottrina colloca tale figura di intermediario assicurativo tra quelle cosiddette di “primo livello” proprio per la relazione diretta con l’impresa assicuratrice, pur dividendosi tra chi la distingue da agenti e brokers per l’assenza rispettivamente di vincolo stabile di collaborazione con l’impresa o dell’attività di consulenza in favore del cliente e chi ritiene che il produttore diretto ed il broker sarebbero assimilabili in quanto l’attività precipua di entrambe le figure di intermediario consisterebbe nella “messa in contatto di due o più parti”, mentre non sarebbe determinante a fini definitori il fatto che il produttore non svolga attività consulenziale potendo ciò essere comune anche al broker senza snaturarne la tipica funzione.

7. Gli intermediari iscritti alla sezione e) del Registro unico degli intermediari, invece, sono gli < addetti all’intermediazione, quali i dipendenti, i collaboratori, i produttori e gli altri incaricati degli intermediari iscritti alle sezioni di cui alle lett. a), b) e d) per l’attività di intermediazione svolta al di fuori dei locali dove l’intermediario opera >. L’iscrizione di tali soggetti nella sezione

e) deve essere effettuata dall’intermediario di livello superiore che se ne avvale; qualora il soggetto da iscrivere fosse ausiliario di un agente, questi deve informare l’impresa preponente in ordine alla richiesta di iscrizione e contestualmente ad essa.

8. L’individuazione di tali operatori, dunque, riguarda come previsto dal testo di legge, tanto i dipendenti di un intermediario principale, quanto i collaboratori professionali che svolgono attività che tendenzialmente riproduce, in via derivata, le caratteristiche proprie dei rapporti intercorrenti tra l’intermediario principale ed il soggetto per cui esso agisce. Così rientrano nella categoria in esame, oltre ai subagenti, che differiscono dagli agenti solo perché non hanno un rapporto diretto con un’impresa preponente ed agiscono per conto di un altro intermediario di livello superiore,anche i c.d. “produttori” che, ovviamente, non possono coincidere con i produttori diretti di cui alla sezione c). L’art. 109 c.a.p. vuole riferirsi, quindi, a quei soggetti che esercitano l’attività di intermediazione senza aver assunto, nei confronti del preponente, vincoli di stabilità ed obblighi promozionali. Si tratta di figure che, di fatto, si sostituiscono alle funzioni di agenti e subagenti ed in ciò la dottrina di settore ha scorto anche intenti elusivi delle impegnative norme civilistiche relative al rapporto di agenzia (e di sub-agenzia), come ad esempio quelle relative alle indennità di fine rapporto previste dall’art. 1751 c.c. o, più in generale, di carattere previdenziale. 9. Può, dunque, rilevarsi che dall’esame della figura di operatore in questione tracciata dall’Accordo Corporativo tra Agenti e Produttori di Assicurazioni del 25 maggio 1939, si trae il convincimento che il produttore è normalmente considerato una specie del procacciatore d’affari che ha, con l’impresa o l’intermediario preponente, un rapporto meno vincolato sul piano operativo e giuridico rispetto a quello di chi è più intensamente integrato nella struttura organizzativa imprenditoriale dell’agente.

10. Come conferma anche il contenuto della stessa lettera di nomina tipo per i produttori del quarto gruppo allegata all’Accordo Corporativo del 1939, che esordisce con l’enunciazione dell’autorizzazione da parte dell’Agenzia < a procurarci affari di assicurazione per i rami …>, il produttore di cui si parla è un intermediario non obbligato a promuovere affari, bensì autorizzato a raccogliere proposte ed in ciò sta la differenza con la figura dell’agente (e dal subagente), che, invece, assume un preciso obbligo promozionale ai sensi dell’art. 1742 c.c.

Anche la giurisprudenza di questa Corte di legittimità definisce tale figura come < colui che raccoglie le ordinazioni dei clienti, trasmettendole alla ditta da cui ha ricevuto l’incarico, senza vincolo di stabilità ed in via del tutto occasionale > (Cass. n. 18737/2003).

11. Così ricostruiti i diversi contenuti economici delle attività proprie dei produttori diretti e di quelli correlati ad agenti o subagenti, risulta comprensibile e razionale la scelta del legislatore previdenziale del 2003 di istituire l’obbligo di iscrizione nella gestione commercianti di questi ultimi, lasciando che i primi ricadano senz’altro nella regola comune ai lavoratori autonomi non rientranti nelle gestioni esistenti di cui alla cd. quarta gestione speciale dell’I.N.P.S. (art. 2 comma 26 della legge n. 335/1995).

