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Codice Penale

Rigetto di appello per restituzione di somme tra ex conviventi

La sentenza in esame affronta il tema della ripetibilità di somme tra ex conviventi more uxorio. La Corte d’Appello ha ribadito il principio per cui, in assenza di prova di un’espressa pattuizione, le reciproche dazioni in denaro o in lavoro durante la convivenza si presumono effettuate in adempimento di un’obbligazione naturale ex art. 2034 c.c., non suscettibile di ripetizione. La Corte ha inoltre escluso la configurabilità di un indebito arricchimento, non essendo emersa una sproporzione evidente tra le contribuzioni degli ex conviventi rispetto alle loro possibilità economiche.

N. R.G. 4635/2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO DI MILANO

Sezione prima civile nelle persone dei seguenti magistrati:
dr. NOME COGNOME Presidente dr.
NOME COGNOME Consigliere dr.
NOME COGNOME Consigliere rel.
ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._1717_2020_- N._R.G._00004635_2018 DEL_07_07_2020 PUBBLICATA_IL_08_07_2020

nella causa iscritta al n. r.g. 4635/2018 promossa in grado d’appello (C.F. , con il patrocinio dell’avv. elettivamente domiciliato in presso lo studio del difensore appellante contro (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. dell’avv. , elettivamente domiciliata in presso lo studio del difensore appellata

oggetto: indebito

conclusioni per Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello adita, ogni contraria istanza disattesa, previa valutazione positiva dell’ammissibilità dell’impugnazione, in riforma della sentenza n.559/2018 del Tribunale di Lecco così decidere:

In via pregiudiziale:
ammettersi ex art. 345 cpc la documentazione allegata all’atto di appello, che l’appellante non ha potuto proporre nel giudizio di primo grado per fatto a lui non imputabile.
accertare e dichiarare la responsabilità in capo alla sig.ra ordine ai fatti contestati.

Nel merito: condannare la sig.ra per i motivi e nei termini dedotti con i precedenti atti, alla restituzione delle somme appartenenti al sig. nella misura di €. 23.684,08 per la quota di mutuo, di competenza della sig.ra x art. 1299 c.c.;
di €. 58.909,75 per la quota dei prelievi, di competenza della sig.ra x art. 1298 2° comma o in subordine ex art. 2041 c.c.;
e di €. 5.619,83 per la quota del finanziamento sempre di competenza della sig.ra x art. 1299 c.c. e/o in quelle somme che saranno accertate in corso di causa o che saranno liquidate dal Giudice in via equitativa, oltre interessi dalla domanda al saldo.
Disporre, a carico dell’appellata, la restituzione all’appellante dell’importo di €. 6.714,88 versato dall’appellante in ossequio della sentenza impugnata a titolo di spese legali e tassa di registro.
Rigettarsi le domande ed eccezioni proposte dall’appellata con la comparsa di costituzione in appello.

In via istruttoria:
si chiede l’ammissione dei mezzi istruttori dedotti con la memoria ex art. 183 V c. n. II, depositata nel giudizio avanti il Tribunale di Lecco;
Tutto ciò con vittoria di spese e compenso professionale per i due gradi del procedimento, da liquidarsi ai sensi del D.M. n.55 del , ivi compreso il rimborso spese forfettarie del 15% ex art.2 co. II del predetto D.M. n.55/2014.

conclusioni per

Voglia l’Ecc.ma Corte d’Appello, previa ogni più utile declaratoria del caso e di legge, ogni diversa e contraria istanza ed eccezione disattesa anche in via istruttoria ed incidentale:

In via preliminare Dichiarare inammissibili i documenti nuovi prodotti dall’appellante sub B e C ed espungerli dal fascicolo.
Dichiarare inammissibile l’appello proposto e/o, comunque, dichiarare inammissibili le domande nuove avanzate in primo grado.
Nel merito, in via principale Rigettare l’appello proposto e confermare la Sentenza del Tribunale di Lecco e, comunque, rigettare le pretese avverse, perché infondate in fatto e in diritto.
Con vittoria delle spese di giudizio ai sensi dell’art. 91 cod.proc.civ..

