Appello Sentenza
Tribunale di Brindisi n. 871 del 18/05/2023
Oggetto: ripetizione di indebito assistenziale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte di Appello di Lecce Sezione Lavoro Riunita in Camera di Consiglio e composta dai Magistrati Dott.ssa NOME COGNOME Presidente relatore Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere Dott.ssa NOME COGNOME Giudice Ausiliario ha pronunciato la presente
SENTENZA N._197_2025_-_N._R.G._00000798_2023 DEL_05_04_2025 PUBBLICATA_IL_05_04_2025
nella controversia civile in materia assistenziale, in grado di appello, iscritta al n. 798/2023 tra rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME in persona del suo Presidente pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato dinanzi al Tribunale di Brindisi il 24/3/2022, , premesso di essere titolare di pensione di categoria INVCIV n. NUMERO_DOCUMENTO erogata dall’ di Brindisi, esponeva che con nota del 12/9/2016 l’ gli aveva comunicato la indebita percezione della somma di € 30.477,69 a titolo di indennità di accompagnamento per il periodo da giugno 2011 ad agosto 2016. sostegno della domanda, il ricorrente deduceva di non aver mai avuto dubbi circa la liceità dell’erogazione del beneficio da parte dell’ nel periodo indicato; che nella fattispecie dovevano ritenersi applicabili le norme sull’indebito assistenziale richiamate dagli artt. 3 ter D.L. 850/1976 (convertito in L. n. 29 del 1977) e 3 co. 9 D.L. n. 173/1988 (convertito in L. n. 291 del 1988) disciplinanti la revoca dei benefici sin dal mese successivo a quello della verifica dell’insussistenza del requisito sanitario;
che la condotta tenuta dall’ , non essendo stata disposta la revoca o la sospensione della prestazione, aveva ingenerato in lui l’affidamento nel diritto alla prestazione che non poteva dunque essere chiesta in restituzione.
costituitosi con memoria del 3/10/2022, contestava in fatto ed in diritto il contenuto del ricorso e ne chiedeva il rigetto.
Nel dettaglio, precisava che:
il ricorrente era stato dichiarato invalido totale con pensione e indennità di accompagnamento (fascia 33) a far data dal 01/07/1992;
con verbale di revisione medica del 27/10/2011, era stato riconosciuto invalido con totale e permanente inabilità lavorativa ex artt. 2 e 12, L. n. 118/1971 (fascia 30), con decorrenza dal 02/05/2011 (all. 1 fascicolo );
detto verbale era stato ritualmente notificato al ricorrente a mezzo raccomandata a.r. (all. 2 fascicolo );
in data 04/08/2016, in occasione dei rituali controlli su liste di pensioni, l’ aveva provveduto alla ricostituzione della prestazione di e al cambio da fascia 33 a fascia 30, ossia ad un ricalcolo della pensione con decorrenza dal 06/2011 e alla conseguente notifica di un indebito pari ad € 30.477,69 (all. 3 fascicolo );
in data 16/09/2016 il ricorrente aveva presentato domanda di riconoscimento dell’aggravamento del suo stato di invalidità e, a seguito di nuova visita medica del 18/01/2017, il centro medico legale di Foggia aveva riconosciuto il ricorrente invalido con totale e permanente inabilità lavorativa e con impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore (L. 18/80) (fascia 33) con effetto dal 16/09/2016 (doc. 4 fascicolo Con la sentenza in epigrafe indicata, il Tribunale – dopo aver richiamato la disciplina in materia di indebito assistenziale – accoglieva parzialmente il ricorso dichiarando irripetibili i ratei di indennità di accompagnamento imputabili ai soli mesi da giugno ad ottobre 2011 mentre nel resto rigettava il ricorso, ritenendo che – in base alla disciplina di settore applicabile alla fattispecie (art. 37, comma 8 della legge n. 448/1998) – i ratei di pensione erogati dal primo giorno del mese successivo alla visita di verifica, ovvero da novembre 2011 (e non da giugno 2011 come richiesto dall’ ) erano stati percepiti dal ricorrente senza titolo e, dunque, erano ripetibili dall’ .
Compensava le spese.
Il primo giudice osservava inoltre che il verbale di visita accertante l’assenza delle condizioni per l’indennità di accompagnamento era stato ricevuto dall’interessato e non era stato impugnato in via la piena conoscenza di degli esiti della visita medica e la possibilità di agire in via amministrativa o giurisdizionale per far accertare il proprio stato di salute.
Avverso tale decisone ha proposto appello con ricorso del 3/11/2023, con cui ha lamentato l’ingiustizia della sentenza di primo grado sia nella parte in cui non era stato riconosciuto il proprio diritto al percepimento dei ratei di indennità di accompagnamento relativi al periodo novembre 2011 fino al 31/8/2016 sia nella parte in cui il giudice di prime cure aveva ritenuto incontestata la ricezione del verbale della visita di revisione di ottobre 2011.