12. Non si pone, per questa ragione, alcun dubbio di costituzionalità dell’art. 44 comma 2° del d.l. n. 269/2003 conv. in l. n. 326/2003 in relazione all’art. 3 della Costituzione. Occorre ricordare, infatti, che in materia previdenziale il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione va considerato in relazione necessaria e costante con i diversi contenuti dell’art. 38 della Costituzione e, conseguentemente, con il concreto atteggiarsi del sistema della previdenza sociale nell’ordinamento nazionale che risulta strutturato in enti diversi, secondo un principio pluralistico, ove accanto al regime dell’assicurazione generale obbligatoria riferito ai lavoratori subordinati, esistono le gestioni speciali delle categorie dei lavoratori autonomi tutte affidate all’I.N.P.S., nonché ulteriori regimi speciali, fondi autonomi, fondi sostitutivi che si caratterizzano per essere riservati a determinate categorie professionali.

13. La giurisprudenza costituzionale, cui occorre in primo luogo guardare e dalla quale devono trarsi gli spunti per verificare la correttezza di una tecnica interpretativa costituzionalmente orientata, come auspicato dall’I.N.P.S., ha avuto modo di affermare in più occasioni che il sistema delle assicurazioni sociali obbligatorie è ispirato al principio della pluralità delle coperture previdenziali ed è regolato dalla discrezionalità legislativa nella disciplina degli ordinamenti pensionistici (Corte Cost. nn. 527/1987; 198/2002). In particolare, Corte Costituzionale n. 31/1986, proprio esaminando il sistema dal punto di vista < strutturale >, ha altresì affermato che l’art. 38 Cost. ipotizza due < modelli tipici > di intervento sociale, < l’uno fondato unicamente sul principio di solidarietà (primo comma), l’altro suscettivo di essere realizzato e storicamente realizzato anche nella fase successiva all’entrata in vigore della Carta Costituzionale, mediante gli strumenti mutualistico assicurativi (secondo comma) > e destinati, il primo, ai cittadini, il secondo, ai lavoratori, per fatti giuridici e con prestazioni rispettivamente differenziati; lo stesso articolo, peraltro – aggiunge la Corte – non esclude che il legislatore ordinario, per la realizzazione dei medesimi fini, possa delineare modelli atipici, in ampia libertà.

Secondo Corte Costituzionale n. 173/1986, peraltro < può ritenersi che il legislatore, entro i confini della ragionevolezza, ha il potere di fissare discrezionalmente le misure ed i limiti anche in maniera differenziata per le diverse categorie rapportandoli al concreto momento storico ed economico; di determinare in concreto l’ammontare delle prestazioni e la variazione delle stesse sulla base di un contemperamento delle esigenze di tutti i lavoratori, che ne sono beneficiari, e delle disponibilità finanziarie >, inoltre, i regimi previdenziali sono incomparabili tra loro (n. 203/1974; n. 236/1976; n. 12/1986; n. 173/1986; n. 457/1998). D’altro canto è stata ritenuta l’illegittimità di quelle discipline che senza ragione introducevano disparità di trattamento (n. 822/1988; n. 61/1999).

15. Dunque, è riservato al legislatore previdenziale individuare discrezionalmente la categoria interessata da un obbligo di iscrizione presso una data gestione ed all’interprete spetta l’attività di riconduzione alla fattispecie legale della concreta fattispecie esaminata”.

La Corte di Cassazione ha poi dato continuità a tale indirizzo con la successiva sentenza n. 2279/2018 depositata il 30 gennaio 2018.

6. Stando così le cose, va dichiarata l’insussistenza di alcun obbligo della ricorrente di iscrizione e di versamento dei contributi alla gestione degli esercenti le attività commerciali presso l’I.N.P.S e, conseguentemente, va respinta la domanda riconvenzionale.

Pertanto, la sentenza di primo grado deve essere integralmente riformata.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P. Q. M.

LA CORTE D’APPELLO
In riforma della sentenza impugnata, dichiara insussistente l’obbligo contributivo dell’appellante riguardo ai titoli per cui è causa e, per l’effetto, respinge la domanda riconvenzionale dell’INPS.

Condanna l’I.N.P.S. alla rifusione delle spese sostenute dall’appellante per il giudizio, che liquida per ciascun grado in euro 1.900,00 per compenso professionale, oltre ad I.V.A., contributo ex art.

11 legge n. 576/1980 e rimborso delle spese generali pari al 15 % del compenso liquidato.

Così deciso in camera di consiglio in Perugia il 14 novembre 2018.

IL CONSIGLIERE EST. IL PRESIDENTE

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