In via istruttoria Rigettare le richieste istruttorie formulate dall’appellante perché inammissibili, non essendo stati riportati gli specifici capitoli di prova di cui si chiede l’ammissione né in sede di precisazione delle conclusioni in primo grado, né nell’atto di citazione in appello e, comunque, perché irrilevanti ai fini del decidere, come già esposto nella memoria di cui all’articolo 183, comma 6, n. 3 c.p.c. della parte convenuta in primo grado.
Si dichiara di non accettare il contraddittorio su eventuali domande nuove di parte appellante

Concisa esposizione delle ragioni in fatto e in diritto

1. Il Tribunale di Lecco, con sentenza emessa in data , ha respinto la domanda proposta ex art. 2033 c.c. da parte di nei confronti della ex convivente more uxorio, domanda con la quale l’attore ne aveva chiesto la condanna al pagamento della somma di € 23.648,08 corrispondente alla quota di competenza di quest’ultima, relativamente al debito derivante dal mutuo concluso per l’acquisto della casa di abitazione;

ha rigettato la domanda con la quale l’attore aveva chiesto la condanna della convenuta al pagamento della somma di € 5.619,83, di competenza, scaturente dal finanziamento destinato alle spese per il rifacimento del tetto dell’abitazione;

ha, infine, respinto la domanda di condanna della convenuta al pagamento della somma di € 58.909,75 corrispondente alla quota di contribuzione a carico della ed indebitamente sottratta dal conto cointestato.

Il giudice di prime cure ha affermato che il conferimento di danaro da parte dell’attore integra ipotesi tipica di obbligazione naturale pacificamente esistente in capo ai conviventi per esigenze abitative e generali della famiglia, composta anche, nel caso di specie, da due figli minori.

Ha, inoltre, ravvisato una sostanziale proporzionatezza nei rispettivi contributi alla gestione della famiglia.

In ragione della soccombenza, ha condannato il alla rifusione delle spese processuali in favore della 2. Avverso la decisione di prime cure interponeva appello chiedendo, previa ammissione di nuova documentazione non potuta produrre davanti al Tribunale e previo espletamento di prove per testi, l’accoglimento delle spiegate domande.
Instava per il rigetto del gravame.

4. All’udienza di prima comparizione del la causa era rinviata all’udienza del per la precisazione delle conclusioni, udienza alla quale la causa era trattenuta in decisione, previa concessione di termini di 45 e di 20 giorni, rispettivamente, per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.

Motivi della decisione

5. I motivi sui quali la Corte deve decidere sono i seguenti:
a. omessa valutazione delle risultanze ex art. 1299 c.c.;
b. omessa valutazione delle risultanze ex art. 1298 c.c.;
c. sussistenza dei presupposti dell’azione di indebito arricchimento.

6. I motivi di censura, stante l’intrinseca connessione, possono essere trattati congiuntamente.

Il giudice di prime cure, dopo una sintetica illustrazione dei presupposti dell’azione generale di arricchimento, ha rilevato che “è’ possibile configurare l’ingiustizia dell’arricchimento da parte di un convivente “more uxorio” nei confronti dell’altro in presenza di prestazioni a vantaggio del primo esulanti dal mero adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza – il cui contenuto va parametrato sulle condizioni sociali e patrimoniali dei componenti della famiglia di fatto – e travalicanti i limiti di proporzionalità e di adeguatezza. Anche a voler accedere alla prospettazione dell’attore, secondo la quale a partire dall’anno sarebbe stato il solo a sostenere i costi familiari, va osservato che nel caso di specie il conferimento di denaro da parte dell’attore per far fronte alle esigenze familiari e per l’acquisto e la ristrutturazione della casa, pacificamente assurta a dimora comune, è stato senz’altro volontario ed effettuato a vantaggio della convivenza.