Sul punto, ha sostenuto che la compiuta giacenza del plico contenente il verbale non escludeva un suo affidamento incolpevole, stante il notevole lasso di tempo impiegato dall’ per la revoca della prestazione.
A tal proposito, ha richiamato il principio espresso in materia di assenza di dolo del percipiente da Cass. n.17216/2017 e da altre sentenze citate ed ha chiesto la declaratoria di legittimità del diritto ai ratei dell’indennità di accompagnamento dal novembre 2011 all’agosto 2016, vinte le spese.
, con memoria dell’11/09/2024, ha eccepito l’infondatezza dell’avverso gravame, di cui ha chiesto il rigetto.
All’udienza di discussione del 7/03/2025, sulle conclusioni delle parti, la causa è stata decisa come da dispositivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Ai fini dell’individuazione della disciplina applicabile alla fattispecie per cui è causa, vanno richiamati i principi già espressi dalla Suprema Corte (cfr. Cass. 28771/2018, n. 10642/2019) con cui si è affermato che “il regime dell’indebito previdenziale ed assistenziale presenta tratti eccentrici rispetto alla regola della ripetibilità propria del sistema civilistico e dell’art. 2033 c.c., in ragione dell’ “affidamento dei pensionati nell’irripetibilità di trattamenti pensionistici indebitamente percepiti in buona fede” in cui le prestazioni pensionistiche, pur indebite, sono normalmente destinate “al soddisfacimento di bisogni alimentari propri e della famiglia” (Corte Costituzionale 13 gennaio 2006, n. 1), con disciplina derogatoria che individua “alla luce dell’art. 38 Cost. – un principio di settore, che esclude la ripetizione se l’erogazione (…) non sia (…) addebitabile” al percettore (Corte Costituzionale 14 dicembre 1993, n. 431). Può altresì dirsi dato acquisito quello per cui “non sussiste un’esigenza costituzionale che imponga per l’indebito previdenziale e per quello assistenziale un’identica disciplina, atteso che (…) rientra (…) nella discrezionalità del legislatore porre distinte discipline speciali adattandole alle caratteristiche dell’una o dell’altra prestazione” (Corte Costituzionale 22 luglio 2004, n. 264; in senso analogo Corte Costituzionale 27 ottobre 2000, n. 448)”.
situazioni di fatto variamente articolate, ma comunque aventi generalmente come minimo comune denominatore la non addebitabilità all’accipiens della erogazione non dovuta e una situazione idonea a generare affidamento;
pertanto, l’indebito (assistenziale) che si è determinato per il venir meno del requisito sanitario, a seguito di visita di revisione, abilita alla restituzione solo a far tempo dal provvedimento con cui l’esito di detto accertamento sia comunicato al percipiente, salvo che l’erogazione indebita sia addebitabile all’assistito e non sussistano le condizioni di un legittimo affidamento (cfr. da ultimo, in fattispecie analoga alla presente, Cass. n. 24180/2022).
In questa direzione si è espressa anche Cass. n. 34013/2019 che, a proposito degli atti di sospensione e revoca delle prestazioni per accertata insussistenza dei requisiti sanitari, ha ulteriormente evidenziato come gli stessi “non concretino esercizio di poteri amministrativi, ma si sostanzino in meri accertamenti, in atti di gestione del rapporto obbligatorio;
ove la legge avesse inteso collegare alla violazione dei termini (ndr. di cui al D.P.R. n. 698 del 1994, art. 5, comma 5) l’effetto di estendere l’irripetibilità delle erogazioni anche a quelle versate dopo la verifica e fino all’emanazione dell’atto di revoca formale (tardivo), avrebbe dovuto dirlo, non essendo desumibile tale regola dai principi del sistema.
In definitiva, come dimostra anche il fatto che i termini siano stati per la prima volta previsti proprio da un regolamento emanato in tema di strutturazione dei procedimenti amministrativi, si è in presenza di disposizioni organizzative, preordinate ad impedire -anche collegando all’inosservanza la responsabilità degli organi per danno erariale- proprio che siano effettuate prestazioni indebite, le quali sia poi necessario ripetere, non certo a sancire l’irripetibilità delle stesse quale sanzione per l’inosservanza dei termini” (così Cass. n. 16260/03)” (nello stesso senso Cass. n. 26162/2016 e n. 26096/2010 e, più di recente, Cass. n. 248/2023). Passando all’esame della fattispecie concreta, si rileva che all’esito della visita medica di revisione di ottobre 2011 l’appellante venne riconosciuto solo inabile al 100% ma non venne riconosciuta la permanenza del requisito sanitario utile per l’indennità di accompagnamento.
Il verbale della visita di revisione, all’esito del quale fu revocata l’indennità di accompagnamento, venne comunicato all’appellante e lo stesso non è stato oggetto di contestazione in sede giudiziaria.
