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Fatture per operazioni inesistenti, beni confiscabili

Con sentenza del 25 giugno 2020, la Corte d’appello di Bologna confermava la sentenza del Gup del Tribunale di Reggio Emilia del 7 marzo 2019, con la quale l’imputato, all’esito di giudizio abbreviato, era stato condannato alla pena di anni due di reclusione e alle sanzioni accessorie di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 12, con confisca diretta ovvero, in caso di impossibilità di esecuzione, per equivalente per un importo pari a Euro 197. Quanto, invece, al reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10, lo stesso è stato considerato dai giudici di merito come sostanzialmente strumentale rispetto all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, senza che possa essere identificato per lo stesso un autonomo profitto confiscabile.

Pubblicato il 19 June 2022 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Con sentenza del 25 giugno 2020, la Corte d’appello di Bologna confermava la sentenza del Gup del Tribunale di Reggio Emilia del 7 marzo 2019, con la quale l’imputato, all’esito di giudizio abbreviato, era stato condannato alla pena di anni due di reclusione e alle sanzioni accessorie di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 12, con confisca diretta ovvero, in caso di impossibilità di esecuzione, per equivalente per un importo pari a Euro 197.806,00, per i reati di cui: al capo A dell’imputazione (Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10), perché, in qualità di titolare della ditta individuale omonima, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, occultava e distruggeva le fatture fiscali emesse negli anni 2013 e 2014 – ad eccezione di poche rinvenute – nonché l’ulteriore documentazione fiscale e contabile per i medesimi anni, di cui è obbligatoria la conservazione, in modo tale da non consentire la ricostruzione dei redditi e del volume d’affari; di cui al capo B (articoli 81 c.p., comma 2, e Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8), perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso e al fine di consentire a terzi di evadere le imposte sul reddito e sul valore aggiunto, in qualità di titolare della ditta individuale omonima, emetteva fatture false, in quanto riguardanti operazioni inesistenti, per un ammontare complessivo di Euro 129.730,00 per l’anno 2013, di Euro 203.780,00 per l’anno 2014, di Euro 414.165,00 per l’anno 2015, di Euro 62.952,00 per l’anno 2016, ed ancora fatture per operazioni inesistenti per un ammontare complessivo di Euro 177.314,08 per l’anno 2016 e di Euro 112.659,68 per l’anno 2017.

Avverso la sentenza l’imputato proponeva ricorso per cassazione, lamentando la violazione degli articoli 8 e 12-bis del Decreto Legislativo n. 74 del 2000 e il vizio di motivazione, in ordine alla disposta confisca.

Lamentava che la Corte d’appello di Bologna, in ordine al motivo di appello sulla suddetta confisca, si era meramente limitata a richiamare una massima della giurisprudenza di legittimità (Sez. 3, n. 17535 del 06/02/2019) che, concernendo i reati tributari di omessa, infedele o fraudolenta dichiarazione o di omesso versamento, non risultava pertinente al caso concreto, in cui rilevano reati tributari differenti di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articoli 8 e 10.

A parere del ricorrente – contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, che ha considerato il profitto di reato coincidente con il risparmio di imposta evasa – per la fattispecie specifica ex Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8, l’entità dei beni confiscabili ai sensi dell’articolo 12-bis del medesimo decreto doveva essere rapportata al prezzo del reato, consistente nell’eventuale compenso che l’imputato aveva percepito per l’emissione a favore di terzi di fatture false, aventi ad oggetto operazioni inesistenti, al fine di consentire a questi di evadere le imposte sul reddito e sul valore aggiunto.

Dunque, per lo specifico reato tributario di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8, il prezzo del reato non avrebbe coinciso con il profitto eventualmente conseguito dai terzi beneficiari, per effetto della emissione da parte dell’imputato di fatture false.

Il motivo di doglianza è stato ritenuto fondato.

In relazione alla fattispecie di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8 consistente nell’emissione di fatture per operazioni inesistenti al fine di consentire a terzi di evadere le imposte, deve richiamarsi il principio, costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui la confisca diretta o per equivalente, come il sequestro preventivo finalizzato a essa, del profitto del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti non può essere disposta sui beni dell’emittente per il valore corrispondente al profitto conseguito dall’utilizzatore delle fatture medesime, poiché il regime derogatorio previsto dal Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 9 – escludendo la configurabilità del concorso reciproco tra chi emette le fatture per operazioni inesistenti e chi se ne avvale – impedisce l’applicazione in questo caso del principio solidaristico, valido nei soli casi di illecito plurisoggettivo (Sez. 3, n. 43952 del 18/10/2016, Rv. 267925; Sez. 3, n. 48104 del 06/11/2013, Rv. 258052).

Dunque, in tale specifica fattispecie, l’entità dei beni confiscabili deve essere rapportata non al profitto eventualmente conseguito dai terzi per effetto della emissione di fatture aventi ad oggetto operazioni inesistenti, ma solo al prezzo del reato, cioè all’eventuale compenso che l’emittente abbia percepito per l’emissione delle fatture (Sez. 3, n. 25536 del 11/12/2018; Sez. 3, n. 15458 del 04/02/2016, Rv. 266832; Sez. 3, n. 42641 del 26/09/2013, Rv. 257419).

Quanto, invece, al reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10, lo stesso è stato considerato dai giudici di merito come sostanzialmente strumentale rispetto all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, senza che possa essere identificato per lo stesso un autonomo profitto confiscabile.

Le considerazioni che precedono evidenziano l’errore in diritto in cui è incorsa la Corte d’appello nella sentenza impugnata, laddove ha affermato, con motivazione meramente apparente, che la confisca disposta nei confronti del ricorrente debba avere ad oggetto il profitto consistente nel risparmio economico delle imposte evase, ponendosi in evidente contrasto con i suesposti principi.

Corte di Cassazione, Sezione Terza Penale, Sentenza n. 20551 del 26 maggio 2022

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