Esso non è stato effettuato in favore esclusivo della compagna, bensì all’interno del loro rapporto, per consentire alla loro famiglia di coabitare nella casa che hanno acquistato e ristrutturato materialmente insieme, nell’ambito familiare e per far fronte alle esigenze della famiglia e della prole.

La volontarietà dei conferimenti di cui l’attore, a partire dal 2010, chiede la restituzione in misura della metà è stata in ogni caso indirizzata non al vantaggio esclusivo della compagna, ma alla formazione e poi alla fruizione comune di un bene familiare e non costituisce né una donazione né una attribuzione spontanea in favore del solo soggetto che se ne è giovato.

Va inoltre osservato che, nell’ambito di una famiglia di fatto, le reciproche dazioni in denaro o in lavoro che vanno a vantaggio del complessivo menage familiare trovano il loro fondamento in una obbligazione naturale, ovvero sono erogate nella convinzione, esistente in capo ai conviventi, di adempiere ad una obbligazione fondata su doveri morali o sociali e quindi non sono di norma ripetibili, purché esse si mantengano nei limiti di proporzionalità e di adeguatezza, parametrati alle condizioni sociali e patrimoniali delle parti. E’ incontestato che nel caso di specie la relazione sentimentale si sia protratta per un lungo periodo di tempo (dal 2000 al 2015) nell’arco del quale, per circa quindici anni, le parti hanno convissuto contribuendo, pacificamente fino all’anno , con il denaro e il lavoro di entrambi all’acquisto e ristrutturazione di una casa comune ed alle spese familiari.

Emerge indiscutibilmente che i conferimenti connessi alla realizzazione della casa ed alle esigenze familiari, quand’anche gravanti, a partire dal 2010, soltanto sull’attore, siano riconducibili nell’alveo delle obbligazioni naturali atteso che le parti all’epoca erano pacificamente conviventi unitamente alle due figlie e formavano una famiglia di fatto.

In capo all’attore sussiste dunque senza dubbio un’obbligazione naturale che non giustifica la ripetibilità dei suoi conferimenti;
le dazioni come quantificate dall’attore, peraltro, non si collocano affatto oltre la soglia di proporzionalità ed adeguatezza rispetto ai mezzi dell’attore ed alle esigenze familiari, tenuto conto della presenza delle figlie , nata il nata il.

Ammissibile, in quanto argomentata già in sede di atto di citazione, ma comunque infondata, è la domanda dell’attore fondata sull’art. 1298 secondo comma e 1299 c.c..

Non è in dubbio la riconducibilità ad entrambi i coniugi degli obblighi di pagamento nascenti dal mutuo e dal finanziamento, in quanto effetto derivante dall’essere entrambi contraenti del relativo contratto, stipulato con addebito automatico della rata mensile sul conto corrente comune indicato quale modalità di pagamento.