Da ciò consegue che, sebbene l’ non abbia provveduto, una volta accertato il venir meno del requisito sanitario, a disporre l’immediata sospensione dell’erogazione del beneficio in godimento, per come previsto dall’art. 37, comma 8, l. n. 448/1998, non si può ritenere che si sia ingenerata, in capo all’assistibile, una condizione soggettiva di affidamento nella percezione della prestazione, visto che, in forza della comunicazione dell’esito della visita, questi era (o, comunque, doveva essere) consapevole del fatto di non avere più diritto a ricevere la menzionata indennità. ricorso avverso l’esito della predetta visita.
Infatti, ai sensi dell’art. 42, comma 3, del D.L. n. 269/2003, il termine decadenziale per la proposizione della domanda di invalidità civile è di sei mesi, la cui decorrenza -in caso di accertamento del venir meno delle prescritte condizioni sanitarie- è da individuarsi nella data di comunicazione del verbale negativo della commissione medica.
Pertanto, il protrarsi della condotta dell’ – che ha continuato ad erogare indebitamente la prestazione per lungo tempo (oltre sei mesi) – non può aver influito sulla decisione del pensionato di non impugnare il verbale innanzi all’autorità giudiziaria, giacché questi avrebbe comunque dovuto attivarsi entro sei mesi dalla comunicazione dello stesso.
Quanto, infine, alla censura mossa dall’appellante – fra l’altro inammissibile in quanto in violazione del divieto di nova in appello ex art. 345 c.p.c. – circa l’asserita mancata ricezione della notifica del verbale di revisione avendo, in quell’epoca, un domicilio diverso da quello al quale era stato notificato il verbale, si osserva che la lettera raccomandata con avviso di ricevimento avente ad oggetto il verbale della visita medica risulta essere stata restituita al mittente per mancato ritiro da parte del destinatario, all’esito dell’adempimento, da parte dell’agente postale, degli incombenti previsti per la comunicazione del cd. mod.26, avvenuti il 29/11/2011 (v. annotazione e timbro apposti sull’avviso di ricevimento, prodotto da in fotocopia). A tale lettera si applica l’art.1335 c.c. (“La proposta, l’accettazione, la loro revoca e ogni altra dichiarazione diretta a una determinata persona si reputano conosciute nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia”):
la presunzione relativa di conoscenza prevista in tale norma comporta che la conoscenza dell’atto sia parificata alla conoscibilità, in quanto riconducibile anche solamente al pervenire della comunicazione all’indirizzo del destinatario, e non alla sua materiale apprensione o all’effettiva conoscenza.
L’onere della prova a carico del mittente riguarda, in tale contesto, solo l’avvenuto recapito all’indirizzo del destinatario, salva l’eventuale prova -da parte del destinatario medesimo- dell’impossibilità di acquisire in concreto l’anzidetta conoscenza per un evento estraneo alla sua volontà.
In altri termini, in base all’art. 1335 c.c., per ritenere sussistente la presunzione di conoscenza, da parte del destinatario, della dichiarazione a lui diretta, è necessaria e sufficiente la prova che la dichiarazione stessa sia pervenuta all’indirizzo del destinatario;
nel caso in cui la comunicazione sia stata inviata mediante lettera raccomandata che non sia stata poi consegnata per l’assenza del destinatario (o di altra persona abilitata a riceverla), la presunzione di conoscenza si avvera allorché l’agente postale avvisa il destinatario medesimo della giacenza del plico presso l’ufficio postale (cd. modello 26), sì da consentire il ritiro del piego stesso;
restano invece ininfluenti sia stata ritirata presso l’ufficio postale o come il momento della compiuta giacenza (v., tra le altre, Cass.n.23396/2017; n.22311/2016, n. 6256/2016; n. 1633/2016; n. 26241/2009).
Pertanto, il fatto che il destinatario non abbia ritirato il plico postale non inficia la conoscibilità legale dell’atto ed esclude che possa ravvisarsi in suo favore uno stato di legittimo e incolpevole affidamento.
L’appello va pertanto rigettato.
Ne consegue che la prestazione in questione è ripetibile, così come richiesta dall’ Quanto alle spese di causa, va applicato l’art.152 disp. att. c.p.c.
La Corte di Appello di Lecce- sezione lavoro, visto l’art.437 c.p.c.;
definitivamente pronunciando sull’appello proposto con ricorso del 03/11/2023 da nei confronti di avverso la sentenza del 18/05/2023 n. 871/2023 del Tribunale di Brindisi, così provvede:
a) rigetta l’appello;
b) nulla sulle spese di questo grado ex art. 152 disp. att. c.p.c. Ai sensi dell’art. 13 co.
1 quater del D.P.R. n. 115/2002, dà atto che non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dell’appellante, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto dal comma 1 bis del dell’art. 13, se dovuto.
Così deciso in Lecce il 07/03/2025 IL PRESIDENTE Dott.ssa NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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