Il diritto di rivalsa tra i conviventi, condebitori solidali, previsto dall’art. 1299 c.c. non può prescindere, tuttavia, dal contesto dei rapporti familiari in cui l’obbligazione si inserisce e, in particolare, dalla natura dei rapporti di collaborazione e solidarietà tipici della convivenza ancorché more uxorio, tenuto conto in particolare che la ratio della norma è il depauperamento del patrimonio del condebitore solidale oltre il dovuto e il corrispondente arricchimento degli altri condebitori (Cass. Civ. 884/1998). In difetto di elementi contrari di valutazione, non rinvenibili in atti né provati dall’attore, nella fattispecie deve presumersi che le parti, entrambe obbligate ad adempiere agli oneri familiari e titolari di una rispettiva capacità di reddito, abbiano ripartito le risorse personali provento delle rispettive attività di lavoro secondo le necessità familiari, organizzando gli esborsi per le varie esigenze connesse alla vita familiare, di talché se l’attore, per la modalità di pagamento scelta in sede di contratto di mutuo, ha destinato parte delle proprie risorse al pagamento delle rate mensili del mutuo concernente l’abitazione e le spese familiari, ciò ha fatto, come sopra evidenziato, nell’interesse della famiglia, mentre la convenuta, a sua volta, si sarà fatta carico di altre spese nel medesimo comune interesse. Ne è del resto dimostrazione l’assenza nei rapporti interni tra le parti, per il tempo non breve della convivenza, durata quindici anni, di uno strumento di ricognizione dare/avere riguardanti le spese familiari e, in particolare, di alcuna richiesta di restituzione della quota pari alla metà delle rate per circa sei anni, dal 2010 sino al 2016, manifestando l’attore soltanto con raccomandata del l’esigenza di affermazione di un obbligo concorrente della convenuta al pagamento del mutuo, del finanziamento e dei costi familiari in misura del 50%, non necessaria nei rapporti esterni, verso l’istituto bancario, poiché derivante dal contratto”. ha esposto che il mutuo dal 2000 al 2010 era stato pagato in misura paritaria dalle parti in causa e ciò dimostrava in modo univoco la volontà delle stesse di concorrere in misura uguale al pagamento dell’obbligazione.

La aveva poi iniziato a non contribuire più al pagamento delle rate e del mutuo e del finanziamento, facendo affluire l’accredito della sua retribuzione non più sul conto cointestato, ma su di un conto alla stessa intestato in via esclusiva:
del resto, durante la convivenza era stata la ad avere la gestione economica della famiglia, come le prove testimoniali avrebbero potuto agevolmente dimostrare, ove ammesse.

In sostanza, non sussisteva nella fattispecie il rapporto proporzionale tra le prestazioni eseguite dall’appellante e la sua capacità economica, come risultava dagli estratti conto bancari;

con la conseguenza che, ai sensi dell’art. 1299 c.c., il condebitore che ha pagato il finanziamento in misura maggiore rispetto alla sua quota di pertinenza, può ripeterla dall’altro condebitore, il quale, per sottrarsi all’obbligazione, può solo opporre fatti modificativi o estintivi, ma precedenti alla data di adempimento.

Nel caso in esame, non vi era alcun fatto giuridicamente rilevante, idoneo a fondare una valida opposizione alla richiesta di pagamento inoltrata dal come del tutto ingiustificata era stata la mancata contribuzione della mediante la sottrazione del proprio stipendio alle necessità familiari, circostanza, questa, ammessa dal giudice in sede di decisione.

Pertanto, ad avviso dell’impugnante, la controparte avrebbe dovuto, ai sensi dell’art. 1298, II comma, c.c., provvedere a riaccreditare il conto cointestato della quota con la quale avrebbe dovuto contribuire al mantenimento della famiglia, comprensiva di due figlie minori.

In ogni caso, ove non fossero stati ritenuti i presupposti dell’azione ex art. 1299 c.c., il giudice avrebbe dovuto accogliere la domanda subordinata di arricchimento, tesa ad accertare che la somma di € 58.909,75, pari alla quota del 50% delle somme versate esclusivamente dall’appellante nel conto corrente cointestato con la el periodo 2010 – 2015, doveva essere versata sul conto corrente cointestato.

in via preliminare, deduceva l’inammissibilità ex art. 345 c.p.c. delle produzioni effettuate dal in sede di gravame, produzioni costituite da copia della fattura n. 26 del (doc. B prodotto dalla controparte) e copia fattura n. 31384 del doc. C prodotto dall’appellante).

Nel merito, in primo luogo, ha contestato il difetto di specificità del gravame ex art. 342 c.p.c..

In secondo luogo, ha contestato la ritenuta ammissibilità della domanda di arricchimento, in quanto formulata non in atto di citazione, ma in sede di memoria ex art. 183, c.p.c..

In terzo luogo, dall’esame del conto corrente postale intestato ad essa sul quale affluiva il suo stipendio risultavano spese per la famiglia sostenute dalla stessa, con denaro personale, dal , pari ad € 88.555,71;
dagli estratti conto si evinceva che la provvedeva al pagamento della baby-sitter (prelevando ogni mese una quota di contanti), delle spese alimentari e per gli indumenti delle figlie, delle spese farmaceutiche, delle vacanze per il nucleo familiare e, comunque, di tutte le spese inerenti il sostentamento di sé, di e del il tutto come dimostrato dalle pagine dell’estratto conto allegate a titolo esemplificativo.
Inoltre, in data veva accreditato sul conto cointestato l’importo di € 5.217,73, derivante dalla liquidazione di una polizza con beneficiaria “ In sintesi, risultava dagli atti che il e la avevano contribuito, in egual modo, alla vita familiare, in base, ciascuno, alle proprie disponibilità e capacità economiche.

In punto di diritto, osservava che le unioni di fatto, connotate dalla presenza di significative analogie con la famiglia formatasi nell’ambito di un legame matrimoniale, costituiscono il terreno fecondo sul quale possono germogliare e svilupparsi quei doveri dettati dalla morale sociale, dalla cui inosservanza discende un giudizio di riprovazione ed al cui spontaneo adempimento consegue l’effetto della “soluti retentio“, così come previsto dall’art. 2034 c.c..

9. Opinione della Corte sui motivi di gravame sub a), b), c).
La Corte rileva che effettivamente non sussistono i presupposti per considerare ammissibili i documenti prodotti dall’appellante in sede di gravame, non avendo lo stesso dimostrato per quali ragioni non aveva potuto produrre davanti al giudice di primo grado le fatture in questione.

Quanto al merito, la Corte rileva come dagli estratti conto prodotti dall’attore davanti al Tribunale non sia assolutamente possibile desumere se e quali importi provenissero dalle retribuzioni di pertinenza del laddove, invece, i pagamenti risultano essere stati disposti dal conto cointestato, congiuntamente dal e dalla a titolo esemplificativo, si veda la rata mensile di € 571,15 (pagamento al 14 del mese, come da estratti conto degli anni 2013 e 2014) che è intestata ad entrambi i conviventi e tale circostanza risulta puntualmente ripetuta ogni mese. Né dagli estratti conto è possibile ricavare quanto asserito dal ossia che al sostentamento della famiglia egli solo provvedeva.

Invero, tale circostanza è smentita dalle spese come documentate e sostenute dalla la quale, sin dalla comparsa di costituzione e, quindi, nelle memorie ex art. 183 c.p.c., ha dimostrato di aver sostenuto spese, anche ingenti, nell’interesse della famiglia:
ed, invero, dal conto corrente alla stessa esclusivamente intestato si desumono spese per il sostentamento delle figlie (spese alimentari in particolare) e molteplici sono i documenti fiscali intestati solo alla ( finanziamento con del per € 5.152,50, pagamento villaggio turistico in data , ecc.).

Conclusivamente, non è possibile individuare, alla luce delle emergenze istruttorie in atti, una quota in esubero pagata dal rispetto alla quale possa configurarsi il regresso ex artt 1298 e 1299 c.c..

In ogni caso – come già puntualmente osservato dal giudice di prime cure – l’azione spiegata deve essere calata nel particolare contesto della convivenza more uxorio.

Con specifico riguardo all’azione di arricchimento, va premesso che la difesa dell’appellata non ha formulato appello incidentale relativamente alla ritenuta ammissibilità della domanda formulata dal nella memoria ex art. 183 c.p.c.;
con la conseguenza che il profilo è coperto da giudicato.

Nel merito, occorre premettere i criteri generali indicati dai giudici di legittimità in proposito.

“L’azione generale di arricchimento ha come presupposto la locupletazione di un soggetto a danno dell’altro che sia avvenuta senza giusta causa, sicché non è dato invocare la mancanza o l’ingiustizia della causa qualora l’arricchimento sia conseguenza di un contratto, di un impoverimento remunerato, di un atto di liberalità o dell’adempimento di un’obbligazione naturale.

È, pertanto, possibile configurare l’ingiustizia dell’arricchimento da parte di un convivente ” more uxorio” nei confronti dell’altro in presenza di prestazioni a vantaggio del primo esulanti dal mero adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza – il cui contenuto va parametrato sulle condizioni sociali e patrimoniali dei componenti della famiglia di fatto – e travalicanti i limiti di proporzionalità e di adeguatezza.

(Nella specie, la SRAGIONE_SOCIALE. ha ritenuto operante il principio dell’indebito arricchimento in relazione ai conferimenti di denaro e del proprio tempo libero, impegnato in ore di lavoro per la costruzione della casa che doveva essere la dimora comune, effettuati da uno dei due partner in vista della instaurazione della futura convivenza, atteso che la volontarietà del conferimento non era indirizzata a vantaggio esclusivo dell’altro partner – che se ne è giovato dopo scioglimento del rapporto sentimentale in ragione della proprietà del terreno e del principio dell’accessione – e pertanto non costituiva né una donazione né un’attribuzione spontanea)” ( v. Cass. civ. n. 14732/18; v. anche Cass. civ. n. 3713/03; Cass. civ. n. 11330/09).

Trasfondendo tali principi nel caso in esame, va premesso che i dati a fondamento dell’unione di fatto sono molteplici e non contestati.

Si era trattato di una convivenza durata 15 anni, dalla quale erano nate due figlie e durante la quale entrambi i conviventi avevano pacificamente contribuito alla conduzione familiare, in adempimento di quei doveri morali e sociali che costituiscono il fondamento stesso dell’obbligazione naturale.

Oltre a tale considerazione, per quanto già esposto con riguardo all’azione ex art. 1299 c.c., non è dato cogliere una significativa differenza tra le possibilità economiche degli ex conviventi, tale da rifluire in termini di sproporzionatezza della contribuzione da parte di uno ed a vantaggio dell’altro.

Conclusivamente, alla luce delle sopra esposte motivazioni, il gravame non merita accoglimento.

Né, in ultima analisi, le richieste istruttorie reiterate in sede di precisazione delle conclusioni quanto ai capitoli di prova articolati nella memoria ex art. 183, n. 2 c.p.c. meritano accoglimento:
ed, invero, i capitoli in questione attengono, per lo più, a circostanza provate per via documentale (nn. 1- 3; nn. 5 – 7; nn. 9, 12, 14, 15, 17, 20 – 23) ed i restanti a fatti privi di rilievo, in quanto concernenti l’iniziale confluenza sul conto cointestato degli stipendi di entrambi i conviventi, l’inizio della nuova relazione affettiva della la richiesta di invio degli estratti conto solo con modalità on line.
10.

L’esito della lite giustifica la condanna dell’appellante alla rifusione delle spese processuali in favore di nei termini di cui al dispositivo.

11. Infine, sussistono, per l’appellante principale, i presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater D.P.R. n. 115/02 per il versamento dell’ulteriore contributo unificato di cui all’art. 13, comma 1 bis D.P.R. n. 115/02.

La Corte, definitivamente decidendo nella causa n. 4635/18 R.G., così provvede:

1. respinge l’appello proposto da e, per l’effetto, conferma la sentenza emessa dal Tribunale di Lecco in data

2. condanna a rimborsare, in favore di le spese processuali del grado, che liquida in € 2.025,00 – oltre 15% a titolo di rimborso forfettario delle spese generali ed accessori come per legge;
3. dà atto che, per effetto della presente decisione, sussistono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater D.P.R. n. 115/02 per il versamento dell’ulteriore contributo unificato di cui all’art. 13, comma 1 bis D.P.R. n. 115/02.
Così deciso dalla Corte d’Appello di Milano in data Il Consigliere rel.
Dott. NOME COGNOME Il Presidente Dott. NOME COGNOME

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